Miraggioluce - Phoedra
e il simulatore della mente
2002, cd-r autoprodotto
di Emanuele Rodolà
"..dall'incontro tra l'oggettiva razionalità
di Cassius e l'istinto animale di Phoedra, scaturisce un amore platonico
dovuto alla intima, reciproca, totale comprensione."
Assolutamente descrittive le parole che
incorniciano il prodotto che ho tra le mani, forgiato nella sapiente officina
in quel di Roma di Doktor Robots, Klaus Rotor e Alex Freezer, con ospiti
tra i quali spicca certamente la Phoedra suggerita nel titolo. Fluttuanze
colorate e solarizzate per 14 minuti ('All'alba nel museo', certi Tangerine
Dream), e poi negli ultimi tre minuti di venature synthpop veramente apprezzabili
per la loro genuinità, forse si perde quell'omogeneità di
suono che ci ha accompagnato dall'inizio del brano, ma è tutto molto
suggestivo. Sentiamo anche le prime proposte vocodiche di Doktor Robots
(un accostamento ai Kraftwerk mi sembrerebbe comunque forzato), che ricordano
in un qualche modo un Battiato sperimentatore ('70) e i più recenti
metacompositori Timet. 'L'immagine' è forse uno dei titoli più
eloquenti che mi sia mai capitato di ascoltare, questa volta il synthpop
(con una sensibilità molto oscura) è più evidente,
mi ricorda alcune cose di KB degli Haujobb, e mi ricorda anche che, ahimè,
mi annoiavano. Non per mancanza di suggestività o quant'altro, si
intende. Ma abbiamo ancora a che vedere con l'annoso problema dell'originalità..
è un brano che ha molto, ma a cui manca troppo. Manca un minuto
alla conclusione che d'un tratto mi torna una fresca voglia di procedere
nell'ascolto, il pezzo sembra riprendere vita. Mi piacciono i Miraggioluce,
sono irridenti, disincantati. A dispetto del nome che si sono scelti. Mi
permetto ora di sollevare un pò di polvere riguardo la qualità
sonora del lavoro; non conosco i metodi di composizione nè tantomeno
di incisione del gruppo romano, ma la faccenda sonora è alquanto
ambigua. Nulla di comparabile alla qualità che si può ottenere
con un semplice computer, ma davvero troppo calzante col genere di musica
che propongono. Si tratta di adattatività del suono alla musica,
e non mi riferisco al mero 'parlarsi tra suoni' cui sarebbe tuttavia lecito
riferirsi: questa musica deve _suonare_ così. Deve giocoforza suggerire
all'orecchio una vera e propria 'epoca sonora', altrimenti sarebbe una
musica assolutamente insensata. E questo genere di riflessione risulta
assolutamente calzante, quando all'ascolto di 'Visita guidata: gli umani',
mi chiedo come io possa essere così superficiale da storcere il
naso dopo soli 5 minuti di ascolto di 'All'alba nel museo'. Ed è
proprio questo il problema, se così si può definire, dei
Miraggioluce. "Phoedra.." ha una crescita qualitativa troppo marcata, è
un viaggio di cambiamenti troppo repentini, se proposto come opera compiuta.
'Visita guidata: gli umani', (qualcosa di Melotron e In Strict Confidence,
Chris Huelsbeck) è un pezzo troppo bello per seguire i due precedenti.
Lo riascolterei ancora e ancora senza rischiare di stancarmi le orecchie,
perchè ha ciò che serviva 20-30 anni fa al pop sintetico
per fare presa. Non sto ascoltando una cosa del 2002, o almeno non è
questo che io ascoltatore voglio _sentire_, quando ascolto i Miraggioluce.
Fluttuanti di nuovo nel 'dono reciproco', quasi IDM, pieni di colore e
di spensieratezza cibernoide, di nuovo quasi-astratti. E ancora rinfrancanti,
decisamente e continuamente nuovi. E di fatto, in senso mistico, ciò
che è espressione, sotto apparenze molto diverse, non è nient'altro
che il processo di iniziazione cosmogonico di una tradizione sintetica
e acida che ha portato tanto, forse troppo, ai nostri apparati audio.
per contatti: miraggioluce@email.it