PARTE TERZA
Testo
di Riccardo N. Barbagallo, Vincent Mollet et Gennady Ulman
© Tutti i diritti sono riservati ai singli autori (Riccardo
N.Barbagallo,Vincent Mollet,Gennady Ulman, rispettivamente per i capitoli in
italiano, francese e inglese). E' vietata la riproduzione totale o parziale e
la traduzione del testo del romanzo senza la previa ed esplicita autorizzazione
dell'intero gruppo degli aventi diritto. Gli autori assicurano che,
relativamente ai personaggi principali del romanzo, ogni riferimento a persone
reali e a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Chapter XXXIX
In which Yoga helps a lot
Padre Ventura
looked magnificent. He seemed finally to get his goal and his destination. His
eyes sparkled, and the square chin, usually the feature of tough people, seemed
even more square than usual. Everybody understood that he would apply any kind
of torture, the instruments of which were abundant everywhere. The old Gypsy,
horrified, looked at the metal objects vaguely understanding what they were
for.
Rodrigo made a
step forward. His favorite “kris”, the Malayan dagger, curved and deadly
looking, glimmered in his left hand. Rodrigo was skillful with both hands, but
while fighting he preferred the left hand leaving a deceitful impression of being
left-handed.
With the utmost
agility, not even understanding who the girl was, he obeyed the instinct of
protecting the weaker. Ready to dart his “kris”, he hissed through the
clenched teeth, “Let her go. Now !”
In almost an
invisible movement Padre positioned himself so that the body of the girl would
inevitably be the first obstacle on the way of knife.
Zacharie said in a
calm voice, “All right, Ventura. What do you want from the girl ? Since when
such a brave gentleman-of –luck started to fight with kids ? What do you want
to have ? Perhaps, I have what you need.”
Padre was blinded
with rage, but, nonetheless, he also tried to speak calmly. “You know what I
need, Kismet. I need the whole score of notes, and I need to know how to get to
Chambala. I spent all my life trying to get the knowledge of what you reached
without too much labor. And the girl will tell me the secrets of her
father—another seeker of the truth. Her father for many years was disturbing
me”
The look of
Sarasvati was contemptuous. “My father ? The rajah ? Disturbing you ? My father
could buy a hundred like you with only one gem from his treasury !”
The girl seemed to
take away her weariness, and fear, and fatigue. Even her torn sari was not
conspicuous any longer. Her thin hands bore the bruises and the bloody spots, her wrists were still
hand-cuffed together, but in front of her, not in the back.
“You want too
much, Ventura,” in the same calm voice Zacharie went on. “Besides, I do not
have the whole arrangement of the sounds. But, anyway, if you let the child go,
I will tell you all that I know myself. I don’t see why I should not. I am
positive nobody will let you inside Chambala, and nobody will open you the
secrets of the world. You are brave, Ventura, and you are smart; however, you
are evil. Evil people must not keep any secrets in their hands. They will ruin
the life. So, Sergio Brunetto, what’s your decision?”
Padre looked even
more enraged than ever. Meanwhile, Hassaf, playing with the long Gypsy knife,
did not avert his eyes from Amira. “Come to me, my wife”, he
said. “You are still my wife, are not you ? Do you remember, what we Gypsies do
with the infidel wives ? We kill them. But I will not. Not at once”. And Hassaf
giggled. Amira winced back.
“I will never free
this girl”, hissed Padre. “She will respond for her father. She, not you, will
tell me what I want to know. And, you know what, she is not a child. She is
pretty”. The girl did not look a child, indeed. She was breathing hard, and
seemed to be taking some important decision.
The sword in a
wink of an eye appeared in the hand of the Man in Black. He and Rodrigo
made another step forward and stopped dead, as Hassaf, grudging his teeth, put
the knife to the throat of Sarasvati. The group stiffened.
And at that moment
something strange and not expected happened. Sarasvati started
to become taller, her hands turned into boneless limbs, sweat glistened on her
forehead.
The hands-cuffs
fell down with a heavy knock. Her breasts heaved highly showing that she was no
child anymore. The ropes tying her legs, so she could just stand, but not move,
also fell. She made a somersault, for which Saltis would praise her and caught
the Man in Black at the hand. “Michel’,
she said, “I am here.”
Padre drew out a
sword, which in his hand rotated with an unthinkable swiftness.
“You think that
you always win, Kismet ? Not this time.”
Hassaf, backing,
hit his elbow across the wall. It turned, and in and in an instant the two of
them disappeared in the opening. Sarasvati, trembling and sobbing, acquired her
former looks. “Yoga, the fourth degree”, said Michel. But his attention was
drawn by something else.
He had never seen
Sarasvati like that. Her breasts were half naked, and on one of them was
something. Written …? Painted …?
Capitolo XXXIX
Nel quale lo yoga aiuta parecchio
Padre
Ventura ed il suo complice Hassaf si trovano finalmente faccia a faccia con il
gruppo dell'Uomo in Nero. Il padre agguanta Sarasvati e, tenendola sotto
minaccia, esige che l'Uomo in Nero gli dia tutte le sue note ed indicazioni per
raggiungere Shamballa. In caso contrario, lui ucciderà la ragazza. Lo stesso
Don Rodrigo, estremamente abile con la spada, non può aiutarla. E Sarasvati
mostra a tutti di essere una vera figlia di rajah indiano, fiera e dignitosa.
Utilizzando la sua abilità e allenamento allo yoga, riesce a liberarsi. Mostra
il petto scoperto e Kismet si accorge che presenta un segno al seno: un livido,
una ferita?
Capitolo XL
Nel quale si invita a diffidare delle visite improvvise
A palazzo Montford tutto era pronto per
la partenza. La principessa Iawdiga, elegante nel suo lussuoso vestito e ornata
di uno dei copricapo all’ultima moda ordinati a Jeannette, non stava ferma un
attimo per l’eccitazione di quel viaggio. Dopo aver chiesto, invano, nei giorni
precedenti maggiori informazioni sui nipoti scomparsi, il marito si era deciso
a rivelarle come avesse appreso le notizie.
“Come voi sapete mi trovavo a Parigi
con Victor Jourdan, quel bravo giovane che sta aiutandomi nelle solite ricerche
in cambio di finanziamenti per i suoi divertimenti, il più costoso dei quali è
rappresentato da una bellissima cantante che proprio in quell’occasione ebbi
modo di conoscere. Il sorriso di quella donna era quello di una sirena cui non
si può resistere. Lo stesso viso della sciagurata donna che sposò nostro figlio
Vladimir. Come si chiamava? Aiutatemi a
ricordare …”.
“Olympe, povera cara”.
“Olympe de Cabre, la rovina della
nostra famiglia”. Poi, riprendendo il racconto, “Accompagnai la coppia fino
all’appartamento della cantante, ma ci trovammo di fronte al padre di lui,
quell’insulso, avaro e noioso Gerald Jourdan. Ci aveva seguito da Marsiglia e,
alla vista di Victor con la ragazza, fece una scenata di pessimo gusto che per
poco non attirò l’attenzione di mezza Parigi; quell’uomo urlò, maledisse il
figlio per aver infangato l’onore della famiglia e poi, portandosi le mani al
cuore, stramazzò al suolo”.
“Ma non è morto, l’avremmo saputo!”.
“Non è morto, infatti. Tuttavia le sue
condizioni sono molto critiche. Victor ha abbandonato la sua conquista e con la
madre, i fratelli e le sorelle, veglia al capezzale del genitore. Sembra,
inoltre, che la notizia della relazione di Victor con la cantante sia giunta
alle orecchie di Anne de Brot la quale ha deciso di rompere il fidanzamento”.
“Oh mio Dio che famiglia disgraziata”.
“Mai quanto la nostra, non credete
Iawdiga?”, sottolineò l’Inglese lanciando un’occhiata inquisitrice.
“Ma continuate, mio caro sposo … non
v’interromperò più”.
“La mia curiosità mi portò ad
incontrare la cantante. Appresi che il suo vero nome è Clémentine - come vostra
nipote – e che ha trascorso parte della sua infanzia in un orfanotrofio a
Tolone. Ricorda la madre suonare il pianoforte e un uomo che la strappò con il
fratello gemello alle sue cure. Tutto sembra combaciare, non credete?”.
“Così adesso andremo a trovarla, non è
vero Reginald?” e il marito annuì con una strana espressione in volto.
Giunti alle porte di Parigi, dopo un
viaggio nel quale si scambiarono soltanto alcune parole di circostanza, Lord
Montford rivolse alla moglie strane domande.
“Mia cara, mi è sembrato che l’altra
notte durante il sonno abbiate fatto il nome di nostro figlio Vladimir.
Sembravate spaventata …”, e il suo sguardo divenne acuto e freddo come la lama
di un coltello.
La principessa Veratowska, con il cuore
in agitazione, intuì immediatamente che il marito aveva scoperto il suo
terribile segreto e, dopo aver accennato parole incoerenti, sussurrò, “Sapete,
mio buon amico che la morte di Vladimir ha sconvolto le nostre esistenze”.
“Amavate a tal punto nostro figlio da
ucciderlo?”, disse improvvisamente il duca cambiando contegno. Una collera
terribile, si impadronì di lui.
La principessa gettò un grido
soffocato, folle di terrore. “Reginald … no, no! Ascoltate!”
“Assassina!” pronunciò allora furibondo
il marito.
“Lasciate che vi spieghi come andarono
le cose”, balbettò con un filo di voce la poveretta che faticava a parlare,
mentre il duca la scuoteva energicamente, costringendola a guardarlo in viso.
“Parlate, vi ascolto!”.
“Una settimana dopo i
funerali di Olivier de Cabre, come sapete i nostri nipoti scomparvero nel
nulla. Zacharie, benché in incognito, voleva rintracciarli ma Vladimir lo
fermò. Ebbero uno scontro corpo a corpo in seguito al quale nostro figlio cadde
battendo la testa. Me lo disse lui stesso quando andai a trovarlo. Poi giunse
Olympe chiedendo disperata informazioni sui bambini e lui le disse ridendole in
faccia di averli uccisi. La poveretta perse la ragione e Vladimir quasi ne
approfittò per usarle violenza. Disgustata, mi gettai contro nostro figlio che,
indebolito dal sangue perduto ed ubriaco cadde dalla finestra. Ci precipitammo
in strada, ma non ci fu nulla da fare. Il viso cereo, gli occhi spalancati e il
petto coperto di sangue … Vladimir era morto! Soltanto Olympe ed io conoscevamo
il suo vero carattere; negli ultimi tempi era diventato violento, geloso e
picchiava la moglie accusandola di aver avuto i nostri nipoti da qualcun altro.
Faceva uso di alcool, hashish ed io pagavo di continuo le sue spese folli.
Quando mi rifiutai di essere ancora sua complice, vendette ai Turchi delle
informazioni militari segrete e Zacharie de Cabre fu accusato per questo”.
Lord Montford rimase
impassibile, poi chiese alla moglie di continuare.
“Eravamo al Porto quando
Olympe mi sfuggì di mano. Non riuscii più a ritrovarla e forse si gettò in
mare. Da oltre dieci anni soffro in silenzio per il mio delitto.
Ve ne prego perdonatemi!”.
Il marito le rivolse un’indefinibile
occhiata e l’invitò a riposarsi. La carrozza entrò rapida a Parigi giungendo in
una zona che la principessa Veratowska non aveva mai percorso. La coppia scese
dalla vettura e si trovò dinanzi ad un edificio freddo e austero. Il silenzio
regnava sovrano e il freddo invernale entrava gelido nelle ossa.
“Vado ad annunciare la vostra visita”,
pronunciò una donna magra e austera, introducendo i Montford in un salotto con
una carta da parati verde a disegni vellutati e modestamente ammobiliato con
sedie di bambù ricoperte di velluto d’Utrech giallo; il pavimento era accuratamente
incerato e lustro come metallo brunito; una lampada circolare che mandava al
massimo un terzo del suo chiarore era sospesa molto più alta del consueto.
“Vi prego Iawdiga di aspettarmi un momento …”,
fece Lord Montford e andò ad aprire una porticina laterale per la quale
scomparve. Rimasta sola, la principessa sentì subito un’improvvisa e
indefinibile inquietudine. Dopo almeno un’ora dacché il marito l’aveva
lasciata, corse all’uscio ma con grande sorpresa lo trovò chiuso, mentre
d’improvviso urli terribili e selvaggi attirarono l’attenzione della
disgraziata. Qualche secondo dopo entrò un uomo scortato da due energumeni.
“Principessa permettete che mi
presenti. Sono il dottor Baleinier e dirigo questa casa di salute dove sono
sicuro vi rimetterete del vostro cattivo stato mentale. Dovete essere stanca
per cui i miei assistenti vi accompagneranno nella vostra camera. Mi raccomando
di seguire i miei consigli perché se vi ostinerete a non voler andare a letto
sarò costretto a mettervi questa”, e indicò l’oggetto che teneva sotto braccio,
una camicia di forza.
In quell’istante entrò Lord Montford e
con un ghigno diabolico in viso si rivolse alla moglie, “Mia cara, presso la
casa di salute del dottor Baleinier, starete ottimamente. Non vi mancherà neppure
la compagnia; il dottore mi diceva che nella stessa casa è ospitata Madame de
Saint-Dizier che non vedete ormai da alcuni anni. Continuerò da solo il mio
viaggio e se qualcuno dei nostri amici chiederà di voi, racconterò che avete
preferito andare a trovare dei parenti a Odessa. Nel caso poi non doveste più
tornare, potrò dire che il colera è sempre in agguato. Non facilmente si riesce
a salvare tutti coloro che ne sono colpiti, ma spero vivamente che questo non
succeda a voi!”.
La principessa ebbe un sussulto nervoso
e svenne.
Chapitre XLI
Dans lequel nous retrouvons un jeune homme bien ennuyé,
et un homme en noir franchement inquiet
Le jeune homme bien ennuyé était Victor Jourdan, à qui les sujets de souci
ne manquaient pas. Il y avait d’abord la grave maladie de son père, qui avait
amené toute sa famille à s’installer dans le vaste appartement parisien dont il
avait, auparavant, la disposition exclusive. Il n’était bien entendu plus
question qu’il y reçoive Clémentine, laquelle, depuis quelques jours, semblait
d’ailleurs le bouder.
Et de fait, la jeune actrice était d’une humeur massacrante. Dans l’intérêt
que Lord Montford lui avait porté pendant son séjour à Paris, dans les
nombreuses questions qu’il lui avait posées sur sa vie, elle avait vu la possibilité
de faire de lui un nouveau protecteur, plus influent et plus riche que Victor
Jourdan. Mais, bien qu’il l’eût quittée en promettant mystérieusement de
revenir bientôt avec “d’excellentes nouvelles”, Lord Montford avait totalement
disparu depuis plusieurs semaines.
Le lord était pourtant revenu à Paris, mais il n’avait même pas cherché à
revoir Clémentine, persuadé qu’il était, après son entretien avec sa femme, que
Vladimir avait eu raison et que la jeune actrice n’était nullement sa
petite-fille.
“C’était donc cela!” se répétait-il. “Clémentine et son frère étaient les
fruits de l’adultère, et mon pauvre Vladimir le savait! Maudits soient ces de
Cabre, ils auront vraiment apporté la peste sur notre maison!”
En revanche, Lord Montford avait rendu une brève visite à la famille
Jourdan, le temps de leur annoncer qu’il prenait le jour même la diligence pour
Le Havre, où il comptait s’embarquer pour le Canada. C’était une nouvelle
contrariété pour Victor, qui avec le lord voyait disparaître pour plusieurs
mois, sinon plusieurs années, une source appréciable d’argent de poche.
S’étant échappé pour quelques heures de l’appartement où sa famille se
relayait au chevet de son père, Victor ruminait sa mauvaise humeur devant un
bock de bière, dans une brasserie du Quartier Latin. Il y fut abordé par un de
ses amis, étudiant à la faculté de médecine, et s’enquit poliment de ses
nouvelles.
“Je m’aperçois décidément,” lui répondit le futur Hippocrate, “qu’un
médecin pourrait écrire un roman par jour, rien qu’avec ce qu’il entend de la
bouche de ses patients. Surtout lorsque, comme moi, il étudie la médecine
aliéniste! Notre professeur nous a amenés aujourd’hui dans une maison de santé
bien connue de la capitale. Parmi les patients se trouvait une vieille dame
d’allure aristocratique, évidemment atteinte de délire fabulatoire, car elle a
raconté à notre maître une histoire des plus embrouillées. A l’en croire, la
moitié de sa famille avait été assassinée par l’autre! Si l’on proposait un tel
sujet à M. de Pixérécourt pour qu’il en fasse un mélodrame, il refuserait en le
jugeant invraisemblable. C’était, toujours à l’en croire, une noble polonaise
mariée à un lord anglais, la princesse Véra... Vératon...”
“Veratowska”, répondit machinalement Victor Jourdan, qui se dit aussitôt
après qu’il serait peut-être bien inspiré de rendre visite à cette maison de
santé.
Cela se passait le même jour que la rencontre dans les souterrains de
Tolède, laquelle tournait définitivement à l’avantage de nos héros. Les
estafiers qui avaient accompagné Hassaf et le père Ventura, se voyant
abandonnés par leurs chefs, se repliaient en bon ordre, échangeant entre eux
des murmures où revenait souvent le mot bruja (sorcière). Bientôt,
Sarasvati et ses compagnons se trouvèrent seuls dans la pièce. Mais l’Homme en
Noir avait un autre sujet d’inquiétude.
“D’où vient ce signe, Sarasvati?” demanda-t-il, la gorge serrée, en gardant
son regard fixé sur la poitrine de l’Indienne. Sa protégée, qui avait retrouvé
tout son sang-froid, répondit sans que sa voix ne tremble.
“C’est le prêtre, que Durga le mette en pièces, qui l’a tracé sur ma
poitrine pendant que j’étais attachée.”
“Quand l’a-t-il fait?”
“Hier soir. Et ne cherche pas à me rassurer, Kismet: je sais ce qu’il
signifie.”
A son tour, l’Espagnol s’était penché sur Saravati, et examinait sa
poitrine avec une attention que la situation excusait.
“Vous avez voyagé en Inde, Don Rodrigo,” dit Zacharie, “peut-être avez-vous
déjà vu ce signe?”
“Hélas oui, je reconnais les méthodes des bourreaux indiens. Et je sais
aussi avec quelle substance il a été tracé.”
Comme Amira et Tarifa s’approchaient à leur tour craintivement, l’Homme en
Noir leur expliqua:
“Ce signe est le hiéroglyphe qui signifie “mort” dans l’ancienne écriture
senzar. L’encre avec laquelle il a été dessiné contient un poison qui pénètre
progressivement à travers la peau. Il a déjà commencé son oeuvre, et si nous ne
trouvons pas d’antidote, Sarasvati sera morte dans vingt-quatre heures.”
