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RACCONTI

- ERO UNA VOLTA GIOVANE E AGGIORNATO E LUCIDO... -

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Una brutta situazione

Non è una bella sensazione quella di ritrovarselo a casa, la sera stessa a cena, come ospite di mia moglie. Non è una bella sensazione quella di averlo sul divano di casa mia dopo che l’ho insultato in tutti i modi e dopo che lui mi ha dato dell’imbecille più volte. Non è piacevole per me ma neanche per lui. Anche se a fine serata mi è sembrato più per lui.

Ero uscito dal supermercato con due grossi sacchi della spesa dove dentro c’era tutto quello che mia moglie mi aveva scritto di comprare su un foglietto volante la mattina stessa. Mi aveva anche ricordato che avremmo avuto come ospiti a cena, il suo collega l’Avvocato Andreani e consorte. Ciò voleva dire che dovevo prestare una maggiore attenzione nel fare gli acquisti e non fare come al mio solito che non ci indovino mai. Avevo comprato anche uno dei migliori vini nell’enoteca sul lato opposto della strada e stavo fermo al semaforo aspettando il verde dei pedoni. È in quel momento che una Mercedes mi viene contro costringendomi ad un balzo all’indietro lasciando in mezzo alla strada i due grossi sacchi della spesa insanguinati dal vino rosso che usciva copioso dalla ferita della busta. A quel punto scende dall’auto un signore sulla cinquantina abbondante, ben vestito e con degli occhialini da intellettuale che gli penzolavano sopra la giacca. Rimango a guardare il suo ridicolo giro d’ispezione intorno all’auto aspettando che si degnasse a chiedermi scusa. Quando si accorge che un fanale della sua fottuta mercedes è rotto, si ricorda di presentarsi dandomi dell’imbecille. «Sono salvo per miracolo e mi dà dell’imbecille?», gli rispondo ad un centimetro dal naso per mostrargli che non sono affatto intimidito. «Perché non impara a stare sul marciapiede, Idiota!», mi continua ad insultare. «Vada a farsi fottere lei e la sua auto di merda.» «Gliela farò pagare… e poi vedr…» «Nel frattempo se ne vada a ‘fanculo…», gli dico con finta pacatezza. L’uomo cerca prima un vigile o qualcosa di simile poi non trovando nessuno risale in auto continuando a blaterare qualche ingiuria nei mie confronti. La conseguenza di tutto è stato che dovevo rifare la spesa e che avevo perso il foglietto dove c’era la lista di mia moglie. Tornai a casa con la metà della roba da acquistare e per di più col vino sbagliato.

Ritrovarselo ora sul ciglio della porta di casa a poche ore dall’accaduto non è una bella sensazione. Pensare di aver fatto la spesa per ben due volte per colpa sua è una situazione ancora più sgradevole. Pensare di aver litigato con mia moglie che ha creduto a stento alla storia dell’incidente e tutto il resto, mi fa girare le scatole. Adesso stiamo qui sul pianerottolo di casa mia, uno di fronte all’altro. Ci guardiamo dritti negli occhi. Tutti e due capiamo che questa non sarà una serata normale. «Caro, ti presento il mio collega l’Avv. Andreani e sua moglie Angela», dice Chiara con un sorriso smagliante sul viso. «Piacere, Sergio», dico stendendo la mano alla giovane signora. Poi mi avvicino all’Avvocato poggiando di proposito un piede sulla sua scarpa finché lui non lascia partire un urlo di dolore. «Sergio, che fai!!!», dice Chiara con un accento di piccolo rimprovero ma con un’evidente espressione incazzata sul suo viso. «Non preoccuparti Chiara, mi avevi avvisato che tuo marito non aveva i nostri…, come dire “aggraziati modi” ??…» dice sghignazzando l’avvocato. A questo punto non possiamo che ridere tutti. La situazione però è già tagliente. I nostri sguardi sono di ghiaccio. Sembriamo Clint Eastwood e Lee Van Cleef in un film di Sergio Leone. Devo ammettere che lui, e me lo fa trasparire, sta godendo di questa situazione. Vedo che vuole approfittarne, me la vuole far pagare adesso, stasera, a casa mia, davanti a mia moglie, qui sulla poltrona dove io guardo la Tv, mangio le patatine, leggo paperino e faccio del sesso con Chiara. Qui.

