AVVENTO, IL FIGLIO DELL’UOMO VIENE !

 

            Ritorna il tempo di Avvento. La Chiesa ci invita a riflettere sulla venuta di Gesù, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio. La fede ci chiama a progredire nella vita spirituale incontro a Cristo Signore. Dopo il cammino di un anno, si tratta di fare un passo avanti nella sequela del Vangelo. Per questo è necessario fare il punto della situazione, rivedere cosa è successo in questi mesi, valutare le scelte fatte e i risultati ottenuti, confrontare la vita concreta con le esigenze della vocazione cristiana, e rinnovare l’impegno del discepolo che segue il Maestro per stare con lui.

            La liturgia offre alla nostra meditazione i temi dell’attesa, della vigilanza, della fiducia, della pazienza. Avere fiducia nella promessa del Signore: Egli, che è venuto 2000 anni fa, verrà alla fine dei tempi e viene nella nostra vita. Bisogna attenderlo con pazienza, anche se sul momento ci pare di essere soli in mezzo a problemi e difficoltà, nella sofferenza, nell’incomprensione e nella tristezza. Gesù, Figlio dell’uomo, conosce il nostro dolore e al momento opportuno ci verrà in aiuto.

            Attendere con fiducia nella vigilanza. Dice il Vangelo: «Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese, come coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze per aprigli subito, appena arriva e bussa» (Lc 12,35-36). Bisogna rimanere svegli per accogliere il Signore; può ritardare, ma certamente verrà e non deluderà il desiderio del nostro cuore. L’attesa si può prolungare, e allora le cose si complicano. Aspettare fino alle nove di sera, non costa molto; arrivare a mezzanotte presenta qualche difficoltà, ma si supera; rimanere svegli fino alle tre del mattino, richiede un vero sforzo e un supplemento di fede.

            Cosa ci fa “addormentare” e ci impedisce di essere “pronti”? Possono essere i piaceri, gli interessi, i progetti e le preoccupazioni della vita, oppure la sfiducia. Alcuni vogliono godersi questa vita, perché credono solo a ciò che vedono; si sono fatti i loro programmi per raggiungere i loro obiettivi, e impegnano tutte le loro energie per ottenere quei successi da cui sperano la felicità. Altri sono presi dall’ansia e dalle difficoltà di ogni giorno, si vedono assillati da minacce e pericoli, si sentono soli e abbandonati, hanno pregato e non hanno ottenuto, e pensano che il Signore si è dimenticato di loro. I primi vivono senza fede, come se Dio non ci fosse; gli altri si lasciano scivolare nella sfiducia, e sono tentati di rinunciare a tutto.

            «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli!» (Lc 12,37). Il Signore è fedele e mantiene la sua parola. Come è venuto, verrà, e la sua visita riempirà di gioia. Alla sua fedeltà deve corrispondere la nostra fede, alla sua promessa deve riferirsi la nostra attesa. L’esempio dell’antico Israele che attendeva il Messia e lo ha ricevuto, e l’atteggiamento fiducioso di Maria, che «ha creduto all’adempimento della parola del Signore» (Lc 1,45), ci conferma e ci sostiene.

            Rimaniamo svegli per aprire al Signore che viene, e riempiamo l’attesa di preghiera e lavoro. Ora et labora, era il motto di san Benedetto. La preghiera apre il cuore a Dio, riconosce la sua presenza, ringrazia per il dono della vita e offre una parte del proprio tempo. La S. Messa, la lettura del Vangelo, l’esame di coscienza, la confessione, il rosario, gli Esercizi Spirituali e altre pratiche di pietà personali devono accompagnare il cammino del cristiano. La preghiera riscopre la bellezza della fede, ritrova la verità dell’esistenza, sperimenta la comunione dei santi, ottiene forza per dare testimonianza, fa gustare l’amicizia del Signore.

            Bisogna riempire il proprio tempo di opere buone. Anzitutto c’è l’impegno a compiere bene il proprio dovere, in famiglia, sul posto di lavoro, nella società. Questo è il primo modo per vivere l’amore del prossimo. Poi occorre aprire gli occhi per vedere i tanti bisogni che ci sono intorno a noi, e liberare la generosità del nostro cuore per andare incontro alle necessità dei fratelli. Aiutare gli altri e collaborare per il bene comune in maniera disinteressata è la forma più semplice per vivere la fraternità universale. Siamo tutti alla ricerca della felicità, ma tutti coinvolti nel disagio; in questa comune esperienza umana c’è bisogno della solidarietà di tutti per il bene di tutti. Chi più può, più è chiamato a dare; chi offre con gratuità, riceve a suo tempo con abbondanza.

Il Signore verrà. Anzi è venuto, e già qui e bussa alla porta del tuo cuore. Alzati alla luce della fede e apri con prontezza: Gesù, Figlio dell’uomo, viene a condividere la tua vita!

                                                                    P. Domenico Marafioti sj