Il Vendicatore di Marsiglia, ovvero
Le Vengeur de Marseille, ou
Avenger from Marseilles
By “Tre Moschettieri”
Tutti i diritti sono
riservati ai singoli Autori (Riccardo N. Barbagallo, Vincent Mollet e Gennady Ulman rispettivamente per i capitoli in italiano, francese e inglese). E' vietata la riproduzione in tutto o in parte nonché la
traduzione del testo del romanzo senza la previa ed esplicita autorizzazione dell’intero gruppo degli
aventi diritto.
Premessa
In Italia si chiamava Romanzo
d’appendice, Roman-Feuilleton in
Francia, Penny Dreadful e Penny Blood in Inghilterra, Groschenroman in Germania, Follétin in Spagna. Una molteplicità di
termini che servivano a designare un unico prodotto letterario industriale
caratterizzato per la ripetitività dei temi affrontati, la presenza di
personaggi stereotipati e la chiusura “ad effetto” di ciascuna puntata. In
ognuno di essi il romanziere riprendeva un fondo comune di situazioni e ruoli
narrativi usando una scrittura accessibile al vasto pubblico che produceva una
versione personale dei grandi miti universali.
Ufficialmente la narrativa seriale nasce nel 1836 in Francia
quando La Presse di Émile de Girardin e Le Siècle di Armand Dutacq iniziano a
dedicare le pagine centrali dei loro giornali ai roman-feuilletons, all’inizio
soltanto dei romanzi divisi in pezzi e pubblicati periodicamente, primo il
Lazarillo de Tormes, ambientato nei bassifondi della Spagna del Cinquecento.
In realtà oltre la Manica le narrazioni a puntate venivano già
pubblicate da una quindicina d’anni, ma solo nel 1836 scoppiò una vera e
propria febbre popolare con la comparsa di uno dei primi lavori di Charles
Dickens (1812-1870), The Posthumous Papers of the Pickwick Club.
L’archetipo del genere fu Les Mystères de Paris di Eugène Sue (1804
–1857). La prima puntata apparve il 19 giugno 1842, in appendice al
conservatore Journal des Débats, e la pubblicazione proseguì fino al 15 ottobre
1843, per un totale di 147 appendici, subito riunite in dieci volumi. Il
romanzo ottenne un trionfale successo di pubblico e l'eco si fece sentire anche
in sede governativa. Durante la pubblicazione, infatti, nonostante il Journal
fosse accusato in Parlamento di "far passeggiare da un anno i suoi lettori
per le fogne parigine", Sue ricevette la Croce della Legion d'onore dal
Ministro della Pubblica Istruzione.
In effetti, nei tapis
francs descritti nel romanzo ritroviamo un vero e proprio inventario di
avventurieri denominati genericamente Mohicans od Apaches. Tra i personaggi più
biechi, degni dell’infame dizionario furfantesco di Bîcetre e della
Concergerie, ritoviamo i charrieurs, gli scionneurs, i vautarniers, senza
contare i ladri alla carrouble e alla forline. In quest’universo si muovono poi
studenti squattrinati e dandys, avvolti in ampi mantelli che già allora non si
vedevano che nei ritratti di Chateaubriand e di Byron, prostitute e grisette,
nobili decaduti ed onesti artigiani perseguitati dalla miseria.
In realtà, indipendentemente dall’estrazione sociale del
lettore, gli archetipi e i temi che la letteratura popolare esprime (ad esempio
il mito del vendicatore, della fanciulla perseguitata, del seduttore, della
cortigiana pentita, della donna fatale e del criminale ravveduto) hanno il
potere di conquistare il pubblico perché mantengono inalterato in ogni epoca il
fascino della narrazione coinvolgente e potentemente evocativa che si ritrova
nell’Iliade e nell’Odissea, nelle Chansons de Geste, nei Nibelungenlied e nel
Ciclo Arturiano.
Ma le mode cambiano … e si modificano pure le tecniche per affabulare
il pubblico. Dai romanzi popolari, di cui la saga di Angelica rappresenta uno
degli epigoni di maggiore interesse storico-sociale, si giunge agli
interminabili serials televisivi, fino ai più recenti reality-show. Ma questa è
un’altra storia e bisognerà raccontarla un'altra volta !
Riccardo
Barbagallo
***
Per
saperne di più …
***
Gli
Autori
Riccardo N. Barbagallo - Docente di Tecnologie Alimentari, Tecnologia dei Prodotti Agrumari e Microbiologia Agraria presso la Facoltà
di Agraria, Università di Catania. Da diversi anni si occupa dell’isolamento,
purificazione, immobilizzazione e caratterizzazione di enzimi in ambito
alimentare. L’intensa attività scientifica è supportata da numerose
pubblicazioni su riviste internazionali ad elevato impact factor. Appassionato di storia, tra una pubblicazione
scientifica e l’altra si dedica, fra l’altro, allo studio comparato della
letteratura popolare mondiale, pubblicando le sue ricerche in parecchi siti
(fra gli altri, mystères urbains), nonché nella rivista francese Le Rocambole. Componente del gruppo di
discussione di Wold Newton e Bloods and Dime Novels.
Vincent Mollet – Francese, nato a Albi. Discendente in linea diretta
da un ammiraglio e da due forzati. Ha iniziato ad avere il gusto per la storia,
la letteratura e le lingue antiche all'età di quattro anni, leggendo Astérix.
Allievo dell’Ecole des Chartes, conservatore storico a servizio della Marina
Nazionale, è incaricato degli archivi e della biblioteca del porto di Tolone.
Considera ogni romanzo sciocco, interminabile e centenario come un capolavoro.
È in particolare una delle rare persone sopravvissute alla lettura integrale
della saga di Rocambole di Ponson Du Terrail. Componente del gruppo di
discussione di Wold Newton.
Gennady Ulman - Professore d’Inglese, Letteratura Mondiale e Psicologia al Professional Business
College di New York (USA). Originario di Odessa (Ucraina). Lingua madre: russo.
Specialista nella traduzione di poesie dall'inglese e dal francese verso il
russo, e viceversa. Passioni: l'aspetto avventuroso della letteratura popolare.
Sta preparando un'enciclopedia degli autori d’avventura delle differenti
nazionalità. Altre passioni: i grandi misteri del mondo (poltergeists, UFO,
Atlantide e civiltà perdute, paleocontatti, Sindone, ecc.)
***
Le Regole del Gioco
Questa sorta di roman-feuilleton che vi
apprestate a leggere e che speriamo incontri il vostro favore nasce da un
progetto a lungo meditato da Riccardo N. Barbagallo il quale ha deciso di
condividere con Vincent Mollet e Gennady Ulman l’ideazione e la stesura in tre
lingue diverse di un lavoro che avesse caratteristiche d’internazionalità per i
temi e le vicende presentate. In questo romanzo troverete tutti i gli
stereotipi e le tematiche del romanzo popolare ottocentesco, gli ingredienti
del romanzo sociale, cappa e spada, gotico, sentimentale, epistolare, ecc.
Il romanzo viene scritto “step by step” da ciascuno degli autori
che si alternano, un capitolo ciascuno, senza che vi sia alcun intervento sul plot ideato e scritto dagli
altri.
Prima di avviarsi a scrivere un nuovo capitolo ognuno degli
autori revisiona l’intero lavoro, mediante l’ausilio di una scheda relativa
alla biografia dei personaggi, costantemente aggiornata da Riccardo e da una
scheda cronologica, il cui responsabile è Vincent, così da arricchire
continuamente di dettagli la vicenda come pure l'antefatto, riuscendo così a
far combaciare ogni avvenimento come le tessere di un grande puzzle. Ognuno dei
“Tre Moschettieri” è libero di scrivere spontaneamente tutto ciò che piace,
anche stravolgendo i fatti presentati dall’autore che l’ha preceduto, evitando
comunque d’inserire cognizioni note oltre la fine del XIX secolo e facendo in
modo che ognuno si senta responsabile per le modifiche apportate, con l’intento
di rendere il progetto quanto più accattivante possibile. Questo è secondo i
“Tre Moschettieri” è il punto di forza del progetto rispetto alla trascuratezza
di alcuni roman-feuilleton dell'Ottocento. Si precisa che alcune differenze di
stile e grafia fra i diversi capitoli sono stati mantenuti al fine di non
alterare il testo originario.
Buona
lettura … !
***
PARTE PRIMA
Capitolo I
Nel quale
facciamo la conoscenza del nostro eroe
E’ una grigia serata del 1834 con un freddo intenso reso acuto dal
gelido mistral sibilante lamentoso
fra i comignoli delle case che si stagliano neri contro il cielo punteggiato di
stelle. Un uomo alto e ammantato di nero, cammina lentamente nella notte lungo
il porto della città di Marsiglia. Il suo aspetto misterioso lo rende simile ad
uno degli eroi fatali di byroniana memoria.
Dopo qualche minuto d’esitazione si ferma all’osteria Vecchia Ancora dove, appartatosi nella
zona meno visibile del locale, si siede e consuma lentamente del cognac.
Nessuno si cura di lui e l’uomo non fa nulla per farsi notare dagli astanti.
Da lì, tuttavia, assiste non visto ad una scena rivoltante: un
uomo di una sessantina d’anni, che già aveva notato per il suo comportamento
arrogante, costringe un bambino di una decina d’anni, entrato nell’osteria per
comprare pane, vino e formaggio, a consegnargli tutto il denaro che ha
guadagnato durante l'intera giornata suonando il suo violino in compagnia di
uno smagrito cane.
“Molla l’osso, moccioso della malora. Ti ho già detto più di una
volta che per suonare a quell’angolo di strada devi prima chiedere il mio
permesso e … pagare per rimanerci!”
“Ma signore, io non posso darvi nulla perché il poco denaro che ho
guadagnato mi serve per pagare il cibo e alcune medicine che servono a curare
mia madre la cui salute da ieri è peggiorata notevolmente”, implora il
ragazzino con le lacrime agli occhi, mentre il suo cane abbaia senza tregua.
Ma il furfante è irremovibile - “Io non faccio beneficenza”, ha la
sfacciataggine di esclamare scandalizzato. Poi, non solo si appropria del
denaro ma, con sadica cattiveria, prende a calci il povero cane scaraventandolo
fuori dall’osteria.
L'uomo misterioso che ha osservato tutta la scena, notata
l’impassibilità degli avventori presenti, si alza dal suo tavolo e con passo
risoluto si dirige verso il delinquente.
“Ti ordino di restituire al bambino quanto gli hai rubato …
subito!” dice risolutamente il nostro eroe con un tono che non ammette
repliche.
“Amici, avete sentito? il
signore mi sta minacciando. Che ne dite se gli diamo una bella lezione?”,
ribatte il furfante con aria sprezzante ed ironica. Ma non ha il tempo di
finire la frase che l’Uomo in Nero gli torce il polso costringendolo a
restituire al bambino il denaro. Il piccolo, commosso, ringrazia il suo
salvatore ed esce rapidamente dal locale. Il delinquente, dolorante e umiliato
medita vendetta.
Più tardi, infatti, l’uomo misterioso uscendo dall'osteria è
aggredito alle spalle dallo sfruttatore che ha chiamato i rinforzi di altre tre
persone. Nonostante la posizione di svantaggio, il nostro eroe riesce
lestamente a mettere fuori gioco i due uomini più forti, poi il delinquente,
impugnato un coltello, cerca a tradimento di pugnalare il nostro eroe che
riesce a disarmarlo. Lo sfruttatore furente, sotto le mani dell’uomo
misterioso, chiama in soccorso il più giovane dei compagni che si era tenuto
fino ad allora da parte nella colluttazione e gli intima, con parole di rabbia
e dolore assieme, di raccogliere il coltello per pugnalare il rivale.
