Temi
centrali:
Il fuoco del nostro lavoro è stato posto su tre
principali argomenti:
a)
Il bisogno che abbiamo di incontrare ed accogliere l’Altro;
b)
Il bisogno che abbiamo di entrare in contatto con gli altri;
c)
L’arte di comunicare come mezzo per incontrare se stessi e gli altri;
Il programma progressivo ideato per le classi prime e
seconde si è centrato sui primi due punti. L’affrontare tali temi nel biennio
è stato propedeutico al lavoro sulla comunicazione che pensiamo di proporre il
prossimo anno nelle classi terze. Gli strumenti utilizzati durante tali incontri
(due incontri di quattro ore per ogni classe), hanno incluso l’ascolto attivo,
l’uso di metafore, la proiezione di lucidi, la spiegazione teorica, le
simulazioni in aula, i lavori di gruppo.
Nel proporci agli studenti, si è cercato di
considerare i ragazzi come il nostro Altro. A tal motivo, si è voluto evitare
di imporre ad essi un sapere preconfezionato da assimilare passivamente;
l’ascolto reciproco, la richiesta di feedback, e l’uso di brainstorming
hanno permesso di conoscere meglio le loro idee. Si è così cercato di vestire
il meno possibile i panni dei colonizzatori che mirano a diffondere la loro
civiltà senza accogliere quella altrui; correndo inoltre il rischio di essere
simili ad uno che insegna solo perché ha perso la facoltà di imparare e di
stupirsi degli altri. L’ascoltarci reciprocamente, ha reso possibile una
comunicazione tra “noi” e “loro” tale che ognuno ha dato e ricevuto
qualcosa divenendo noi insegnanti un po’ alunni e gli alunni un po’
insegnanti. Questa linea generale si è bilanciata con il bisogno di
contenimento dei ragazzi in questa particolare fase di sviluppo. Sono stati così
posti loro dei “limiti di sicurezza” fatti di regole condivise, coscienza di
gruppo, dialogo e contatto. A questa specifica funzione hanno contribuito in
maniera determinante i mediatori culturali dell’Università, ponendosi
fisicamente nei punti nevralgici della classe e seguendo personalmente, durante
tutto l’incontro, l’attività dei ragazzi più problematici.
a) Il bisogno che abbiamo di incontrare e di accogliere l’Altro
“Chi posso in generale riconoscere come mio nemico? Evidentemente
soltanto colui che mi può mettere in questione. Riconoscendolo come nemico,
riconosco ch’egli mi può mettere in questione. E chi può mettermi in
questione? Solo io stesso o mio fratello. Ecco, l’Altro è mio fratello.
L’Altro si rivela fratello mio, e il fratello mio
nemico”.
(Carl Shmitt)
In questo contesto
si è trattato dell’Altro come di colui che può mettermi in
discussione ma anche farmi conoscere qualcosa di me stesso che non riuscivo a
scorgere. Egli è anche chi, avendo una visione diversa dalla mia, può
mostrarmi delle soluzioni o delle vie d’uscita che io, dal mio punto
d’osservazione, non sono riuscito a cogliere. In tale ambito, si sono definiti
i concetti di visione del mondo e di mappa interna, come personale
rappresentazione della realtà[2].
Si è visto come l’incontro con la diversità, ampliando il modello del mondo,
possa allargare tale personale rappresentazione e renderla più vicina al reale.
Vedere la realtà, il mondo, in maniera più ampia possibile, consente
all’individuo di affrontare i cambiamenti della vita con maggiore energia e
creatività.
Attraverso l’utilizzo della metodologia di lavoro
sopra descritta, si è voluto cercare assieme ai ragazzi, di dare risposta ad
alcuni quesiti di fondo tra cui p.e.: “Quale importanza ha per me incontrare
ed accogliere chi è diverso da me per opinioni, cultura, punti di vista,
visione del mondo ecc.?” “C’è stato un momento nella mia esperienza in
cui incontrare l’Altro è stato importante?” “come posso fare per
migliorare le mia capacità di accogliere l’Altro dentro di me?” “Come
posso fare per esprimere me stesso, la mia diversità o meglio la mia specialità
agli altri?”. Il percorso esperienziale intrapreso per far luce su questi
quesiti, soddisfare il bisogno profondo, spirituale, che abbiamo dell’Altro e
superare la maschera di paura che ci fa allontanare da che è diverso, ha
richiesto un allenamento progressivo mirante a rafforzare particolari abilità,
tra cui:
·
Migliorare
la capacità di esprimere se stessi agli altri, di raccontarsi e presentarsi
agli altri (il circolo delle presentazioni, i lavori di gruppo).