Capitolo XLI
Nel quale ritroviamo un giovane uomo
molto annoiato e un uomo in nero francamente inquieto
Mentre
Lord Montford si imbarca per il Canada, Victor Jourdan incontra un amico
studente di medicina il quale gli rivela che il principessa Veratowska è in una
casa per alienati. Nei sotterranei di Toledo, dopo che il nemico è fuggito,
l'Uomo in Nero comprende che il segno sul petto di Sarasvati è stato tracciato
col veleno e che, se non si troverà un antidoto, la ragazza rischia di morire
entro ventiquattro ore.
Chapter XLII
In which we look at the mad house, enjoy the sea
voyage, and try hypnosis
Jadwiga
Veratowska was not easy to get scared. She lived long enough to know the price
of people, but being betrayed by her husband was something new. She tried to
set herself free ; however, the clutch of the people grasping her was deadly
impassive and strong.
“Do
you understand that I am a Princess ?”, she asked hoarsely.
“Do
you understand that I am having mighty friends, and that I can turn you into a
piece of dust ?” The worthy doctor smiled and said, “And how are you going to
inform your friends ? By pigeon mail ?”
“If
you don’t stop resisting, I will have to use either this shirt, or something
even better… an invention of Dr. Galvani. Have you heard of it ? It will make
you quiet, trust my word.”
The
princess was a wife of her husband who always was interested in everything the
science could offer. Thus she heard of the frogs which were galvanized. Now she
was getting more and more frightened. She remained silent, and in two minutes
she found herself in a cell dark and gloomy. It was not damp, and the walls
were covered with some material, which seemed soft. She was in the mad house,
and she saw no way to escape. But she did not become desperate, and she did not
give way to tears. She sat on the couch, respectively clean, and started to
think, “Was the doctor an enemy, or he was just a doctor who wanted to treat a
patient ?” That was a question which needed an immediate answer. She knocked at
the door, but even the door was covered by the same material. She also felt a
surge of hunger, and she started to yell…
Meanwhile
Lord de Montford was in his comfortable cabin on board of the ocean bark. Thank
God, it was not Montreal Line, which carried émigrés : the smell of poverty was
something, which Lord de Montford could not stand even for a while. “Mary and
Anne” was the name of this 5-mast bark, it was only for well-off people, and
the captain, an Englishman by birth, and a Frenchman by his upbringing, was
somebody admitted in the high circles of Marseilles. He personally made sure
that his acquaintance felt well.
Before
setting off to the sea, the captain also got something for Lord Montford :
every kind of mentioning of some island in the province of Nova Scotia : Oak
Island. The captain was chuckling—he never expected a rich Lord to get into
this gold-chasing fever. But, perhaps, people always want more than they need,
don’t they ?
Lord
de Montford at that moment was looking through an old book.
“Yes,
he whispered, they went straight to Canada, those Templars. I wonder, why. Was
their destination the Oak Island, or whatever it was named those days ? What
did they know about the place ? And just to think that those idiots are looking
for treasure. Yes, treasure, but nobody except me can even imagine the
character of this treasure. The door… the entrance… Do I know how to enter and
what to do with my findings ? Do I want to rule the world ? ”
Not a
thought of his criminal wife entered his mind. After all, she was guilty in a
murder. And murder has to be revenged. Is it not something which his “relative”
Zacharie said many times ? So many times that it was even possible to believe
him.
When
Lord was in Paris, he saw in the newspapers the face, which could not be easily
forgotten. Yes, he also said that every murder had to be revenged. What his
name was ?
Short
and even funny. Ah, yes… Vidocq. A sleuth of remarkable qualities, as it was
written. Let us wait till this sleuth will find Jadwiga, who just got what she
deserved, or find a real murderer of old de Cabre. Lord de Montford always knew
that Zacharie never did it. But what one could expect from ordinary people ?
They would believe anything. People are silly.” With this comfortable thought
Lord de Montford got asleep. Therefore, he did not see the handle on the door
started to turn noiselessly. And now, dear readers, let us move to a completely
different place.
Zacharie
looked at Sarasvati, and asked her gently, “Listen attentively, child ! Do you
remember that somebody scratched you ?”
The
girl, hardly alive from fatigue and fear, slightly nodded. Don Rodrigo turned
around and said, “What’s the use of asking ? Can we do something ?”
“I
want to be sure in the nature of the poison. Otherwise, how can I think of an
antidote?”
Sarasvati
could stand on her legs. She sat down. She could not understand why somebody
tried to hurt her. After all, she was so young. And people said so beautiful.
Zacharie stood up drastically and said, “It’s too late to do something. I can
think only of one thing.”
“Kismet,
are you going to kill me ? You don’t want me to suffer ?”
“No,
I am going to be an honorable guest at your future wedding, don’t you think
that at this wedding we need a bride ?”
The
Man in Black searched in the pockets of his cloak and got out a silver watch.
“Look
at it. Don’t turn your head.”
Don
Rodrigo murmured to himself, “Never believed in those tricks of Mesmer and that
Portuguese priest, Abbe Faria. But, Zacharie always knows what he does. He will
help the child.”
And
suddenly Amira gave a scream. Sarasvati’s eyes closed. She was losing the
tanned hue becoming whiter and whiter. Through the pores of her bare skin,
appeared sweat ?
Some
other liquid ? She started to tremble. Zacharie touched her forehead and began
to speak some unknown language. Everybody was silent and tense.
Capitolo XLII
Nel quale visitiamo un asilo per
alienati, approfittiamo di un viaggio per mare e assaggiamo l'ipnosi
La
principessa Veratowska è stata internata dal marito all’interno dell'asilo per
mentecatti, senza nessuna speranza di uscirne. La poverina si arrabbia e
dispera. Frattanto, Lord Montford, il suo perfido marito, viaggia sulla
"Mary and Anne", una nave comoda per persone danarose, cercando un
mezzo per trovare ad Oak Island, in Canada, la porta verso quell’altro mondo
che ha cercato invano per parecchio tempo. Nello stesso momento, Zacharie tenta
di salvare Sarasvati marchiata al seno. Sembra essere stata avvelenata.
Utilizzando la sua conoscenza e padronanza dell'esoterismo, l’uomo ipnotizza
Sarasvati. Riuscirà a salvarla?
Capitolo XLIII
Nel quale si
narra di tragici eventi ed incontri sorprendenti
Lasciamo per adesso Toledo con la certezza che l’operazione di
salvataggio della principessa Sarasvati si risolverà positivamente per
trasportarci altrove e seguire la sorte di altri personaggi di questa nostro
veritiero racconto.
Sebbene appartenesse al bel mondo della società marsigliese, il
trentunenne Milton Montford non disdegnava di frequentare nel più stretto
incognito, i sobborghi della città dove aveva spesso contatto con i peggiori elementi
della malavita.
E proprio in quegli ambienti egli sperava di trovare qualcuno che,
per un ingente compenso, s’incaricasse di saldare definitivamente il conto con
Jeannette Lambert, la ragazza che l’aveva umiliato ed era stata, pur
indirettamente, causa dello spiacevole incontro con il principe Dorgi, unico
superstite dei “Guaritori Bianchi” che durante il suo periodo indiano egli
aveva fatto sterminare, diventando il maggiore terrore delle popolazioni
locali.
Una sera d’una decina di giorni innanzi la partenza dei suoi
augusti genitori, Milton si recò alla Vecchia
Ancora di Patron Girardi per incontrare il famigerato Renard, il pericoloso
delinquente alla cui banda apparteneva anche Vinnie “Poussin” che non ignoriamo
ormai essere uno dei nipoti scomparsi di Zacharie de Cabre.
Si sedettero in un angolo appartato e, dopo una breve discussione,
si strinsero la mano e Renard rise con soddisfazione sadica, dato che anche lui
non mancava di rimuginare da tempo truci propositi di vendetta nei confronti
della misera famiglia Lambert. Poche ore dopo, la sua figura sinistra si
allontanava rapidamente dall’edificio nel quale erano alloggiate Marguerite e
la figlia Jeannette. Un fuoco di proporzioni notevoli divampò improvvisamente e
a nulla valsero i tentativi della gente per spegnere l’incendio. Alcuni
abitanti del modesto edificio morirono avvolti dalle fiamme, mentre coloro che
vivevano nei piani superiori, si gettarono dalle finestre o dal tetto. Fra di
esse anche le due donne, la madre abbracciata alla figlia nell’estremo
tentativo di salvarle la vita. E in affetti fu proprio così che Jeannette
riportò soltanto qualche lieve contusione, mentre per Marguerite fu subito
evidente la tragicità delle ferite riportate.
Agonizzante, la povera donna chiese di rimanere da sola con la
figlia e, portandosi le mani al petto, estrasse un foglio ingiallito che porse
a Jeannette con un’espressione di profonda amarezza.
“Figlia mia adorata, non mi resta più molto da vivere ormai.
Questa lettera contiene i dettagli di un dramma del quale sono stata
sfortunatamente protagonista e che molte volte ho cercato di rivelarti. Devi
sapere che Siffrein … non è tuo fratello, bensì il frutto di una violenza
perpetrata da un uomo infame che, con la complicità di un falso missionario di
nome Brunetto, abusò della mia persona. Sicuramente invocò Satana per il buon
successo del suo atroce disegno e non facendosi alcun scrupolo riuscì ad
appagare le sue più disgustose voglie. Desidero benedire fin da questo momento
la tua unione con Moucheron, quel bravo giovane che ci è venuto tante volte in
soccorso e sono sicura che l’Uomo in Nero veglierà su di voi, prendendosi cura anche di Siffrein, il mio
piccolo eroe”.
Queste parole furono dette con l’esaltazione di una preghiera che
ella rivolgeva al Cielo, poi, tosto, spossata per lo sforzo, la povera donna
ricadde inerme. Jeannette piangeva disperata, ancora incredula per tutto quanto
stava accadendo così rapidamente. “Mamma, presto tu starai bene e potrai
abbracciare Siffrein … di ritorno dal suo viaggio!”
La morente sorrise alla figlia e giungendo le mani disse, “Io vedo
te e Siffrein … si, vi vedo felici e perdono a tutti coloro che tanto male ci
hanno fatto”. Ma Jeannette singhiozzante incalzò con una domanda, “Come si
chiamava quell’uomo abietto?” e con un soffio di voce, la donna rispose
indicando il testo della lettera, “Il nome del padre di tuo fratello è … de
Cabre”. A quelle parole la ragazza perse
i sensi; quando rinvenne dal suo deliquio un prete recitava le ultime preghiere
dei defunti.
A bordo della “Mary and Anne”, intanto, Lord Montford annoiato per
il lungo viaggio, aveva scorto tra i passeggeri una persona il cui volto non
gli era sconosciuto, un uomo di una cinquantina d’anni, magro ed elegante.
L’Inglese non ricordava bene in quale occasione l’avesse incontrato ma,
incuriosito, si avvicinò a lui per sentire la discussione che l’uomo stava
intrattenendo con una signorina vestita con ricercatezza ed accompagnata da
un’anziana donna.
“Proprio come vi stavo dicendo mademoiselle,
devo recarmi nella Nuova California. Si dovrà, anzitutto, sbarcare a Québec e
poi lasciare il mare per continuare il viaggio per terra, uscendo dalle fredde
terre degli Esquimesi e recarsi a Montréal, indi, attraverso le foreste,
giungere nel paese dei temibili Sioux, in Missouri, attraversare le
pericolosissime Montagne Rocciose e il deserto di sabbia per giungere
finalmente a destinazione !”
La signorina sembrava estasiata dai nomi di tutti quei luoghi
esotici, mentre la sua anziana compagna non mostrava lo stesso interesse; anzi,
si alzò dal canapé dove stava riposando e chiese con autorità al nuovo arrivato
di presentarsi in maniera formale.
“Il mio nome è … Lucien de Cabre” disse l’uomo indispettito,
mentre Lord Monford sobbalzava al suono di quelle parole che gli riportavano
alla mente fatti ormai quasi dimenticati.
A Parigi, Victor Jourdan, dopo aver molto riflettuto e
consultatosi con il suo amico medico, aveva deciso di liberare la principessa Iawdiga
alla quale lo legava un sincero affetto. Per una volta nella sua vita, si
sarebbe accollato il peso delle proprie azioni, tanto più che ricordava con nostalgia la
fiducia dimostratagli dalla nobildonna quando da bambino lo lasciava giocare
con Milton, di tre anni più piccolo di lui ma sin d’allora arrogante e malevolo.
Dopo alcuni tentativi falliti e, pur con qualche difficoltà dovute alla linea
non propriamente sottile della principessa, Victor riuscì a farla fuggire dalla
casa di salute del dottor Baleinier. La nobildonna non aveva avuto modo
d’incontrare Madame de Saint-Dizier, ma la libertà valeva pur qualcosa
rispetto alle convenzioni sociali!
Victor l’informò che l’avrebbe portata presso una persona di sua
fiducia, così dopo una rapida corsa in fiacre
giunsero a destinazione. Una frivola cameriera introdusse Victor e l’anziana
donna in un salottino elegante dove stava, mollemente abbandonata in una
poltrona, una ragazza che alla vista dei nuovi arrivati si alzò pigramente.
“Olympe!”, esclamò impallidendo la principessa Veratowska,
trovandosi dinanzi a Clémentine.
Chapitre XLIV
Dans
lequel Ventura n’a pas ce qu’il désire, et d’autres personnages n’ont que ce
qu’ils méritent
A Tolède, L’Homme en Noir et
ses compagnons émergeaient des cachots de l’Inquisition. Le moine portier,
craignant non sans raison d’être accusé de complicité avec le père Ventura,
avait disparu, et personne ne s’opposa à leur départ. Sarasvati était sauvée,
chaque parcelle de poison expulsée de son corps, mais elle était écrasée de
fatigue, et Zacharie dut la porter jusqu’à l’auberge, heureusement peu
éloignée, que le petit groupe occupait dans le vieux Tolède.
A peine étaient-ils entrés
dans la salle commune qu’une boule de poils se précipita dans leurs jambes,
suivie à quelques mètres par quatre silhouettes bien connues.
« Darcène ! Poussin !
Siffrein ! Pourquoi n’êtes-vous pas revenus à Marseille ? »
s’exclama l’Homme en Noir, pendant qu'Amiral lui faisait fête. « Et
Moucheron, que diable fais-tu avec eux ? »
« Nous vous suivons à la
trace depuis Almeria, » expliqua Darcène. « Les matelots de l’Andalusia
nous ont dit que vous étiez partis pour Tolède, et nous espérions arriver à
temps pour vous éviter des ennuis… et pour sauver Sarasvati, » ajouta-t-il
en jetant un œil inquiet à la jeune Indienne.
« Elle va bien, »
marmonna Zacharie, « elle a juste besoin de repos. Mais vous avez laissé
le Phénix à Almeria ? » Il continua après un signe affirmatif
de Darcène : « c’est parfait, notre yacht est plus à même que l’Andalusia
de nous conduire jusqu’en Inde. Nous partirons dès que Sarasvati sera rétablie. »
Et il sortit pour porter la jeune Indienne dans sa chambre, laissant le groupe
des nouveaux arrivants médusé.
Quelques jours après, Darcène
et l’Homme en Noir se trouvaient dans le port d’Almeria, préparant le Phénix
à un long voyage par-delà le cap de Bonne-Espérance. Sarasvati, désormais
complètement remise, faisait partie de l’expédition, Zacharie ayant estimé
qu’en Inde sa présence serait indispensable. Amira, qui était devenue aussi
dévouée à la princesse qu’elle l’était à l’Homme en Noir, l’accompagnait ainsi
que Tarifa, d’autant que les deux Gitanes pourraient elles aussi se révéler
utiles sur la terre de leurs ancêtres. Quant à Don Rodrigo, il avait affirmé à
Zacharie :
« Je tiens à revoir
l’Inde une dernière fois avant d’être complètement sénile, et je suis charmé
que ce soit en votre compagnie ! »
Il avait été question que
Moucheron retourne à Marseille, mais, pour la première fois, le colosse s’était
fermement opposé à la volonté de son capitaine.
« J’ai manqué une
fois à la princesse, je ne lui manquerai pas deux fois ! Ce n’est pas vous
que j’accompagne, c’est elle. »
Par contre, en dépit de leurs
protestations, l’Homme en Noir avait d’autorité renvoyé Poussin et Siffrein à
Marseille, par la voie terrestre. « Le voyage commence à devenir trop long
et trop dangereux pour toi, » avait-il dit au petit joueur de violon,
« et ta mère et ta sœur doivent être impatientes de te revoir. De
plus, » continua-t-il à l’adresse de Poussin, « si nos ennemis ont pu
s’attaquer à Sarasvati, ils peuvent s’attaquer à…. d’autres personnes. Tu ne
seras pas de trop pour aider Saltis à monter la garde à Marseille. Je vais te
donner un message pour lui, il t’expliquera ce qu’il y a à faire. »
L’Homme en Noir ignorait
évidemment le malheur qui venait de frapper la famille Lambert. Par contre, les
personnages qu’il redoutait étaient bien loin de vouloir revenir à Marseille.
De la fenêtre d’une chambre d’auberge donnant sur le port, Hassaf et le père
Ventura observaient sombrement les préparatifs du Phénix.
« Cette petite peste est
donc encore vivante ! » avait fulminé le Jésuite en apercevant
Sarasvati. « J’avais pensé pouvoir me servir d’elle comme otage, mais
puisque sa jolie peau repousse le poison, je la lui arracherai avec mon
poignard. »
« Il faudra l’attraper
d’abord, patron, elle et ses compagnons, » répondit Hassaf d’un ton
sarcastique. « Nous avons raté l’Homme en Noir à Tolède, nous l’avions
raté à Alexandrie, et d’après ce que vous m’avez raconté, vous l’aviez déjà
raté une fois à Naples ! Pourquoi s’obstiner à lui tendre des embuscades
qui ne réussissent jamais ? Ne serait-il pas plus simple de le suivre
discrètement jusqu’en Inde, puis de l’attaquer une fois qu’il aura trouvé la
porte secrète ? »
« Une fois en Inde, les
choses deviendront plus difficiles pour nous, » expliqua le père Ventura.
« Sarasvati, l’héritière de Chandigarh, n’aura qu’à se montrer pour
rassembler des centaines de partisans prêts à mourir pour elle. Les autorités
anglaises pourraient éventuellement faire obstacle aux projets de Michel, mais
ce ne serait certainement pas pour servir les nôtres ! Nous serons
peut-être contraints de suivre ton plan, mais je veux faire une ultime
tentative auparavant. »
Pendant que le Jésuite
formulait ce sombre projet, que Poussin et Siffrein s’approchaient à
contrecoeur des Pyrénées, et que Lord Montford voguait vers l’Amérique avec un
compagnon de voyage inattendu, Milton soupait à Marseille avec la satisfaction
d’une vengeance accomplie. A la nuit tombée, il s’était retiré dans sa chambre,
lorsqu’il entendit heurter à la porte qui donnait sur la terrasse de la villa.