“Non vedi che tuo zio ha bisogno di rinforzi? Aiutami, cosa
aspetti che questo dannato figlio di … mi uccida?”.
Il giovane, colpito nel proprio orgoglio, raccoglie il coltello e
si slancia come una furia verso l'Uomo in Nero. Questi però riesce a schivare
il colpo e, dopo una lunga colluttazione, il coltello penetra nel fianco
dell'aggressore.
Prima di accasciarsi il giovane guarda in viso l'uomo misterioso e
questi, a sua volta, notando i lineamenti contratti dell’aggressore,
impallidisce ed esclama: - "Oh mio Dio, il cielo possa fulminarmi perché
ho ucciso … ho ucciso ancora una volta !".
Chapitre II
Dans lequel un petit Marseillais s'exerce au métier de
détective
Le lendemain, Siffrein -
c'est le nom du petit joueur de violon - se risque à nouveau aux alentours de
l'auberge. L'homme blessé la nuit précédente a été transporté par ses
compagnons, désireux d'éviter les questions de la police, dans une des chambres
de la maison. Il s'y remet lentement de son coup de poignard, soigné par un
médecin que les membres de la pègre appellent fréquemment dans des cas
semblables. Le docteur interroge le jeune truand sur les circonstances de sa
blessure, et paraît surpris par la description de l'homme en noir, comme si
elle lui rappelait quelqu'un qu'il connaît.
Siffrein ne saura rien de
ce détail, se contentant de laisser traîner ses oreilles à la porte de
l’auberge pour s’informer sur les événements de la nuit et leurs conséquences.
Après avoir appris que le blessé gardait la chambre et que l'homme en noir
avait disparu, il repart dans les rues, escorté de son chien, vers un des
endroits où il a l'habitude de jouer quotidiennement. En chemin, sur le Cours
Belzunce, il a la surprise de croiser, sans être vu de lui, l’homme qui l’a
protégé.
Il entreprend aussitôt de
le suivre discrètement. Sa filature l’éloigne rapidement des quartiers
résidentiels et le conduit dans une rue déserte entre deux entrepôts près du
port. En se dissimulant derrière un angle de mur, il voit l'homme en noir
rejoindre un colosse aux cheveux roux, vêtu comme un matelot, avec lequel il
avait visiblement rendez-vous. Siffrein se cache pour écouter leur
conversation, mais la distance et le ton relativement bas des deux hommes ne
lui permettent pas de percevoir grand-chose, sinon que le colosse témoigne du
respect à son interlocuteur et l'appelle "capitaine". En tentant de
s’approcher plus, il est aperçu par le colosse qui, avec une rapidité étonnante
pour sa masse, se précipite sur lui et l’empoigne. L'intervention de l'homme en
noir, qui reconnaît son protégé de la nuit précédente, lui évite un mauvais
parti.
Interrogé, Siffrein décrit
la vie misérable qu’il mène avec sa mère et sa soeur, et cherche à convaincre
son sauveur de venir chez lui faire leur connaissance. L'inconnu sourit - c'est
la première fois - en apprenant que le chien du jeune garçon s'appelle Amiral.
"Puisque je ne suis
que capitaine," dit-il, "je dois suivre l'amiral".
Arrivés près du taudis où
habite Siffrein, l'enfant, l'homme en noir et le colosse trouvent le quartier
en pleine révolution: le choléra vient de se déclarer à Marseille, et la mère
du jeune garçon présente les symptômes du mal. Un groupe de voisins, terrorisés
par l'idée de la contagion, discute devant la porte de l'immeuble. Sans
hésiter, l'homme en noir fend la foule et monte jusqu'à la chambre de la
malheureuse. "Je ne crains pas la mort," dit-il, "elle est ma
débitrice!"
Capitolo II
In cui un piccolo marsigliese si esercita al mestiere di detective
L'indomani, in giro per le vie di
Marsiglia col suo cane Amiral, il piccolo Siffrein incontra casualmente l'Uomo
in Nero. Lo segue, senza essere visto, fino ad una via deserta tra due magazzini
vicino al Porto. Qui, l'uomo misterioso raggiunge un colosso dai capelli rossi
e vestito da marinaio: il suo servitore, Moucheron. Siffrein si nasconde per
spiarli, ma è sorpreso da Moucheron. Convince i due uomini a seguirlo fino al
misero palazzo dove abita. Appena giunti, apprendono che il colera si è appena
manifestato a Marsiglia e che la madre di Siffrein presenta i sintomi del male.
Senza esitare, l'Uomo in Nero entra nella casa della sfortunata.
Chapter III
In which we learn that The Man in Black has not only
enemies, but friends too
The
old
A
coin was wrapped into something. The jester, carefully looking around, took the
coin out and unwrapped it "What is it? A banknote?", whispered the
fiddler. "Much better", said the jester. "Hotel de Cabre".
"When?" "Don't worry, Saltis. We still have the time to eat and
to change." "Holy God", said the fiddler." Do I hear what
really is going on? After all these years. But he cannot come. He is dead. They
all are dead". "Don't scream", said the jester. "The
Their gait was becoming straighter, the faces took completely a different
expression. Usually such gait belongs to the officers, more than that,-- to the
naval officers. Retreating to Canebiere, Saltis said, "What about the boy?
I guess I taught him to play the violin not in vain. His agility might be
helpful, you know, Darcene!
"You
got completely crazy, Saltis. I am not Darcene. Did you forget my name?
"It's
time for you to become Darcene", stubbornly retorted Saltis.
"Hôtel de Cabre,
Maison Diamantée. The place does not change"
"Hurry
up". "What if he asks about... You know whom I mean. What will we
answer?
"The
truth". "I want to take my sword"
"Yes,
I figure, it's necessary"
In
half an hour, the small inn "Three crowns" was shocked by the
presence of two noblemen who ordered a rooster and a bottle of Clicquot. The
host sent a messenger as such champagne was not in his possession.
Two
wine glasses clinked. "Time', said Saltis. "High time", retorted
Darcene.
Capitolo III
Nel quale apprendiamo che l'Uomo in Nero non ha solamente dei nemici,
ma anche degli amici
E’ notte al Vecchio Porto di
Marsiglia. Un suonatore di piffero, Saltis, ed un comico, Darcène, si
guadagnano da vivere con la musica ed eseguendo acrobazie. Qualcuno depone un
biglietto nella ciotola che contiene le offerte di denaro. Il messaggio
riporta: "Palazzo de Cabre". Felici, i due lasciano immediatamente il
porto, si cambiano d’abito e poco dopo bevono dello champagne. Certamente con
dei vestiti diversi, appaiono come degli uomini differenti.
Capitolo IV
Nel quale
Poussin fa un giuramento che cambierà la sua vita
Come sicuramente i nostri cortesi lettori ricorderanno avevamo
lasciato il misterioso Uomo in Nero in procinto di precipitarsi all’interno
dell’edificio dove la sfortunata madre di Siffrein lotta tra la vita e la
morte. Il ragazzino si precipita all’interno con l’uomo ma, giunti fino
all’uscio della misera soffitta dove la povera donna, pallida come un cadavere,
geme in un bagno di gelido sudore - inconfondibile sintomo del colera -
entrambi trovano a sbarrare il passo la sorella maggiore di Siffrein,
Jeannette, la quale supplica l’uomo di abbandonare la casa e portare con sé il
piccolo Siffrein.
“Signore ve ne prego, allontanatevi e tenete con voi il mio
fratellino. Prendetevene cura e che il cielo vi benedica!”.
Anche Moucheron, il
colosso, è giunto sulle scale; l’Uomo in Nero gli impartisce l’ordine di
chiamare immediatamente un medico e di provvedere all’acquisto di tutto quanto
possa servire all’ammalata. Poi, offre alla giovane donna del denaro e le
promette che si prenderà cura del fratello. Sarà Jeannette ad occuparsi
direttamente della madre. Siffrein piange disperato ma l’uomo misterioso e il
docile Amiral gli sono vicini.
Intanto Vinnie, detto Poussin
- il giovane delinquente che ha attentato alla vita dell’Uomo in Nero - ha
durante il sonno un incubo nel quale rivede se stesso da bambino vagare per le
strade di Marsiglia con lo zio che, avvolto in un mantello nero, lo costringe
nelle serate d’inverno a rapinare i ricchi signori all’uscita dal teatro.
Lui non vorrebbe rubare, ma lo zio si volta all’improvviso e,
sotto le fattezze dell’Uomo in Nero, gli pianta una coltellata allo stomaco. Il
giovane si sveglia all’improvviso e giura a se stesso di ritrovare l’uomo
misterioso – “Dovessi fare il giro del mondo, troverò quell’uomo”.
Chapitre V
Dans lequel Siffrein se pose des questions et Poussin
demande une réponse
L'imposant hôtel
particulier de la famille de Cabre, dans le vieux Marseille, est resté inhabité
pendant près de dix ans, après que ses occupants aient disparu à la suite d'un
scandale. Un jour, les voisins découvrent avec surprise qu'un nouveau
propriétaire s'est installé. Il demeure invisible, et on ne fait
qu'entr'apercevoir ses deux domestiques: un colosse aux cheveux roux, et un
enfant que l'on voyait auparavant jouer du violon dans les rues de la ville.
Vers le soir, deux hommes
arrivent par la rue, peu fréquentée à la fin de cette journée où la rumeur du
choléra s'est répandue dans la ville. Lorsqu'ils entrent dans l'hôtel,
Siffrein, à sa grande stupéfaction, reconnaît l'un d'eux. C'est, dans un habit
de soirée impeccablement coupé, le saltimbanque qui lui avait appris à jouer du
violon. L'homme feint de ne pas l'avoir vu. Le maître des lieux serre les deux
visiteurs dans ses bras et les fait entrer dans ses appartements; Siffrein,
malgré toute sa curiosité, n'en saura pas plus pour le moment. Lorsque, à la
nuit tombée, les deux hommes ressortent de l'hôtel, l'enfant parvient à saisir
une bribe de leur conversation:
"C'est étrange,
Saltis, il ne nous a posé aucune question sur elle!"
"Que veux-tu que je
te dise?" répond Saltis en haussant les épaules. "Soit il en sait
déjà autant que nous, soit il ne s'intéresse plus à elle."
Pendant ce temps, dans sa
chambre à l'auberge, Poussin voit entrer le chef de sa bande venu prendre de
ses nouvelles. Il a justement une question à lui poser: "J'ai besoin de
savoir comment est mort mon oncle," lui demande-t-il. "Vous le
connaissiez bien, n'est-ce pas? Je sais qu'il y a dix ans on l'a retrouvé
poignardé dans le Vieux Port, mais il faut que vous m'en disiez plus!"
Capitolo V
In cui Siffrein si pone delle domande e Poussin chiede una risposta
L'Uomo in Nero si è installato a
palazzo de Cabre. Rimane incognito ai vicini che vedono nei paraggi solamente i
suoi due domestici: Moucheron e Siffrein. Di sera, Darcène e Saltis, in abito
da sera, gli rendono visita. Siffrein, con grande stupore, riconosce Saltis che
finge di non averlo visto. Quando i due uomini ripartono a notte fonda, il
bambino è riuscito a cogliere qualche brano della loro conversazione.
Frattanto, nella camera alla locanda dove Poussin si rimette della ferita,
giunge il capo della banda per avere sue notizie ed il giovane l'interroga
sulla morte dello zio.
Chapter VI
In which the reader learns that music not only
entertains, that lethal diseases are not always lethal, and that the nick-name
of the Man in Black is not peaceful
The
doctor, a worthy man in his fifties, tall, thin, with whiskers and a valise,
almost unmistaken showing his profession left the shack where the sick woman
and her children lived. While coming to the street he kept shrugging and
muttering something indistinctive under his nose. If somebody wanted to
eavesdrop, he might hear the words expressing outrage and confusion. "I
don't say anything, the payment was more than generous, but even for the salary
twice as much, I won't risqué my life. Don't the people understand what cholera
is?
