I RACCONTI DEL CUSCINO



Avevate già in mente questa trilogia all’epoca del primo album oppure è venuta fuori strada facendo?

Morgan
: “Era una intuizione che avevo avuto già ai tempi di “Acidi e basi”, chiaramente non sapendo come la avrei poi sviluppata. Ma sapevo che volevo fare una trilogia di questo tipo. La prima cosa da evidenziare sono le iniziali dei titoli che si ricollegano all’alfabeto: “a” e “b” di “Acidi e basi”, “m” di  “Metallo non metallo”, che sta in mezzo e tra l’altro è un disco speculare e simmetrico, e adesso “z” di “Zero”. Secondo me questi tre dischi sono molto simili tra loro dal punto di vista sonoro e credo che abbiamo quasi esaurito la nostra ricerca in quella direzione. Sono dischi sui generi e lo è ancora di più questo nuovo album. “Zero” è un disco all’insegna della circolarità”.

Quasi un concept dove lo zero torna sempre...

Morgan
: “Si, anche sotto forma di quelli che sono per me, i sinonimi dello zero. Si tratta di un numero che ha un casino di significati. L’album è stato concepito come un vecchio album in vinile, con un lato A e uno B. Si tratta di un tipo di struttura formale che serve a razionalizzare quelle che sono delle emozioni. Visto che ho iniziato con la musica classica, trovo che uno degli aspetti più interessanti ed evoluti di quel tipo di musica definita colta è proprio il fatto di formalizzare, di ragionare sulla forma. Il rock, certe volte, è invece talmente istintivo e urgente che finisce per annullare qualsiasi ragionamento intorno ad esso: è pura energia, punto e basta. E a me questo non sta bene più tanto perché credo che oggi come oggi ci vuole più complessità. Il rock’n’roll puro e semplice, per intenderci alla Rolling Stones, lo trovo anacronistico oggi. Bisogna rendere complesso quello che facciamo”.

Si nota come sempre una notevole cura dei particolari...

Morgan
: “C’è in noi un amore per l’arte a tutto campo e per la creatività in generale. Fare dei dischi non deve quindi limitarsi a scrivere e produrre canzoni perché sarebbe un limite. Ogni disco, video o copertina è una occasione per espanderci creativamente e mettere in pratica quella che è il nostro desiderio e la nostra visione dell’arte. Considero i Bluvertigo più un laboratorio che una band, e questo ci permette di andare in varie direzioni”.

Punto di arrivo


Prendendo molto dal passato, siete arrivati ad avere un suono Bluvertigo...

Morgan
: “Si, anche se in realtà ci hanno accusati di fare cose troppo variegate e senza una direzione. Tanto è vero che nel caso della produzione dei La Sintesi, molte recensioni hanno messo in evidenza come in quel caso ci fosse invece una direzione precisa. Una costola dei Bluvertigo può essere il suono dei La Sintesi ma non ci accontentiamo di afre solo questo. Per me non è incoerente avere un brano che sia techno e subito dopo rock’n’roll. In questo caso Bowie è un maestro”.

Siete soddisfatti del percorso del gruppo, album dopo album?

Morgan
: “Si, anche se essere soddisfatto non porta mai a molto. Il nostro percorso è stato fatto con naturalezza e in questa terza fase della trilogia si ritorna ad una certa ingenuità degli albori, un pò come se questo disco fosse un “Acidi e basi”, vissuto però alla luce delle molte esperienze che abbiamo fatto. Non è più un disco di distacco come lo era il precedente, ma un lavoro molto più emotivo. La sostanza non cambia. É come Bowie che continua a cambiare abito ma quello che lui vuole comunicare è sempre lo stesso”.
Andy: “Fondamentalmente il disco è un buon punto di arrivo, lo vedo molto come il coronamento di un progetto. É più a fuoco e sono convinto che chiudiamo la trilogia con la massima espressione. Mi intrigano lo sviluppo sonoro e l’approccio musicale. L’apprendere la tecnologia digitale ci ha permesso tante cose”.

Andy, “Forse” è cantata interamente da te ed è la prima volta, almeno all’interno di un disco. Come ti sei trovato ad interpretare un testo scritto da Morgan?

Andy: “Ne sono lusingato. Devo dire che il grande imbarazzo è stato cantare in italiano, e non solo per la mia pronuncia brianzola. Mi ritrovo molto nel testo scritto da Morgan, è come cantare delle cose che penso realmente. É una canzone molto differente dalle altre dei Bluvertigo e quindi andava forse messa in risalto anche a livello vocale.  É come un omaggio a Martin Gore dei Depeche Mode, il mio artista preferito in assoluto”.
Morgan: “Andy ha comunque sempre cantato durante i nostri concerti ed è una cosa che facevamo in passato, prima ancora dei Golden Age anche, quando eravamo gli Smoking Cocks (traduzione del cognome di Andy, ovvero Fumagalli) nei quali cantavamo io, Andy e Fabiano dei Rapsodia. Chi scriveva cantava. Poi con i Golden Age, è stato deciso che ero io il cantante per una scelta del produttore. Credo che adesso si possa superare tutto questo perché io non sono un cantante. Canto perché non c’è nessun altro”.

Poni sempre i tuoi testi all’attenzione degli altri per avere un loro giudizio?

Morgan:
“Si, io scrivo molte cose ed ogni volta mi piace leggerle agli altri e chiedere un parere. Trovo che se i livelli di interpretazione possono essere molteplici, l’intenzione che si vuole comunicare non può invece essere fraintesa. Se io voglio fare ridere devo riuscire a capire se quella cosa fa effettivamente ridere, ed è la stessa cosa se voglio commuovere. Non posso non centrare l’obiettivo. Mi piace quindi sottoporre quello che scrivo all’attenzione di chi mi fido”.

