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Le News 

A cura di Michael Myers

IL SEME DELLA FOLLIA (IN THE MOUTH OF MADNESS)
IL FILM
: Carpenter ha girato almeno cinque capolavori: "Halloween", "La cosa", "Fog", "1997 - Fuga da New York" e "Il seme della follia". E' strano che proprio quest'ultimo, poco pubblicizzato, girato senza grandi mezzi e visto da pochi appassionati, rientri nella cinquina, ma bisogna ammettere che negli anni '90 il nostro non ha fatto poi grandi cose, soprattutto vedendo l'orribile sequel di "Fuga da New York" e il noioso rifacimento de "Il villaggio dei dannati". Nato da un soggetto di Michael De Luca, "Il seme della follia" finisce con l'essere il film che Stephen King avrebbe sempre voluto veder tratto da un suo romanzo, tanto ricorda le atmosfere e le tematiche care allo scrittore del Maine; non solo, infatti, abbiamo come "cattivo" uno scrittore di bestseller horror (Sutter Cane) che tanto ricorda King, ma tutta la vicenda ambientata in una cittadina di provincia (un po' Castle Rock un po' Desperation) con i suoi mostri e gli orrori nascosti, riporta inevitabilmente alla penna horror più ispirata degli ultimi vent'anni. La storia di John Trent, agente assicurativo che parte alla ricerca di Cane, scomparso senza lasciare traccia alla vigilia dell'uscita del suo ultimo romanzo, è un allucinante percorso verso un'altra realtà ricalcata sulle opere dello stesso Cane; Trent si trova così sospeso tra un incubo angosciante (il villaggio con i suoi mostri) e una realtà ancora più tremenda (i libri di Cane stanno facendo impazzire milioni di persone), senza poi giungere a una conclusione logica, ma solo a un ennesimo atto di follia. Film originalissimo, costruito sulla tensione dell'illogico e del paranormale (le vecchie in bicicletta, la padrona dell'hotel, la chiesa) e sulla nera inquietudine che la musica di Carpenter e la fotografia visionaria di Gary Kibbe riescono a insinuare nello spettatore, "Il seme della follia" è forse l'ultimo grande horror prodotto da Hollywood, di sicuro il più intelligente e meglio confezionato, dove, come nei romanzi di King, la paura vive solo di sospiri irrazionali e la suspense è un semplice gioco di suoni e colori. Un grande Carpenter.
Voto: 9

VAMPIRES

CAST TECNICO ARTISTICO:
Regia: John Carpenter
Soggetto: tratto dal romanzo "Vampires" di John Steakley
Sceneggiatura: Don Jackoby
Fotografia: Gary B. Kibbe
Scenografia: Kim Mix
Arredamento: David Schlesinger
Costumi: Robin Michele Blush
Musica: John Carpenter
Montaggio: Edward A. Warschilka
Produzione: Sandy King per Largo Entertainment
Distribuzione: Cecchi Gori
Origine: USA, 1998
Durata: 108'

PERSONAGGI E INTERPRETI:

Jack Crow: James Woods
Tony Montoya: Daniel Baldwin
Katrina: Sheryl Lee
Valek: Thomas Ian Griffith
Padre Adam Guiteau: Tim Guinee
Cardinale Alba: Maximilian Schell
Deyo: Cary-Hiroyuki Tagawa
Uomini della Buick: Mark Boone jr, Thomas Rosales, Frank Darabont
Vampire: Marjean Holden, Anita Hart
E con: Henry Kingi, Gregory Sierra