I
have to warn a hospital if they want to deal with her. Moneyless ness is also a
disease. Hopefully I did not touch anything around. The area has to be
surrounded and fenced. How to convince a boy and a girl not to come? But anyway
everybody has to be separated. Let me rush. A good lot of things have to be
done."
In a
couple of hours, an already familiar figure covered in black, appeared near the
doorway. Siffrein and Jeannette were attending near the door. Jeannette's
delicate features showed grief and devastation. Siffrein looked liked a small
chased animal.
"What's
going on?", the man asked drastically. Jeannette lifted her face swollen
from tears and whispered a word which frightened people for centuries.
"Mother
is being taken to the hospital. She is going to die", she said dully.
The
man moved the children aside and rushed into a shabby apartment. The woman was
hardly conscious. Her features became thin and sharpened from the
dehydratation.
If
from the beginning she was restless, now she was completely immovable. The man
looked aside, thinking about something, then noticing a small violin, went out
to the street, gave it to the boy and said: "When you hear my voice, play
something sad. Can you?"
The
boy looking at the man incredulously took the violin and silently nodded. The
man rushed back. With the hand covered with glove, he took some paper from his
cloak, looked at it for several seconds, and smiled. Then he came to the poor
stove, found an egg, split it, accurately poured the contents into an old cup
with a darkened bottom, took a shell, crumbled it into tiny pieces, again
looked around an found what he wanted --an onion. Getting a knife of a strange
form, he made a notch on an onion, and squeezed it a little. Pouring some juice
into another cup, he mixed it with the shell and got out a small flask adding
some yellow liquid. "Two minutes", he said to himself. Then he
stiffened. The woman hoarsely moaned something indistinctly. The man in black
shouted "Siffrein, play!" As soon as he heard the sounds of the
violin, he, with his knife, unclenched the teeth of the woman, and poured the
formed liquid. The woman started to cough. "Now you may cough", said
the man. He went to the street and said "Now let them take her!"
"What
did you do? ", asked the girl. "No matter! She will survive!"
"Even
if you saved her, other patients in the hospital, might infect her again!"
said the girl.
"Not
with this disease. She will never get it again! And let her lie in the hospital
for a while. The nurses will care after her better than you. "
"Are
you a famous doctor?"
"Me?
Not me! Better to say, Michel! "
"Who
is Michel?"
"One
real doctor who lived 200 years ago."
The
girl looked at the man in black and said in a low voice "And what is your
name?
The
man was silent for a while and answered: "In
"But
this is not a name. What does the word mean?"
The
man in black looked at the girl, smiled and said "It means Fate".
Nel quale il lettore apprende che la musica non è soltanto un piacere,
che le malattie mortali non lo sono sempre e che il nome dell'Uomo in Nero non
è simbolo di pace
Il dottore non può curare la
donna malata. Il colera è una malattia mortale. I figli, Siffrein e Jeannette,
si disperano. Ma appare l'Uomo in Nero che, con l'aiuto della musica, o più
esattamente di una scelta di note e di un certo intruglio, salva la donna.
Benché debole è ormai guarita. La giovane Jeannette chiede il nome all'Uomo in
Nero e ne ottiene due, Michel e Kismet, il cui significato in turco è Destino.
Testo di Riccardo N. Barbagallo, Vincent Mollet e Gennady Ulman
Capitolo VII
Nel quale
apprendiamo dei fatti notevoli riguardanti l’infanzia di Poussin
Appena uscito dalla povera casa nella quale abitano Jeannette e
Marguerite Lambert, la sorella e la madre di Siffrein, il nostro salvatore
Michel, così da ora in poi chiameremo l’Uomo in Nero, si rivolge al bambino e,
allontanatolo da sé categoricamente, gli ordina: “Adesso puoi andare all’Hotel
de Cabre ma devi rimanere lì. Tua madre si salverà come ho promesso, tuttavia
non devi mettere in pericolo la tua vita. Informerai Moucheron che io sarò via
da Marsiglia per le prossime settimane”. Siffrein dà un timido assenso e,
salutato Michel, raggiunge l’albergo dove Amiral lo accoglie scodinzolando
allegramente.
Non molto lontano intanto, i nostri lettori lo ricorderanno,
stiamo assistendo ad una discussione fra Poussin, in via di guarigione dopo il
ferimento, e il famigerato Renard,
capo della banda.
“Cosa diavolo vuoi che io
ti dica della morte di tuo zio, Poussin. Non ricordi più che facemmo il
possibile per salvarlo? Lo sai che consideravo Tonneau-Plein come un fratello, ma era ormai troppo vecchio per
fare questo dannato mestiere, glielo avevo detto un centinaio di volte. Raccogliemmo
la cifra necessaria e … pace all’anima sua, ebbe un magnifico funerale! Ma
perché mi domandi queste cose, Poussin?”
“Si tratta di un sogno, un
terribile incubo che ho avuto la notte scorsa. Avevo pressappoco otto anni e
zio Tonneau-Plein, come sai, mi aveva da poco insegnato a frugare le tasche
delle persone all’uscita dal teatro. Nel sogno lui indossava un mantello nero e
mi tirava da una parte perché lì c’erano … dei polli da spennare, la solita storia. Io cercavo di liberarmi da
quella morsa, quando all’improvviso lui si volta verso di me e non ha più le
sue solite fattezze”.
“Che diavolo di fattezze
Poussin, parla come ti ho insegnato o chiudi il becco una buona volta!”.
“Voglio dire che nel sogno
non era più un vecchio settantenne, ma un uomo di poco meno di quaranta anni:
appariva come l’Uomo in Nero, quello che per poco non mi ha ammazzato e che,
colpendomi, mi ha guardato come se avesse visto un fantasma!”.
“Ancora quel dannato Uomo
in Nero! Se mi capita di nuovo tra le mani non avrà scampo. Mi ha fatto fare
una misera figura davanti all’osteria Vecchia
Ancora.
“Lo sai zio che lui voleva
soccorrermi dopo che per legittima difesa mi ha colpito? Poi è arrivato una
specie di colosso con i capelli rossi e lo ha allontanato di peso dal vicolo
… è proprio l’ultima cosa che ricordo di
quella sera”.
“Guarda dannatissimo
ingrato … doveva proprio farti fuori quell’Uomo in Nero, almeno non avrei
sentito tante sciocchezze. Se non fosse stato per me saresti stato come
Tonneau-Plein bello e sepolto!”.
“Ma allora, secondo te,
perché mi sono ricordato dello zio in quel sogno? Sono trascorsi dieci anni
d’allora. C’era ancora Clementine con noi, la mia sorella gemella te lo
ricordi? Dopo la morte di Tonneau-Plein tu mi dicesti che l’avevano accolta le
suore di un orfanotrofio di Toulon ma quando l’anno dopo scappai per andare a
trovarla mi fu detto che non viveva più lì. Chissà dove si trova adesso …
poverina!”
“Guarda Poussin di
rialzarti da questo letto per domani e di ricominciare a lavorare perché le tue
dannate chiacchiere mi hanno stancato” e, dopo un attimo di esitazione, Renard
continua “Il vecchio Tonneau-Plein, mi aveva insegnato ogni cosa quando io ero
ancora un ragazzo, allo scoppio della Rivoluzione; soltanto per questo motivo
ti ho preso con me dopo la sua morte e permetto di chiamarmi “zio” anziché
Renard. Non potevo accollarmi la responsabilità anche di un’altra marmocchia di
otto anni come Clementine! E poi … volevo dirti che se ripensando al tuo vero
zio, a Tonneau-Plein, intendo, ti viene in mente l’Uomo in Nero, vorrà dire che
quest’uomo non è proprio un santo, non credi Poussin?”. E così dicendo Renard
esce sbattendo violentemente la porta.
Una decina di giorni dopo i
fatti finora raccontati, Amiral scodinzolando indisturbato per l'Hotel de Cabre,
sente una strana melodia provenire dall’ala est e così, abbia
ripetutamente per attirare l’attenzione di Siffrein. Anche
il bambino si mette attentamente in ascolto.
Où il est prouvé que la musique est un langage universel,
et où un jeune homme rappelle de vieux souvenirs
Siffrein entreprend de se diriger vers la pièce d’où s’échappe la mélodie.
En chemin, il rencontre le matelot devenu majordome.
“Monsieur Moucheron? Je pensais que c’était vous qui faisiez cette
musique!”. Moucheron sourit largement.
“Tu me vois, moi, jouant du piano? Non, le capitaine a une invitée. Elle
s’est installée dans l’appartement de l’aile est.”
“Une dame?”
“Oui. Tu n’as à te mettre en peine de rien, c’est moi qui ferai son ménage
et qui lui porterai ses repas.”
“Mais le capitaine est parti! Il m’a
dit de vous dire qu’il quittait Marseille, et qu’il serait absent plusieurs
semaines.”
Moucheron fronce les sourcils.
“Déjà? Est-ce qu’il t’a dit s’il partait seul?”
“Non, il ne m’a rien dit.”
Devant le silence contrarié de Moucheron, Siffrein tente de revenir à la
mystérieuse occupante de l’aile est.
“Alors, son invitée va rester seule? Qu’est-ce qu’elle va faire?”
“Rien. Je te l’ai dit, tu n’as pas à t’occuper d’elle.”
Siffrein comprend qu’il est requis de ne pas approcher l’inconnue. Mais il
ne renonce pas si facilement. Descendu dans la cour de l’hôtel, il repère les
fenêtres de la pièce où se trouve le piano. La musicienne est apparemment en
train de s’exercer, et le même motif revient fréquemment. Siffrein ne tarde pas
à l’indentifier, puis à pouvoir le reproduire sur son violon. Bientôt, sa
mélodie répond à celle de la pianiste. Celle-ci entame bientôt un nouveau
morceau, immédiatement suivie par Siffrein. Lorsque le piano s’interrompt,
l’enfant, au-dessus de sa tête, entend une fenêtre qui s’ouvre...
Quelques
jours plus tard et quelques centaines de kilomètres plus loin, nous faisons la
connaissance de Victor Jourdan, héritier d’une richissime famille de négociants
marseillais, qui achève ses études à Paris. Le jeune homme se trouve pour le
moment dans sa confortable garçonnière, en compagnie de sa dernière conquête:
une actrice qui a déjà triomphé sur plusieurs scènes parisiennes, ainsi que
dans les coeurs et les portefeuilles de plusieurs messieurs fortunés.
S’il goûte à tous les plaisirs de la vie parisienne, Victor n’en a pas pour
autant oublié son pays natal. La preuve: il est en train de lire une gazette
marseillaise.
“Quelles nouvelles? Plusieurs cas de choléra signalés à Marseille...
Diable! Nous en étions à peine délivrés à Paris, et le voilà qui frappe mon
pays natal. Un riche et mystérieux Oriental a racheté l’Hôtel de Cabre... En
voilà un qui n’est pas superstitieux, de s’installer dans l’hôtel du
parricide!”
“L’hôtel du parricide?” interroge la jeune femme.
“Oui, c’est une histoire horrible qui a eu lieu voici plusieurs années.
C’était en 1824, alors que les Grecs était en pleine révolte contre
l’oppresseur turc. Les états-majors français avait commencé à dresser
secrètement les plans d’une intervention militaire en leur faveur. Or, ces
plans sont tombés entre les mains des Turcs. Le scandale a été énorme, et
l’intervention en Grèce a dû être retardée de plusieurs années. Comme tu le
sais, c’est seulement en 1827 que la flotte française a finalement affronté les
Turcs à Navarin.
