Una rosa sul davanzale
Paola sta in casa di sera,
dipinge quadri, stelle nel blu,
paesaggi asfaltati di sogni.
Si sveglia ancor prima
che il sole, imbraccia lo zaino
e legge sulla metro,
diciotto fermate,
diciotto pagine d'amore.
Timbra ognuno dei
suoi anonimi giorni,
spruzza la vernice sui cofani
delle auto, vorrebbe farli
a colori, come i quadri la sera.
Poi divora un panino con le
mani ancora di grasso,
tra i rumori dell'officina.
Un diploma in un cassetto,
come un calzino rivoltato,
sfiorito dalla muffa.
Smessa la tuta, imbraccia lo zaino
e legge sulla metro,
diciotto fermate,
una pagina d'amore,
troppa la stanchezza.
Lava il giorno sotto la doccia
e dipinge quadri, tra le mani
i segni di grasso.
Guarda sul davanzale
il vaso con la rosa gialla,
ricordo di sua madre.
Le si avvicina, sussurrando
piano, per farsi compagnia,
senza disturbare.

Il sole d'oriente
La bambina scende dall'autobus,
bianca, emaciata,
grande fiocco in testa.
Sul viso pallido un acceso
sguardo azzurro.
Smarrita, corre incerta
verso mille braccia
protese, la sua nuova casa.
Una mamma, rinnovato
affetto, il suo sorriso:
come un fiore mai visto,
nella spenta camera
dell'orfanotrofio di Minsk.
Osserva la sua nuova
cameretta e chiede quanti
altri bambini dormiranno
lì con lei.
Sfiora le bambole come per
non sciuparle, sorride timida.
Disegna fiori, alberi, case,
ogni tratto delle sue giornate,
nuova vita a colori.

1994
Tutti in fila, l'ansia di sapere.
Un solo posto in palio,
tante anime in attesa.
Guardo la sfilza di nomi,
dal basso in alto,
sperando di incontrare il
mio nome alla fine.
E più lo sguardo sale,
più l'emozione mi assale.
Sono il primo della lista,
il vincitore.
Troppo felice per notare
le facce tristi intorno a me.
Una ragazza si avvicina,
mi sussurra un complimento.
Una laurea raggiunta a fatica,
studio e lavoro, in una stazione.
Dopo aver saputo il suo nome,
guardo la lista, è in seconda posizione.
Passati due mesi, abbandono
quel lido per approdare
in altro porto, lì lascio un po' di cuore.
Chi andrà al posto mio?
La seconda in posizione.
Mi ricordo di quel viso,
adesso lascerà la stazione;
vado via con un sorriso.

Un battito
Fedele alle mie certezze
ho incrociato per un tocco
i tuoi occhi,
pirata all'assalto.
Trafitto da dardi
di gelido freddo,
disorientata coscienza,
mi son smarrito
e son scappato via,
arguta ritirata,
prima di finire
tra i tuoi sensi.

Le foglie secche
Le mani si stringono come petali
di rosa al calar del sole,
gli occhi sbarrati sulle prime
ombre della sera,
immagini di carezze lontane.
Lunghe ore a forgiare
la propria esistenza
in incombenze anonime,
automi plasmati
da colletti bianchi
sfornati in serie.
Come numeri da estrarre,
gramigna da estirpare,
siamo un insieme
di latenti individualità,
coscienze di periferia.
Figli della stessa pianta,
foglie secche da calpestare
o sbattute dal vento.
Mascherati passanti del mondo.

L'amore scappato via
Rinchiuso sotto il peso
di fatali giorni,
smarrito profugo senza nome,
piegato all'ambizione perversa
dell'odio.
Hai generato l'uomo ed
egli ti ha ripudiato,
scostato, seviziato.
Di secoli ferini hai sofferto,
respiro affannato di
abbandoni e pianto.
Ostinato hai perdonato,
imperterrito, spossato.
Hai sperato nel soccorso
dei poeti, aggrappato a
qualche strofa sfuggente,
tra liriche e canti.
Hai perso battaglie,
storie, ragioni.
Ti sei smarrito negli occhi
di soldati in guerra,
marionette senza fili,
in occhi di bambini
senza colpa,
sfregiati dell'infanzia,
in sguardi non corrisposti,
aneliti di vita soffocati.
Sei scappato via,
a cercare i fasti smarriti,
senza più voltarti.