Vampires, tratto dal romanzo di John Steakley, riprende il mito del vampiro per decontestualizzarlo dall'hambient di castelli transilvanici e notti di luna piena, e collocarlo nell'epoca attuale e in scenari da zombie. Il film ha la struttura di un western - genere tanto amato da John Carpenter - in cui i buoni devono uccidere i cattivi per ristabilire l'ordine. La vicenda centrale è quella che occupava solo la seconda parte del film di Robert Rodriguez Dal tramonto all'alba, in cui il regista omaggia Carpenter facendo indossare a Scott, uno dei protagonisti, una maglia con la scritta Precint 13 (Distretto 13), titolo del secondo film di Carpenter.
Se in Dal tramonto all'alba due evasi e tre ostaggi si ritrovano, casualmente, a combattere contro una folla di vampiri rintanati in un locale messicano, in Vampires il combattimento è voluto, perché qui i buoni sono rappresentati da una banda di ammazzavampiri, il cui compito è quello di trovare gli esseri delle tenebre proprio per ucciderli. Paletti di frassino, balestre e acqua santa sono le armi rimediate dai cinque protagonisti di Dal tramonto all'alba, e sono le stesse, seppur perfezionate, usate in Vampires contro i cattivi che mordono, squartano, decapitano.Il genere horror, che deve molto al Carpenter di Halloween: la notte delle streghe (1978) e Christine, la macchina infernale (1983), in Vampires perde di definizione. Questi vampiri non fanno paura. possono forse ripugnare le conseguenze della loro ferocia, le teste spezzate, il sangue ad ettolitri, i corpi divisi in due, in scene che, nella loro esagerazione, si addicono più al genere splatter, ma certo non spaventano. Sono feroci e senza scrupoli, perdendo anche quell'alone di mistero e di fascino che invece contraddistingue il vampiro tradizionale.
L'eroe solitario, sulle orme di 1997: fuga da New York, non poteva mancare, ed in questo caso è Jack Crow, capo della banda ammazzavampiri. Ovviamente rimarrà l'unico superstite e come nella migliore tradizione uccide Valeck (il capo-vampiro), lasciando però scappare il suo amico Mantoya con la prostituta-vampiro di cui si è innamorato - e che l'ha morso, infettandolo, ma con un avvertimento: "Ovunque andiate, io vi troverò, e vi ucciderò"

Voto 6,5

Profondo Rosso (di D. Argento; ITA 1975) Durante una conferenza sullo spiritismo, una medium sente la presenza in sala di un assassino; la notte seguente la stessa medium viene atrocemente uccisa. Il giovane Marc, un pianista inglese a Torino per lavoro, assiste casualmente alla morte della donna ma riesce a scorgere l’omicida solo di sfuggita senza poterne vedere il volto. Da quel momento l’uomo si interessa alle indagini e, con l’aiuto di una giornalista, cerca di scoprire l’identità dell’assassino, che nel frattempo continua a lasciare dietro di se una scia di efferati delitti. Uno dei capolavori per antonomasia di Dario Argento, un film che non ha praticamente difetti ma solo pregi risultando in assoluto il migliore, nel suo genere, mai prodotto in Italia e probabilmente nel mondo. Pur trattandosi essenzialmente di un giallo, l’inclinazione sempre più marcata verso il gotico e l’horror puro in “Profondo Rosso” è evidente fin dalle prime sequenze: un bambino che impugna un coltello insanguinato sulle note di un’inquietante nenia infantile, una medium che avverte una presenza perversa e che poi finisce brutalmente assassinata; il giallo scivola nel paranormale, in una zona d’ombra dove niente è più razionale e tutto può accadere. Un altro chiaro rimando alla tradizione gotica italiana è rappresentato dalle sequenze ambientate all’interno della fatiscente casa abbandonata (“La Villa del Bambino Urlante”) che paiono richiamare, in un curioso parallelo, l’altro capolavoro di genere del periodo “La Casa dalle Finestre che Ridono” di Pupi Avati (non per nulla sia Avati che Lino Capolicchio avrebbero dovuto partecipare, in veste di sceneggiatore il primo e protagonista il secondo, alla realizzazione di “Profondo Rosso”). La tensione, la suspense, il terrore tengono lo spettatore incollato allo schermo dalla prima fino all’ultima sequenza; la colonna sonora composta dai Goblin è perfetta e da sola basta per creare un senso di angoscia e paura che non passano neppure una volta terminato il film; le sequenze degli omicidi sono di una crudezza e di una veridicità tale da sembrare reali; gli attori, tra cui la allora compagna del regista Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Clara Calamai e David Hemmings sono tutti perfettamente calati nei rispettivi ruoli ed il sorprendente quanto inaspettato doppio finale lascia di stucco anche il più navigato giallista. Un grandissimo film insomma, che ha ispirato molti registi di genere, tra cui veri e propri “maestri” come John Carpenter per il suo “Halloween” (1978). Vederlo è un obbligo!

