D’ANNUNZIO E L’ESTETISMO ARTE E VITA

Individuando nell’arte l’unico valore autentico e fondamentale dell’esistenza, al pari di altri intellettuali decadenti, D’Annunzio abolisce ogni separazione fra arte e vita. L’interconnessione tra arte e biografia rappresenta dunque una costante fondamentale dell’opera di D’Annunzio e i suoi effetti risultano ingigantiti da un’attitudine esibizionistica e declamatoria. Tali aspetti hanno in parte condizionato il giudizio critico sulla sua produzione letteraria, che solo da qualche decennio comincia a essere valutata in modo più specifico e meno viziato da pregiudizi di ordine ideologico. D’altra parte, è proprio grazie a questa sovrapposizione fra letterato e personaggio pubblico che D’Annunzio è riuscito a ottenere una notevole fama anche nel resto d’Europa. Per D’Annunzio è l’arte a fornire le aspirazioni e gli ideali ai quali lo stile di vita dell’artista deve conformarsi. La sua esistenza deve infatti divenire “inimitabile”, proprio per il carattere eccezionale di un modello che è precluso alla massa e che può essere accessibile solo a pochi eletti. Contemporaneamente, la vita dell’artista si pone come fonte e come oggetto di un’arte a sua volta “inimitabile”. Va poi sottolineato come D’Annunzio, al pari di Carducci e Pascoli, appartenga a quella schiera di scrittori italiani che riescono a vivere del proprio lavoro. Egli, oltre a fruttare a pieno le opportunità offerte dalla stampa periodica e dall’editoria industriale, si dimostra pienamente consapevole delle possibilità che derivano nella nuova società di massa dalla nascente pubblicità. D’Annunzio vive quindi in un mondo splendido, adeguando il proprio standard di vita a un modello neoaristocratico, in cui si uniscono lo sperpero al lusso, gli atteggiamenti bandistici all’eroica azione militare, l’edonismo raffinato e sensuale all’accumulo esagerato degli oggetti più eccentrici e vistosi, spesso decisamente kitsch. E’ un’esistenza condotta sempre sopra le righe, costantemente esibita in pubblico e in cui pare realizzarsi, almeno nella forma esteriore, un tradizionale sogno di alcuni intellettuali rinascimentali: farsi prìncipi tra i prìncipi, quasi con sdegno e con quella elevata e snobistica coscienza della propria superiorità che fa sì che siano sempre da considerare come inadeguate e insufficienti le manifestazioni di qualunque tipo di mecenatismo. Si attua in tal modo una sorta di rivincita del letterato, che, fruttando tutti mezzi della modernità, tenta di realizzare un modello antico.