Un odore di patate arrosto proveniente dalla cucina inizia a stuzzicare gli appetiti. Chiara ripone su un divano i soprabiti mentre l’avvocato si siede dall’altra parte del salone facendo apprezzamenti su un quadro di Lupo che raffigura le “Retare” durante il loro lavoro. «Mi è stato regalato dal Sindaco il Natale scorso. È un quadro al quale tengo moltissimo», dice Chiara soddisfatta. «è incantevole…meraviglioso!», ribadisce lui che ora sorseggia un bicchiere di prosecco. Poi, con aria da professore, ci illumina sul significato che Lupo vuole attribuire a queste “instancabili lavoratrici in attesa del ritorno dei marinai”. In tutto questo, soffermando lo sguardo sul fascino di Angela, mi vado domandando perché così giovane e bella se ne stia ora sul divano di casa mia a farsi accarezzare da un avvocato arrogante e insolente che non sa un cavolo di pittura ma si gonfia sparando menate. Terminata la lezione, Chiara si rifugia in cucina sistemando le ultime cose mentre io faccio accomodare gli ospiti al tavolo. Sistemo Angela davanti a me e poi l’avvocato di fronte a mia moglie, così come era stato deciso nel pomeriggio. Sul tavolo ci sono tartine, formaggio e olive ascolane. Finalmente siamo tutti e quattro seduti al tavolo e Chiara mi dice di versare del vino agli ospiti cominciando dall’avvocato. «Dai Antonio, assaggia il vino», dice febbrilmente Chiara rivolgendosi all’avvocato con un tono un po’ troppo confidenziale. Lui fa due piccoli sorsi distanti alcune decine di secondi e poi appoggia il bicchiere sul tavolo. Mi guarda e dice: «l’hai scelto tu?» «Si.», mi limito a dire. «L’avevo intuito, infatti non è l’annata giusta per questo vino…», dice cercando di leggere l’etichetta mettendosi gli occhiali che un attimo prima gli penzolavano sopra la cravatta. «Siete già presbite?… a parte che l’età ce l’avete, vero?» piazzo là questa provocazione soffocata dall’intervento di Chiara: «è.. che … purtroppo.. Sergio oggi ha avuto un incidente. Un’auto l’ha investito ed il vino che aveva comprato.., quello con l’annata giusta, è andato in frantumi..., e l’enoteca non ne aveva più. Ecco qua.» «ahh!..ecco il motivo», esclama l’avvocato, «e chi è stato… lo sapete?» «Mbè no. Cioè Sergio non lo conosce. Però ha il numero di targa...» «si che lo conosco», mi affretto a dire guardando di traverso l’ospite di mia moglie. «ma mi avevi detto che non lo conoscevi…» «e allora mi sono sbagliato. Lo conosco.» «Meglio, così almeno a questo delinquente gli facciamo una bella denuncia…. Magari con l’aiuto del nostro Avvocato Andreani», dice Chiara ammiccando dolcemente quasi da prenderla a schiaffi. «Magari!!!… e poi se ci dà una mano l’avvocato…!», me la rido sommessamente mentre con una forchetta afferro l’ultimo boccone di vincisgrassi.