Halloween - La Notte delle Streghe (di J. Carpenter; USA 1978) È il 31 ottobre giorno della festa di Hallowen, un folle maniaco di nome Michael Myers, che all’età di sei anni aveva massacrato la sorella, fugge dal manicomio in cui era ricoverato per tornare nella sua cittadina natale, Haddonfield. Sulle sue tracce c’è il medico che lo ha avuto in cura nell’ospedale; il pazzo comincia a lasciarsi dietro una scia di sangue e pare accanirsi in particolar modo contro una giovane baby-sitter di nome Laurie, che è in qualche modo legata al sanguinario Michael. È Il primo film di successo di John Carpenter e probabilmente a tutt’oggi il più famoso. Realizzato con il ridicolo budget di 300.000 dollari (con il quale il regista non riuscì neppure a pagare il suo lavoro) e girato in sole tre settimane incassò miliardi in tutto il mondo, lanciando la moda dei slasher-movie e dando vita ad uno dei personaggi “icona” dell’horror moderno. La pellicola, scritta dallo stesso Carpenter insieme all’amica e collaboratrice di sempre Debra Hill, ruota attorno alla figura del “Bogey Man” (l’uomo nero) ma al contrario di quanto ci si potrebbe attendere qui non ci troviamo di fronte al classico slasher-movie con protagonista il solito psicopatico che uccide giovani vittime a ripetizione, ma all’apertura di uno squarcio sull’orrore, inteso come qualcosa di misterioso, quasi ultraterreno. Ed è proprio questo sapore di orrore soprannaturale che allontana “Halloween” e il suo protagonista Michael Myers dai suoi epigoni Jason (“Venerdì 13”) e Freddy (“Nightmare”). Myers non è un “semplice” maniaco omicida ma una figura infera, l’incarnazione del Male, del Demonio. Gli unici ad accorgersi della vera natura di Michael sono, ancora prima della povera Laurie, il dottor Loomis ed il piccolo Tommy, il primo che lo definisce con il nome più appropriato di “bogey man”. Volutamente lento nella prima parte per poi “accelerare” decisamente nel finale mozzafiato, il film offre anche una colonna sonora splendida, composta dallo stesso regista, ed una serie interminabile di citazioni ed omaggi verso autori e film che hanno segnato la formazione artistica di Carpenter. Dalla scelta della protagonista (Jamie Lee Curtis figlia della Janet Leight di Psycho) ai nomi dei personaggi (Sam Loomis era anche il nome del personaggio interpretato da John Gavin in “Psycho”) passando per veri e propri omaggi “manifesti” a classici della fantascienza e dell’horror (il piccolo Tommy che guarda alla televisione “La Cosa da un altro mondo” e “Il Pianeta proibito”). “Halloween – La Notte delle Streghe” è quel che propriamente si definisce un “classico senza tempo”, un film che non può non essere visto dai veri amanti dell’horror e che ha, tra gli altri pregi, quello di aver lanciato la splendida Jamie Lee Curtis (poi grande interprete di altri memorabili horror) e il mitico Donald Pleasence (in seguito uno degli attori “preferiti” dallo stesso Carpenter e da Dario Argento)