Il re
Il re è inquieto,
angustiato dai pensieri.
Il grano costa assai,
son suoi tutti i granai.
Le sue notti son sofferte,
di rimorsi sempre accesi.
Pasteggia col sangue
dei suoi giovani in guerra,
a morire di democrazia.
Il re è tormentato,
angustiato dai pensieri.
Proclama il libero pensiero,
i giornali tutti suoi.
Non paga tasse,
non è dovuto,
se qualcosa deve restituire,
l'editto è pronto,
non è più reato.
La sua bontà non a tutti è nota,
c'è chi ordisce alle sue spalle,
perché vaneggia di parlare,
lamenta di mani protese,
fame del popolo,
plagio e libertà.
Per il re una persecuzione.
Lui fa felice gente di ogni età,
chi ne dice l'opposto,
semina odio, lesa maestà.

Il perfido
Hai paura delle domande.
Hai paura delle risposte.
Nascosto nell'ombra
dei tuoi anni passati,
perfida quercia di piombo,
scrigno eroso dalle altrui preghiere.
Respingi ogni anelito
di sentimento come riflesso
sgradito, serrandolo,
sottovuoto del tuo egoismo.
Sfuggi a ciò che può
essere amore,
vento di libertà.
Il male è il senso della tua esistenza,
la cattiveria la tua essenza.
Meschino, che hai perso
il senso della vita…

La sindrome di Stoccolma
Altezzoso, spruzza sulla neve
uno sbuffo di nera pece
rivendicando il proprio scettro.
Etna maestoso, incalza il mare
e con esso concorre in splendore,
distoglie la mente e incanta.
Monarca della vita e della morte,
domina le case sparse
sui pendii, gemme di suffragio
alla propria magnificenza.
Lo sguardo in ostaggio già da lontano,
mai così lieto prigioniero
in prigionia.
E tutto vive con lui,
estasi e fascino,
tutto con lui può morire.
Ed i segni sono evidenti del
suo incontrastato passaggio,
figlie sue dilette anche le scogliere.
Il mare si agita e si ritira,
sembra ardire anch'esso per la sua
attenzione, attende il sortilegio
di un suo messaggio
di infuocato lavico pianto.

La luce di Marte
Un flash: un passo, una parola,
un gesto, come fosse già vissuto;
un'esplorazione della mente,
in antri ancora sconosciuti.
Attendi una frase, un segno
e lo determini nelle sue
fattezze ed esso così si manifesta,
senza sorprese.
Un senso di smarrimento,
uno squilibrio tra realtà
e sogno.
Medito sulla maestosità
dell'universo, guardando la luce
di Marte, imperterrito riflesso
fino a mattina tardi:
dove ha termine tutto questo?
Quanta distanza tra noi e la verità?
Un senso di smarrimento,
uno squilibrio tra realtà
e sogno.
Una condanna questa finitezza
di vita, questa finitezza di pensiero
che smonta qualsivoglia anelito
di infinito.

Come Steve Mc Queen
Lo sguardo sobbalza
sui pensieri e si dilegua
come sabbia tra le mani.
Come un piviere dorato
a difesa del proprio nido,
siamo asserragliati in questa
piccola isola di speranze,
sperando nella benevolenza
di qualche gabbiano.
Baleni di anarchico svuotamento
dei sensi, frammenti di coraggio,
ci consentono di cimentarci
ancora in dedali fantasiosi
che sfiniscono però nondimeno
in questo confine di vita:
ci si tuffa dalle scogliere come
Steve Mc Queen in un vecchio film,
per cercare di nuotare contro corrente,
sperando di sfiorare per un attimo
un anelito di vera libertà.

San Gimignano
Da lontano le torri
sfidano lo sguardo,
imponenti.
Davanti le mura,
come moderni cavalieri
violiamo l'antico viale,
abbagliati dalla luce del
sole che rimbalza sui porticati
che s'affacciano sui negozi
e sulle osterie.
Nell'albergo tutto riporta
all'antico, compreso un
vecchio libro posto su un
piccolo tavolo, accanto al
letto di ottone.
Prigionieri volontari
di queste mura,
camminiamo sperduti,
lo sguardo in alto,
a fuoco sulle torri.
Anche la campagna intorno
sembra mentire al tempo,
profuma di antico.
Odori dimenticati,
piccoli brusii, gente che si chiama
forte, per nome, sulla strada.
Davanti ad un negozio
di vecchie armature,
spade e stemmi, immagino
la gente come fosse nel medioevo.
La sera, artisti per strada
infieriscono sulle mie fantasie,
figure e luci in un buio colorato.
Mentre andiamo via,
un ultimo sguardo alle torri,
in alto custodiscono un pezzo
del nostro cuore.