Il vino non è dell’annata giusta ma l’avvocato lo sta bevendo di gusto. Dall’espressione e dalle guance rosse è chiaro che sta perdendo il suo proverbiale aplomb. Angela interrompe i suoi interminabili silenzi con qualche imbarazzante singhiozzo. Mentre Chiara e l’avvocato parlano di lavoro e le loro parole si intrecciano e si dileguano nell’aria, gli sguardi miei e di Angela si intrattengono a vicenda fra la noia degli argomenti. Ad un certo punto mi alzo, vado in cucina prendo due grosse corde che mi erano servite per legare le valigie sull’auto l’estate scorsa e torno in sala da pranzo. «Zacchei, anche se un po’ esagerato, è proprio un cliente modello…» dice Chiara giocherellando con una mollica di pane. «Hai ragione. Ma ad un cliente come Giovanni gli si perdona di tutto.» «Questo è sicuro…», sghignazza Chiara. «Pensa che finalmente siamo riusciti a vendergli quella villa in Paradiso e...», ma l’avvocato non riesce a concludere la frase perché si ritrova improvvisamente imbavagliato e legato alla sedia. Chiara sembra urlare e non capire, mentre la mollica di pane diventa sempre più grossa. L’avvocato cerca ancora di balbettare qualcosa ma è tardi. Il bavaglio è già troppo stretto. Con l’aiuto di Angela rendo inerme anche Chiara che prova inutilmente ad alzarsi dalla sedia. Li trasciniamo uno da una parte della sala, vicino a quel meraviglioso quadro di Lupo, e l’altra dalla parte opposta vicino al caminetto. Poi con un unico gesto liberiamo il tavolo da piatti, bicchieri, cibo e da molliche di pane giganti. Angela si lascia tirare su la gonna. Scopre tutto quello che c’è da scoprire. Lentamente si adagia sul tavolo. Il tempo sembra fermarsi e la giustizia compiersi. L’avvocato e Chiara paiono ancora parlare di lavoro. Con una mano entro tra la camicia di Angela e gli tiro fuori un seno. Lascio scorrere la mia lingua sul capezzolo. Ci stringiamo, ci avvinghiamo, ci intorcigliamo… Squilla il telefono una, due, tre volte. Poi ancora quattro, cinq.. «Caro, è per te», dice Chiara dal corridoio. Non rispondo. «Sergio!! È per te.. è Massimo» mi chiama ancora con un acuto più convincente. Mi sveglio dal torpore del vino e mi dirigo al telefono.

«Quindi è Sergio che fa la spesa per la casa...», dice l’avvocato tra una patata arrosto e una coscia di pollo. «Si! Io, come sai, sono molto occupata... e lui adesso è libero», risponde Chiara. «Libero?..disoccupato intendi?» «si, disoccupato», dice flebilmente. «Ah-ah sei disoccupato!…sai cosa penso dei disoccupati?» «No. E non me..», sto per dire “e non me ne frega un Cazzo!”, ma non faccio in tempo. «…Che in realtà non hanno voglia di lavorare..» «Ma veramente Sergio è in cassa integrazione…», Chiara cerca di scusarsi di non so cosa. «E quindi stai tutti i giorni in piazza a protestare…sempre se non sei impegnato con le faccende di casa!!» e ride. «No, io non protesto…» «Hai ragione te ne stai a casa… e guadagni lo stesso!!..che schifo.» Non ho voglia di mandarlo a fanculo ma mi sta di nuovo umiliando. Vi assicuro che se non fosse stato per l’incidente neanche me la sarei presa. Ma l’incidente, quello si che mi fa incazzare. «Qualcuno sa una barzelletta?… Dai coraggio…», Chiara cerca stranamente di salvarmi. «Ne so una io…», dico approfittando del momento. «Allora vai. Buttati», dice l’avvocato, «io sono un amante di barzellette…» «allora comincio», dico con quell’aria di “adesso ti sistemo io.” «L'avvocato difensore interroga il testimone: » e già vedo la faccia di Chiara preoccupata ma continuo ugualmente… «"Ci saprebbe dire a che ora è avvenuto l'omicidio?"; "Penso che..." ma L'avvocato lo interrompe bruscamente: "Mi scusi ma non sono interessato a cosa lei pensa, voglio sapere come sono andati i fatti!" ». Chiara è visibilmente incazzata. L’avvocato inebriato dall’alcol sghignazza portandosi alla bocca una coscia di pollo. Angela sembra quasi soddisfatta ma non capisco se della barzelletta o del nostro rapporto sessuale. «Il testimone, aggrottando le sopracciglia gli risponde: "Ma io non riesco a parlare senza pensare. Non sono mica un avvocato!"» Un silenzio agghiacciante si propaga per la stanza. Chiara mi fulmina con lo sguardo. Poi sentiamo l’avvocato sussultare, la sua gabbia toracica fare su e giù velocemente, la bocca aprirsi per emettere suoni gutturali simili ad una tosse. Sembra che la barzelletta gli sia piaciuta. Angela almeno sorride. Chiara comincia a calmarsi e ride. Io me la spasso. L’avvocato continua a muoversi goffamente sulla sedia. Si porta le mani sulla testa. Anzi sul collo. Continua a semitossire. Adesso ridiamo tutti. Chiara finalmente mi rivolge un sorriso come per dirmi “BRAVO”. Ma l’avvocato diventa sempre più rosso e la tosse si fa più forte. «Ma si sta strozzando!!», grida Chiara all’improvviso. «Macchè... ride!», rispondo divertito. «Ti dico che si sta strozzando», insiste Chiara. «Ti dico che ride…», ribatto di nuovo. Intanto l’avvocato continua a tossire e lo fa sempre più forte. Si agita, si alza in piedi. Si rimette seduto. Prende un bicchiere d’acqua ma poi lo lascia subito. Tossisce di nuovo. «Dagli una mano, SERGIO!!», mi scongiura Chiara. «Ma sta ridendo!», continuo a ripetere. «Dagli una mano, adesso soffoca», dice sempre più preoccupata Chiara, mentre Angela continua a fare solo dei mega singhiozzi. «Sta ridendo…S-t-a r-i-d-e-n-d-o», mi prendo gioco di Chiara. L’avvocato continua a dimenarsi sempre più violentemente. Sbatte le mani sul tavolo. Gli occhi schizzano di fuori. Il viso è rosso come un peperone. Noi stiamo lì a guardarlo finché non cade a terra sfinito. Morto.