« Renard ! »
s’exclama-t-il en ouvrant, « Etes-vous devenu idiot ? Je vous avais
dit de ne pas venir me voir chez moi ! » Il s’interrompit et recula
instinctivement : les lumières de la chambre avaient révélé la peau jaunie
du brigand, et son visage creusé par la fièvre.
« Oui, » grimaça
Renard, « j’ai le choléra. Il a frappé tout d’un coup à la taverne de
Girardi, le patron et sa fille l’ont attrapé aussi. Et arrêtez de reculer quand
je vous parle, vous savez très bien que vous, vous ne risquez rien ! C’est
ce que m’a dit cet Hindou bizarre qui fréquentait la taverne ces derniers
temps : « le prince Dorgi, celui qui a réussi cette guérison
miraculeuse au bal de la préfecture, possédait plusieurs doses d’un remède
infaillible contre le choléra, mais il a les a toutes vendues au fils de Lord
Montford. » Alors, je me suis dit que considérant les intérêts qui nous
lient, vous pourriez m’en céder quelques-unes ? »
« Ce n’est pas
vrai, » se défendit Milton, « il n’y avait qu’une seule dose, je l’ai
prise et il ne me reste plus rien ! »
« Allons, ce n’est pas
bien de mentir à quelqu’un qui a fait assez de choses avec vous pour nous
envoyer tous les deux au bagne, sinon pire. Il est vrai que je mourrai
probablement avant d’y aller, mais je me serai déchargé la conscience en disant
à la police… »
Milton avait reculé jusqu’à
l’autre bout de la pièce, où sa canne-épée se trouvait posée dans un angle du
mur. Saisissant brusquement l’arme, il se rua sur le bandit, pour découvrir à
ses dépens qu’en dépit de son âge et de sa maladie, Renard avait encore une
poigne d’acier. L’Anglais se retrouva à terre, les mains de son adversaire
nouées autour de son cou jusqu’à ce qu’il cesse de respirer.
Abandonnant Milton inerte,
Renard fouilla désespérément la chambre et le cabinet de toilette, à la
recherche des fioles qu’il espérait contenir le remède du prince Dorgi.
« Où les a-t-il
mises ? » hurla-t-il. « Où ? »
Le brigand sentit soudain
venir un nouvel accès de fièvre. Il tenta de regagner la terrasse, mais la
chambre se mit à tourner autour de lui, et il s’effondra sans connaissance
auprès de Milton.
Capitolo XLIV
Nel quale Ventura non ottiene ciò che
desidera ed altri personaggi hanno solamente ciò che meritano
A
Toledo, il gruppo di Darcène raggiunge quello di Zacharie. Viene deciso che
Poussin e Siffrein tornino a Marsiglia via terra, mentre Darcène, Sarasvati,
Amira, Tarifa, Don Rodrigo e Moucheron accompagneranno
Zacharie in India a bordo della Phénix.
Hassaf e Ventura li seguono da vicino. A Marsiglia, Milton riceve una visita
notturna da parte di Renard. Il bandito è stato colpito dal colera e Dorgi gli
ha fatto credere che il giovane Montford possiede un rimedio contro la
malattia. I due uomini finiscono per avere uno scontro e Renard ha quasi
strangolato Milton, prima di cadere privo di conoscenza.
Chapter XLV
In which Siffrein becomes an orphan, and Prince Dorgi
performs a function of a private detective
Siffrein
and Poussin walked along the pavement of Marseille streets. It was already
dark, and the shadows of the trees shook under their legs. They were silent,
and Siffrein who already looked more mature speeded his steps. He wanted to see
his mother. Poussin decided to accompany him. The last grey corner building,
and, finally, his own street, rue de Panier, not the richest area, but dear to
Siffrein’s heart. The old port from his house was always seen like in an open
palm.
Suddenly,
the boy opened his eyes, amazed and stupefied. His house was still there, but,
perhaps, it was not his house—black, burned, horrible.
Siffrein
stopped, looked at his friend. “What the
hell ? Where is Mom ? Where is
Jeannette ? What does it all mean ?” He screamed at the full might of his
lungs.
Some
neighbors looked out and in 5 minutes the boy was already aware of being an
orphan. His sister vanished, and nobody knew where she was. His mother was
buried not far from there at the cemetery for the poor. Siffrein was just a
boy, and he burst out in tears. Poussin who was silent all the time,
eventually, suggested finding his sister.
The
boy wanted to go to the cemetery, but Poussin calmly said that it could be done
in the morning. So far they had to find somewhere to stay for the night, to eat
something, and to rest. They used the horses, several of them, exchanging them
in every inn for the fresh ones. It was not too cheap, certainly. And Siffrein
rode the horse only two or three times in his life. Poussin looked as if he
were born in the saddle. The travel exhausted them, but, at least, they had
money. Kismet provided them with everything possible. Poussin firmly took the
sobbing boy by the hand and led him into the darkness of the streets.
While
the boys are looking for the hotel to stay, let’s look at what happened to
Renard and Milton de Montford. Both hit by mighty blows, they remained
immovable. Meanwhile, a newcomer appeared in the room. He was tall, and his
face was not seen under the white scarf.
Milton
was the first to come back to his senses. His eyes acquired a sensible expression, and he looked for a
moment at the newcomer without recognition. Then he recognized him. “Why… what
are you doing here… what… ?” He sounded dismayed and frightened.
Prince
Dorgi looked contemptuously at him and said “ I would not visit your house
again. It stinks with you. You are a dirty ferret. But I have some companions
among Marseillean apaches, and they told me an interesting thing”.
Dorgi
did not let his eyes leave Renard who was lying like dead. Milton felt
humiliated, insulted, and enraged. We already had a chance to inform our good
readers that he was no coward although it was hard to call him brave. He
stammered, “If you had not come unexpectedly, I would have shown you how to
fight.” He started to raise himself, but Prince already jerked him up. “Let’s
talk”, he suggested calmly.
“About
what ?”
“Well,
well, the apaches say that Renard boasted he burned somebody’s house.”
“So
what ? Where do I come in ? And why so much interest in Renard’s action ?”
“When
a decent man sees two rascals together, this man must ask himself a question :
what new crime these two are devising ?”
“Don’t
you think that your burglary into my house is a crime ? You will not dare to
kill us, and I will inform the police.”
“You
may start informing now. I am here on the special errand of Francois Vidocq.”
Milton as anybody else was familiar with this name.
“So,
continued Prince, did you both burn the house of Madame Lambert ?”
“You
can not prove it.”
“I am
not going to prove anything. My special errand is not in proving that somebody
is a criminal. For me, you both are.”
“If
you are not going to arrest me or him, what do you want ?”
“For
burning the house, and thus making a woman who resided there perish, you will
have your pay, don’t doubt about this”, unpleasantly smiled the Prince.
He
pushed Renard with his boot, and when the latter moaned and opened his eyes,
Prince waited for a moment and asked, “Renard, do you hear me ? Immediately
answer, where is Poussin ? I need him now. “
Renard
burst out laughing. “But I don’t have the slightest idea where this renegade
can be.”
“No
idea ?”
“If
you don’t hint where I can find him, I will enjoy burning you both. People will only thank me.”
“Please,
don’t do anything. I will tell you all I know”, implored the frightened robber.
But he really
knew not much.
Capitolo XLV
Nel quale Siffrein diventa un orfano ed il principe Dorgi esercita la
sue funzioni di detective privato
Siffrein e Poussino ritornano a
Marsiglia per scoprire che Siffrein non ha più casa, essendo andata in fumo,
che sua madre è perita nell'incendio e la sorella sparita. Siffrein è
certamente abbattuto ed esasperato. Poussin lo porta a dormire in albergo. Il
principe Dorgi si reca da Milton Montford e lo trova in compagnia di Renard. Il
principe sembra conoscere tutto dei due malviventi. Dice di essere un agente
speciale del capo della polizia francese, François Vidocq. Li accusa di aver
entrambi partecipato all'incendio della casa dei Lambert, l’uno attivamente e
l'altro dando l'ordine. Chiede poi dove si trovi Poussin. Renard è pronto a
dire tutto, ma in effetti lui conosce ben poco.
Capitolo XLVI
Nel quale la
temperatura corporea di Lord Montford è più bassa del solito
“Capitano”, esclamò concitato il marinaio, mentre la tempesta si
scatenava con violenza crescente, “abbiamo una larga falla a babordo e la nave
fa acqua da tutte le parti … affondiamo!”.
“Alle pompe!”, ordinò allora il capitano e, da autentico bretone
abbozzò un rapido segno della croce augurandosi che Nostra Signora dei Flutti
proteggesse gli occupanti della sua nave. Ma tutto fu vano e dopo un’ora il
fianco dell’imbarcazione s’aprì mandando un sinistro rumore. Echeggiò un grido,
“la nave è perduta … alle scialuppe!”.
Un’enorme ondata passò sulla nave, si udirono lamenti strazianti e
poi il bastimento s’inabissò in mare. L’unica scialuppa di salvataggio che
aveva imbarcato dei passeggeri, non ne conteneva più di una decina e fra
questi, Reginald Montford.
All’improvviso un gemito giunse alle orecchie dell’anziano nobile,
“Lord Montford, salvatemi … ve ne prego. Vi racconterò tutto!”. E l’Inglese,
facendosi aiutare dagli altri occupanti della scialuppa, caricò
nell’imbarcazione Lucien de Cabre completamente intirizzito dal freddo. Fra i
due uomini vi fu uno sguardo d’intesa, poi de Cabre perse i sensi.
Ma cerchiamo di andare con ordine, facendo un passo indietro nel
nostro racconto.
Erano trascorse due settimane da quando Lord Montford si era
imbattuto in Lucien de Cabre del quale ricordava l’amicizia con uno strano
missionario giunto a Marsiglia dal Sud-America e che gli aveva fatto credere di
poterlo mettere sulle tracce del Graal.
Prima Cagliostro, poi quel tale Brunetto si erano entrambi presi
gioco di lui soffiandogli una grossa cifra di denaro e …Lucien de Cabre seguiva
come un’ombra quel dannato monaco, sempre che si trattasse davvero di un
missionario. Adesso, dopo oltre dieci anni, si sarebbe fatto rivelare da Lucien
dove trovare quel mistificatore.
Ma de Cabre sembrò non riconoscere affatto Lord Montford,
dichiarando anzi di non essere neppure originario di Marsiglia. L’Inglese
allora, non volendosi arrendere, aveva assoldato un mozzo affinché
s’introducesse nella cabina di Lucien per trovare qualche documento
interessante. Il mozzo sottrasse delle lettere in base alle quali Lucien si stava
recando in Nuova California per contrarre matrimonio con una certa Azelma,
figlia del suo socio in affari, un certo Thénardier il quale da quasi due anni
aveva dato vita ad un lucroso commercio: tratta dei negri.
Lord Montford aveva adesso gli strumenti per poter ricattare
Lucien e farsi da lui rivelare fatti ormai quasi dimenticati. Stavano
discutendo animatamente quando la nave affondò, ma l’Inglese reputò utile
salvare de Cabre.
La scialuppa vagò per giorni e giorni alla deriva, senz’acqua e
senza viveri, mentre tra i suoi occupanti prostrati, si svolgevano scene
d’isterismo tali che qualcuno finiva in mare non sopportando il supplizio della
sete.
Lord Montford e Lucien de Cabre sembravano sopportare meglio degli
altri questa situazione, ma loro come è noto erano fatti di tutt’altra pasta …
Resistettero con altre quattro persone, finché si delineò netta e
precisa un’immensa pianura coperta di neve e furono soccorsi da uomini vestiti
di pelliccia.
All’epoca della nostra narrazione la Groenlandia, il Labrador e
tutte le regioni bagnate dal mare Polare erano abitate unicamente da tribù
nomadi di Esquimesi, popolo assai primitivo che trae la vita soltanto dal
prodotto della pesca e da qualche commercio di pellicce. La pesca viene
praticata principalmente negli arcipelaghi di ghiaccio che seguono la linea
della costa fino alla parte bassa del Canada. In quegli arcipelaghi gli
Esquimesi vanno a caccia della foca, la cui carne costituisce uno dei migliori
alimenti e la cui pelle serve loro per far calzature, indumenti e per ricoprire
le loro imbarcazioni.
Il viaggio verso l’India della compagnia di Zacharie de Cabre fu
lungo e snervante. All’arrivo si erano istallati presso alcuni dei ribelli che
si opponevano al giogo inglese. Sarasvati, tuttavia, era stata colta da una
febbre insidiosa che l’aveva costretta a letto per una decina di giorni,
durante i quali fu curata con affetto e dedizione da Tarifa e Amira. Anzi,
secondo un rituale gitano, la bella Amira si era tolto dal collo un medaglione
e lo aveva appoggiato sul capo della giovane principessa, mentre Tarifa
pronunciava delle misteriose parole.
Il caso volle che il marchese de La Roca vedesse il medaglione
rimanendo profondamente turbato. Senza porre tempo in mezzo, lo Spagnolo chiese
a Amira informazioni relativamente al prezioso oggetto. Saltò fuori che il
medaglione rappresentava l’unico ricordo di sua madre, morta dandola alla luce.
Marissa, così si chiamava la donna, era l’ultima dei dodici figli
di Tarifa e per questo da lei prediletta. Non aveva ancora diciassette anni
quando, durante una campagna di scavi in Egitto conobbe un archeologo del quale
s’innamorò. Passarono assieme molto tempo e lui le fece dono del monile trovato
presso un sarcofago, poi partì per il suo paese natale. Alcuni mesi dopo
nasceva Amira che Tarifa, alla morte di Marissa, allevò come una figlia.
A conclusione del racconto, Amira si accorse che il marchese aveva
le lacrime agli occhi, avendo riconosciuto nella gitana la sua unica figlia ed
erede.
“Amira … mia diletta, abbraccia tuo padre. Sono io l’uomo che amò
la tua innocente madre!”. Alla notizia furono organizzati dei festeggiamenti e
per qualche ora Zacharie dimenticò i drammi della sua vita movimentata.
Ma, intanto, che ne era stato di Lady Montford dopo avere
ritrovato la nipote Clémentine? E del perfido Milton?
Poussin e Siffrein avevano ritrovato Jeannette scomparsa come nel nulla alla
morte della madre?
E’ ciò che scopriremo assieme seguendo le vicende del prossimo
capitolo.
Chapitre XLVII
Où l’on
entre dans l’Hôtel de Cabre comme dans un moulin
En quittant les ruines de
ce qui avait été le foyer de Siffrein, les deux jeunes gens, Amiral trottant
sur leurs talons, étaient allés frapper à la porte de l’hôtel de Cabre. Là, ils
avaient présenté à Saltis la lettre d’explications que Zacharie leur avait
remise pour lui.
“Ainsi, ton nom est Vinnie
et ton surnom Poussin,” dit-il à l’aîné des garçons, après avoir lu et relu la
missive. “A vrai dire,” sourit-il, “je savais déjà que tu étais devenu l’un de
nos amis. C’est un Indien, qui paraît-il connaît fort bien le capitaine et
Darcène, qui me l’a appris voici quelques jours. Cet Indien venait me demander
des renseignements sur toi. J’aurais été bien en peine de lui en fournir: je
n’ai aucune nouvelle du capitaine depuis des mois, et avant sa visite
j’ignorais jusqu’à ton existence. Je l’ai invité à revenir aujourd’hui, tu
pourras t’entretenir toi-même avec lui.”
“Un Indien? Qu’est-ce
qu’il me veut?”
“Je ne sais pas. Il tenait
à ne le dire qu’en ta présence.”
“Il y a plus urgent,”
s’impatienta Poussin. “La maison du petit Siffrein a brûlé, sa mère est morte
et sa soeur a disparu. J’ai pensé qu’il pourrait loger ici avec son chien, et
qu’avant de parler à des Indiens que je ne connais pas, je devrais me mettre en
quête de sa soeur.”
“Il se pourrait que les
deux affaires soient liées.” La voix du prince Dorgi, entré dans le hall de
l’hôtel dont la porte était restée ouverte, fit sursauter tout le monde. A
peine Poussin était-il remis de sa surprise que l’Indien fut en butte de sa
part à un déluge de questions, auxquelles il s’efforça de répondre en bon
ordre, pendant que Siffrein et Saltis écoutaient eux aussi avidement.
“Il se trouve,” expliqua
le prince, “ que je suis le correspondant à Marseille d’un cabinet de
recherches dans l’intérêt des familles qu’a fondé, depuis qu’il a dû quitter la
police, notre illustre François Vidocq. Ce cabinet a récemment été sollicité
par un lord anglais établi à Marseille, le duc de Montford. A la suite d’une
rencontre fortuite qu’il avait faite dans un théâtre parisien, le lord désirait
avoir tous les renseignements possibles sur deux enfants qui, une dizaine
d’années plus tôt, s’étaient trouvés sous la garde de son fils Vladimir,
aujourd’hui décédé. En enquêtant auprès de mes informateurs marseillais, j’ai
découvert que ce Vladimir, tout fils de lord qu’il était, avait quelques
fréquentations fort peu recommandables, en particuliers un truand du nom de
Tonneau-Plein. Mes amis se souvenaient fort bien de ce personnage, et qu’il
avait un temps eu chez lui deux enfants d’origine inconnue. Après la mort de
Tonneau-Plein, la fille avait été confiée à un orphelinat, et le garçon
recueilli par un autre truand de même acabit, un certain Renard. Je connaissais
fort bien ce Renard...”
Ici, le prince raconta à
ses auditeurs la scène à laquelle il avait participé quelques nuits auparavant
dans la chambre de Milton Montford.
“Renard m’a dit ce qu’il
savait sur toi, Poussin, c’est-à-dire qu’à Naples tu avais quitté les voies de
la truanderie pour suivre celles de l’Homme en Noir. Et je savais pouvoir
trouver la trace de celui-ci à l’Hôtel de Cabre... Notre ami Saltis, qui
n’avait jamais entendu parler de toi, est tombé des nues en me voyant arriver,
mais au nom de nos amis communs le capitaine et Darcène il m’a invité à revenir
à l’hôtel quand je voudrais, et me voilà. A ce propos,” ajouta-t-il à l’adresse
de Poussin, “pour le cas où tu t’inquièterais de Renard, il est mort.”
“Vous l’avez tué?”