L'Esorcista (di W. Friedkin; USA 1973) 
Una bambina mostra i sintomi di una malattia sconosciuta; la madre, dopo averla fatta visitare da tutti i migliori medici senza alcun esito, cerca aiuto in un giovane prete che capisce che la piccola è indemoniata. Con l’aiuto di un anziano prelato esorcista, il giovane sacerdote riuscirà a scacciare il demonio dal corpo della bambina ma a prezzo di un estremo sacrificio. Un film che ha segnato in modo indelebile tutto il genere horror e non solo, entrando a far parte della storia del cinema mondiale. Probabilmente si tratta della pellicola che ha spaventato più spettatori al mondo, non per nulla numerosi sondaggi apparsi sulle più importanti riviste di cinema quali “Entertainment Weekly” e “Total Movie” lo hanno decretato “il film più spaventoso di tutti i tempi”. Le prime proiezioni in sala furono accompagnate da una serie di “incidenti” con persone colte da malore e gente che usciva dalla sala in preda al panico, tant’è che il film fu vietato ai malati di cuore! Tratto dal romanzo di William Peter Blatty, che documentava in maniera più o meno veritiera un caso di possessione avvenuto nel Maryland nel 1949, la pellicola è stata sceneggiata dallo stesso autore. Una regia superba, interpretazioni perfette (Linda Blair e Max Von Sydow su tutti), trucchi ed effetti superlativi, il tutto pervaso da un’atmosfera estremamente inquietante. Bisogna infatti dire che Friedkin, che pure curò meticolosamente la realizzazione di make-up e trucchi, puntò maggiormente sulla tensione, su una sorta di “suspense programmata”. Basti pensare che per tutta la prima ora di film non succede quasi nulla! Eppure gli spettatori rimangono incollati sulla sedia in attesa del “Diavolo”, evocato per mezzo di piccoli segnali (rumori, fugaci apparizioni, perfino immagini subliminali). Nel 2000, a ventisette anni dalla sua prima uscita, è stato riproposto nelle sale cinematografiche in una versione restaurata, con audio digitale e arricchita di undici minuti inediti. Il capolavoro di Friedkin viene, se possibile, ancora migliorato grazie alla più alta qualità audio-visiva rispetto alla versione originale e all’aggiunta di alcune scene inedite che, anche se data la loro brevità e frammentarietà sono per la maggior parte trascurabili (per lo più fugaci apparizioni del Demonio e brevi aggiunte ad alcuni dialoghi che solo gli spettatori più attenti riusciranno ad individuare), donano comunque nuova linfa vitale alla pellicola. Discorso a parte merita la più famosa e riconoscibile sequenza inedita, la famigerata “spider walk” in cui la piccola Regan (Linda Blair) scende le scale di casa camminando sul dorso a quattro zampe come se fosse un ragno. Si tratta di una scena ben congegnata che risulta disturbante e angosciante anche se brevissima. Lo stesso Friedkin, intervistato per l’uscita di questa nuova edizione del suo cult, ha confessato di essersi pentito di aver tagliato (spinto da problemi tecnico-realizzativi) questa sequenza nella prima versione del film, non dando ascolto allo sceneggiatore Blatty che invece credeva molto nell’impatto visivo che avrebbe dato allo spettatore. Si tratta dell’unico horror nella storia del cinema che può vantare ben otto nomination agli Oscar (vinse poi solo quello per la miglior sceneggiatura e migliori effetti sonori), un capolavoro assoluto che deve assolutamente essere visto! Curiosità: sono molteplici le leggende e gli aneddoti legati alla realizzazione del capolavoro di Friedkin. Ve ne segnaliamo due in particolare. Dietro richiesta dello stesso regista sul set fu convocato il padre Gesuita Thomas Bermingham, al quale venne chiesto addirittura di eseguire un esorcismo per liberare la troupe dall’influenza del Maligno, dopo che si erano verificati una serie di incidenti (la sparizione di alcuni oggetti, una brutta caduta dell’attrice Ellen Burstyn e perfino un incendio che provocò nove morti!). Ma “L’Esorcista” non ebbe pace neppure una volta terminato: il pastore evangelico Billy Graham infatti affermò che il demonio in persona si era impossessato di quella pellicola e che perciò era necessario esorcizzare una ad una tutte le copie del film! 

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