É
un peso per te essere il cantante e quindi il front-man?

Morgan
: “Non lo vedo come un peso e molte volte lo trovo anche divertente. Finche sono io l’autore di questi pezzi e di questi testi, mi sembra più logico che sia io a parlarne”.

Come mai la cover di “Always crashing in the same car” e non un brano più noto di Bowie?

Morgan: “Proprio perché si tratta di un suo pezzo minore che nessuno ricorda perché è passato inosservato”.

Lo facevate anche con “Here is the house” dei Depeche Mode, però con un testo in italiano...

Morgan: “Anche questa volta avevamo una versione in italiano ma alla fine abbiamo preferito l’originale in inglese. Devo dire che per quanto riguarda il concetto di cover, trovo che sia abbastanza inutile fare un grande successo. La cover è un’operazione che può essere interessante per un gruppo come il nostro che lavora sulle sonorità. In questo caso “Always crashing in the same car” è un pezzo stupendo che andava rivelato perché nella sua versione originale era come mascherato, sommerso da un insieme di suoni ed effetti. Stessa cosa per “Here is the house” che trovo uno dei brani più belli dei Depeche Mode, ma che era arrangiato in modo inferiore anche rispetto ad altri pezzi. É proprio la volontà di vedserlo trasformato che ti spinge a fare una cover, assieme anche al desiderio di farlo conoscere agli altri. Ogni volta che a me piace qualcosa, ci tengo a farlo conoscere ai miei amici. In questo caso è come dare un suggerimento ai nostri fan o rivelare i nostri gusti”.

Il paraocchi della coerenza

Le altre case discografiche sono alla ricerca di nuovi Bluvertigo...

Morgan
: “Sbagliano! Il nostro successo è stato lento e con “Metallo non metallo” siamo entrati in classifica molto dopo la sua uscita. É un disco molto fuori dagli schemi commerciali. A livello di marketing siamo stati un esempio originale e quindi diventiamo un modello di gestione. Abbiamo conquistato del terreno passo dopo passo, gustandoci ogni piccolo momento e soprattutto restando sempre lucidi”.
Andy: “Abbiamo creato soprattutto un precedente perché un disco come il nostro con quel tipo di vita nella prima fase sarebbe finito nel cassetto. La tipologia di marketing adottata dalle case discografiche ci avrebbe fatto finire nel nulla”.

Molti gruppi cercano invece di scrivere la loro “Altre forme di vita”.

Morgan: “Quella canzone ti viene da sola, non va cercata. Per cui ogni operazione artificiale o tentativo di ricreare questa cosa è fallimentare in partenza”.
Andy: “É anche l’errore del discografico che pretende il ritornello radiofonico. “Altre forme di vita” fa parte del progetto “Metallo non metallo” ma non è stata scritta con l’obiettivo di avere una hit”.

A voi invece quelli della vostra casa disocgrafica hanno chiesto un’altra canzone come quella?

Morgan: “Appena hanno sentito i pezzi del nuovo disco non hanno avuto niente da dire. Un pezzo come “La crisi” ha messo subito d’accordo tutti e poi abbiamo canzoni come “Soprappensiero” , “Niente per scontato” o “Sono come sono” che sono cose completamente diverse dal precedente disco ma dall’impatto altrettanto comunicativo. Sono quindi molto contenti anche se il nostro disco è comunque un lavoro articolato e lungo che richiede vari ascolti. Ci sono dei lati che colpiscono subito e altri contenuti che scopri dopo”.

Come mai secondo voi i Bluvertigo danno ancora fastidio a qualcuno?

Morgan
: “Sostanzialmente penso che i Bluvertigo siano spesso consapevoli che quello che fanno sia originale mentre molti vivono il rock in Italia come qualcosa di frustrante e spesso hanno astio nei confronti di gente come noi che si diverte nelle interviste o a fare i balletti. Vedono il nostro divertimento e la nostra goduria nel sentirci espressi e questo genera in loro invidia. Credo che sia un fatto di frustrazione. Poi molte volte, e questo riguarda soprattutto me, sono una persona particolarmente polemica che ama fare della critica, perché dove c’è critica c’è ragionamento. Questa cosa provoca spesso giudizi severi da parte di chi non è d’accordo con me. Anche questo è comunque interessante.
Andy: “C’è anche un altro discorso di base, la maggior parte delle band nate nel buio degli ultimi sette anni di rock italiano vivono uno schieramento con paraocchi rispetto a quello che fanno. É il famoso discorso del ricco che si veste da povero: ostentare la crudezza e andare nel centro sociale da schierato, o comunque con un approccio molto violento e poco elastico si scontra con il nostro modo di vedere le cose. Questa nostra versatilità nei confronti dei contesti può dare fastidio”.
Morgan: “Diciamo che sono tutti abituati ad andare avanti con il paraocchi della coerenza e vedono come una sorta di bizzarra incoerenza il nostro amore della contraddizione. Questa denota invece mancanza di elasticità da parte degli altri. Con il nostro atteggiamento, ovvero con quello che facciamo e che diciamo, siamo molto più punk di quelli che dicono di esserlo. In realtà questi fanno le stesse cose che fanno tutti da sempre, gridano gli stessi slogan, spaccano la cose. In realtà sono dei
cartonati, dei prodotti di un pensiero altrui e non c’è indipendenza reale. Secondo me sono impauriti dal nostro essere veramente indipendenti”.