“Indirectement, je le
crains. Au moment où, ayant appris ce que je désirais savoir, j’allais quitter
la villa Montford, Renard m’a a nouveau supplié de lui trouver des remèdes
contre le choléra. Je lui ai répété ce que je lui avais déjà fait croire la
veille, à savoir que les seuls que je connaissais étaient en la possession de
Milton Montford. Ce n’était pas plus vrai que la veille, mais le vieux truand
était toujours aussi crédule. Au regard qu’il a lancé à notre hôte, j’ai
compris que tous deux allaient reprendre la “conversation” qu’ils avaient avant
mon arrivée. Montford s’est précipité vers un tiroir de son bureau et en a
sorti un pistolet qu’il a brandi. Je me suis hâté de sauter par la fenêtre, et
à peine avais-je atteint le sol que j’ai entendu le coup de feu. Je me suis
hâté de déguerpir, pensant que s’il y avait une deuxième balle elle pourrait
bien être pour moi. Le lendemain, la rumeur courait la ville que le jeune
Milton Montford avait surpris chez lui un cambrioleur qui avait tenté de
l’étrangler, et qu’il l’avait abattu. Mon but était plutôt,” acheva-t-il avec une
pointe de regret, “que Renard tue Montford, mais on ne peut pas tout avoir. Je
t’ai trouvé, c’est le principal.”
“Mais pourquoi me
cherchiez-vous? Et qu’est-ce que j’ai à voir avec ce lord anglais et son fils?”
“La réponse,” interrompit
Saltis, “se trouve sur un tableau accroché ici même, dans le salon de musique.
J’aurais dû me douter de cela, Poussin, dès que j’ai vu ton visage.”
Sur un signe approbateur
du prince, Saltis conduisit ses visiteurs dans la pièce où nous avons déjà vu
accroché le grand portrait de Vladimir et Olympe de Cabre. Avec stupéfaction,
Poussin reconnut ses propres traits sur le visage du défunt officier de la
Garde Impériale.
“Tu vois,” lui glissa
Siffrein, “je te disais bien que je t’avais vu sur un tableau!”
“Qui est-ce?” demanda
Poussin d’une voix blanche.
Avant que le prince n’ai
pu répondre, Saltis, qui était ressorti en entendant que l’on frappait de
nouveau à la porte de l’hôtel, réapparaissait avec trois visiteurs. Victor
Jourdan escortait une dame âgée et une jeune femme. Ce ne fut qu’un cri:
“Mon petit-fils!”
“Mon frère!”
“Ma soeur!”
Pendant que le prince
Dorgi s’efforçait de ranimer Iawdiga Veratowska
qui s’était évanouie, Clémentine et Poussin tombaient dans les bras l’un de
l’autre. On s’expliqua: après que la princesse ait miraculeusement, grâce à
Victor, retrouvé sa petite-fille à Paris, les deux femmes avaient décidé de
revenir à Marseille pour tenter de connaître le sort de Poussin. Avant de
commencer leurs recherches, Iawdiga avait absolument voulu montrer à Clémentine
l’ancienne demeure des de Cabre et les tableaux qui y étaient peut-être encore
accrochés. Cette heureuse inspiration les avait fait arriver à l’hôtel moins de
deux heures après le jeune homme.
“A mon avis,” conclut Saltis, “il est temps que
cette maison dévoile ses derniers mystères.” Et ce disant, il entreprit de
déverrouiller une porte qui, à partir du salon de musique, conduisait dans une
partie de l’hôtel où Siffrein n’était jamais rentré.
Capitolo XLVII
Nel quale si entra a palazzo de Cabre
come in uno spaccio
Poussin
e Siffrein trovano soccorso a palazzo de Cabre, presso Saltis. Sopraggiunge il
principe Dorgi, spiegando che il suo capo, il detective Vidocq, l'ha incaricato
di ritrovare i figli di Vladimir e Olympe. Annuncia inoltre che Milton ha
finito per uccidere Renard. La principessa Veratowska, a sua volta, arriva in
compagnia di Victor e Clémentine. Tutti si riconoscono davanti al
ritratto di famiglia: i figli di Vladimir ed Olympe sono Clémentine e Poussin. E Saltis non ha altro da fare ormai che rivelare
l'identità della misteriosa occupante del palazzo…
Chapter XLVIII
In which we learn about the adventures by Jeannette
Where was Jeannette ? This
was a mystery which we, dear reader, will not conceal from you any longer.
Jeannette, as we know, lost
everything in her life. Her mother, her miserable home, she did not know where
her brother was. She did not have any friends where she could ask for a
temporary shelter. More than this, she did not have any news about her beloved
Moucheron. Nor she could think how to get any news about him. The day before,
she had a family. Now she had become homeless. Her employer, whom she had
visited the morning, was all sympathy, but very firm in saying that she could
not keep a girl without home. The only thing which she could for Jeannette was
to give her the final salary, and let her rest for a two days in the house of
her acquaintances, Doctor de Brot, who needed a nice-looking maid for his
daughter Anne. Her usual maid got sick, and Anne could not get without somebody’s help.
The Doctor’s house shocked
Jeannette. She had never seen before such a spacious room not used by people. It
was called a very difficult word” the laboratory”, and the doctor worked there
making experiments.
Jeannette tried to do her
best to please young Anne who was actually her peer. Anne was not arrogant
although she belonged to a rich family. The wealth of the family was
felt in everything, but without showing-off.
Jeannette was praying every
day that the maid she was substituting did not recover too fast although she
knew her thoughts were not too noble.
On the third day of her
staying with Mademoiselle Anne who was always gloomy (a very surprising feature
of a young girl), Jeannette cleaning the hall saw a portrait of a young gentleman
who impressed her. As she was born in the big port and saw a lot of different
people from other countries, she immediately understood that gentleman was not
French. He had Italian features. Not being pleased with herself for her curiosity, she carefully turned
the portrait, and read the legend “To dear Doctor de Brot from Giuseppe Mazzini to remind
him of our common friend Kismet”.
Jeannette was amazed. Kismet
? Was that not the name of the mother’s savior ? Could there be any other man
bearing the same name ? She remembered so clearly how it was.
“What does it mean?”, she
asked. “It means-Destiny” was the answer.
So the Doctor knew Kismet. But
how to ask him about this ?
That evening was harder for
Jeannette than any evening before.
Eventually, she came up to
the girl, and asked her permission to walk a little. She said she felt a
splitting headache, and that was true.
Coming to the street, she
did not understand how, but her small feet turned as if by themselves. Jeannette
was walking to the Old Port. Why ? She could not answer herself.
Her cheeks were flushing,
she rushed with every moment faster and faster.
Finally, she stopped to take
a breath saying to herself that nobody was running after her.
Suddenly she felt the hand
on her waist, and the next moment, she felt herself in the air.
Her heart sank, but she
understood who it was, and with the tears streaming down, she found herself in
two mighty hands of somebody she even was afraid to think about.
It was Moucheron.
“I found you”, he said
breathlessly. “Now I will take you away from wherever you are.
I will bring you to somebody
you want to see. I will bring you to our friends”
And for the first time since
her mother’s death, Jeannette started to cry. She could not stop. Then a
female voice woke up the girl…
Capitolo XLVIII
Nel quale conosciamo le avventure di Jeannette
Jeannette, rimasta senza un tetto
sopra la testa, si reca dai de Brot. Diventa la domestica di Anne di Brot. Ha
così una casa e da magiare, ma il suo innamorato Moucheron e suo fratello le
mancano. Facendo le pulizie, trova un ritratto di Giuseppe Mazzini con una
dedica sul retro: "Al caro dottore di Brot, da parte di Giuseppe Mazzini,
per ricordargli il nostro amico comune Kismet", Jeannette è sorpresa. Il
suo padrone conosce l’amico Kismet dunque?! Inquieta e nervosa, esce e, in una
sorta di dormiveglia, vede Moucheron che viene a prenderla per portarla con sé
presso gli amici. Ma, ahimè, è solamente un sogno.
Capitolo IXL
Nel quale si dimostra che una
discussione con un amico può portare a delle felici deduzioni
Quella calda
sera d’estate Zacharie era assorto ad osservare una splendida luna rossa che
occhieggiava nel cielo d’India, quando Darcène si avvicinò per porgergli una
domanda.
“Amico, non
hai aperto bocca per tutta la sera! Posso sapere a cosa stai pensando?”
Zacharie si
riscosse improvvisamente ma rispose solo dopo un momento d’esitazione, “penso
alla nostra esistenza travagliata e recentemente anche … al Siciliano. Da quando abbiamo appreso che
le carte di mia madre conducono al talismano un tremendo dubbio mi tormenta …”.
“Credo
d’intuire Zacharie … ritieni che il Siciliano
possa essere stato l’artefice di tutto quanto è successo sin dall’inizio. La
tua rovina, la morte di Olivier, la scomparsa di Olympe e dei suoi bambini,
ogni cosa per costringerti, in qualche modo, a cercare quel talismano che
potrebbe renderlo un Immortale !”
“Hai visto
giusto Roland … è proprio ciò che temo. Tuttavia, non posso dimenticare il suo
affetto filiale nell’istruirmi per questa ricerca e come si sia preso cura di
me quando pensavo di mettere fine ai miei giorni. Non credo che fingesse …
almeno il più delle volte; e poi c’è l’ombra malefica di Ventura da non
sottovalutare, non credo segua sempre le istruzioni del Siciliano”.
“Già … padre
Ventura. La prima volta che l’incontrasti avesti modo di duellare con lui
battendolo, poi l’hai ritrovato dopo tanti anni a Catania, segretario del Padre
Venerabile. Certo nessuno avrebbe pensato che ci avrebbe dato la caccia durante
le nostre peregrinazioni in giro per il mondo”.
“Ufficialmente
conobbe me e il Siciliano in Turchia
e dal primo istante cercò la sfida. Al Siciliano
piacevano le nostre dispute sul senso della Vita e favorì la competizione fra
noi, ma poi io partii per occuparmi d’altro”.
“Diventasti
un giustiziere!”.
“Come lo
siete tu e Horace. Ognuno, a proprio modo, ha cercato di battersi per la
libertà e la giustizia; in effetti, avevo quasi dimenticato di ricercare la
verità per essere riabilitato. Se non avessi ritrovato Olympe e Poussin, mio nipote Vincent scomparso con la sorella,
non so se avrei mai intrapreso questa ricerca che sta tanto a cuore al Siciliano. Non c’incontravamo ormai da
parecchi anni giacché lui non era più in grado di viaggiare. Certo desideravo
sin dall’inizio trovare l’assassino di mio padre ma le stesse mani che
continuano ad aiutare il prossimo … hanno ucciso. Sono l’assassino di Vladimir
e dovrei espiare per questo mio delitto!”
“Non ho mai
creduto che tu avessi ucciso Montford. In ogni caso, adesso è giunto il momento
di conoscere tutta la verità e dovremo muoverci con determinazione”.
“Ben detto
Roland, non voglio aspettare che Ventura ci tenda l’ennesimo tranello. Domani,
quando probabilmente valicheremo una delle sette porte che conducono alla città
sotterranea e attiveremo quel dannato talismano, teniamoci pronti per uno
scontro violento. Ventura dovrà pregare parecchio perché da questo momento sarò
il suo … incubo”.
“Sarai il Vendicatore di Marsiglia … non suona
bene per il titolo di un romanzo?”
“Non è il
tempo dei romanzi … pensiamo bene anche al nostro ritorno in patria con
l’aerostato che hai collaudato. Risparmieremo alcuni mesi di viaggio!”
“Pensi allora di dimostrare presto che Ventura
fosse coinvolto nella morte di tuo padre? Ma se non era neppure a Marsiglia a
quel tempo!”
“Sembra
impossibile ma la verità sta affiorando poco per volta. Proprio stamani,
discutendo casualmente con don Rodrigo di viaggiatori instancabili e avventure
pericolose, ho avuto la certezza che Ventura era a quell’epoca a Marsiglia. Il
discorso è caduto su mio zio Lucien che a quanto avevo appreso lasciò Marsiglia
immediatamente dopo il funerale di mio padre. Sarebbe potuto tornare per
reclamare i beni di famiglia dopo la tragedia, ma di lui si persero le tracce”.
“D’accordo Zacharie,
ma quale sarebbe il nesso fra tuo zio e padre Ventura?”
“Abbi la
pazienza di seguirmi nel racconto Roland … una cosa per volta!”.
“Ti ascolto”.
“Bene … stavo
raccontando a don Rodrigo un episodio accaduto in India nel 1814 quando
spavaldamente mio zio volle sottrarre un magnifico rubino che ornava l’idolo
della dea Kalì, adorata dalla sanguinosa setta dei Thugs. La situazione sarebbe
precipitata se non fosse intervenuto il raja Basanti, amico del capitano
Leclère della nave dei Morrel a bordo della quale viaggiava Lucien. Mio padre
rimase sempre grato al raja Basanti e lui poi ci affidò Sarasvati”.
“Già … la
nostra Sarasvati che io ho allevato con Dorgi dopo la morte dei loro genitori e
della mia amata Keska”.
“Don Rodrigo
è assolutamente certo di aver incontrato circa sette anni addietro Lucien,
anche quella volta invischiato in una situazione pericolosa. A quanto pare mio
zio, che ha sempre avuto una grande passione per le belle donne e le antiche
civiltà scomparse, si vantava con don Rodrigo di avere conosciuto a Marsiglia
un missionario giunto dal Sud-America che aveva studiato un libro sacro azteco
che riportava una sorta di calendario la cui interpretazione lasciava presagire
la possibilità di … arrestare il tempo!”
“Piuttosto
che arrestare il tempo forse contemplava la possibilità di sopravvivenza di una
stirpe d’Immortali per i quali il passare degli anni non ha significato”.
“Vedo Roland
che anche tu sei giunto alla medesima mia conclusione”.
“E quel
missionario sarebbe Ventura?”
“Ne sono
certo. Mi sono ricordato che proprio in quel periodo Lord Montford fu raggirato
da un “missionario”. Come sai l’Inglese ha speso la sua esistenza alla ricerca
del Graal …
e credo di
aver intuito che mio padre si fosse rivolto proprio a lui per far cadere le accuse
nei miei confronti, in cambio di alcune copie dei documenti in mio possesso”.
“Allora
potrebbe essere Lord Montford l’assassino!”
“Non lo credo
affatto. Nonostante il suo smisurato egoismo, Lord Montford non è un assassino,
anzi stimava mio padre benché i rapporti fossero tesi a causa del matrimonio di
Vladimir con Olympe. Per il duca era inaccettabile che suo figlio sposasse mia
sorella, ma a ben vedere i rapporti con Vladimir erano già tesi all’epoca in
cui lui volle seguire l’imperatore Napoleone Bonaparte”.
“Allora prima
che tuo padre incontrasse Lord Montford accadde qualcosa d’imprevisto. Ventura,
all’insaputa del Siciliano, uccise
tuo padre e s’impossessò delle copie dei documenti. Ma aveva bisogno di un
complice e forse …”.
“Puoi
terminare la frase amico. Pensi che mio zio Lucien sia stato suo complice, ma a
quale scopo? Forse Lucien non immaginava quali fossero le intenzioni di
Ventura. Bisognerebbe catturare quel dannato monaco e farlo parlare, oppure
condurlo al cospetto di Lord Montford, solo così scopriremo la verità”.
Chapitre L
Dans
lequel Lucien de Cabre et Nostradamus se révèlent utiles chacun à leur façon
Dans le courant du mois de
juillet 1835, pendant que l’Homme en Noir et ses compagnons progressaient à
travers les jungles indiennes, une corvette de Sa Majesté Britannique
effectuait sa patrouille périodique le long des côtes du Canada. Elle avait
presque atteint la pointe nord du Labrador lorsque l’attention de l’équipage
fut attirée par un groupe d’Esquimaux debout sur le rivage, au milieu desquels
gesticulaient plusieurs personnages de type européen. Le commandant Guillant
donna l’ordre d’aller les chercher et de les conduire à bord, où ils
expliquèrent être des naufragés du navire Mary et Anne, du Havre,
disparu plusieurs mois auparavant en plein Atlantique. Le lecteur s’en doutera,
Lord Montford était parmi eux, et c’est lui qui apprit au commandant les
détails de leur aventure.
“Tout près de mourir de
faim et de froid, nous avons été recueillis par ces braves Esquimaux, qui
malheureusement venaient de passer un hiver très difficile: la contrée se
trouvait totalement dépourvue de gibier ou de poisson, et ils étaient tout
aussi affamés que nous. Au moment de notre arrivée, ils venaient de décider un
tirage au sort pour savoir lequel d’entre eux servirait à prolonger la vie du
groupe. Notre arrivée nous a permis de participer au tirage, et le sort est
tombé sur l’un de nous, un Français nommé Lucien de Cabre.”
Les yeux du commandant
s’agrandirent d’horreur.
“Ils l’ont mangé?”
“Ils ont eu la bonté de
nous laisser notre part, et nos forces à tous se sont trouvées assez rétablies
pour que nous puissions nous mettre en marche vers une contrée plus
méridionale, et plus riche en nourriture. Puis le printemps est revenu, et il
ne nous restait plus qu’à attendre que vous nous trouviez.”
“Bien, bien,” dit le
capitaine, quelque peu effrayé. “Nous n’allons pas tarder à regagner Halifax,
notre port d’attache, et c’est là que nous pensons vous déposer.”
Le visage de Lord Montford
s’éclaira.
“Halifax, en
Nouvelle-Ecosse? Parfait! C’est justement tout près de l’endroit où je comptais
me rendre.”
Ce que Lord Montford ne
dit pas au commandant, c’est qu’avant de mourir Lucien de Cabre lui avait remis
un document qu’il gardait toujours sur lui, en le suppliant de ne le remettre à
nul autre qu’à sa famille, en supposant que son neveu Zacharie et sa nièce
Olympe soient encore vivants. Lord Montford avait eu l’indiscrétion de lire le
document: une sorte de confession, qui l’avait laissé stupéfait.
“S’il y a encore des de
Cabre quelque part dans le monde, se dit-il, ils seraient sans doute bien
surpris de lire ceci. En attendant, gardons-le précieusement!”
Il avait des soucis plus
urgents pour le moment. Sitôt arrivé à Halifax, il se mit à la recherche des
hommes qui avaient participé aux précédentes expéditions dans l’île aux Chênes.
Il n’eut aucun mal à les convaincre qu’il savait assez de choses, et possédait
assez d’argent, pour organiser une nouvelle campagne de recherches. Quelques
jours après, à la tête d’une équipe de robustes ouvriers, Lord Montford
quittait Halifax sur un petit cotre qu’il avait loué, à destination de l’île
aux Chênes.
Tandis que les fouilles à
la recherche du Graal allaient bon train, Zacharie, Darcène, Don Rodrigo, Moucheron, Sarasvati et les deux
Gitanes émergèrent de la jungle pour se trouver dans une vaste clairière, au
centre de laquelle se dressaient les ruines d’un temple. L’Homme en Noir
examina les statues érodées, presque entièrement recouvertes par les plantes
grimpantes, qui semblaient veiller sur l’édifice.