Parole
Parole che avrei voluto scrivere,
nascoste nella coscienza,
in dissonanza con la vita.
Parole spalmate in un discorso
senza tempo, vestono di colore
attese e rimpianto.
Parole mai sopite,
accese al calar della sera
a riscaldare i pensieri, come
intorno al focolare.
Parole selvagge,
primitive rivelazioni.
Parole di coccio,
fragili armature di cuori stanchi,
parole che si inseguono
come ragione alla deriva,
si sfiorano un attimo
ed echeggiano lontano,
come richiami di balene
persi nell'oceano.

La rotta
Chissà cosa alberga
nelle tue illusioni,
mai arreso coraggio agli anni,
resisti ai giorni
e imperterrita ami.
Veliero senza scorta,
onda cavalcata senza paura.
Sei vita che vira
ancora e ancor riparte.
Senti la pace solo sotto
un tetto di sogni.
E io sogno con te…

La partita
I ragazzi, sui rami del ciliegio
si puntano l'un l'altro
sputandosi i noccioli addosso.
Pietro pavoneggia la bici
con le marce, sembra una moto,
si lamenta che tutti vogliono
fare un giro.
Mentre un cane si affanna
a inseguire tutte le auto,
ci si attarda a far le squadre
per una partita di pallone,
i sassi a far da porta.
Vecchi ricordi…
Dopo tanto tempo
l'estate sembra ancora uguale,
salvo che per i nostri anni.
Tanti ragazzi in piazza con
i motorini, anche Pietro
è tornato, lavora al nord.
Un saluto veloce,
poi ci si attarda a far le squadre,
per la solita partita di pallone,
come se nulla fosse accaduto,
ancora i sassi a far da porta.

Il ladro
Furtivo,
affina l'udito come a carpire
ogni piccolo rumore,
fruscio o soffio.
A passo lieve tra i viottoli,
segue, prostrandosi,
le lunghe file di formiche,
scegliendone una per carpire
il segreto del suo viaggio.
Dirige lo sguardo su ogni
fiore, albero o sasso,
impastando le forme
delle nuvole a proprio piacimento.
Arraffa ogni colore,
forma o sapore,
ogni sfumatura,
respiro o fantasia.
Poi chiude gli occhi
e a braccia aperte aspira
ogni soffio di vento,
ogni momento, ogni pensiero.
Raccolto il bottino,
ritorna sui suoi passi
e, impunito, scappa via.

Il comizio
I camion si inseguono già di buon mattino,
lustrano la piazza e le vie attigue
alla luce fioca dei lampioni.
Il parcheggio sembra sparito,
come inghiottito dal catrame.
Una filiera di piante
è radunata come un battaglione
in parata, copre finanche
il cancello dei piccoli giardini.
Sul lampione un altoparlante
fischia sonoramente
facendo volare via i colombi
sul tetto della chiesa.
I cani, smarriti anch'essi come
i padroni, cercano uno spazio amico
per poter soddisfare i loro bisogni.
Uno sventolare di bandiere,
uno stringere di mani…
Tutti attendono le messianiche parole,
mentre attenti accoliti
mantengono libera la via
tra la strada e il palco.
La folla si anima ad un tratto,
il brusio si mescola all'ultimo
fischio dell'altoparlante,
fino a sfinire nel silenzio.
Ogni parola ha l'effetto
di un assenso, un tono un po' più alto
l'invito ad un applauso.
E' tutto sfiorisce in qualche minuto,
la folla si dilegua dopo
un ultimo saluto.
Anche le piante
vengono portate via,
composte su un camion,
battaglione in ritirata.
Un anziano si smarrisce
nella piazza vuota,
così tanti posti liberi
che non riesce a parcheggiare
la sua auto.
Un cane scodinzola fino
all'ultimo lampione,
lì dove prima uscivan
ad alto volume le parole:
annusa, fa pipì e va via.