La gendarmerie a mis la main sur un document permettant d’identifier les
traîtres. Il s’agissait de trois jeunes officiers de marine, alors affectés à
Toulon. Tous trois étaient issus d’honorables familles marseillaises. L’un d’eux
en particulier, Zacharie de Cabre, était le fils d’un célèbre manufacturier de
l’époque, propriétaire de cet hôtel qui vient d’être racheté. Mon père le
connaissait très bien.
Le jour même où ils devaient être arrêtés, les trois hommes, sans doute
prévenus par un complice, disparurent mystérieusement. En ce qui concerne
Zacharie, tout au moins, on sut rapidement où il était allé. Dans la soirée du
même jour, un domestique le vit arriver à l’Hôtel de Cabre, et demander à voir
immédiatement son père. On a pu établir qu’il avait loué un cheval à Toulon, et
qu’il avait galopé comme un fou tout le long de la route jusqu’à Marseille.
Malgré l’heure tardive, le vieux de Cabre travaillait encore dans son
cabinet, et le domestique y introduisit son fils. Il ne le vit pas ressortir,
mais le lendemain matin, la soeur de Zacharie, en entrant à son tour dans le
cabinet, trouva le vieil homme égorgé d’un coup de couteau.
La jeune femme frissonne.
“Le fils avait tué le père?”
“Toujours est-il que le coffre-fort qui se trouvait dans la pièce était
ouvert, et que son contenu, une jolie somme en rouleaux d’or, avait disparu.
Ouvert et non forcé: or, seules deux personnes en connaissaient la combinaison,
le vieux de Cabre et son fils. On pense que Zacharie est venu demander de
l’argent à son père pour aider sa fuite, que le père a refusé... Tu devines la
suite.
Toujours est-il que l’on n’a plus jamais revu Zacharie ni les deux autres
officiers. Le vieux de Cabre était veuf, et n’avait qu’un seul autre enfant: la
soeur dont je t’ai parlé. J’ignore ce qu’elle est devenue. Voilà ce qui se
passait à Toulon et à Marseille il y a dix ans... Mais tu aurais pu le savoir,
Clémentine, puisque tu as grandi à Toulon!”
Capitolo VIII
Nel quale viene provato che la musica è un linguaggio universale e dove
un giovane uomo ricorda dei vecchi ricordi
Moucheron rivela a Siffrein che
una donna è alloggiata a palazzo, ma gli vieta d’incontrarla. Tuttavia, il
bambino, inizia comunicare con lei tramite la musica del violino che suona
sotto la sua finestra. A Parigi, lo studente Victor Jourdan racconta alla sua
amante, l'attrice Clémentine, come Zacharie de Cabre è stato nel 1824 imputato
di tradimento, come sia giunto di notte a chiedere aiuto al padre e come il
vecchio de Cabre sia stato l'indomani mattina trovato dalla figlia sgozzato nel
suo gabinetto di lavoro, vicino alla cassaforte aperta e vuota.
Chapter IX
In which the Man in Black gets to
Pushkin
got of the cab. He was short, but elegantly dressed. He did not feel tired,
dancing all night. But now he wanted home, as fast as possible. He remembered
the warmth of the woman with whom he was dancing. He also remembered her
challenge. "Aleksandr, she said, why would not you try prose?
"
Your poems are remembered by heart. Why would not you try? I am sure you will
succeed. And when you will..."
Her
eyes were close and so promising... He entered his house on Moika's Embankment,
looked through the window at
Something
about a young gentleman accused of murdering his own father? But definitely,
wrongly accused. Who really could believe that a nobleman would degrade so
deeply?
Because
of money? Some treasure involved? Puskin felt intrigued. What happened later?
Went
to
Puskin,
despite his genial memory, could not recollect exactly. It was becoming cold.
The candles brought on to the walls strange shadows, and Aleksandr Sergeevich
saw strange pictures emerging in his mind: he was fond of people who contained
mystery in the look, clothes, odd talk, gait, and the whole aura of
strangeness. They are characters, yes, they are: Balsamo, Saint-Germain,
Nostradamus, that man of Stazewsky. He has to be in black, and the Pole told it
had become his casual color. Yes, he said that he would change it only when he
would find a real murderer. He learned medicine, it seems, otherwise why the
name of Nostradamus would haunt Pushkin's image during this cold night.
Yes,
something had been also connected with Nostradamus. Did he belong to the family
of this celebrity? It does not matter. The personage is found, this is what
matters.
The
poet again took the pen. He would call him Silvio. It's a nice name having
something Italian (Pushkin lived in
And
the history of the Man in Black, obeying the hand of a genius, took a
completely different course. Power, revenge, death in
Capitolo IX
Nel quale l'Uomo in Nero si reca a Odessa e San Pietroburgo senza che
ne venga a conoscenza
Il celebre poeta russo Puskin è a
Odessa in esilio. Ama ascoltare le storie dei vecchi polacchi. Una è
particolarmente interessante: parla di un giovane marsigliese che fu accusato
ingiustamente di aver assassinato il proprio padre. Questa storia ispira
Puskin, di ritorno a San Pietroburgo, a comporre un racconto intitolato
"Il Colpo di pistola". Il personaggio principale, Silvio, è un uomo
misterioso in cerca di vendetta. Finisce per perire in Grecia. L'Uomo in Nero è
il prototipo di questa storia, ma lui non è morto. Vuole vendicarsi del vero
omicida. Ed è per questo che è di ritorno a Marsiglia.
Capitolo X
Nel quale
Victor fa sfoggio di cultura e Clementine si annoia mortalmente
Torniamo alla garçonnière
parigina per riprendere la discussione fra Victor Jourdan e Clementine, la sua
procace e giovane amante. Clementine, con lo sguardo intrigante di una gatta,
fa una smorfia maliziosa e si rivolge al suo danaroso amante.
“Maleducato … mi parli di dieci anni addietro come se io fossi tu
madre, Victor. Ero ancora una bambina allora e poi … io vivevo come una reclusa
in un orfanotrofio dal quale fuggii fra tante difficoltà per raggiungere
Parigi”.
“Non ti scaldare troppo Clementine. Non sai che a me piace
scherzare? Piuttosto, non avevi altri parenti, oltre tuo zio?” l’interroga
Victor.
“Si, c’era mio fratello Vinnie che tutti chiamavano “Poussin”
perché, differentemente da me, aveva uno sguardo così innocente da imbrogliare
qualsiasi persona per poi derubarla e … forse anche altri parenti, ma non
ricordo bene”.
“Sei sicura di non ricordare nulla?”
“Avevamo di certo una madre, questo sembra a me di ricordarlo.
Vivevamo in un paese straniero noi tre da soli, lei ci metteva sulle sue
ginocchia e iniziava a suonare il pianoforte. Che musica incantevole per le
nostre orecchie di bambini. Rimaneva a suonare per delle ore ma non ci
stancavamo d’ascoltarla. Poi, successe qualcosa di terribile, non ricordo
perfettamente”.
“Che genere di cosa avvenne?” chiede Victor che, dopo aver
ascoltato con noncuranza, ha iniziato ad appassionarsi al racconto di
Clementine.
“Facemmo un viaggio … la
mamma scomparve e un uomo che avevamo visto qualche volta in casa nostra ci
disse che era morta, poi ci affidò allo zio Tourneaux-plein di Marsiglia”.
“Che razza di nome è questo? Si trattava ovviamente di un
soprannome!”
“Per l’appunto era il soprannome che gli avevano affibbiato perché
beveva parecchio. Ci picchiava spesso perché voleva che ci guadagnassimo da
vivere. A Vinnie aveva insegnato a derubare la gente, mentre io fabbricavo
fiori di stoffa che vendevo per strada. Questo lavoro me l’aveva insegnato la
vecchia Annette!”.
“Annette?”
“Dicevano tutti che fosse la moglie dello zio ma adesso che sono
cresciuta penso che fosse la sua amante! Anche lei beveva e morì pochi mesi
dopo che entrammo in quella casa, sempre che di casa si potesse parlare, data
la sporcizia e la miseria che vi regnavano sovrane”.
“Ma Tourneaux-plein era in fin dei conti veramente vostro zio?”
“Non sono riuscita mai a saperlo con certezza, ma credo proprio di
no, non era nostro zio veramente”.
“E quell’uomo che vi portò da Tourneaux-plein non si fece più
vedere?”
“No, non lo vedemmo più. Parlava francese ma delle volte, quando
strillava alla mamma, usava un’altra lingua, quella lingua che Vinnie ed io
avevamo sentito spesso dove vivevamo. Credo che fosse polacco”.
“E alla morte di vostra madre venne a prendervi per portarvi a Marsiglia?”
“No, io penso che quando morì nostra madre noi tre fossimo già in
Francia. Eravamo arrivati da una città che aveva tanti bei palazzi come Parigi,
ma era una città portuale sul … Kara
Dengis”.
“Kara Dengis è il nome turco del Mar Nero, forse si trattava
allora di Odessa? I polacchi sono presenti in questa città dal XVI secolo e
durante il governatorato di Armand du Plessis, duca di Richelieu che combattè i
Turchi al servizio dell’impero austriaco, all’inizio di questo secolo, la città
conobbe uno splendore notevole”.
Ma Clementine, annoiata da tanta saccenteria, chiude con un
“forse, Victor” la discussione del ricco amante e, lentamente, chiude gli occhi
per un sonno ristoratore.
Alcuni giorni dopo, il nostro Uomo in Nero, a bordo della Phénix naviga alla volta della costa del
Mar Jonio. Con lui c’è una nostra vecchia conoscenza, Darcène che così si
rivolge a lui: “Michel, ti senti preparato ad incontrare dopo tanto tempo il Siciliano?”
La notte è magnifica e il cielo versa nel mare tutte le sue
stelle. Una stella attraversa il cielo rapidamente.
“Vendetta!” mormora Michel, “Vendetta per mio padre, mia sorella,
i miei nipoti e per tutti coloro che come me nel mondo soffrono le pene
dell’inferno per la malvagità altrui”.
L’Uomo in Nero conosce la superstizione, secondo la quale,
l’augurio che si fa quando si vede passare una stella, viene esaudito. E non ha
trovato che un pensiero, una parola d’odio.
“Credi che il Siciliano
potrà aiutarti?” domanda perplesso Darcène.
“Lui può tutto … e poi ho con me le carte di famiglia che mia
madre mi affidò prima di morire”.
Poche ore dopo, i due sbarcano al porto vivace di Catania e
Michel, senza esitazione, si reca immediatamente al Monastero dei Benedettini
dove chiede di vedere “Il Monaco Venerabile”.
Padre Ventura, il suo segretario, un individuo dal naso aquilino e
dallo sguardo sfuggente, lo introduce al cospetto del “Venerabile”, un uomo di
circa novanta anni, vestito di un semplice saio che immediatamente si rivolge
all’Uomo in Nero in francese: “Ti aspettavo figliolo … è tempo che tu conosca
tutti i segreti occulti per governare il mondo!”
Chapitre XI
Où
Siffrein voit des gens diversement vêtus
Une voix féminine
invite Siffrein à venir la rejoindre. Le jeune musicien se hâte de grimper
l’escalier, et la porte de l’appartement mystérieux s’ouvre sur une adolescente
de quinze à seize ans, à la peau brune, aux yeux et aux cheveux d’un noir
profond. Couverte de bijoux, elle porte une robe à la forme exotique et aux
couleurs vives. Siffrein, qui a déjà vu des Indiens sur le port de Marseille,
comprend que la jeune fille vient des Indes.
Moucheron surgit dans le
dos du petit musicien.