“Des femmes à tête de
lion!” s’exclama-t-il. “Cette fois, mes amis, nous touchons au but!”
Dans l’immense enceinte du
temple, Zacharie et ses compagnons entravèrent les deux éléphants qui les
avaient transportés depuis Bombay. Ils installèrent leur campement, sans
oublier de décharger l’enveloppe de l’aérostat qu’ils s’étaient procuré, et les
bouteilles d’hydrogène qui devaient permettre de le gonfler en moins d’une
heure. Après avoir abattu les broussailles qui avaient poussé devant l’entrée
de la salle principale, ils pénétrèrent dans l’édifice, dont la surface et la
hauteur auraient fait honte aux nefs des plus grandes cathédrales européennes.
Zacharie et les siens se perdirent un long moment dans la contemplation des symboles
gravés qui couvraient les murs et les colonnes.
“Eh bien?” finit par
demander Darcène. “Peux-tu trouver l’entrée de l’Agartha dans tout ceci?”
“L’Agartha?” répondit
Zacharie en souriant largement, et en englobant la vaste salle d’un geste du
bras. “Mais nous y sommes!”
Darcène regarda son ami en
se demandant s’il n’avait pas succombé à la folie.
“Le véritable Agartha,”
expliqua l’Homme en Noir, “ne se trouve pas sous terre. L’Agartha,
“l’inaccessible” en sanscrit, est ce que tu vois autour de toi: la sagesse et
la magie des anciens, résumée dans les signes qu’ils ont gravés dans ce temple.
Ce ne sont pas seulement des symboles: ils possèdent en eux-mêmes une
incroyable puissance. Accéder à cette puissance est une toute autre histoire.”
“Et tu en as trouvé le
moyen?”
“Oui: par la musique!
Comme le rocher d’Ali-Baba qui répondait au “Sésame, ouvre-toi”, les murs de
cette pièce peuvent répondre à certains sons. Le tout est de trouver les sons
qui conviennent. C’est ici que nous allons voir si nous avons pu correctement
reconstituer les invocations de Nostradamus!”
Sur un signe de Zacharie,
Sarasvati, Amira et Tarifa vinrent se placer au centre de la salle. La jeune
Indienne tenait le manuscrit transmis de génération en génération par les
descendants de Nostradamus, et dont les parties manquantes avaient été
reconstituées grâce aux renseignements glanés en Egypte et à Tolède. Les trois
femmes entamèrent une psalmodie aux intonations gutturales.
Et la lumière de la salle
commença à changer!
Alors qu’elle n’était
éclairée, jusqu’ici, que par quelques rayons de soleil tombant par les rares
ouvertures, ses murs se mirent à briller d’un éclat vert émeraude. Don Rodrigo
sentit que le talisman égyptien qu’il portait toujours sur lui commençait à lui
brûler la peau. Il le retira de sous ses vêtements pour constater qu’il
émettait une lueur rouge de plus en plus aveuglante.
A cet instant, un coup de
feu retentit à l’entrée de l’édifice, et Moucheron, qui était prudemment resté
dehors en sentinelle, accourut dans la grande salle.
“Capitaine! Les Anglais!”
Zacharie et ses compagnons
se précipitèrent vers la porte. Un groupe de cavaliers en habit rouge,
fortement armés, galopait vers le temple. A leur tête chevauchaient deux hommes
que l’Homme en Noir reconnut immédiatement. Hassaf et le père Ventura avaient
vainement tenté de rattraper leurs adversaires avant que ceux-ci n’atteignent
le temple. Faute d’y être parvenus, ils avaient dû se résoudre à appliquer ce
que le père Ventura avait appelé le plan B, en ajoutant, avec une grimace à
l’adresse d’Hassaf, “B comme Britannique”. Ils avaient eu recours à l’aide des
autorités anglaises, en leur signalant que l’héritière de Chandigarh se
trouvait dans un temple en pleine jungle où elle manigançait Dieu savait quoi
en compagnie d’un groupe d’étrangers. Le gouverneur anglais s’était dépêché
d’envoyer un escadron de cavalerie à la poursuite des fauteurs de troubles.
De nouveaux coups de feu
obligèrent Zacharie et les siens à regagner l’abri du temple. Eux-mêmes avaient
pris la précaution de se munir de leurs armes, et leur riposte maintint les
Habits Rouges à distance respectueuse. Sarasvati, inquiète, se tourna vers son
père adoptif:
“Les coups de feu, Kismet!
Eux aussi ont un effet sur les murs!”
En effet, le vacarme de la
fusillade, succédant au chant des trois femmes, agissait lui aussi sur le
temple, mais de façon bien différente. Tandis que la lumière verte diminuait,
murs et colonnes commençaient à trembler comme secoués par un tremblement de
terre.
Capitolo L
Nel quale Lucien de
Cabre e
Nostradamus si rivelano utili ciascuno a modo proprio
Una
corvetta inglese, di passaggio fra gli eschimesi, raccoglie Lord Montford e gli
altri naufraghi. Hanno dovuto mangiare Lucien de Cabre per sopravvivere; prima
di morire, il francese ha consegnato a Lord Montford una stupefacente
confessione scritta. Giunto, infine, in Nuova Scozia, il lord intraprende delle
ricerche ad Oak Island. L'Uomo in Nero e i suoi compagni
raggiungono un tempio isolato in piena giungla indiana e Zacharie comprende che
utilizzare al suo interno le melodie decifrate gli darà accesso ad Aggartha. Quando Sarasvati, Amira e
Tarifa iniziano a cantare, un chiarore verde invade il tempio e il talismano
egiziano inizia a brillare. Ciò mentre dei soldati inglesi, istigati da Hassaf
e Ventura, danno l'assalto all'edificio. Gli spari causano delle interferenze
sonore che minacciano di far crollare le pareti.
Chapter LI
In which Jeannette sees another dream which also looks
like reality
Jeannette
slowly came to her senses. She looked around and saw a crowd of people
looking at her with fear. She heard the splash of the waves and immediately
understood that she was on the territory of the Old Port. She also understood
that her vision of Moucheron was only a vision. She wanted to see her beloved
too much. Perhaps, for a while she lost her conscience or went into a
dreamy-like state. People were still around her, and she understood the reason
of their fear. She was lying on the ground, her back to the sea. Everybody thought she had an attack of the fearful and fatal disease
–the whip of Marseilles. She smiled with difficulty and said, “Sorry to
frighten you, but I guess, I was just hungry. This
is the reason I fainted.”
The
seamen, the passersby, the ladies in luxurious dresses started to smile, but
still were scared. “We asked somebody to bring a doctor, but we
think the doctor will not turn up till midnight. The
poor things have too much job to do. Are you sure you feel all right ?”
The
speaker was an old lady dressed poorly, but decently.
“Here
is something for you”, and she gave Jeannette a small piece of bread. The girl
did not object. Taking bread, she understood she was dying from hunger. She
slowly raised herself and tasted the bread. “Come on”, said the lady, “I will
accompany you home. Do you live far from here ?”
“No,
not far. 15 minutes walk. Don’t worry, Madam. I am completely recovered, and I
can do it myself.”
Jeannette
looked at her maid’s dress and thought she would have to wash it when she got
home. Her body ached, she felt slightly cold, and
she wanted warmth and comfort of the house.
She
tried her best to come unnoticed and she succeeded. When
she came to her small, but cozy room, she placed herself on the bed, closed her
eyes without undressing, and felt bitter tears streaking down her cheeks. She did not know where her beloved was, she did not know anything about
her brother, and apart from the fact, she felt quite comfortable with her young
mistress, she longed to see everybody whom she loved and missed so much.
And
sleep, heavy but favorable, closed her tired eyes. She saw strange pictures.
Several times, she, struggling with herself, was trying to keep awake, but
vainly. She was afraid she might fool herself again taking unreal for real. However,
her dreams were stronger.
Much
stronger. She saw herself in an odd place looking like a church. But that was
definitely a very unusual church. She could even explain why she thought it was
a church. Perhaps, in such a place,
every wall had its own language, and every wall said about worshipping
God or Gods. Everything felt sacred. Jeannette, little by little, being
startled,
began to recognize the familiar figures. Kismet ? She would have recognized his
tall figure out of hundreds of people. After all, was it not he, who prolonged
the life of her miserable mother ? And who is this man, mighty and powerful ?
Could it be …
But
Jeannette did not trust her eyes.
She
looked and looked, and suddenly she saw that the church or whatever it was, was
in fire. People—there were several people there including those she knew, were
closing their eyes from the blazing flames. Could it be a real fire ? The fire
was GREEN. She had never before seen a green fire.
The
girl rushed forward moved by only one wish :to help, to save, to put her shoulder.
The
dream was too bright to be just a dream. Apparently, she was screaming.
Suddenly,
Kismet, who seemed to be quietest among them, and who seemed to be thinking
over something important, stretched out a hand and his eyes widened.
“Is
it some magic ? Jeannette, my child, what are doing here ? How did you get here
?”
On
hearing her name, Moucheron turned and tried to hug the girl, but his mighty
hands
freely
went through the image. He stopped completely amazed.
Kismet
said, “Jeannette, do you hear me ? If you do, listen
please… If you are not yet there, you have to go to Hotel de Cabre. Do you understand ? And take everybody there.
All
your relatives.”
Meanwhile,
the walls were trembling more and more. Jeannette heard somebody’s Satanic
laughter in which there was nothing human. Tensing her eyes, she saw two more
figures, who were beside the church without entering it.
“I
don’t know them”, she thought.
Some
huge stony figure started to appear inside the church. Its size was shocking.
And
suddenly she stopped seeing anything. She opened her yeas, sat straight on her
bed and trembling repeated “Hotel de Cabre. Was
it another dream or I really have to go there ?”
Kismet
of her dream did not know that she had nobody to take with her to this place. Absolutely nobody.
Capitolo LI
Nel quale Jeannette ha un altro sogno che
somiglia alla realtà
Quando
Jeannette riprende i sensi, comprende che ha rischiato di svenire nelle vie di
Marsiglia. Ritorna nella casa dove vive e lavora e, sentendosi completamente
esausta, si addormenta. Questa volta ha un altro sogno tanto reale quanto
possibile. Vede Kismet e Moucheron con altre persone all’interno di una luce
verde, in un luogo strano. Due gruppi sembrano combattersi. Può parlare a
Kismet e dirgli che può vederlo. Kismet, che non sembra per nulla sorpreso,
domanda a Jeannette se lo vede veramente e poi di accompagnare a palazzo de
Cabre tutti. Jeannette si sveglia e ripete "Palazzo de Cabre", senza
sapere se ha sognato o meno. Il Kismet del suo strano sogno non sa che lei non
ha assolutamente nessuno da portare a palazzo de Cabre.
Capitolo LII
Nel quale si narrano alcune vicende marsigliesi
Mentre in India un agguerrito scontro
aveva luogo fra la compagnia di Zacharie e le giubbe rosse inglesi al seguito
delle quali si trovava Ventura e il suo complice Hassaf, a Marsiglia l’epidemia
di colera continuava a mietere altre vittime. Soltanto palazzo de Cabre
sembrava finalmente un’oasi di tranquillità dopo essere stato negli ultimi mesi
scenario d’importanti avvenimenti e parecchie rivelazioni.
Riprendiamo allora in nostro racconto
dal momento in cui il principe Dorgi aveva rintracciato Poussin e Siffrein di
ritorno in Francia.
Come previsto da Horace de Sainte-Croix,
meglio conosciuto come Saltis, Olympe si era risvegliata improvvisamente dal
suo stato catatonico alla vista del figlio Vincent “Poussin” incredibilmente
somigliante al padre Vladimir che tanto male aveva arrecato in famiglia. Vi
furono momenti di profonda agitazione durante i quali la vita della donna
sembrò legata ad un filo, poi la situazione prese la piega che tutti
s’aspettavano. Le amorevoli cure di Horace finirono per colmare il cuore di
Olympe e la figlia Clémentine,
arrogante e capricciosa, cambiò radicalmente carattere ritrovando il fratello e
la madre della quale ricordava soltanto le candide mani suonare il pianoforte.
Olympe appena si riprese raccontò le sue
vicissitudini. Fuori di sé alla morte violenta di Vladimir, vagò nella notte
senza meta finché fu sequestrata da una banda di contrabbandieri che
circolavano allora al Vecchio Porto. La trascinarono con loro per venderla ad
un vecchio e ricco marocchino che voleva farne l’ultima concubina del suo
harem. Ma l’uomo preferì la musica alle carezze e Olympe, pur rimanendo sempre
cosciente, smise definitamene di parlare rimanendo assorta, delle volte per
intere giornate, all’ombra degli olivi attorno alla casa stretta fra i souk, i vicoli di Marrakech. Poi il
fratello riuscì a liberarla, benché Olympe non seppe mai come fosse riuscito a
rintracciarla in Marocco.
Avvenne che il 15 marzo 1833, Zacharie
su consiglio del Siciliano, giunse opportunamente mascherato alla
serata di Carnevale organizzata dallo scrittore Alexandre Dumas. A quella festa
partecipava il pittore Eugène Delacroix che aveva eseguito le
decorazioni per la festa. De Cabre, ebbe
la fortuna d’ammirare i celeberrimi album di schizzi del pittore che l’anno
prima, al seguito del conte Charles-Edgar de Mornay - ex ciambellano di Carlo X
e amante di Mademoiselle Mars, interprete nei drammi di Victor Hugo - si era
recato, per conto del sovrano Luigi Filippo, in missione diplomatica presso il
sultano del Marocco, Moulay Abd-errhman, «Comandante dei credenti». Fra i
parecchi schizzi che ebbe fra le mani Zacharie, uno attirò la sua attenzione.
Ritraeva il volto della sorella che credeva morta suicida. Ottenute dal pittore
le informazioni necessarie, de Cabre dopo quasi un anno aveva ritrovato Olympe.
Ma una donna misteriosa aveva seguito Zacharie nei suoi spostamenti dal Marocco
fino a Marsiglia. Di chi si trattava?
Fra Dorgi e Victor Jourdan ebbe luogo un
chiarimento relativo all’amore ricambiato del principe per Anne de Brot,
tuttavia rimaneva ancora irrisolta la questione di Sarasvati, promessa sposa a
Dorgi sin dall’infanzia. Il principe diventò una sorta di eroe per Poussin e
Siffrein che ne apprezzavano le doti investigative, così quando apprese che
l’amata Anne era tornata con la famiglia in campagna alle Aygalades e si recò
da lei, i due ragazzi vollero seguirlo non immaginando che potesse avvenire un
nuovo ricongiungimento.
Siffrein ritrovò infatti la sorella
Jeannette e assieme decisero di vivere sotto lo stesso tetto. La famiglia de
Brot accolse di buon grado il ragazzo dato che Jeannette nelle ultime settimane
era stata tormentata da strani incubi; Siffrein inoltre divenne presto il
beniamino della più piccola delle tre sorelle, Aurore una bambina di nove anni.
D’altro canto anche Poussin iniziò a recarsi spesso alle Aygalades dato che
s’infiammò di passione per Diane, la secondogenita. Quanto a Guillaume de Brot,
il capofamiglia, studioso della storia dell’antica Massilia, preferiva occuparsi degli antichi documenti in greco,
lingua ufficiale nella città fino al V secolo, piuttosto che affrontare i
problemi di cuore delle figlie.
Ma sicuramente i nostri cortesi lettori
si chiederanno cosa fosse accaduto a Nina, la figlia di Patron Girardi che
aspirava a diventare la fidanzata di Poussin.
Morto il padre di colera e rimessasi dal
terribile male che aveva colpito pure lei, la ragazza ricevette immediatamente
le attenzioni del figlio di un ricco commerciante il quale le chiese di
sposarlo. Nina, non se lo fece ripetere due volte e quando Poussin si recò da
lei al rientro in Francia, gli disse senza tanti preamboli che il suo
matrimonio si sarebbe celebrato il mese prossimo. All’inizio Poussin la prese
male, ma presto se ne fece una ragione e dimenticò della ragazza.
Chi, invece, non dimenticava l’amore
della sua vita era Jeannette che fantasticava sul ritorno di Moucheron.
Inoltre, benché avesse accanto Siffrein, non poteva dimenticare le ultime
parole della madre la quale le aveva chiaramente fatto intendere che il figlio
fosse il frutto della violenza perpetrata da un de Cabre nei suoi confronti.
Poteva Kismet essere stato un vile seduttore?
Quanto alla principessa Verotowska, dopo
la gioia legata al ritrovamento dei nipoti e della nuora, per difendere la
quale aveva ucciso accidentalmente il figlio Vladimir, iniziò a meditare di
costituirsi alla giustizia. Del marito, giunto frattanto in Nuova Scozia, si
erano perse le tracce e Milton rimaneva chiuso nei suoi appartamenti
rifiutandosi perfino di scendere a pranzare con la madre. La principessa aveva
preso la sua difficile decisione quando, improvvisamente, morì di colera
Annouska, la seconda delle sue figlie maritate. Il dolore le fece perdere
definitivamente il senso della realtà, così quando fece il racconto del suo
omicidio nessuno volle crederle. Fu allora che Olympe decise di prenderla con
sé a palazzo de Cabre, amandola teneramente come quella madre che troppo
precocemente aveva perduto. Dopotutto, la povera donna aveva sofferto
enormemente e tutti attribuivano la morte di Vladimir ad un incidente.
Una mattina di luglio un garzone
consegnò nelle mani di Saltis una lettera in codice. L’autore era il patriota
Giuseppe Garibaldi, dal 17 maggio 1835 esule a Marsiglia dopo essere stato
condannato a morte per cospirazione tendente a far insorgere le truppe regie.
Scriveva chiedendo a Horace di seguirlo, il mese successivo, nel suo viaggio
verso l’America del Sud a bordo del brigantino del capitano Beaugard.
L’uomo era combattuto su cosa fosse più
giusto fare. Seguire Garibaldi, oppure rimanere ancora in incognito a Marsiglia
accanto a Olympe?
Chapitre LIII
Dans
lequel on s’inquiète pour Zacharie de Cabre
Le ci-devant Horace de
Sainte-Croix s’ouvrit de ses doutes à Olympe, qui le tranquillisa aussitôt en
ces termes:
“Si vous pensez qu’en Amérique,
vous ne serez pas trop embarrassé d’une femme de trente-sept ans qui a été
l’épouse d’un fou et la concubine d’un cheik marocain, je ne demande qu’à vous
y accompagner.”
C’est ainsi que fut résolu le
mariage de Saltis et d’Olympe, presque en même temps que celui de Clémentine et
de Victor Jourdan. Le père de Victor, qui se trouvait toujours à Paris, où sa
santé se rétablissait lentement, apprit par une lettre de Marseille que si les
fiançailles de son fils avec Anne de Brot étaient rompues, en revanche il
allait épouser une jeune fille alliée aux plus nobles familles d’Angleterre et
de Pologne. La lettre était signée du vieux Guillaume de Brot, lequel ajoutait
que cette rupture ne le gênait nullement, puisque sa fille Anne était
désormais, de son côté, éprise du savant médecin qui l’avait sauvée du choléra.
