D’ANNUNZIO OPERA

Dopo la prova narrativa delle novelle di Terra vergine, D’Annunzio si cimenta col romanzo, collocando la vicenda nell’ambiente aristocratico della Roma umbertina, da lui frequentato e di cui aveva spesso tracciato un ritratto nei suoi articoli giornalistici. Nasce così Il piacere, scritto nel 1888 e pubblicato nel1889 dall’editore Treves di Milano. Il romanzo è scritto in terza persona ed è contrassegnato da una forte componente autobiografica. Il culto della bellezza e del piacere rappresentano le caratteristiche principali del protagonista, Andrea Sperelli, e si traducono nella sua aspirazione a costruire “la propria vita come si fa un’opera d’arte”. L’estrema sensibilità al bello, posta al servizio di uno spirito elitario, unita alla nobiltà di nascita e alla particolare educazione paterna, si trasforma in Sperelli in un sentimento di superiorità e di distacco incolmabile rispetto agli altri, immersi nella loro quotidiana mediocrità. La percezione del mondo da parte di questo nobile e ricco artista, poeta e incisore, passa solo attraverso il suo filtro estetico: la realtà è vista come in un quadro, in cui gli oggetti e i personaggi assumono movenze e tratti esteriori di derivazione pittorica. D’Annunzio trasfigura se stesso, e le sue esperienze romane di vita raffinata e gaudente, in Andrea Sperelli, a cui presta tutte le proprie predilezioni in materia di arte e di gusto. TRAMA La vicenda è ambientata nella società lussuosa della Roma umbertina. Il conte Andrea Sperelli, poeta, pittore e musicista dilettante, è l’ultimo erede di un’insigne e nobile famiglia. E’ un giovane raffinato dal carattere debole, tutto dedito alla ricerca del piacere una condizione che si coniuga al suo profondo disprezzo per il popolo e per il “grigio diluvio democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente”. E’ un esteta che vive in un palazzo su Trinità dei Monti, circondato da oggetti raffinati e preziosi e fermamente intenzionato a trasformare la propria vita in un’opera d’arte. All’inizio del romanzo egli è in attesa della sua antica amante, la sensuale ed enigmatica Elena Muti, che due anni prima ha sposato il ricco lord Heathfield. In un lungo flashback Andrea rievoca il proprio amore per Elena, e il suo darsi, in seguito all’abbandono di lei, a una vita tempestosa di avventura e amori. Ferito in duello, trascorre una convalescenza “purificatrice” nella villa di una cugina a Schifanoia d’Este. Lì ha una sorta di riconversione a una vita più semplice e attiva: torna a dipingere, a praticare l’arte. Conosce Maria Ferres, donna dolce e spirituale, moglie di un diplomatico del Guatemala; se ne innamora, e ne è infine riamato. L’arrivo di Elena interrompe il flashback e contemporaneamente getta all’aria la “conversione” di Andrea che ancora una volta subisce il suo fascino e non sa decidersi tra due donne così diverse tra loro. Elena sta per concedersi ad un nuovo amante, e Maria è in procinto di partire perché il marito, sorpreso a barare, deve abbandonare la città. Nell’ultimo convegno con Maria, Andrea si lascia sfuggire il nome di Elena. La donna, ferita nella propria dignità, lo abbandona per sempre. Il romanzo si chiude con la visita di Andrea alla casa dei Ferres, mentre i mobili che la arredavano vengono messi all’asta e comprati da “negozianti, rivenditori di mobili usati, rigattieri; gente bassa”. L’esteta è rimasto solo. D’Annunzio si rende ben presto conto dell’intima debolezza della figura dell’esteta e della costruzione ideologica che essa presuppone: l’esteta non ha la forza di opporsi realmente alla borghesia in scesa, che a fine secolo si avvia sulla strada dell’industrialismo, del capitalismo monopolistico, dell’imperialismo aggressivo, colonialista e militarista. Egli avverte tutta la fragilità dell’esteta in un mondo lacerato da forze e conflitti così brutali: il suo isolamento sdegnoso, lungi dall’essere un privilegio, non può che divenire sterilità e impotenza, il culto della bellezza si trasforma in menzogna. La costruzione dell’estetismo entra allora in crisi. La coscienza di ciò porta D’Annunzio ad ostentare un atteggiamento impietosamente critico, facendo pronunciare dalla voce narrante duri giudizi nei confronti del protagonista del romanzo. In realtà il romanzo è percorso da una evidente ambiguità, poiché Andrea non cessa di esercitare un sottile fascino sullo scrittore, col suo gusto raffinato, con la sua mutevolezza “camaleontica” e amorale, con l’artificio continuo mediante cui costruisce la sua vita. Quindi, pur segnando un punto di crisi e di consapevolezza, Il piacere non rappresenta il definitivo distacco di D’Annunzio dalla figura dell’esteta.