“Siffrein, je t’avais dit
de ne pas déranger notre invitée! Excusez-moi, princesse,” reprend-il à
l’adresse de la jeune fille, “je vais mettre ce garnement à la porte.”
“Il ne me dérange pas du
tout, mon bon Moucheron” répond-t-elle avec une expression désarmante. “Au
contraire, j’avais besoin d’un peu de compagnie!”
Le matelot se retire en
grommelant, et Siffrein, son violon à la main et Amiral sur ses talons, suit
l’Indienne à l’intérieur de l’appartement, dans le petit salon où est installé
son piano. Lui et la jeune fille – il apprend qu’elle s’appelle Sarasvati –
passeront l’après-midi à faire de la musique et à bavarder. Sarasvati parle le
français avec un accent chantant et le comprend parfaitement, riant aux
expressions provençales de Siffrein. Si elle veut tout savoir sur la vie du
jeune garçon, sur sa famille et sur ce qui se passe en ville, elle élude les
questions sur sa propre vie, se contentant de sourire lorsque l’enfant lui
demande si elle a grandi aux Indes, et si elle est vraiment princesse.
Siffrein jette de
fréquents regards à deux grands tableaux accrochés dans le salon. Le premier
représente un homme aux cheveux grisonnants, en redingote, posant devant une
usine à la cheminée fumante; de toute évidence, un manufacturier. Le second
montre un jeune couple. La femme est assise devant un piano, et Siffrein serait
prêt à jurer que le tableau a été peint dans ce salon même, et que le piano est
celui sur lequel joue Sarasvati. L’homme est un officier vêtu d’une brillante
tenue rouge et bleue, un uniforme que le petit Marseillais n’a jamais vu. Il
est trop jeune pour avoir connu les lanciers polonais qui, sous le Premier
Empire, combattaient dans la Garde Impériale.
“Qui c’est?” demande-t-il
à Sarasvati.
“Les gens qui habitaient
cet hôtel autrefois.”
“La famille de Cabre?”
“Oui.”
“Vous les connaissiez?”
“Je ne les ai jamais vus”
répond brièvement la jeune Indienne. Siffrein sent qu’il n’en entendra pas
plus.
C’est bientôt l’heure à
laquelle il doit aller voir sa mère à l’hôpital. Sarasvati lui donne de quoi
manger pour Marguerite, et lui propose de faire venir sa soeur à l’Hôtel de
Cabre le lendemain.
Capitolo XI
In cui Siffrein vede delle persone vestite diversamente
Siffrein entra nell'appartamento
misterioso ed incontra la giovane Sarasvati, principessa indiana e amante della
musica. Ad una parete del salone, vede due ritratti. Il primo rappresenta un
uomo dai capelli brizzolati, in redingote, posto dinanzi ad una fabbrica dal
camino fumante; evidentemente, un manifatturiere. Il secondo mostra una giovane
coppia. La donna è seduta davanti ad un pianoforte, l'uomo ha l’aria di un
ufficiale vestito di una brillante divisa rossa e blu. Sarasvati dice che si
tratta della famiglia de Cabre.
Chapter XII
In which Sarasati uses a different language for
talking
After
Siffrein left, Sarasvati placed herself in a deep armchair with shining arm
keepers. The age did not tell on the furniture. Then she stood up, came to a
tiny secretaire, opened it with a tiny key, got a leather purse, and with the
fingers, which were trembling slightly, looked inside. "Darcene and Saltis
did all they could", she thought, "but this is far from being
complete. We have to know the whole music, all the notes, all of them; the
combinations, which are being searched by Kismet, are innumerable. Damn the
bastards who stole the scores!"
At
this time somebody slightly knocked at his door. "Enter, she whispered.
The Man in Black opened the door and bowed. "Moucheron, he called in a low
voice.
"Can
you bring coffee please?" The giant disappeared, and returned almost
immediately. His hands were keeping the tray with two delicate cups from which
one could feel a specific aroma of fresh ground coffee.
"Kismet,
said Sarasvati, you came. Does this mean that you found out something new?
Please don't overdo. Have some mercy on your brains. What you have already done
is enough for two human's lives, not for one". She looked at him
pleadingly.
"I
won't be able to lose you."
"To
lose me? Did you find me?" he smiled.
"I
searched a new combination of notes. But, anyway, it has to be in minor. I just
asked Siffrein to play anything sad. It worked. Or better to say, I hope it
worked.
"Oh,
it worked all right. One day more, and Siffrein is going to take his Mom home
tomorrow. The mathematicians are working out a method of counting the
combinations quickly have you ever heard of Charles Babbage? He plans to build
a machine, which will calculate fast.
No,
said a princess. I know nothing of this gentleman. He is English, I presume?
People of my country hate the English. Oh, I don't want to talk about the
English. Better say to me, Kismet, have you ever seen the "devadasi"
dancing? Can you read the language of Indian dancing? She shook off her rich sari,
staying in a sort of Greek himation, curved her shoulders in an inimitable
movement, and made some motion.
"You
are ready to speak ", translated in immaculate Hindi the Man in Black.
A
musical box on a secretaire clicked and made strange musical sounds, long and
monotonous. Sarasvati flew into dancing. The man smoked and sipped the coffee. The
clock started to strike.
Capitolo XII
Nel quale Sarasvati cambia linguaggio
A palazzo de Cabre, la
principessa indiana Sarasvati pensa agli spartiti musicali rubati che sono
preziosi per curare la gente. L'Uomo in Nero le dice che cerca la perfetta
combinazione di note e che ha ottenuto qualche successo. Sarasvati tenta di
utilizzare la sua innocente civetteria infantile per impressionare Kismet e
danza per lui un vecchio devadasi indiano.
Utilizza il linguaggio della danza, ma Kismet non sembra esserne impressionato.
Testo di Riccardo N.
Barbagallo, Vincent
Mollet e Gennady
Ulman
Capitolo XIII
Nel quale
apprendiamo che la musica può nascondere misteriosi segreti
Finito appena di sorseggiare l’aromatico caffè, il nostro Uomo in
Nero con un deciso cenno della mano interrompe la danza indù ed, alzandosi
dalla poltrona per accomiatarsi, commenta - “Molto interessante Sarasvati, ma
si è fatto tardi, quindi sarà bene che io lasci riposare te e Madame”.
Ma la ragazza, rapida come una gazzella lo raggiunge e con uno
sguardo disarmante gli rivolge una domanda accorata - “Kismet, non vuoi tu
vederla?”
“Ci sono forse dei miglioramenti rispetto al suo solito stato
catatonico? Ha fatto qualcosa d’altro fuorché suonare il piano durante la mia
assenza?”.
“No, mi spiace … soltanto la musica l’aiuta a sopravvivere”.
“Ti sbagli mia cara, anche la tua presenza le è indispensabile. Ti
considerava una figlia già all’epoca della tragedia, ma allora tu avevi ancora
un padre che ti amava teneramente”.
“Si, ma lottava per una sacra causa troppo lontano da me. Gli
Inglesi lo hanno ucciso e il passato non si cancella!” ribatte con decisione la
ragazza.
“Dai un bacio a Madame da
parte mia Sarasvati. Sono tornato a Marsiglia solo perché speravo tu avessi
fatto progressi nell’interpretazione degli ultimi spartiti che ti ho affidato.
Nel mio ultimo viaggio ho compreso che la chiave di tutto risiede nella
codifica dei pezzi musicali che mi affidò mia madre alla sua morte e che
facevano parte dell’eredità dei suoi avi”.
E meditando a bassa voce: “L’accusa di alto tradimento, l’omicidio
di mio padre e la vendetta nei confronti di Madame
e dei miei due nipoti sono stati senza ombra di dubbio architettati con il solo
scopo di arrivare alle carte che la nostra famiglia custodisce da secoli. Il Siciliano deve avere ragione e gli sarò
sempre grato per tutto ciò che mi ha insegnato, ma non posso diventare lo
strumento della sua ambizione”.
“Kismet, sono convinta che Siffrein nella sua innocenza mi sarà
d’aiuto nel decifrare il messaggio in codice contenuto negli spartiti
trascritti nel XVI secolo utilizzando gli antichissimi raga e ragini di cui
parla il Brahmana del periodo vedico intorno al 1500 a.C.”.
“Ma questo sarà soltanto il primo passo per risalire ai misteri
universali in essi nascosti” riflette accennando un sorriso Michel. “In ogni
caso, il mio unico obiettivo è la Vendetta … non mi interessa altro!”
Poi riprendendo a discutere con Sarasvati - “Ripartirò questa
notte e starò via per almeno due mesi questa volta, tu però non disperare.
Quando sarò tornato a Marsiglia probabilmente avrò con me le prove che
inchioderanno i responsabili di tante malefatte” e, inarcando leggermente i baffi
sottili, aggiunge “Spero che Siffrein non si sia accorto che tu non fossi sola
in questa parte dell’edificio”.
“No, ha creduto che fossi soltanto io a suonare il piano”.
Poco dopo, incontrando Moucheron l’Uomo in Nero chiede
informazioni su Siffrein. Il colosso dai capelli rossi lo informa che il
bambino è andato a trovare la madre e Jeannette che non vede ormai da parecchio
tempo.
“Ha preso tutte le precauzioni per evitare il contagio?” chiede
allarmato Michel.
“Si, ho appena permesso a Siffrein d’andare a trovarle soltanto
dopo avere ricevuto l’autorizzazione del medico il quale, tuttavia, ha proibito
categoricamente che la sorella varchi la soglia di questo edificio”.
“Benissimo Moucheron, come sempre posso fidarmi ciecamente di te!”
“Capitano vi sarò sempre in debito per quello che avete fatto per
me. Non dimenticherò mai che nel mio paese natale, nei Carpazi orientali,
avevano deciso di uccidermi senza un regolare processo”.
“Ma tu eri innocente e ciò mi è bastato per occuparmi della
questione”; poi, cambiando discorso – “Fra poco incontrerò Darcène per
stabilire gli ultimi dettagli del nostro prossimo viaggio”.
“Fate molta attenzione Capitano!”
Poche ore dopo ritroviamo l’Uomo in Nero e Darcène seduti
all’osteria Vecchia Ancora a parlare
indisturbati. Ma qualcun altro sta ascoltando la discussione.
Si tratta di Nina, la bella e procace figlia di Patron Girardi, il
proprietario del locale di origini italiane. Poussin è follemente innamorato
della ragazza la quale, benché non sia indifferente alle qualità del giovane,
ha già pianificato il suo futuro e le sue mire sono per un miglior partito
rispetto al ladruncolo. Da quando si è ristabilito dalla ferita ricevuta
dall’Uomo in Nero, Poussin si è messo alla sua ricerca. Vuole capire per quale
motivo il suo volto non gli sia sconosciuto e perché ha cercato di salvarlo
dopo il ferimento. Renard lo ha minacciato ancora una volta di dargli una
lezione che non dimenticherà facilmente se lui non tornerà a lavorare, ma il
giovane ha altro a cui pensare. Già qualche giorno prima aveva messo in guardia
la bella Nina di ascoltare qualunque discussione potesse riguardare il
misterioso Uomo in Nero e, casualmente, lei
sta apprendendo informazioni molto interessanti.
“Dovremo sbarcare a Napoli per raggiungere El-Iskandariya in
Africa dove chiederò aiuto ad una delle persone fidate di Mohammed Alì per
raggiungere la necropoli” sta dicendo il nostro eroe a Darcène.
Ma Nina non è la sola ad ascoltare la discussione. Da qualche
minuto un oscuro figuro è entrato nell’osteria per carpire qualche parola
dell’Uomo in Nero e del suo compagno. Riuscito nel suo intento, l’oscuro figuro
esce dall’osteria e informa immediatamente una persona che camuffata in un
vicolo lo sta aspettando con impazienza: si tratta di Padre Ventura che ha deciso di seguire le
mosse dell’Uomo in Nero.