La vanité et le souci des convenances de l’armateur Jourdan se trouvèrent ainsi
également satisfaits.
Les mariages furent toutefois
quelque peu retardés. Victor attendait le retour de ses parents, tout en
jugeant préférable qu’ils restent à Paris tant que l’épidémie de choléra ne
serait pas terminée. Or, l’été 1835 la vit plus violente que jamais, emportant
plusieurs dizaines de Marseillais chaque jour. De son côté, Olympe espérait
voir revenir son frère, ou tout au moins avoir de ses nouvelles, avant de se marier et de partir pour
l’Amérique. Mais les rares navires qui se risquaient encore dans le Vieux Port
n’amenaient ni courrier ni passagers en provenance des Indes.
Pendant que leurs amis
marseillais désespéraient de les revoir, Zacharie et ses compagnons se
trouvaient, comme le lecteur s’en souvient, retranchés dans le temple de
l’Agartha, à soutenir l’assaut des Habits Rouges. Moucheron s’était posté sur
une terrasse du temple pour canarder les Anglais plus à son aise, lorsque le
tremblement de terre commença. Il jeta un coup d’oeil inquiet vers la grande
salle où se tenaient ses compagnons, et s’aperçut avec horreur que des pierres
commençaient à tomber de la voûte. Au moment où il allait se précipiter pour
aider ses amis, la toiture s’écroula tout d’une masse, et Moucheron lui-même,
frappé à la tête par un fragment détaché d’une corniche, perdit connaissance.
Une des statues de femme-lionne,
tombant en biais juste au-dessus de son corps, lui évita d’être écrasé sous les
gravats lorsque le temple s’effondra complètement. Elle le dissimula aussi à la
vue des Anglais lorsque ceux-ci, une fois la poussière retombée, vinrent
timidement inspecter les ruines. Devant la nuit qui approchait, les Habits
Rouges ne tardèrent pas à quitter les lieux pour aller dresser leur campement à
quelque distance. Ils reconnaissaient du reste que pour effectuer une fouille
sérieuse des ruines, il leur faudrait une équipe d’ouvriers solidement
outillés, et des messagers furent envoyés à la ville la plus proche pour
demander de l’aide.
Lorsque Moucheron revint à lui,
la nuit était tombée sur la clairière. La pleine lune éclairait les monceaux
d’éboulis qui étaient les seuls vestiges du temple. En s’extrayant de sous la
statue, le jeune matelot reconnut que seul un miracle lui avait permis de ne
pas être enseveli dans la catastrophe. Il se rendit soudain compte que ses amis
n’avaient sans doute pas eu la même chance.
Comme un fou, il parcourut les
ruines, escaladant et dévalant les tas de gravats, cherchant désespérément une
trace de vie. Il dut bientôt se rendre à l’évidence: il était seul dans ce qui
restait du temple.
“Tous morts...” cria-t-il
désespérément, “ils sont tous morts!”
En contournant un des murs
effondrés, il aperçut quelques centaines de mètres plus loin, à l’autre bout de
la clairière, les feux du campement anglais.
“Père Ventura!” gronda-t-il à
voix haute. “Si vous êtes là-bas, sachez que je saurai bien venger mes amis,
avant d’aller les rejoindre!”
Il prenait déjà sa course vers le
campement lorsqu’une silhouette féminine, revêtue d’un sari indien, se dressa
devant lui et l’arrêta par le poignet. La lumière de la lune lui révéla un
visage inconnu.
“Qui êtes-vous?” demanda-t-il
d’une voix étranglée par la stupéfaction. Sans s’en rendre compte, il avait
parlé en français, et la femme lui répondit dans la même langue.
“Je suis celle qui t’apporte le
moyen de venger tes compagnons, et peut-être même, s’il en est encore temps, de
les sauver!”
Capitolo LIII
Nel quale ci si preoccupa per Zacharie de Cabre
Olympe accetta la proposta di matrimonio di Saltis e
la proposta di seguirlo in America, mentre Clémentine si fidanza ufficialmente
con Victor Jourdan. In India, il tempio di Aggartha
è crollato, lasciando Moucheron senza conoscenza fra le rovine. Quando lui
ritorna in sé, è ormai notte e si trova da solo, mentre gli inglesi si sono
accampati non molto distanti dal tempio. Moucheron dispera di rivedere i suoi
amici vivi, quando una misteriosa donna giunge in suo soccorso.
Chapter LIV
In which Moucheron gets inside the well, and the old
Sicilian makes several decisions
Moucheron
was dazed, desperate and completely devastated by the bitter thought that he
lost his friends.
The
words of the woman dressed in a gray sari came to him with difficulties, but
when he understood her words, a new hope was born in him. But Moucheron was not
a naïve boy. He became suspicious. God knows what he thought at that moment :
their enemies were scoundrels ready for any dirty trick.
He
coughed and said, “Who are you ? How can you know such things ? Are you
clairvoyant ?”
The
woman’s lips moved in something which in other circumstances could be taken as
a shadow of a smile.
“I am
Pema. Just Pema. And I don’t lie. There is a hope your friends might still be
alive.”
“Bring
me to them”, impatiently said Moucheron. “They might be wounded, they might need
help”.
“Patience
please. I have to check something first”.
Pema
started to step on the remnants of the floor, it seemed to be marble before the
collapse of the building. Then her tiny foot touched something known only to
her, she bent, and tried to lift this something, but no !!! She did not have
enough power to do this.
Moucheron
almost pushed her burning with the impatience. He also bent and saw nothing.
Nothing except the rotten stem of some tree. He looked at the woman, feeling
confused.
She
nodded. Moucheron shrugged, tensed his athletic shoulders, and pulled at
something which seemed to be the roots. From the efforts his skin on the hand
muscles got purple, and that was seem even in the darkness of the night; then
another effort and they both saw rusty chains which held… Was it the door ? He
pulled harder and harder looking like ancient statue. Finally, the entrance was
open. Moucheron looked inside the dark pitch breathing heavily.
“All
right. What now ?”
“I
just supposed that the plates started moving, and it is not excluded that your
friends could get inside the basement from which the Brahmans liked to appear
frightening the people. It has a lot of traps if you try to get from the
temple. But here ? I don’t think we will have any problems getting inside.
“How
?”, roared Moucheron. “Do you see any steps ? Or you want to jump inside ?
And,
by the way, what is your interest ? Why the hell you are helping me ?”
“I am
thinking about Sarasvati. This is my interest. Are you pleased ?”
Moucheron
looked again at the woman beside him. Now he could see her more closely.
She
was not young, perhaps, more than 60. But then who knows how old is the woman
from the Orient ?
She,
as if reading his thoughts, said, “I am not Indian. I am Tibetan. There are
steps made on the sides of the pitch. You may feel them with your hands.”
Moucheron
bent again, stretched his long hands, and, yes, he felt the deepening on the
side of the open well.
He
yelled, ”Master, Master !!!” It seemed he heard some muffled voices. He made up
his mind.
“I go
the first. Then you. If you want”
“I
want”, calmly said Pema. “ It’s probable you will not make it without me. And
something else. I will be the first. I was already there. Once. When the tougs
used this deserted temple as a place for their meetings. I was their victim.”
Leaving
Moucheron completely perplexed, thinking at the word ”tougs”, she skillfully
felt the first step, placed her foot, and grasping something invisible with her
hands, vanished. Moucheron followed her.
At
this time in Catania, the old Sicilian looked at his note-book, made some
entry, and glanced at a maid who was standing nearby.
“Strong
coffee”, he said. “A slice of lemon, and a lump of sugar inside”.
The
girl silently stepped out.
“All
right”, said the old man .”I gave equal chances to everybody. But don’t I know
what justice is ? Don’t I know Padre Ventura ? It was just interesting to
experiment with the human’s material. It’s time to get them all together. Like
in the old Greek tragedy.
Deus
ex machina”. He chuckled. “It’s time to show this popinjay Montford that there
are powers against which he is a complete zero. I don’t know whether any of
them should know the secrets of Agarrtha, and if they should know what Grail
is. I, myself, spent for it a couple of years. I guess just the secret of my
friend Notredame will be enough for those researchers. Oh, yes, revenge ! No, I
am really becoming old. Forgot about the revenge.”
The
old man looked at delicate cup of coffee, sipped it, and made another entry in
his note-book.
Capitolo
LIV
Nel quale
Moucheron scende nel pozzo ed il vecchio Siciliano
prende parecchie decisioni
Moucheron, disorientato ed esasperato, tenta di
ritrovare i suoi amici. Non ci riuscirebbe senza l'apparizione della strana
donna il cui il nome sembra essere Pema. Appare improvvisamente ed aiuta
Moucheron a scendere nel pozzo nascosto. Gli assicura che esistono buone
probabilità che i suoi amici siano dentro, poi scende con lui. A Catania, il
vecchio Siciliano pensa di aver dato
alle due opposte fazioni le medesime probabilità di riuscire nell’impresa.
Dubita però che qualcuno riesca ad aprire la porta di Aggartha. Neppure lui ci è riuscito. Forse il segreto di
Nostradamus è troppo complicato per loro.
Capitolo LV
Nel quale assistiamo a fenomeni straordinari
Regnava il silenzio nella
cella del Siciliano, seduto da alcune
ore a redigere una sorta di diario. Sul viso profondamente segnato dagli anni
vedevasi impressa la forza solenne di un animo tormentato. D’improvviso accadde
qualcosa d’inspiegabile, le sue pupille si dilatarono, il respiro si fece
affannoso e balzò in piedi con un vigore che aveva del soprannaturale sentendo
correre per tutta la persona una specie di fremito nervoso.
“Ecco che la sento giungere
fino a me … ecco l’energia scaturita dalla cripta del tempio sacro di
Shambhalla, la Città di Smeraldo che è la capitale di Agarttha. Ciò dimostra che il talismano è stato attivato dal
salmodiare dei raga e ragini e Zacharie ha raggiunto la meta.
Ma un’ultima difficile decisione dovrà egli ancora prendere …”. E pronunciate
tali parole iniziò a percorrere la cella con manifesta agitazione.
Abbandoniamo quindi il Siciliano nel Monastero dei Benedettini
di Catania per vedere in qual modo la compagnia di Zacharie de Cabre raggiunse
la cripta senza riportare alcuna ferita dal crollo del tempio indiano.
Si trovavano al suo interno
da parecchi minuti quando Darcène fu attirato, tra le pietre del tempio coperte
da fitta vegetazione, dal simbolo rappresentante l’infinito. Fece avvicinare
allora la compagnia presso l’altare alla cui sommità si trovava inciso il
simbolo e da quella postazione tutti assieme iniziarono a salmodiare.
Improvvisamente gli spari
degli Inglesi ruppero quella magica atmosfera, mentre Moucheron tentava di
scalare il tempio. Il talismano divenne incandescente al collo di Don Rodrigo
e, ai piedi del gruppo, si spalancò un’apertura che pareva creata apposta per
metterli al sicuro.
Appoggiando il suo braccio
a quello di Zacharie per meglio scendere una ripidissima scala, Tarifa gli rivolse
la parola, “Sono io la tua settima ed ultima guida, dopo Don Rodrigo. Isaac
Reitesheim aveva segnalato Lucien de Cabre come una delle persone coinvolte
nella tua formazione, ma si sbagliava!”
“Come sai queste cose,
zingara?”, chiese meravigliato Zacharie.
“Le ho sempre sapute. Come
ti dissi tempo addietro, secondo la tradizione che ci tramandiamo di
generazione in generazione, il popolo Gitano è nato nelle profondità
sotterranee di Agarttha e di quel
mondo conserviamo certe facoltà magiche, come la capacità di predire il futuro
e leggere la mano”.
Amira e Sarasvati si
tenevano strette dal terrore, ma con l’aiuto di Darcène e Don Rodrigo
riuscirono a scendere le scale e attraversarono con gli altri un corridoio
lungo e tortuoso. In quell’istante il tempio cominciò a vacillare, poi crollò
rapidamente con un terribile schianto.
Si ritrovarono tutti in una
vasta sala circolare provvista di 7 porte, una sola delle quali era possibile
aprire da quella direzione, dato che le altre sembravano condurre lì da altri
luoghi.
“Shambhalla esiste
davvero!”, esclamò incredula Sarasvati.
“Vieni Zacharie”, disse a
questo punto Tarifa. “Indossa il talismano e apri quella porta che soltanto uno
spirito onesto e coraggioso come il tuo può varcare”.
Sebbene a malincuore, Don Rodrigo
si separò dal magico oggetto porgendolo a Zacharie con una benedizione in
lingua spagnola.
“Ma voi cosa farete,
frattanto?”, chiese Zacharie la cui voce commossa tradiva una certa ansia per
il destino dei suoi compagni.
“Non passerà molto tempo
che il buon Moucheron e i ribelli di Chandigarh ci porteranno fuori da questa
cripta dopo aver messo in fuga gli Inglesi e catturato Ventura”, rispose Tarifa
con determinazione.
“E cosa sarà di Hassaf?”,
fece ansiosa Amira al pensiero dell’uomo che, pur non amando, aveva dovuto
sposare per sancire un’alleanza fra i clan gitani.
“Morirà come merita”,
sentenziò Tarifa con energia. “E tu nipote amatissima, non ancora contaminata
dai suoi voluttuosi abbracci, sarai libera di unirti in matrimonio con l’uomo
del tuo destino”. Don Rodrigo sorrise alla figlia e benedisse anche lei.
Zacharie, intanto, aveva
indossato il talismano e appena ebbe pronunciata la strana formula riportata
sul portale, si aprì un ampio varco che si richiuse alle sue spalle non appena
egli ebbe varcata la soglia. Il nostro eroe raggiunse una sorta di tomba dove
si trovò al cospetto di una triade di uomini incappucciati dei quali
s’intuivano soltanto gli occhi scintillanti. Stavano seduti attorno ad un
sarcofago di pietra nera e, ad un profondo inchino di de Cabre, l’uomo che
stava al centro prese la parola.
Si trattava del Brahmatma, colui che ha il potere di
parlare con i Manu del passato. Le pareti della tomba erano rigate da strisce
di fuoco e dal coperchio del sarcofago si levavano lingue di fiamme. Gli altri
incappucciati erano il Mahatma che conosce il futuro e il Mahanga che
procura le cause affinché gli avvenimenti si verifichino.
“Sei giunto alla fine del
tuo viaggio Zacharie de Cabre”, disse il Brahmatma dopo un attimo di
silenzio.
“A questo punto si svelerà per te ogni mistero relativo alla tua
ricerca di Verità. Hai dinanzi le Stanze
di Dzyan, il testo che racconta le origini dell'Universo. Puoi leggere le
sue pagine ma è impossibile portarlo in superficie perché significherebbe la fine
del mondo. Vuoi tu conoscere questi segreti? Le origini del Bene e del Male?
Puoi scegliere se avere rivelati questi misteri oppure dell’altro … qualsiasi
cosa tu desideri conoscere ardentemente!”
Zacharie non ebbe neppure
un attimo d’esitazione, “Il mio unico obiettivo è conoscere esattamente i
responsabili della morte di mio padre e della rovina dei miei compagni Horace e
Roland”.
Una nebbia verdastra
avvolse la sala, poi a Zacharie apparve l’ombra del padre che l’invitava a
leggere alcune delle pagine del libro che cominciavano a scorrere. Mentre si
apprestava alla lettura si presentarono a Zacharie, come in una strana
rappresentazione teatrale, fatti di cui
aveva ipotizzato il verificarsi assieme ad altri a lui ignoti.
Vide Ventura a convegno con
Vladimir dargli il denaro e le informazioni necessarie per accusare Zacharie,
Horace e Roland di tradimento, poi suo zio Lucien aggredire nella sagrestia di
una chiesa Marguerite Lambert. Seguiva una scena tragica, con Ventura che
assassinava Olivier di fronte a Lucien che lo aveva fatto entrare in casa e poi
sottrarre dalla cassaforte aperta le copie di alcuni dei documenti che il
vecchio de Cabre aveva promesso a Lord Montford in cambio del suo aiuto per
scagionare Zacharie. Poi vide ancora Lucien che preso dal rimorso inseguiva
Ventura, ma fuori dal palazzo si ritrovava di fronte a Reginald Montford che
aveva già acciuffato il diabolico uomo. Lucien decideva di venire in aiuto di
Ventura!
Dopo aver assistito al
rapimento dei nipoti e alla fine di Vladimir per mano della madre, Zacharie
ebbe una strana visione relativa al suo mentore, il Siciliano, che percorreva impaziente la sua cella. Sembrava che
volesse fargli leggere il suo diario, ma un lampo di luce verde smeraldo guizzò
dal sarcofago e lingue di fiamme dello stesso colore si levarono all’improvviso
investendo in pieno volto l’immagine di Lord Montford che si era sostituita a
quella del Siciliano.
Proprio in quel momento
dall’altra parte del globo, a Oak Island in Nuova Scozia, lo stesso lampo di
fuoco scaturì dal pozzo all’interno del quale Lord Montford stava osservando,
assieme ad un gruppo d’aiutanti, nella vana ricerca del Graal. Il bagliore fu
così intenso che rese l’Inglese immediatamente cieco, non prima però che
potesse vedere Zacharie nella cripta del tempio indiano. Gli occhi del duca
presero a sanguinare e perse conoscenza.
Appena si riprese afferrò
dalla sua giacca la confessione di Lucien de Cabre e, sollevandosi grazie ad
uno degli aiutanti che gli stavano vicino, esclamò con un fervore quasi
mistico, “Oh! Mio Dio che hai voluto punirmi per i tanti peccati accecandomi,
aiutami a tornare a Marsiglia. Quando seppi della morte di Olivier de Cabre,
pur immaginando il coinvolgimento del fratello Lucien e di Brunetto, non volli
intervenire per evitare che uno scandalo potesse coinvolgermi. Ma adesso che ho
la certezza che Zacharie è vivo devo fargli avere questo documento che prova la
sua innocenza dall’accusa di parricidio e lo scagiona con i compagni anche da
quella di tradimento nei confronti del governo francese”.
Una stridula risata
echeggiò nella cella occupata a Catania dal Siciliano,
mentre nella cripta del tempio indiano irrompevano da una botola sul lungo
corridoio Pema e Moucheron, seguiti a breve distanza dai ribelli di Chandigarh
che trascinavano con loro Ventura. Si ritrovarono tutti assieme, tutti
tranne Zacharie …
Chapitre LVI
Dans
lequel des illusions se dissipent
Pendant que Sarasvati se
jetait dans les bras de Moucheron, Darcène saluait joyeusement le chef des
rebelles, qu’il avait bien connu à l’époque où lui-même vivait en Inde.