Deve essere stata la coscia di pollo. Gli si è messa di traverso per la risata. Ne sono sicuro. Cerco di convincere anche Chiara ed Angela mentre ci troviamo in piedi attorno all’avvocato steso a terra privo di vita. Non è una bella situazione quella di avere un avvocato morto sul pavimento di casa. Non è una bella situazione quella di non sapere cosa cazzo fare. Io in realtà lo saprei pure. Lo farei a pezzetti. Questi pezzetti li getterei a mare, sulla punta del porto e vaffanculo. Oppure lo rimetterei sulla sua fottuta mercedes e andrei sulla punta del porto e lo farei cadere giù. Oppure… «Me lo prendo io…», dice Angela dopo un disperato singhiozzo. «in che senso», la guardo stupito. «Nel senso che me lo porto a casa e poi qualcosa farò.» «Va bene», ribatto. «Un momento!! State scherzando? Questo tutto intero da qui non esce…», si intromette Chiara, «non possiamo mica rischiare che qualcuno lo veda!! Lo facciamo a pezzettini e poi lo gettiamo in mare!» «Va bene», dico più convinto di prima. «Ok, facciamolo a pezzettini», dice compiaciuta Angela, «almeno ci divertiamo un po’.» Così vado in cucina, prendo tre coltelli da macellaio e li porto in sala. Li distribuisco uno ciascuno e cominciamo a lavorare. Stiamo lì quasi tutta la notte finché i pezzettini non sono veramente piccoli quasi come coriandoli. Stremati dal lavoro ci riposiamo una mezz’ora sorseggiando whisky mentre io continuo a raccontare barzellette sugli avvocati. Sono le uniche che ricordo. Vedo tanti coriandoli di carne, due belle donne attorno a me e penso che questa si che è una bella situazione!! All’alba infiliamo l’avvocato in tanti sacchetti di plastica, quelli che ho usato la mattina per la spesa. Poi li mettiamo dentro al cofano della mercedes. «Domani sarà tutto a posto», dice Angela. «Certo…fa un bel lavoro mi raccomando», risponde Chiara. Prima di salire in auto Angela si avvicina e mi dice sottovoce: «Mi è piaciuta…», ma non capisco cosa…la serata? La barzelletta? La scopata? Così, fra i miei dubbi, si allontana sulla mercedes direzione porto turistico. Io e Chiara rimaniamo sul ciglio della porta. Un cielo così stellato era tempo che non lo vedevo. Da mettere i brividi, da riscaldare i cuori, da farci l’amore. Chiara si avvicina, mi abbraccia e sento di volerle bene. «Strano per un avvocato così preciso avere il fanale dell’auto rotto..non trovi?» «Già molto strano….molto!» Chiudo la porta di casa e andiamo a dormire.

 

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