Introduzione

 

La relazione presente mira ad illustrare il lavoro svolto quest’anno presso la scuola media statale Ascoli-Favetti di Gorizia. Come l’anno scorso, tale progetto è stato svolto in collaborazione con l’Università degli studi di Trieste, facoltà di Scienze Politiche, corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche. L’obiettivo è stato quello di facilitare l’integrazione degli studenti stranieri e di arricchire la cultura di quelli italiani in un istituto caratterizzato da un recente considerevole afflusso di studenti immigrati.

Ciò che in un primo momento è sembrata un’esigenza di approfondire i diversi usi e costumi, ad uno sguardo più attento si è rivelata essere una necessità più generale non rivolta esclusivamente agli stranieri. Si è così iniziato a considerare il pluralismo culturale non più solo come un “problema di integrazione”, ma come una risorsa interna alla scuola, come motivo di scambio, di trasformazione reciproca e di ridefinizione dei propri orizzonti. Questo cambiamento di punto di vista sul problema, ha reso possibile l’emergere della necessità di educare ed educarci vicendevolmente all’interculturalità. L’educazione all’interculturalità implica il rimettersi in gioco tutti in prima persona, al fine di una ridefinizione culturale reciproca.  In linea con tale visione, risultano essere alcune circolari ministeriali (nr.205 del 1990, e nr. 73 del 1994)[1] in cui si recita: “la scuola ha l’obbligo di mediazione tra culture. Mediazione non intesa in maniera riduttiva, degli apporti culturali diversi, bensì mediatrice di un continuo e produttivo confronto fra differenti modelli, per la promozione delle capacità di convivenza in un tessuto culturale e sociale uniforme”. Nell’intento di definire i principi che stanno alla base dell’educazione interculturale, si afferma inoltre che: “Essa comporta non solo l’accettazione ed il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento della sua identità culturale, nella quotidiana ricerca del dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una prospettiva di reciproco cambiamento e arricchimento”. Queste tematiche conducono ad  una tipologia educativa fondata sull’idea forza che può essere denominata “il Sé e l’Altro”. Questa rimanda da un lato ad una conoscenza di sé, dei propri sentimenti, valori, cultura ecc. dall’altra ad una capacità di accogliere la diversità; considerare dunque il rapporto con l’Altro sia in una dimensione del quotidiano, facilmente tangibile, che in una dimensione più complessa e meno visibile come quella religiosa o dei valori. La relazione con l’Altro, il diverso che può pormi in questione, diviene occasione di costruzione e comprensione anche della propria identità, poiché è solo nel rapporto con l’altro da sé che gli individui possono distinguersi, vivere e dichiarare la propria appartenenza. La conoscenza di sé inoltre implica l’entrare in contatto con il nostro Altro, ovvero la parte nostra più interna che non riusciamo a riconoscere e che temiamo di più. Spesso questa Ombra che non scorgiamo in noi stessi, viene proiettata esternamente, sovente sullo straniero o più in generale sul diverso. L’incontro con la diversità diviene così una grande occasione che ci fa scendere qualche gradino, andare un po’ più in fondo a noi stessi, per ritrovare quel tesoro di risorse che avevamo dimenticato sepolto dalla polvere dei nostri quotidiani pregiudizi. Tutto questo non può sorgere solo ed esclusivamente in presenza di studenti stranieri; il loro esserci tuttavia ci costringe ad un confronto e ad una riflessione su noi e gli altri che diviene fondamentale occasione di crescita per entrambi. L’educazione all’interculturalità, si pone in sostanza come un mezzo, una possibile strada da percorrere,  per far sì che la dimensione multiculturale in cui di fatto viviamo, non sia più intesa come un annoso problema da risolvere, ma come una ricchezza interna alla società stessa, dalla quale tutti possiamo imparare  a trarre preziose e nuove possibilità.

Per addestrare ed addestrarci all’ “arte dell’interculturalità” si è voluto mirare ad affinare in modo esperienziale alcune capacità tra cui: vestire i panni dell’Altro, saper cambiare il proprio punto di vista, conoscere il proprio mondo emotivo per capire di più noi stessi e gli altri; migliorare il livello di contatto umano e di comunicazione attraverso un allenamento all’ascolto attivo e ad un atteggiamento proattivo e collaborativo.  Interculturalità inoltre rimanda ad accoglienza. Accogliere vuol dire saper essere ospitali, ovvero essere in grado di far spazio dentro di noi per percepire la presenza dell’Altro, ascoltare i suoi bisogni, valorizzarlo nella sua diversità, apprezzarlo per le sue risorse, festeggiarlo per la sua crescita e autorealizzazione. Se l’accoglienza viene meno si passa da un atteggiamento di comprensione ad uno di giudizio e spesso di pregiudizio accompagnato da dinamiche di bullismo, di espulsione, esclusione, emarginazione, perfino di razzismo.

 

INDICE

 

 

[1] I minori stranieri presenti in Italia godono di tutele e attenzioni; Normativa sul diritto all’inserimento scolastico nelle scuole ordinarie e alla pari : art. 1 legge nr. 943 del 30/12/1986; circolare ministeriale nr. 301 dell’8/9/1989 e nr.205 del 26/7/1990; circolare ministeriale nr.205 del 1990 “La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri, educazione interculturale”  e nr. 73 del 1994 “Dialogo interculturale e convivenza democratica: l’impegno progettuale della scuola”