“Pamal-Naïk, vieux brigand
des jungles! Sans toi et sans tes hommes, nous aurions pu rester au fond de
cette crypte jusqu’à mourir de faim ou d’asphyxie. Et les Anglais?”
“Morts ou en fuite,” répondit
Pamal-Naïk en posant fièrement la main sur son cimeterre. “Il n’est resté que
celui-là,” ajouta-t-il devant le père Ventura qui se tenait debout, ligoté, au
milieu des Indiens. “La vieille Pema tenait absolument à ce que nous le
prenions vivant. Par contre, son serviteur s’est enfui, et doit courir encore à
travers la jungle.”
“Pema?” demanda Darcène en
regardant la vieille femme qui se tenait modestement à l’écart. “Qui est-ce?”
“Je ne sais pas: elle est
arrivée aujourd’hui dans notre campement, en disant qu’elle pouvait nous aider
à sauver la princesse Sarasvati d’un grand danger. Et en effet, c’est à elle
que vous devez la vie, et non à nous: sans elle, nous aurions pu vaincre les
Anglais, mais nous n’aurions jamais trouvé le souterrain qui mène jusqu’ici!”
Avant que Darcène n’ait pu
interroger la vieille Indienne, un cri de joie de Sarasvati le fit se
retourner. La septième porte s’était rouverte comme par magie, et l’Homme en
Noir venait de réapparaître dans la crypte. Comprenant le changement de la situation,
il s’inclina devant ses alliés indiens et posa un regard glacé sur le Jésuite,
qui se sentit frissonner:
“Père Ventura,” dit-il,
“voulez-vous toujours découvrir le secret de l’Agartha? Si oui, c’est le moment
ou jamais!”
Sur un signe de sa part,
les Indiens délièrent le prêtre stupéfait et le poussèrent à travers
l’ouverture, non sans que l’Homme en Noir ne lui ait lancé le talisman
égyptien. Tandis que la porte se refermait derrière lui, Zacharie s’adressa à
Darcène:
“Nos soupçons étaient
fondés: le meurtrier de mon père ne peut être que Ventura, avec la complicité
de mon oncle Lucien. Mais ce maudit prêtre n’aurait jamais rien avoué, et le
seul moyen de faire éclater la vérité est de faire parler mon oncle. Pour le
retrouver, nous ne pouvons que commencer nos recherches là où nous avons perdu
sa trace: à Marseille. C’est là qu’il nous faut retourner!” conclut-il en
donnant le signal de la remontée vers la surface.
Tout en marchant à la tête
du groupe qui retraversait le souterrain, Zacharie raconta à Darcène ce qui
s’était passé au-delà de la porte mystérieuse.
“Ensuite,” dit-il, après
avoir achevé le récit que nos lecteurs connaissent déjà, “je suis tombé dans
une espèce de torpeur, pour me réveiller dans une caverne aux parois de roche
brute. Le sarcophage, les flammes, les trois hommes avaient disparu. Je ne vis
qu’une fissure naturelle dans le roc, d’où s’échappait un gaz dont je remarquai
l’odeur entêtante.”
“Comme celui qui, dit-on,
s’échappait du sol dans le temple de Delphes, et qui inspirait à la Pythie ses
oracles.” fit remarquer Darcène.
“Précisément,” approuva
Zacharie. “Ce gaz avait très vraisemblablement des propriétés hallucinatoires.
Je suis persuadé que ce que j’ai vu dans la grotte n’a rien été d’autre qu’un
rêve. Et, comme tous les rêves dits prémonitoires, il n’a fait que m’aider à
achever un raisonnement que j’avais déjà commencé. J’ai à présent la certitude
que le meurtrier de mon père est Ventura, même si je ne possède aucune preuve
contre lui. Au moins ce rêve m’a-t-il aidé à comprendre l’unique façon
d’obtenir cette preuve: retrouver mon oncle Lucien.”
“En attendant,” reprocha
Darcène, “tu as rendu la liberté à Ventura, et, pire, tu l’as laissé pénétrer
dans l’Agartha. Tu lui as donné ce qu’il avait toujours désiré!”
“Voyons,” répondit
Zacharie avec un sourire, “si ce que je pense de l’Agartha est exact, si nous
n’y apprenons rien que nous ne sachions déjà, si nous n’y découvrons rien qui
ne soit déjà en nous, le père Ventura subit son châtiment en ce moment même.”
Une fois franchie la
porte, le Jésuite s’était trouvé dans une caverne aux murs nus, éclairée par
une lueur diffuse. Une voix venue de nulle part résonna:
“Que
viens-tu chercher ici, Sergio Brunetto?”
Il n’hésita qu’un instant
avant de répondre:
“Le moyen de vaincre enfin
Zacharie de Cabre.”
“Es-tu
bien sûr que ce moyen existe?”
Des images commencèrent à
s’animer sur une des parois de la caverne. Comme dans un livre d’histoire, le
Jésuite y vit défiler les innombrables méfaits de son ordre depuis trois
siècles, depuis l’assassinat du roi Henri IV jusqu’à la persécution de la
famille Rennepont, tout cela dans le but jamais réalisé de s’assurer le pouvoir
suprême. Il vit ensuite les crimes qu’il avait personnellement accumulés,
corrompant Vladimir Montford et Lucien de Cabre, aidant au viol de Marguerite
Lambert, égorgeant le vieil Olivier, condamnant son fils et ses amis à l’exil,
faisant tuer le vieil Isaac Reitesheim, s’en prenant aux enfants innocents
qu’étaient Siffrein et Sarasvati. Puis ces visions se dissipèrent, et sur la
paroi de la caverne apparut, comme dessiné avec du feu, un hiéroglyphe de
l’écriture senzar dont le père Ventura ne connaissait que trop bien la
signification:
RIEN.
Son hurlement de folie
s’entendit jusqu’à l’entrée du souterrain, où au même moment Zacharie et ses
compagnons émergeaient à l’air libre.
A l’heure où les mineurs
de l’île aux Chênes aidaient Lord Montford, devenu aveugle, à s’embarquer pour
le long voyage de retour, Zacharie et les siens découvraient avec satisfaction
que leurs bagages avaient été laissés intacts par les Anglais.
“Même l’aérostat est
sauvé,” constata l’Homme en Noir. “Il pourra nous être utile pour quitter
rapidement la région, si les Anglais reviennent en force, comme c’est probable.
En attendant, nous camperons ici pour le restant de la nuit.”
Un bivouac fut rapidement
dressé. Bientôt, tous purent goûter un repos bien mérité, à l’exception de
quelques sentinelles et de Zacharie qui, retiré sous une tente improvisée, eut
la surprise d’y voir entrer la vieille Pema. Darcène et Pamal-Naïk lui avaient
expliqué le rôle que la Tibétaine avait joué dans son sauvetage.
“Je ne vous remercierai
jamais assez,” dit-il à la vieille femme, “mais me direz-vous enfin qui vous
êtes?”
Sans répondre, Pema prit
une jarre d’eau posée aux pieds de l’Homme en Noir, mouilla l’une de ses mains
et commença à s’en frotter le visage. A mesure que le fard qui la recouvrait
disparaissait, on vit apparaître les traits d’une femme plus jeune de plusieurs
décennies, et d’origine incontestablement européenne.
“Vous!” s’exclama Zacharie
stupéfait. “Vous! La fille du Sicilien!”
Capitolo LVI
Nel quale si dissipano delle illusioni
Pamal-Naïk,
il capo dei ribelli, annuncia la disfatta degli Inglesi e che Pema l'ha guidato
fino alla cripta. Ricompare Zacharie, con la certezza assoluta che Ventura è
proprio l'omicida di suo padre ma solo Lucien può provarlo. Ordina che il
gesuita, munito del talismano egiziano, sia mandato al di là della settima
porta. Ventura ha una visione che gli dimostra l'inanità delle sue ambizioni e
sprofonda nella follia. Mentre Lord Montford, divenuto cieco, s’imbarca per
tornare a Marsiglia, anche Zacharie e i suoi fanno i preparativi per il viaggio
di ritorno. Liberatasi del suo travestimento, Pema rivela la sua identità: si
tratta in realtà di una giovane donna, la figlia del Siciliano.
Chapter LVII
In which our friends are getting ready to fly
Friends
were sitting near the small fire which did not give warmth (it was warm
enough). Some exotic animal was being roasted, while they were talking to each
other in low voices. The dark tropical night covered them and hid from
anybody’s eyes.
Pamal-naik
assured them that they were completely safe. Safe at least for a couple of
hours until the dawn would come.
Meanwhile
the people of Pamal-naik were taking care of the aerostat which had been a war
trophy from the English occupants.
Zacharie
seemed completely peaceful, his face rested, and only those people who knew him
very well, could say that he was far out of peace.
“I
feel, Darcene, that I need home. Back to Marseilles. There we will be able to
put the last dot in this long unending story. I need to find Lucien, I don’t
believe such a bastard as Ventura perished, and would finally leave us alone. I
think Hassaf is wandering somewhere here. He is a revengeful type, you know.
And I am really worried about the aerostat. I was a sailor, but never flew by
aerostats. How are we going to find the direction ? Is the resin good enough to
carry all of us ? What if we rise above the clouds and the fire under the
balloon will extinguish ? I am not thinking too much about myself, not even
about you and Moucheron, but there are women together with us, and two of them
are just girls starting to live.”
Darcene
was listening without interrupting; then he took his old pipe, stuffed it with
some tobacco, taken God knows where, and said “ Everybody needs home. You also
need to be there to finish deciphering of you ancestor. Perhaps, you will be
able to save people.
What
concerns the aerostat, don’t worry. I have seen it, and tried the resin. The
English, might be occupants; however, they can build things for ages. Besides,
I am not a stranger in this kind of things. I flew several times with the
experienced pilots, and I know how to do the things. What concerns the
direction, we will use the map and the stars at night, and the sun in the
morning. Yes, we have to dress really well as if we are going to travel around
Northern Canada. Thank God that our luggage is safe. But this is not enough, of
course. I already talked to my old friend—he will give us several tiger skins
and warm boots of English production. Our faces will mostly suffer from the
cold air, so we actually have to wrap ourselves into the skins tightly enough.
Do you feel better now ?”
Zacharie
looked at him silently, then at Don Rodrigo who seemed not to listen to the
talk, and said, “Well, my friend, I did not know that you also have the talents
of a pilot”.
“I am
not afraid of losing our way”, suddenly intercepted Don Rodrigo, “I don’t think
it’s more difficult than to look for the way in the sea.
Two
Indians in strange uniforms appeared near the fire, tried roasted meat, quickly
and deftly put the slices of it into wide palm leaves, and with bows handed
them to their guests.
“They
are Sikhs”, said Sarasvati somewhat sleepily. She said a couple of words to
them, and the soldiers became even more polite.
After
a while, Pamal-naik appeared he seemed to be a little bit devastated. “Somebody
has made dents in the basket in which you are going to sit. It’s nice the
malefactor didn’t get to the device of gaining height, and, perhaps, did not
find the compass. The whole thing is not to be worried about, my people are
already fixing it, but I can’t understand how the bastard got through my
guards. This is definitely impossible”.
“He
who steals horses skillfully, can deceive the guards too”, said Amira. She was
shaking, and even the presence of the friends whom she trusted could not make
feel safe.
“In
two hours, I guess, you may start boarding”, declared Pamal-naik.
Moucheron,
who had the eyes of an eagle, started looking into the darkness. He was silent,
then in one agile movement, he got up and disappeared in the darkness.
Capitolo LVII
Nel quale i nostri amici si preparano a volare
Nella giungla indiana i nostri
amici, Kismet e compagni fortunatamente salvi, approfittano della notte per
muoversi più agevolmente e per consumare un pasto. Si trovano nel campo di
Pamal-Naïk e dei suoi soldati. Pamal-Naïk suggerisce a Kismet e agli altri di
ripartire per la Francia utilizzando l'aerostato che ha ripreso ai Britannici.
Kismet e i suoi amici approvano l'idea. Darcène si dice capace di pilotarli
ovunque. Ha solcato i mari, per cui non gli sarà difficile orientarsi fra le
stelle. Quando l'aerostato arriva tra le loro mani, appare danneggiato, sebbene
sia ancora utilizzabile. Tutti sospettano che sia opera di Hassaf. Il gruppo è
pronto ad imbarcarsi.
Capitolo LVIII
Nel quale le vicende dei nostri eroi giungono alla conclusione
Marsiglia, 17 agosto 1835.
Il brigantino Nautonnier del capitano Beaugard, salpa per l’America del Sud
portando con sé il patriota Giuseppe Garibaldi, Horace de Sainte-Croix e la
neosposa Olympe de Cabre. La coppia si è appena unita in matrimonio alla
presenza di parenti ed amici, con una triplice cerimonia nella quale sono
convolati a giuste nozze anche Clémentine
e Victor Jourdan, come pure Jeannette e Moucheron.
***
Alla cerimonia erano presenti Anne de
Brot e il principe Dorgi che hanno ufficializzato la loro unione al rientro in aerostato
di Sarasvati, accompagnata de Zacharie e Moucheron. Il loro viaggio è stato
molto avventuroso, come forse un giorno racconteremo ai gentili lettori che
hanno avuto finora la pazienza di seguirci in questo veritiero racconto.
***
Tarifa, Amira e suo padre Don Rodrigo de
La Roca, partirono per la Spagna e dal palazzo del marchese riuscirono
finalmente a far avere loro notizie ai compagni, dai quali si erano dovuti
separare in India e ad Eugène Berenger. Questi, raggiunse la sua amata Amira e
la sposò, poi si trasferì con lei nuovamente in Egitto dove continuò a svolgere
la professione di medico incaricato della salute nel porto di Alessandria. Con
loro viaggiava Tarifa, la vecchia nonna di Amira che, con grande forza di
carattere, riuscì ad imporre come capo tribù della comunità gitana un altro
nipote, non appena giunse la notizia della morte di Hassaf, morso da un
serpente a sonagli in India dopo essere sopravvissuto ad un violento scontro
con Moucheron nell’aerostato.
***
Zacharie de Cabre e i compagni furono
prosciolti da ogni accusa e riabilitati grazie alla confessione scritta da
Lucien de Cabre prima di morire e consegnata alle autorità da Lord Montford,
giunto dopo circa quaranta giorni di viaggio dall’America.
Reginald Montford, cieco e provato dal
viaggio, si riunì alla moglie Iawdiga,
ormai definitivamente pazza e agli ultimi parenti superstiti, ad
eccezione del figlio Milton che lasciò la casa paterna senza dare più sue
notizie.
Qualcuno lo vide per l’ultima volta il
giorno del matrimonio di Victor e Clémentine,
pur non essendo stato invitato. La sera seguente le nozze e la partenza di
Olympe con Horace, fu recapitata a Victor una lettera anonima nella quale si
accusava Clémentine di aver avuto all’inizio del 1834 una
relazione con il giovane marchese bretone Gontran de Lacy dalla cui unione
sarebbe nata una figlia, abbandonata alla nascita. Victor, incredulo, chiese
spiegazioni alla moglie, ma lei si chiuse in un assoluto riserbo. Jourdan
allora intuì che qualcosa di vero ci fosse nel contenuto della lettera e
insultò crudelmente Clémentine
che, in eccesso di disperazione, si uccise precipitandosi dalla finestra del
palazzo. Victor, folle di dolore e rimorso, prese allora una pistola e si fece
saltare le cervella. L’ennesima tragedia aveva funestato quella disgraziata
famiglia.
***
A fine novembre Garibaldi, Horace e
Olympe sbarcarono a Rio de Janeiro ed entrarono in contatto con parecchi esuli
italiani affiliati alla “Giovane Italia” di Mazzini e, pertanto, simpatizzanti
dei rivoluzionari del Rio Grande. Quando, apprese la notizia della morte della
figlia, Olympe decise di rimanere con il marito in quei luoghi e la sua storia
si confuse con quella del Brasile.
***
Qualche tempo dopo Sarasvati decise di
tornare nel suo paese d’origine dove Roland de Chauvignac alias Darcène aveva
preferito rimanere per combattere gli Inglesi insieme con i ribelli del
Chandigarh. Quando Sarasvati mise piede in India, era ormai una splendida
donna. Darcène si avvicinò a lei per continuare a proteggerla come quando era
ancora una bambina, ma le cose erano cambiate. A quanto si dice fra loro
s’insinuò un sentimento di altra natura ….
***
Vincent “Poussin” de Cabre, sconvolto
per la morte della sorella appena ritrovata, abbandonò la sua vita da vagabondo
e scoprì di amare lo studio. Finì per diventare un apprezzato avvocato e sposò
Diane de Brot. Quanto a Siffrein, affermatosi parecchi anni dopo come
musicista, divenne ricco e famoso, ma non sposò la piccola Aurore. Non seppe
mai che suo padre fosse Lucien de Cabre e Jeannette custodì questo segreto
assieme al marito Moucheron e a Zacharie. Jeannette e Moucheron ebbero tre
figli, al maggiore dei quali fu imposto il nome di Kismet, uomo del destino.
***
E Ventura starete chiedendo? Di lui si
persero le tracce, qualcuno disse che fosse morto, ma nessuno potè dirlo con
assoluta certezza.
Avvenne che Zacharie si stava
apprestando a lasciare l’India a bordo dell’aerostato con Sarasvati e Moucheron
quando all’improvviso da una folta siepe apparve Ventura, lo sguardo allucinato
e gli abiti laceri e sporchi. Non disse una parola, come se avesse perduto
quella facoltà a seguito di uno shock nervoso.
Si avvicinò al Capitano e, strappatosi
il talismano dal collo, lo mise in mano al rivale, poi con una forza quasi sovrumana
chiuse il pugno di Zacharie. Il palmo della mano di de Cabre iniziò a
sanguinare copiosamente e il talismano si frantumò in mille pezzi. Neppure un
gemito fu emesso dalla bocca di Zacharie, poi Ventura si allontanò senza che
nessuno attorno ebbe la forza di seguirlo.
Vi furono attimi di sgomento, poi Pema o meglio Pamela l’irlandese figlia
adottiva del Siciliano, che negli
ultimi tre anni aveva seguito come un’ombra de Cabre, si avvicinò al nostro
eroe, gli baciò la ferita e la fasciò con un pezzo di stoffa del suo esotico
vestito.
Tra i due vi fu un’occhiata d’intesa e
per la prima dopo tanti anni Zacharie sorrise di cuore, aprendosi ad un
sentimento ormai quasi dimenticato …
Epilogue (a)
August, 1840, Paris
My beloved Emily,
You might ask yourself what this big packet means
which you had to get a couple of days ago. I asked you to read it without
explaining how it got into my possession. Hopefully, you were charmed with what
you read as much as I was charmed writing it. But this is no fiction, not a new
work of M. Sue, or M. Dumas. This is a completely true story. Let me explain
how I was honored to write it down.