·
Migliorare
la propria capacità di vestire i panni dell’Altro e di cambiare il proprio
punto di vista. (Il mimo, La cicala e la formica, i lucidi con le immagini
doppie)
·
Migliorare
la facoltà di dare e ricevere complimenti e critiche (dare e ricevere critiche
e complimenti)
·
Affinare
l’abilità di lavorare in gruppo e di gestire il lavoro di gruppo (lavoro di
gruppo, la cicala e la formica, le uova)
·
Sperimentare
i vantaggi del confronto di strategie nella soluzione di problemi ed individuare
strutture di organizzazione collaborativa. (La cicala e la formica, le uova).
b) Il bisogno che abbiamo di entrare in contatto con gli altri.
“ Una società si può dire umana nella misura in cui i suoi membri si
confermano tra di loro” (Martin
Buber)
Non si intende in tal senso considerare il contatto
con l’altro in quanto diverso, bensì il bisogno che abbiamo degli altri per
sentirci stimati, valutati, riconosciuti, amati. Questo nutrimento dell’anima
che chiamiamo contatto umano, non si incarna nel semplice dialogo. Esso è un
capirsi profondamente al di là delle parole; è un modo per toccarsi con il
cuore mostrandosi per come si è realmente, senza maschere, rischiando in
vulnerabilità.
Anche in questo caso, per soddisfare tale profondo
bisogno psicologico, dovremo allenarci a “L’arte di amare” migliorando
alcune nostre capacità. Saremo simili ad uno sportivo che per vincere una gara
importante pone a se stesso degli ostacoli sempre più impegnativi che vuole
superare; in particolare si è puntato a:
·
Migliorare
la conoscenza del proprio mondo emotivo e di quello degli altri;
·
Imparare
a conoscere il linguaggio universale delle emozioni; la lingua che trascende
qualsiasi confine geografico e che si parla in tutto il mondo (presentazione
delle sensazioni; differenza tra sensazioni, emozioni e sentimenti; le facce
delle emozioni; il gioco dei colori; la banca delle emozioni; il mimo; la
tombola delle emozioni; cosa proveresti se…; il gioco degli acchiappavirus
ecc.)
·
Individuare
le proprie reazioni emotive, i propri modi di pensare più usuali (il gioco del
cosa proveresti se…; il gioco degli acchiappavirus;)
·
Sondare
il funzionamento delle proprie emozioni e delle dinamiche che portano a reazioni
aggressive e di rabbia (l’ultima volta che ti sei arrabbiato è successo
che…)
·
Divenire
capaci nel distinguere le emozioni primarie e secondarie cercando di esprimere
agli altri le prime, il che significa riconoscere l’emozione da cui poi è
sorta la rabbia (l’ultima volta che ti sei arrabbiato è successo che…)
·
Migliorare
la capacità di ascoltare in modo empatico le situazioni emotive espresse dagli
altri (condividi le tre emozioni del giorno prima; l’ultima volta che ti sei
arrabbiato è successo che…; il gioco dei colori)
·
Migliorare
la capacità di conoscere la comunicazione non verbale e di fare contatto fisico
(indovina l’emozione; lo specchio; i pianeti; abbraccio di gruppo;).
c) L’arte di comunicare come mezzo per incontrare se stessi e gli altri:
Tale argomento non è stato ancora svolto concretamente in aula. E’ stato tuttavia spesso anticipato come presenza di fondo, scenografia di numerose esercitazioni. Si è voluto così preparare il terreno per far meglio comprendere ciò che intendiamo proporre l’anno prossimo alle classi terze. In concreto esso si comporrà di un approfondimento sull’importanza dell’ascolto, affinando in particolare la tecnica dell’ascolto attivo; sulla comunicazione non verbale e sulla capacità di esprimere la nostra emotività, di farci capire, in modo più efficace, diminuendo i rischi di entrare in situazioni di tensione o meglio di escalation.
[2] Per una spiegazione più approfondita su tali concetti (visione del mondo e mappa interna) si veda la relazione dell’anno scorso a pag. 15 e ss.