“El-Iskandariya … la città degli infedeli d’Egitto!” esclama con
il bieco monaco e, pagato il suo complice, decide d’imbarcarsi alla volta di
Napoli dove, troverà rinforzi per fermare il nostro eroe in procinto di partire
a bordo della “Phénix”.
La sera è buia e nessuno si accorge che Siffrein, saputa da
Moucheron la notizia della partenza del suo salvatore, grazie al fiuto di
Amiral lo ha seguito e si è imbarcato clandestinamente.
Poco dopo, anche Poussin raggiunge il porto. “Cosa hai intenzione
di fare?” gli ha domandato Nina dopo averlo informato dei particolari che ha
carpito. E il giovane, esclama ad alta voce - “Raggiungo l’Uomo in Nero …
qualcosa mi dice che questo incontro mi porterà la ricchezza e la fortuna
necessarie per fare di te la mia sposa!” mentre si precipita fuori
dall’osteria. Purtroppo arriva troppo tardi, la “Phénix” ha già preso il largo,
ma Poussin ha ormai deciso che seguirà l’Uomo in Nero … a qualsiasi costo!
Chapitre XIV
Chiffre
qui pourrait bien porter malheur à nos héros
Le lendemain matin, en
entrant dans le salon de musique, Sarasvati trouve le violon de Siffrein posé
en évidence sur un fauteuil. Ne sachant pas écrire, l’enfant n’a trouvé que ce
moyen pour la prévenir de son départ.
“J’en était sûr!” fulmine
Moucheron. “Ce jeune imbécile a voulu à toute force suivre le capitaine!”
Le lecteur sait déjà que
le fidèle matelot ne s’est pas trompé. A quelques jours de là, nous retrouvons
le “Phénix” ancré dans le port de Naples, au large du lazaret car, la nouvelle
de l’épidémie qui touche Marseille étant parvenue en Italie, les autorités
napolitaines lui ont imposé trois jours de quarantaine. Le capitaine, Darcène
et Siffrein (lequel, après une sévère mercuriale pour s’être introduit
clandestinement à bord, a été promu mousse), sans oublier Amiral, attendent
patiemment l’autorisation d’entrer dans la ville.
La perspective de
transmettre le choléra aux Napolitains n’a pas fait souci à un groupe de
contrebandiers marseillais, qui viennent de débarquer clandestinement d’un
petit voilier, dans une anse à l’écart de la ville. Ils se sont aussitôt rendus
à Naples pour rencontrer Farfalla, le chef des truands avec lesquels ils font
habituellement affaire. Mais ce dernier les a prévenus qu’il faudrait attendre
un peu pour traiter de leur cargaison: il a, dans la soirée, un rendez-vous
qu’il ne peut pas remettre.
Farfalla et deux de ses
compagnons se trouvent donc pour l’heure dans une taverne du port, à écouter
attentivement les propos d’un personnage à la tête dissimulée par une capuche.
“Il n’y a rien de plus
simple: il n’y a à bord que deux hommes et un enfant, sans parler du chien.
Nous montons à l’abordage, vous les neutralisez en évitant de les tuer – en
tous cas, je tiens absolument à garder le capitaine en vie – et vous fouillez
le navire.”
“Que cherchons-nous?”
“Quelque chose comme
ceci.”
L’homme à la capuche sort,
de sous son vaste manteau, une liasse de feuilles couvertes de signes
incompréhensibles.
“C’est l’écriture qu’on utilise
en Inde,” explique-t-il aux bandits. “Nous cherchons un document qui doit
ressembler à celui-ci. A vrai dire, c’est la suite de celui-ci.” ajoute-t-il
avant de glisser de nouveau les feuillets sous son manteau. “Mais prenez garde,
ces hommes savent se battre. Je pense qu’il faudra être au moins une
quinzaine.”
Les bandits quittent la
taverne, après que l’homme à la capuche leur ait donné rendez-vous sur les
quais à minuit.
“Il va nous falloir plus
de monde, chef!” dit l’un d’eux. “Qui allons-nous prendre?”
“J’ai pensé à nos amis de
Marseille” répond Farfalla, faisant allusion aux contrebandiers qu’il a vus
arriver le jour même. “Des Français pour attaquer des Français! Nous pourrons
faire retomber sur eux tous les soupçons de la police. Ce dont ils ne se
porteront ni mieux ni plus mal, puisqu’ils seront déjà repartis pour Marseille
avec leur part de la récompense... qui sera, nous y veillerons, la plus petite
possible!”
Voilà pourquoi, lorsqu’à
minuit l’homme à la capuche se rend à son rendez-vous sur les quais, c’est avec
trois bandits napolitains et une douzaine de contrebandiers marseillais qu’il
prend place dans une barque à fond plat, laquelle se dirige rapidement vers le
“Phénix”.
Tout semble dormir à bord,
mais les aboiements d’Amiral réveillent Siffrein qui a le temps de donner
l’alerte, au moment où les assaillants envahissent le bord. L’enfant est
rapidement maîtrisé, mais le reste de la troupe se heurte aux épées de l’Homme
en Noir et de Darcène, et trois contrebandiers se retrouvent rapidement étendus
sur les planches.
Menaçant d’égorger
Siffrein, le capuchonné exige la reddition des deux assiégés. Au moment où ils
abaissent leurs armes, prêts à obéir, l’un des contrebandiers fait tournoyer
son gourdin, assommant les deux hommes qui maintenaient l’enfant, et jetant
leur chef à terre. Dans sa chute, son capuchon glisse en arrière.
“Le père Ventura!” murmure
l’Homme en Noir, qui n’est pas moins étonné de reconnaître Poussin dans le
contrebandier providentiel.
“Je suis avec vous,
capitaine!” crie le jeune Marseillais pendant que Siffrein, délivré, court se
mettre hors d’atteinte des bandits. L’Homme en Noir et Darcène relèvent leurs
épées, Poussin bondit à leurs côtés, et la bataille reprend, nos héros se
trouvant désormais trois contre... beaucoup.
Capitolo XIV
Un numero che potrebbe portare disgrazia ai nostri eroi
La "Phénix" è ancorata
nella baia di Napoli. Padre Ventura spera di trovare dei documenti preziosi a
bordo dell’imbarcazione. Di notte, travisato sotto un cappuccio, trascina un
gruppo di contrabbandieri napoletani e marsigliesi all'abbordaggio. Sono
accolti a forza di spada da Zacharie e Darcène. Ventura cattura Siffrein e
minaccia di sgozzarlo se i due uomini non si arrenderanno. Uno dei
contrabbandieri marsigliesi si schiera improvvisamente a fianco dei nostri eroi
brandendo randellate sui suoi vecchi compagni: si tratta di Poussin!
Chapter XV
In which the reader learns what is life, fame, and
revenge, and that Hamlet was a bad student
The
Monastery of Benedictines in
It
was already the evening, and even in
The
owner, despite the warmth, dressed in a blue cloak, left his premises, and
sneaked along the narrow path, which led actually to nowhere. He stopped near a
mighty Sicilian oak-tree and knocked in a strange manner, three times, and
after a minute, three times more, but in a shorter succession. Almost
immediately the stem went to the sides, making a hole wide enough to enter. The
owner went inside, walked along the chilly and long corridor, and found himself
in front of the huge door, made of the wood with a metal knob. He knocked at
the door, and heard " Enter". It was a room so enormous that one
could not believe that he just entered through the tree. Perhaps, it was a
cave, somewhere deep under the earth. It was richly decorated, but there was no
furniture except a big table of the work of the old masters, and a small stool.
An
old man was sitting on it, writing something into a book, which could easily be
called by a connoisseur an "incunabula", so enormous it was. It was
hard to see the face of the old man, but his wrists almost exactly told his
age. He was really and utterly old. He looked at the owner and said with an
unexpectedly strong voice: " How long do people have to live? I am getting
ready. These are some of my thoughts, which might be interesting for coming
generations. Tonight, Salvatore, I remembered my meetings with Goethe and his
complete trust into what we call truisms".
Salvatore,
who heard the name of Goethe, but was not sure who was the man, humbly
listened, not pronouncing a word "Goethe, continued the old man," was
so sure that Hamlet was a great man, and that he revenged his father, so sure
that I did not want to disillusion him".
The
old man clapped the ancient book lying in front of him. "Did Shakespeare
really want to show that Hamlet was great? Oh, yes, he was great. Great fool,
who did not understand what revenge is. Revenge is an act to keep the balance
of Nature, violated once. Revenge is an equilibrium, a homeostasis. It heals
the broken ones, brings a relief to the wounds of the soul, it makes you
believe in Justice. And what is Justice?
Justice
is God's order. We in
Suddenly
the old man changed his tone and asked "What is the news from the ship?
I
told
"Your
Honor", said Salvatore, "who am I to give Padre Ventura the orders?
Even if I dared, he would never listen to
"Wait,"
said the old man suddenly. He listened attentively and suddenly roared
"Come in. I hear you muttering at the door." The door opened and a
young woman in her thirties entered. "They were fighting", she
said," I don't know what happened after."
The
old Sicilian maliciously smiled. "All right, he said, if Kismet did not
forget fencing, and this is highly unlikely,
"Padre
Ventura? His lesson? But he is the best... ".
"Was
the best, was... until this devil Kismet appeared. Leave me alone now".
In a
moment, the old man's order was performed. He opened his book and took a
feather for writing. "
The
old Sicilian put his head on his hands, and only heavy breathing said that he
was still alive.
Capitolo XV
Nel quale il lettore apprende ciò che sono la vita, la fama e la
vendetta, e che Amleto era un misero studente
In un locale sotterraneo e
segreto del Monastero dei Benedettini di Catania, il vecchio Siciliano, custode
di numerosi misteri, parla ad uno dei suoi servitori. Discute delle eterne
questioni relative alla Vita e alla Morte, alla Fama e alla Vendetta, parla di
Shakespeare e di Amleto. Sembra che sappia tutto dell'Uomo in Nero ed è
sconvolto nell’apprendere che il suo segretario, padre Ventura, abbia aggredito
l'Uomo in Nero e i suoi compagni. Il Siciliano afferma che Kismet batterà padre
Ventura. Conosce la sua abilità in duello.
Capitolo XVI
Nel quale
ritroviamo un’anima dannata e due semplici anime votate al sacrificio
Al Monastero dei Benedettini di Catania, solo tra i mille pensieri
e ricordi che affollano la sua mente, il Siciliano
inizia a ripercorrere le tappe della sua lunga e tormentata esistenza.
“Quanto tempo è passato dagli anni della mia infanzia spensierata
tra gli stretti vicoli di Palermo, il mio noviziato presso il convento dei
Fatebenefratelli di Caltagirone, l’iniziazione alla loggia della “Speranza” a
Londra? Troppo tempo sicuramente, ma ho vissuto la vita intensamente e non ho
rimpianti …”.
“Per il mondo dei vivi sono ormai un ricordo sbiadito, lo spettro
di un’epoca passata. Sono già passati trenta anni dai tempi della mia prigionia
a San Leo quando nel 1795 con l’aiuto dei miei seguaci, scappai dal carcere
dopo avere strangolato il confessore e averne indossato gli abiti”.
“D’allora però la mia vita è profondamente mutata, completamente
votata alla ricerca delle nostre origini, all’insegna della Verità. Ho
viaggiato molto, più di quanto feci durante la mia esistenza conosciuta,
affinando lentamente potenzialità nascoste. Sono stato in India, Egitto,
Turchia e ho visitato le sacre pietre d’Inghilterra. Ho ripreso i documenti che
mia madre, discendente di Carlo Martello, mi lasciò e che raccontano fatti
incredibili di cui erano già a conoscenza i vecchi sovrani Merovingi”.