By and by, my small business is flourishing. Isidore,
Niepce’ son, is by no way, a genius as his father. Perhaps, I will be able soon
to offer you a decent living.
Two weeks ago, I used my camera-obscura to make a shot
of the strangest company, I ever met.
Several men and women, a beautiful young Indian woman among them, attracted my
attention, and you know that I am very curious from my childhood. Among men, my
imagination was shocked by a gigantic man, who treated his wife as if she were
created from porcelain. They all looked significant and quite mysterious. I
felt that under their wish to make a common daguerreotype, there is something
bigger than life.
The most significant of them also looked strange. The
black color dominated in his clothes. Besides, all of them called him oddly :
Kismet. Do you know such a name in French language ? I don’t.
They were in no hurry. As you remember, my “types”
take quite a long time to develop.
They wanted several “types”. The preparations were
quite long.
When it came to my fee, Emily, I am afraid that for
the first time in my life, I stopped being a business man. I wanted to know the
story of these people, and I was brave enough to suggest it as my fee. So I
came with this suggestion to their indisputable leader, Kismet. He mockingly
raised his brow, and asked me why I was so sure that there was any story. I
said that I think I am a good judge of people and always can say if they have
something interesting to tell. Kismet looked at his companions, shrugged and
agreed, saying that there was actually nothing as interesting as obtaining a
generous fee.
I said that the fee could be different.
All of them were participating in the talk. But they
were not disturbing each other, rather adding or exacting things. In several
minutes, I snatched the pen and started making notes. When they already left,
(they don’t live in Paris), after performing all necessary works with the
“types”, I started to write feverishly. Now you can judge for yourself that
this story is really something worthy to read.
I still don’t have your letter, but let me suppose
that you want to know how it all ended.
Well, you may call it happy-end if not to consider
that Hassaf (you have to remember that unworthy Gypsy) managed to get inside
the aerostat, and nearly succeeded in murdering this charming Amira. He was
sure that she was his thing, and he could do anything with her which might please
him. He forgot about Moucheron whose patience ended long ago. This giant, who,
if I understand correctly, would not hurt an insect, was crazy with fury. He
threw Hassaf away from the aerostat.
Yes, I understand that it was cruel, but I would do
the same.
What are their destinies now ? Moucheron and Jeannette
got married and are crowned with kids. Olympia and Saltis joined general
Garibaldi. Kismet (now I know what his name means) is completely rehabilitated,
and thinks of another trip to India as he is sure that only there he will be
able to find the still lacking secrets of his ancestor.
Victor ( I never liked this character )
and Clémentine got married, but, perhaps, something is wrong with
them as nobody wanted to talk about them. I am completely unaware about the
destiny of Duke de Montford—here is also the wall of silence.
Siffrein became a brave young man as much as he was
brave being a boy. I was told that he was going to become a professional
musician, but so far it does not look like that as the clinking of swords seems
to attract him much more than the violin.
I am sure that for me there will be no secrets as I
was honored by M. Francois Vidocq who did not want to pay for the “type”, but
promised any possible help and information in case of necessity.
I would say that I just saw a dream; however, I am
having a substantial proof that it’s no dream. The participants of this story
came from different parts of the world to mark the birthday of their leader
Kismet and take the daguerreotype. I am proud that my invention attracts such
people.
Did you enjoy the story ? After meeting M. Vidocq, I
will be able to tell you much more.
I guess he knows more than each participant of this
story. I want to see the Old Sicilian mostly, but I have time. Something tells
me, he is immortal—such people can not die.
I miss you,
Always your humble,
Louis
Daguerre
Epilogo (a)
Nell’agosto
del 1840, il ben noto inventore della fotografia, Louis Daguerre scrive una
lettera alla sua donna nella quale le racconta una storia straordinaria. Un
gruppo di persone si è recata da lui per una fotografia comune. Il lettore può
riconoscere in questo gruppo Kismet e i suoi amici. Incantato dal loro
abbigliamento insolito, Daguerre li costringe, come pegno per la fotografia, a
raccontare la loro storia. Comprende che si tratta di persone misteriose e
cerca di scoprirne i segreti. Poco per volta, Kismet narra al fotografo tutto
ciò che noi già conosciamo. Qual è la fine? Moucheron e Jeannette sono
felicemente sposati e hanno dei figli. Victor e Clémentine sembra si siano
sposati anche loro, sebbene nessuno ami molto parlare di questa coppia.
Siffrein è un bravo giovane uomo, forse un futuro musicista, ma la spada lo
attira molto di più. Daguerre, molto interessato al racconto, vorrebbe parlarne
al suo vecchio amico Vidocq, perché di sicuro lui saprà di questo gruppo più di
quanto non sappiano gli stessi protagonisti.
Epilogue (b)
Ou
Quinze ans après
Dans les premiers jours
du mois d’août 1850, l’hôtel de Cabre connaissait une animation qui lui était
bien peu habituelle. Son propriétaire, l’illustre avocat Vincent Montford de
Cabre, et son épouse recevaient en effet des invités venus pour certains de
fort loin, et leurs fidèles serviteurs Moucheron et Jeannette – qui se
laissaient encore parfois aller, par habitude, à appeler leur maître “Poussin”
– ne pouvaient que faire partie de la fête.
Parmi les invités
figuraient Eugène Bérenger et Amira. Le marquis de La Roca, mort quelques
années auparavant, avait laissé sa fille unique héritière de son marquisat et
de son importante fortune. Depuis, les deux époux avaient quitté Alexandrie et
voyageaient pour leur agrément tout autour de la Méditerranée.
Le prince Dorgi, qui
avait passé ces quinze années à parcourir l’Europe pour des raisons parfois
mystérieuses, se trouvait là également en compagnie de son épouse Anne de Brot,
soeur de Madame Montford de Cabre. L’invité qui avait fait le plus de chemin
était Siffrein, tout juste revenu d’une tournée triomphale en Amérique, et
auquel ne manquait que son fidèle Amiral, enterré depuis plusieurs années déjà
dans une forêt d’outre-Atlantique.
On parla évidemment
beaucoup des absents: Lord Montford, qui avait décliné l’invitation de Poussin,
car il vivait désormais en ermite dans sa villa de Marseille où il se
consacrait à soigner sa femme; Saltis et Olympe, qui habitaient toujours au
Brésil où deux enfants leur étaient nés; Sarasvati, qui avec son époux Darcène
avait contraint les Anglais à la reconnaître comme reine de Chandigarh, royaume
où elle jouissait d’une large autonomie.
“Pour ce qui est de
Milton Montford,” dit Poussin, “je lui souhaite de ne jamais tomber entre mes
mains. Je suis à peu près certain que c’est lui l’auteur de la lettre anonyme
qui a entraîné le suicide de ma pauvre soeur. J’ai longtemps cherché à savoir
si Clémentine avait réellement eu une fille, et ce qu’était devenue cette
dernière, tout cela en vain. Et ce n’est pas le marquis de Lacy, disparu en
Orient voici plusieurs années, qui pourra me renseigner.”
Mais aucun n’alimenta
plus la conversation que le mystérieux Homme en Noir, qui avait traversé leurs
vies à tous une quinzaine d’années auparavant.
“Il y a quelques
années, à Catane,” raconta Eugène Bérenger, “alors qu’Amira et moi visitions le
couvent des Bénédictins, nous avons demandé des nouvelles du mystérieux
supérieur dont Zacharie nous avait parlé. Les moines nous ont juré sur tous les
saints qu’un tel personnage n’avait jamais existé. Je pense que tous les saints
leur pardonneront ce mensonge.”
“Pour ce qui est de Zacharie,”
répondit le prince Dorgi, “il existait encore il y a deux ans, j’en suis
témoin. Lors de la malheureuse insurrection de juin 1848, j’étais à Paris
lorsque je me trouvai par hasard au milieu d’une foule d’insurgés. L’un d’eux
me reconnut pour un ancien membre de l’agence de M. Vidocq, et m’accusa
aussitôt d’être un mouchard. J’étais en grand danger d’être fusillé, lorsqu’un
homme vêtu de noir sortit du milieu des insurgés. Il paraissait avoir une
grande influence sur eux, et se porta garant de moi. Mon sauveur était, vous
l’avez deviné, notre ami Zacharie de Cabre! Mais à peine les insurgés
m’eurent-ils relâché qu’il disparut sans même attendre mes remerciements.”
“Et moi,” dit à son
tour Siffrein, “c’est l’année dernière, à New York, que j’ai eu des nouvelles
du Capitaine. J’avais alors rencontré une jeune Américaine, fille d’un
commerçant français qui, après quelques mois de mariage avec sa mère, l’avait
abandonnée pour courir les aventures, et qui n’avait jamais donné de ses
nouvelles depuis. Ce Français peu délicat n’était autre que l’oncle de notre
bienfaiteur, Lucien de Cabre. Je me disposais à demander la jeune fille en
mariage lorsqu’un soir, dans ma chambre d’hôtel, j’eus la surprise de voir entrer le Capitaine. Il me donna de fort
bonnes raisons pour lesquelles je ne pouvais pas épouser sa cousine, et il faut
croire qu’il sut convaincre aussi la jeune fille, car elle ne m’en voulut
nullement de notre rupture. Elle s’est depuis heureusement mariée avec un de
ses compatriotes.”
Jeannette, qui avait
pâli à certains passages de ce récit, remercia silencieusement le ciel de sa
conclusion.
Mais il est temps de
laisser nos personnages à leurs retrouvailles et à leur festin, en regrettant
de ne pouvoir, au moins pour le moment, en dire davantage au lecteur sur le
sort de celui qui occupe leur conversation.
Est-il mort?
Est-il vivant?
Qui le dira?
Epilogo, ovvero Quindici anni dopo (b)
Nel
1850, Poussin, Diane, Moucheron, Jeannette, Dorgi, Anne, Eugène, Amira e
Siffrein si ritrovano a palazzo de Cabre per una festa. Si interrogano sulla
sorte dell'Uomo in Nero. Eugène ed Amira che hanno ereditato la fortuna del
defunto Don Rodrigo e viaggiano attraverso il Mediterraneo, hanno tentato
invano a Catania di avere delle informazioni sul Siciliano. Dorgi afferma che, all'epoca dell'insurrezione di giugno
1848 a Parigi, è stato salvato dall'Uomo in Nero. Questi è apparso ancora a New
York nel 1849, per impedire il matrimonio, involontariamente incestuoso, di
Siffrein con una figlia di Lucien de Cabre. Da allora, nessuno ha più avuto sue
notizie...
Epilogo (c)
Catania, 12
Novembre 1835
Figliolo
mio carissimo,
giunta per
me l’ora di comparire al cospetto del tribunale di Dio, ti affido questo
testamento che cambierà definitivamente il tuo futuro. Quando riceverai la mia
missiva avrò ormai cessato di vivere; tu ignori che io sono stato un
avventuriero privo di scrupoli che ha perfino accarezzato il sogno superbo di
dominio assoluto sulla materia e sulle altrui esistenze, ma confesso a mia
discolpa di aver fatto anche del bene, soprattutto da quando mi sono isolato
nei sotterranei di questo monastero dal quale aiuto come posso poveri,
sofferenti ed afflitti.
Lascio
tutte le sostanze terrene alla mia pupilla, alla dolce e forte Pamela che ho
rigidamente educato a non avere alcun timore e che sarà per te una buona e
fedele compagna. Sono a conoscenza del legame indissolubile che vi lega e non
posso far altro che benedire questa unione. Mi trovo nell'impossibilità di
calcolare la ricchezza del deposito che ho fatto rinchiudere nei sotterranei di
questo monastero per voi, ma unisco a questa mia lettera una mappa scritta con
inchiostro simpatico che riporta l’esatta posizione dello scrigno nel quale
sono contenute tali ricchezze. Sono certo che ne farete un buon uso …
Quest’ultima
mia lettera serve anche a chiarire il mio coinvolgimento nella drammatiche
vicende che ti hanno coinvolto. Solo recentemente, grazie alle ricerche di
Pamela, ho potuto ricostruire tutti gli avvenimenti a partire dai primi dubbi
sulla stessa fedeltà del mio segretario Ventura alias Sergio Brunetto.
Egli
apprese, dopo aver molto viaggiato in giro per il mondo, che tu eri il settimo
ed ultimo discendente, da parte di madre, del figlio prediletto di Nostradamus
al quale questi aveva affidato degli strani documenti che si rivelarono delle
notazioni musicali.
Per saperne
di più, travestito da missionario, si recò a Marsiglia dove prese contatti con
tuo zio Lucien, giramondo e donnaiolo impenitente, che aveva messo gli occhi su
una giovane e modesta vedova, Marguerite Lambert, costretta a fare l’operaia
per sfamare la figlioletta di pochi anni. Con fare subdolo ed intrigante,
Brunetto riuscì ad organizzare un tranello nel quale finì per cadere la donna
che tuo zio poté far sua, poi il monaco lo costrinse con il ricatto a trovare
il nascondiglio delle tue famose carte. Tuttavia, il fratello minore di tuo
padre Olivier non riuscì a scoprire a palazzo il nascondiglio dei misteriosi
documenti e Brunetto costrinse Lucien a trascinarti in un viaggio nel Mediterraneo
durante il quale avrebbe cercato cautamente di estorcerti la verità.
Fu in
quell’occasione che tuo zio intuì che intrattenevi una segreta attività
d’informatore per il governo francese. Non essendo riuscito ad alcun risultato,
Brunetto stabilì che saresti stato accusato di tradimento, nella speranza di
costringere poi Olivier a cedere i documenti in cambio del tuo rilascio.
Intanto a
casa de Cabre erano rientrati da Odessa, Olympe con il marito Vladimir e i due
gemelli, Vincent e Clémentine. Con la complicità di Lucien, Ventura apprese dello sregolato
stile di vita di Vladimir Montford e gli fornì importanti informazioni militari
che questi vendette ai Turchi. Come previsto, tu fosti accusato di tradimento e
il perfido veneziano si preparava a mettere in atto l’ultima parte del suo
piano, quando tu giungesti improvvisamente da Tolone. Brunetto voleva parlare
con tuo padre, ma dovette cambiare programma.
Olivier,
fra l’altro, conoscendo l’interesse di Lord Reginald Montford per i misteri
esoterici, lo aveva contattato per avere in cambio di alcune copie dei
documenti (gli originali come mi hai rivelato tu stesso li hai sempre custoditi
nei tuoi abiti dalla morte di Mélissande)
il suo appoggio presso il sovrano per scagionarti.
Ma
l’Inglese era impaziente d’impossessarsi delle carte e, benché Olivier gli
avesse dato appuntamento per il mattino successivo, si recò da lui la stessa
notte in cui Brunetto entrava a palazzo, uccideva tuo padre nella sua camera da
letto e sottraeva i documenti dalla cassaforte rimasta aperta dopo la tua
partenza. Dinanzi al portone del palazzo, Lord Montford s’imbatté in Ventura,
che gli aveva spillato del denaro come avevo fatto anch’io nel lontano 1786.
Egli era
penetrato a palazzo con l’aiuto di Lucien, ignaro delle intenzioni omicide del
complice. Lord Montford stava quasi per strangolare Ventura, ma gli sfuggì come
una biscia velenosa, grazie all’aiuto di tuo zio.
Poi, il
giorno successivo, quando l’Inglese apprese della morte di Olivier, non volle
intervenire nella vicenda per evitare che uno scandalo potesse coinvolgerlo.
I tuoi
nipoti scomparvero. Secondo la confessione della principessa Veratowska,
Vladimir aveva dichiarato ad Olympe di averli uccisi perché ritenuti figli non
suoi. Ma in realtà li aveva ceduti ad un ladro soprannominato Tonneau-Plein.
Frattanto
anch’io, dopo una vita spesa allo studio dell’esoterismo, ero giunto
inconsapevolmente alle stesse conclusioni di Brunetto e volli incontrarti per
fare di te, con il pretesto della vendetta, il Signore del Mondo.
Brunetto si
avvide della mia manovra, così architettò un incontro casuale con me in Turchia
e finse di essermi devoto; in realtà seguiva le mie ricerche mentre io
m’illudevo che la competizione fra lui e te accelerasse il ritrovamento del
talismano e della mitica Agarrtha.
Devo anche
confessare che parecchie volte sono stato tentato dall’idea di rendere me
stesso Immortale, ma scacciai sempre questo pensiero. Fu soltanto quando Pamela
scoprì la verità, dopo quasi tre anni di ricerche, che io aprii gli occhi nei
confronti di Ventura. Pamela ti ha sempre amato e ha cercato in ogni modo di
proteggerti.
Ma adesso
figliolo mio carissimo, in quest’ora suprema ho un’ultima importante e
delicata confessione da farti.
Zacharie tu
sei ormai … un Immortale e Pamela con te, dato che in India avete unito il
vostro sangue con il sangue sacro contenuto nel talismano d’Egitto.
Patirete le sofferenze come ogni mortale, ma un potere oscuro vi
proteggerà dalle malattie e rallenterà prodigiosamente l’invecchiamento di 77
anni per ogni anno della vostra esistenza terrena. Continuerete così a vivere
nuove esistenze fino alla fine del tempo, quando l’Onnipotente giudicherà i
vivi e i morti.
Voi non siate gli unici Immortali, ve ne sono parecchi altri
sparsi per il mondo che non sono animati da nobili fini, quindi tu e Pamela
dovrete unire le vostre forze per combattere questi esseri e salvare l’Umanità.
Io muoio e il mondo andrà avanti …
Il
Siciliano
A questo punto un uomo di una quarantina d’anni spense il
computer portatile, prese la sua rossa auto sportiva e raggiunse un ristorante
tipico del Porto di Marsiglia. Ad aspettarlo si trovava una magnifica donna
della sua stessa età, elegante e molto sofisticata.
“Zach, ho provato inutilmente a chiamarti al cellulare l’intero
pomeriggio. Sono riuscita a localizzare Ventura !! ”
“Ottimo lavoro, Pam. In effetti il mio telefono era spento. Sai,
mi sono fatto prendere dalla lettura e il tempo è volato!”.
FINE … ?
Testo
di Riccardo N. Barbagallo, Vincent Mollet et Gennady Ulman
© Tutti i diritti sono riservati ai singli autori (Riccardo
N.Barbagallo,Vincent Mollet,Gennady Ulman, rispettivamente per i capitoli in
italiano, francese e inglese). E' vietata la riproduzione totale o parziale e
la traduzione del testo del romanzo senza la previa ed esplicita autorizzazione
dell'intero gruppo degli aventi diritto. Gli autori assicurano che,
relativamente ai personaggi principali del romanzo, ogni riferimento a persone
reali e a fatti realmente accaduti è puramente casuale.