“Ma questi documenti da soli non bastano a spiegare ogni cosa. Le
carte di Kismet relative a Nostradamus sono indispensabili per completare
questo immenso mosaico”.
“L’esito delle mie ricerche mi ha già permesso di arrivare a delle
conclusioni che la gente comune di quest’epoca non riuscirebbe ad immaginare.
Probabilmente in un futuro lontano l’Uomo riuscirà a prendere coscienza del
vero significato della Vita e sarà la pace nel mondo, ma adesso è
indispensabile che una persona soltanto abbia in pugno il destino
dell’Universo! Solo la volontà del singolo permetterà all’Umanità di
sopravvivere nei prossimi secoli fino al tempo delle Rivelazioni”.
“Ma il mio cammino volge al termine … ed è indispensabile che
prima della mia scomparsa Kismet ricopra questo ruolo. Ricordo ancora il nostro
incontro in Turchia quasi dieci anni or sono. Zacharie de Cabre era una persona
distrutta nel corpo e nello spirito, ma grazie ai miei insegnamenti e alla sua
irriducibile natura combattiva è riuscito a sollevarsi dalla mediocrità della
massa! Lui potrà portare al termine il progetto oscuro al quale ho lavorato
soprattutto negli ultimi trenta anni, il progetto di istruire l’Eletto a
guidare il mondo intero e dominarlo grazie al proprio carisma e alle conoscenze
millenarie acquisite dall’interpretazione dei testi sacri di tutto il mondo che
ci riconducono all’Origine, al mondo sotterraneo di … Agarttha!”.
“Tutte le grandi religioni traggono le loro origini dalla
religione primordiale di Agarttha, così come tutte le tradizioni
particolari sono in fondo solo adattamenti della grande tradizione primordiale;
nel corso dei millenni le religioni si sono secolarizzate e conservano ormai
solo qualche pallido ricordo della loro gloriosa e comune identità. Con l'aiuto
e gli insegnamenti occulti dei Superiori Sconosciuti , mescolati
agli uomini della superficie, la tradizione originale di Agarttha è
stata portata avanti dalle Società esoteriche e da ristretti gruppi di iniziati
che a malapena conoscono il
Vatannan, il linguaggio sacro da cui deriva la primitiva lingua
Indo-Europea”.
“Ma Kismet possiede i fondamentali manoscritti che servono a
svelare gli arcani misteri. La corretta interpretazione degli ultimi spartiti
musicali indiani sarà fondamentale per poter localizzare il principale tempio
di Agarttha che si estende nelle profondità del sottosuolo dove si
trovano oggetti dagli straordinari poteri - tra cui il Graal – e, in un’immensa
biblioteca, l'originale delle "Stanze di Dzyan", il testo che
racconta le origini dell'Universo”.
“È impossibile portare il testo in superficie … significherebbe la
fine del mondo per cui chi esce vivo da questa biblioteca deve contare soltanto
sulla propria memoria”.
Mentre tutto questo succedeva presso il Monastero dei Benedettini
a Catania, a Marsiglia, in una situazione molto diversa da quella appena
presentata, ritroviamo Jeannette e Marguerite Lambert tornate ad occupare la
soffitta nella quale hanno vissuto alcuni momenti di gioia e parecchi di
dolore. Marguerite si è ripresa dal colera, benché risulti piuttosto
indebolita. Quanto a Jeannette, non ha voluto accettare il denaro offerto da
Moucheron a lei e sua madre da parte di Michel, l’Uomo in Nero.
“Non accetterò mai la vostra offerta, ve l’ho già detto parecchie
volte!” tiene a ribadire anche questa mattina l’orgogliosa e testarda ragazza.
“Il signor Michel ha già fatto molto per noi e il fatto che
Siffrein sia adesso al sicuro, sotto la sua ala protettrice, rende noi
oltremodo felici e onorate”. E continuando: “In ogni caso ho ripreso il mio
lavoro di sarta e proprio ieri la moglie di Lord Montford, la principessa
Veratowska, una nobildonna di origini polacche che ha avuto modo di apprezzare
il mio lavoro in precedenza, ha chiesto a me di recarmi da lei perché faccia
una serie di cappelli da sera”.
“Permettetemi almeno che vi accompagni” azzarda timidamente
Moucheron che nelle ultime settimane ha iniziato ad avere una vera propria venerazione
per Jeannette Lambert.
“Se proprio ci tenete, non posso rifiutare una gentilezza come la
vostra” dice la ragazza “salgo a prendere il materiale di lavoro, saluto la
mamma e sono da voi monsieur Moucheron”, e il colosso per la prima volta vede
accendersi un sorriso nel viso imbronciato di Jeannette.
“Sapete signorina Lambert, siete molto più carina quando sorridete
che quando piangete!” esclama Moucheron, facendo arrossire la pudibonda
ragazza.
“Monsieur posso chiedervi chi vi ha attribuito questo buffo
soprannome e da dove venite? Mi pare dal vostro accento che non siete
Francese!”
“Il mio vero nome è Christo, ma ormai tutti mi conoscono col
soprannome che mi diede il Capitano Michel. Sono originario dei Carpazi
orientali”.
“E’ molto lontano da qui, come siete arrivato in Francia?
“Si tratta di una storia molto lunga signorina. Se ci tenete
proprio a conoscerla ve la racconterò lungo la strada per la residenza della
principessa Veratowska”.
“Con piacere signore!” e Moucheron inizia il suo racconto che i
nostri gentili lettori avranno la pazienza di ascoltare anche se fremono di
conoscere l’esito del combattimento che a Napoli vede contrapposti Zacharia de
Cabre e i suoi uomini contro gli
aggressori a capo dei quali è il bieco Padre Ventura.
Chapitre XVII
Dans
lequel les intrus à bord du “Phénix” connaissent des fortunes diverses
Suivons donc Moucheron et
Jeannette, le premier portant le panier de la seconde, qui se dirigent vers la
villa louée par Lord Montford et son épouse, née princesse Veratowska, un peu à
l’extérieur de Marseille. Nous apprendrons ainsi comment le jeune Christo
grandit dans les montagnes de Moldavie, principauté alors âprement disputée
entre les Russes et les Turcs; comment, après avoir brisé les vertèbres de
trois janissaires qui en voulaient à la vertu d’une sienne cousine, il dut
quitter son village et fuir jusqu’au port de Galatz; et comment, retrouvé par
ses poursuivants, il se réfugia au hasard sur un navire en escale, qui se
trouva être le “Phénix”.
“Le capitaine a pris de
grands risques pour me faire sortir du pays,” explique Moucheron. “Cela aurait
pu lui coûter sa tête. Depuis, je l’accompagne.”
“Mais que faisait-il à
Galatz?” demande Jeannette, en prononçant drôlement le nom du port moldave.
“Je ne sais pas. Je crois
qu’il revenait de rendre visite à un châtelain dans les Carpathes. Mais depuis,
nous avons visité ensemble tout le pourtour de la Méditerranée et au-delà.”
La villa des Montford
apparaît, interrompant le récit de Moucheron. Jeannette reprend son panier et,
avec un signe de la main à l’adresse du matelot, disparaît à l’intérieur de la
maison. En attendant son retour, Moucheron regarde distraitement le cocher qui,
devant l’écurie, nettoie une voiture peinte aux armes accolées de Lord Montford
et de son épouse.
“Où donc ai-je déjà vu ce
blason?” se demande-t-il soudain en fronçant les sourcils.
Celui qui cherche les
armoiries de la famille Veratowski serait peut-être bien surpris de les
retrouver sur la garde d’une épée maniée par l’Homme en Noir, une nuit où, avec
deux compagnons, il a hardiment repoussé une attaque de pirates sur son yacht.
Presque tous blessés, les
agresseurs refluent par-dessus bord et regagnent leur barque qui s’éloigne à
force de rames, abandonnant leurs morts et laissant aux mains de l’ennemi leur
commanditaire, à moitié assommé par Poussin.
Pendant que Darcène
maintient solidement le père Ventura, l’Homme en Noir le fouille, sans rien
trouver d’intéressant.
“Il ne les a pas sur lui,”
marmonne-t-il. “Ç’aurait été trop beau!”
“Mais décidément,”
reprend-il à l’adresse de son prisonnier, “vous faites bien des métiers qui
sont peu compatibles avec l’état ecclésiastique! Votre maître est-il au courant
de tout ceci?”
“Il est ton maître aussi
bien que le mien, Michel,” crache le moine, en prononçant le pseudonyme de
l’Homme en Noir avec une ironie acerbe. “Le Vénérable a beau t’avoir donné ce
nom, n’espère pas que tu pourras utiliser la science de Nostradamus à tes fins
personnelles! Même si tu es meilleur escrimeur que la dernière fois où nous nous
sommes affrontés.”
“Quand à vous, j’espère
que depuis la fois où vous nous avez battus à la course, Byron et moi, vous
êtes toujours aussi bon nageur.”
Et, saisissant le père
Ventura au collet, l’Homme en Noir le projette dans l’eau glacée, le regardant
s’éloigner à la force des bras vers la barque des contrebandiers qui a déjà
presque disparu à la vue.
“Tu aurais mieux fait de
lui passer ton épée au travers du corps,” reproche Darcène.
“Non, le sang a assez
coulé pour cette nuit. Ventura nous laissera tranquilles au moins jusqu’à
Alexandrie. Il nous reste à jeter ceux-là par-dessus bord,” ajoute-t-il en
regardant les cadavres étendus sur le pont, “et à remercier ce jeune homme!
Décidément, mon garçon,” continue-t-il à l’adresse de Poussin, tandis que Siffrein
et son chien sortent de la cale où ils s’étaient réfugiés pendant la bataille,
“mes rencontres avec toi sont toujours intéressantes!”
Il semblerait aussi
qu’elles soient toujours malheureuses pour le jeune Marseillais. Il s’effondre
soudain sur le pont, la main crispée sur sa blessure qui s’est rouverte pendant
la bataille.
Capitolo XVII
In cui gli intrusi a bordo della "Phénix" conoscono delle
fortune diverse
Moucheron scorta Jeannette fino
dai Montford. Mentre la ragazza entra nella villa, riconosce, sulla fiancata
della carrozza del lord, il blasone dei Veratowski e quello dei Montford. Sulla
"Phénix", i nostri eroi mettono i contrabbandieri in fuga e catturano
Ventura. Zacharie lo getta in acqua così che sia costretto a riguadagnare a
nuoto la costa. Poussin, cui la ferita si è riaperta durante la battaglia,
perde conoscenza.
Chapter XVIII
In which the reader has an opportunity to have a
closer look at Padre Ventura, who was anybody, but not an ordinary person
Padre
Ventura, the secretary, trustee, and assistant of the Sicilian, was neither
bad, nor good.
He
definitely was not a malefactor from the novels of Van de Velde, so much
repulsed by a reading public. He was not a hero from the novels of Samuel
Richardson either. Padre Ventura was a real man of an utter courage, and he
lived a real life. His name "
He
was not young anymore, and started to think that he would like to leave
something after him: fame, fear, respect--he did not really care. Somehow, the
word "love" never occurred to his wise head. Perhaps, because he
never had known one. No, not in the meaning of not having connections with
women. On the contrary, Padre Ventura knew too many of them to doubt if the
word "love" had ever meant anything. He was inclined to
philosophy--the feature highly valued by the Sicilian. Actually, the Sicilian
hired him for the service because of the skills of the latter to think, and to
come to the conclusions.
Padre
was born 45 years ago in a beautiful city of
He
loved his city, but every time thinking about his home, he came to remember not
the marvelous bridges or the spacious lagoon, leading to the magnificent
He
obtained a brilliant education, could speak several languages, his family was
not poor, but young Sergio Brunetto was not happy. He tried a military career,
made several engineering inventions (for example, elaborated an English gun,
extending its shooting distance; added several tricks to a famous school of
Italian fencing and founded a fencing school, in which the disciples came to
realizing that Italy was a mother of fencing, not France), traveled a lot,
mostly in South America, and Malaysia, had one thousand ventures and
adventures, changed names, women, friends. And he was terribly bored. After
all, life did not offer him any reimbursement except its usual routine.
On
learning about the possible place of keeping Grail in the South of France, and
about the Southerners who never gave the Grail to the furious Duke of Montford,
Let's
add one more thing: the unquenchable thirst for the hidden knowledge of the
world. It seemed to him that a little bit more, and he would be able to explain
what hidden powers ruled on the Earth, who in reality was that genial engineer
constructing a person with millions of systems inside. He was also curious to
know the real history of the world. The existing system of the knowledge
already did not suit him.
He
spent a lot of time in
He
was also in
He
was making up plans how to make Kismet accept the duel challenge once in the
evening, smoking fragrant tobacco in a pipe, and suddenly somebody touched his
had.
--
So,
--Who
is he?
--Michel
Kismet, retorted an old man. He has a secret, which can change the lives of
millions. And, finally, you will be unable challenge him. He fences better than
you.
--You,
old devil, screamed
--I
know because I can see and analyze. Just like you. Can you explain to me what
is good and what is bad?
--No,
said
--Oh,
yes. Good is the instinct of the continuation of the human genus, transformed
into our today's feeling of good. What concerns bad, it's even easier. It's the
instinct of self-preservation. If you,
Ventura
had a duel with Michel and lost it because he was too outraged that somebody
could keep the sword as strong as he himself; hundreds of times had a chance to
believe he conclusion of the Good and Bad, became a priest, until he met a
mysterious man again and this time he accepted the offer to become the old
man's helper.
He
felt that being together with his master, might give him an opportunity to kill
two hares: one to have a revenge over Kismet, and to get inside his secret,
which would enable him to get to the heart of realizing the Great Mystery of
the world. Now he understood that Michel was still better than he. He could not
understand why.
Padre
Ventura had come to his boss now, and this boss never forgave mistakes,
especially when they were caused by the stupidity. Padre knew this time he made
stupid mistake.
Capitolo XVIII
Nel quale il lettore ha l'opportunità di guardare più vicino padre
Ventura che è tutto tranne un personaggio ordinario
Il vero nome di padre Ventura è
Sergio Brunetto, uomo d’ingegno che ha ricevuto una brillante educazione e che,
per sua stessa natura, ricerca l’avventura, le prove d’abilità, le sfide ed è
senza scrupoli. Suoi interessi sono i misteri del Vita e, per caso, ha scoperto
i segreti di Kismet, dal quale è stato battuto parecchie volte, diventando
d’allora suo rivale e nemico. Di sicuro Kismet possiede tutta la conoscenza che
egli ricerca, per cui ha iniziato a dargli del filo da torcere come meglio può.
Capitolo XIX
Nel quale
apprendiamo che sotto un copricapo possono celarsi i drammi di una donna
Abbandoniamo il machiavellico Padre Ventura per tornare ad
occuparci della giovane Jeannette, recatasi a palazzo Montford per discutere
con la principessa Veratowska i dettagli relativi ad una serie di copricapo che
le ha commissionato.
Il palazzo ducale riluce di sfarzo e la principessa, una donna di
una settantina d’anni, sembra completamente presa dalla frenesia per i nuovi
copricapo che indosserà presto alle serate mondane, incurante dei tragici
eventi che la città di Marsiglia sta vivendo, attanagliata com’è dal colera che
indiscriminatamente miete vittime tra nobili e popolani. Ma vediamo di
conoscere i rispettabili abitanti del palazzo; i nostri gentili lettori ci
scuseranno se li accompagneremo per mano tra le vicende di questa famiglia
nobiliare, ma la loro storia è strettamente legata ai fatti finora raccontati.
Iniziamo con la civettuola
principessa Iawdiga Veratowska, amante nonostante l’età avanzata della moda e
abituata a spendere cifre da capogiro per la sua stravagante passione per i
copricapo. A chi l’incontri una volta soltanto questa sua abitudine potrebbe
sembrare la semplice mania di una donna danarosa, ma i bene informati conoscono
i dettagli delle tristi vicende che l’hanno portata, una decina d’anni
addietro, a vivere in un mondo irreale. La sua forma di follia si è manifestata
dopo la morte di un figlio, della nuora e dei due nipoti. Vladimir era il secondo
di quattro figli, il suo preferito, per il quale avrebbe fatto qualsiasi cosa,
ma indubbiamente aveva un pessimo carattere. Forse anche l’ultimogenito,
Milton, le darebbe qualche preoccupazione se lei avesse ancora la testa a
posto.
Quanto al settantatreenne marito inglese, Reginald duca di
Montford, stimato per la sua integrità morale e per avere dato asilo nel suo
castello nel Galles a parecchi nobili francesi durante il Terrore, vive in un’ala del palazzo separata da quella abitata dalla
moglie. Qualcuno afferma che sia diventato un appassionato di esoterismo da
quando ha scoperto dei vecchi documenti sui quali aveva messo le mani durante
le razzie Simon di Montfort, antenato di origini francesi che nel 1211 sterminò
gli Albigesi. Diventato membro di una confraternita misteriosa, nel novembre
del 1786, alla taverna di Reilly, Great Queen Street, Reginald ha conosciuto
assieme a pochi altri esaltati il famoso Cagliostro, in esilio in Inghilterra
dopo lo scandalo della collana e interessato a fondare una loggia egizia nella
città di Londra. Mentre i compagni del duca non cadono nella rete del
mistificatore, il giovane Montford finisce per farsi plagiare dal “mago” che
intende spillargli il patrimonio facendo credere al duca di poter riuscire a
trovare, attraverso l’interpretazione delle carte di famiglia, il luogo esatto
nel quale Simon di Montfort nascose poco prima di morire nel 1213, la mappa per
trovare l’esatta collocazione del Graal. Convinto che il prezioso oggetto gli
appartenga ormai di diritto, Reginald inizia a dedicare la sua vita a questo
ambiziosa ricerca grazie ai poteri “mistici” di Cagliostro. Ma dilapida presto
quasi l’intero patrimonio di famiglia e, scomparso Cagliostro, sposa la
principessa Veratowska, francese di nascita ma polacca di origini, nonché unica
erede di un immenso patrimonio lasciatole dal padre i cui antenati nel XVI
secolo si erano stabiliti nella città che avrebbe assunto il nome di Odessa.
Durante la Rivoluzione, ancora nella vana speranza di ottenere notizie del Graal,
il duca aiuta i nobili francesi in fuga ospitandoli nel suo castello nel
Galles, poi si stabilisce nel Mezzogiorno della Francia dove diventa uno dei
nobili più rispettati della città di Marsiglia. Parecchi anni dopo Vladimir, il
figlio secondogenito, si appassiona agli ideali napoleonici e contro il volere
paterno di arruola diventando un ufficiale sotto il Primo Impero, combattendo
nella Guardia Imperiale.
Ma l’astro di Napoleone Bonaparte tramonta e Vladimir inizia a
bere e far uso di hashish. Già fidanzato ad una nobile gallese, il giovane
Montford nel 1815 conosce Olympe, la diciassettenne figlia del ricco Olivier de
Cabre, una ragazza dolce e sensibile, ma senza una goccia di sangue nobile
nelle vene. La principessa Veratowska, romantica com’è si abitua rapidamente
alla situazione, mentre il marito disereda il figlio. Questi, tuttavia, con
l’aiuto di Olivier de Cabre e del figlio diciannovenne Zacharie, del quale
Vladimir è diventato buon amico, sposa Olympe e assieme l’anno successivo si
trasferiscono a Odessa presso la tenuta dei Veratowski. Lo stesso anno la
coppia ha una coppia di gemelli, ma quella felicità, non dura a lungo; Vladimir
non riesce a vivere senza il fasto a cui era abituato ed è follemente geloso
della sua compagna che incomincia a torturare in modo tale da ridurre alla
disperazione. Si convince di non essere il padre dei gemelli e proibisce alla
moglie di uscire di casa. Vladimir manca da casa per mesi interi e quando
ritorna picchia la moglie. La poverina non fa parola del suo dramma ai
familiari a Marsiglia fino a quando, circa otto anni dopo il matrimonio, la
giovane non potendo sopportare ulteriormente una tale vita d’inferno lascia il
tetto coniugale per rifugiarsi presso il padre ed il fratello. Anche quella
volta, tuttavia, la donna non rivela i suoi problemi. Le basta avere accanto i
suoi familiari, l’allegra Sarasvati – la piccola figlia di uno dei ribelli al
governo inglese in India che Olivier de Cabre ha accolto sotto il proprio tetto
– e la musica del suo pianoforte. Presto Vladimir apprende la notizia della
fuga di Olympe e raggiunge a Marsiglia dove supplica la moglie di iniziare una
nuova vita insieme, dimostrandosi davanti alla famiglia di Olympe molto
affettuoso. Al cognato Zacharie regala perfino una spada che fa parte
dell’eredità dei Veratowski.
In quel periodo Vladimir ha modo di rivedere il padre che
frattanto ha avuto uno sgradito incontro con Padre Ventura per il quale la
ricerca del Graal è soltanto uno dei suoi ambiziosi e oscuri disegni. Reginald
Montford scaccia di casa ancora una volta il figlio che, in un momento di
euforia dovuta all’hashish e all’alcool, costringe la madre a dargli parecchio
denaro, ma la poverina gli fa capire di non essere più in grado di soddisfare
le sue continue richieste economiche.
Pochi giorni dopo Zacharie
de Cabre è accusato, assieme ad altri due ufficiali, di essere al soldo dei
Turchi. Tuttavia, la sera dell’arresto Vladimir li avverte dell’imminente
pericolo facendoli fuggire. Ma Olivier de Cabre viene trovato assassinato e la
responsabilità attribuita al figlio. Iniziano delle approfondite indagini per
riuscire a scovare Zacharie, ma nessuno intuisce che il giovane ufficiale si è
nascosto, ancora una volta aiutato da Vladimir, in una soffitta sita al Vecchio
Porto. Una settimana dopo i funerali di Olivier de Cabre, i nipoti scompaiono
nel nulla e Olympe subito dopo. Per la gente di Marsiglia la donna si è gettata
in mare disperata per la scomparsa del padre e dei figli. Una notte un urlo
agghiacciante rompe il silenzio al porto; Vladimir de Montford è precipitato
dalla finestra della soffitta che ospita Zacharie il quale, in fuga dalla città
in uno stato di delirio, ripete macchinalmente a se stesso un’unica frase: -
“No … non era mia intenzione uccidere!”. Quando la principessa Verowska
apprende della morte del figlio, rimuove tutti i fatti tragici occorsi e si
estranea definitivamente dalla società che la circonda. E’ ormai … pazza!
Ma cosa accadde a Vladimir
Montford? Fu lui ad assassinare Olivier de Cabre? Era una spia dei Turchi?
Possibile che avesse fatto scomparire i figli? Perché aveva aiutato Zacharie? E
questi aveva saputo del lato oscuro del carattere di Vladimir? L’ossessione di
Reginald duca di Montford per la ricerca del Graal ebbe un qualche ruolo in
queste intricate vicende? E la presenza di Sarasvati?
I nostri cortesi lettori
dovranno avere la pazienza di leggere i prossimi capitoli della seconda parte
di questo romanzo per trovare le risposte a tali numerose domande.
Testo di Riccardo
N. Barbagallo, Vincent Mollet e Gennady Ulman