Degli alberi le foglie
Dimmi cos'è il vento che porta
via le foglie.
Dimmi perché l'orizzonte
si ostina a colorarsi ad ogni alba.
Dimmi cos'è che mi spinge
ad andare piano mentre tutto
corre intorno.
Dimmi perché mi batte forte
il cuore per un vecchio film
in bianco e nero.
Dimmi perché sono qui
a cercare nei tuoi occhi
le mie verità,
anche dopo tanto tempo.
Dimmi perché un fremito
scorre sulle mie spalle
come un fiume in piena,
quando ti bacio,
come vent'anni fa.
Dimmi solo che mi ami.

Sahara
Facce uguali,
confuse al buio.
Magliette color sabbia,
pigiate sui fuoristrada,
soffocate dal vento del deserto.
E lo stesso vento che
allontana i ricordi,
i genitori, le piccole baracche.
Racchiuse in un borsone
le aspettative di una vita migliore,
a inseguire miraggi
visti in televisione.
L'esistenza in mano a gente
senza scrupoli,
mercanti di schiavi.
L'agonia di un posto di blocco,
confine di libertà,
in balia di chi la legge dovrebbe
rispettare.
Vogliono i tuoi risparmi,
forse la tua anima.
Sferzate al fisico ed alla morale.
Le frustate fanno male,
la dignità impone di non urlare,
la voglia di farcela più forte del dolore.
Una ragazza si vende per conseguire il fine,
un'altra no, antepone l'onore.
Mercanti, deserti e l'abisso del mare.
Fredde notizie al telegiornale,
gusci alla deriva,
sovraccarichi di speranze.
Buttati in acqua
come reti vecchie,
inutile fardello.
Statistiche inutili
di esperti in discussioni.
Una ragazza copre in grembo
una speranza nuova,
premuta tra vecchi ricordi
e nuovi desideri.
Figlio del deserto,
saprà forse domani
di questa antica terra,
da dove è nata la speranza
di chi l'ha concepito.

Pioggia
Nuvole d'inverno,
malinconie invise alla speranza.
Pensieri che si affrettano
nella mente
come persone che rientrano
veloci a casa,
furtive, a raggirare l'impeto
della pioggia.
Ora tintinnio soave,
ora tonfo sordo contro un cartone
abbandonato,
come questo sguardo che
sbatte sul vetro di una finestra,
tra me e la strada.
Goccioline invadenti
si inseguono fino al suolo,
sui tetti, sugli alberi,
come giorni uguali delle nostre vite,
ora tintinnio soave di emozioni,
ora tonfo contro avversità
incombenti.
Siamo ancora ad aspettare
che prevalga il sole,
e che le nuvole fuggano via.

Le grandi firme
Cerco di sfuggire
alle notizie della sera,
mentre mangio,
stasera vorrei nascondere
la mia anima sotto il piatto.
Adesso la pubblicità
ostenta i soliti visi sorridenti,
tutti sono felici.
Un attimo!
Mi soffermo,
pane in mano e sguardo ovale…
mi rassegno,
anche stasera dovrò
pagare dazio alla mia coscienza.
Una specie di apostrofo disteso
dipinge il mio volto,
gradevole, comodo, confortante.
In quel paese remoto
è stato fatto,
tante mani lo hanno prodotto.
E da quel paese ciò che viene
viene denigrato,
non ci appartiene,
solo quando il nostro mondo
la firma appone,
tutto è buono, è regolare.
Penso a quelle mani mal pagate,
sfruttate a tessere o cucire,
catene umane di montaggio.
Cortesia infame di gente
dedita al guadagno
pronta a trarre maggior vantaggio
da ogni situazione.
Provo a immaginare
quell'apostrofo disteso
come un sorriso felice
di uno di quei bambini
che invece di cucire,
hanno imparato a giocare.
Mia figlia mi interrompe,
"che sei incantato?",
…continuo a mangiare.

L'altro me
Riesco a volte
a vincere da solo su certi ricordi
che, spossati, si palesano alla mia mente.
Spinti dentro ad una valigia,
pigiati e confusi,
riottosi all'essere abbandonati.
Per istinto sfoggio un sorriso
mentre la coscienza si affatica
a fare un bilancio della mia vita.
Affresco i giorni
come mare calmo o in tempesta,
sempre attento a non affogare.
Sono l'attimo recondito
in cui ognuno trova rifugio,
nessuno crede alla mia fragilità.
Nel mio sorriso tutti trovano conforto,
la battuta ilare,
il gesto affabile.
L'allegria è un'arma a me rivolta,
una menzogna della mia coscienza,
ovvero le sembianze del mio istinto,
un appiglio che mi sorregge.
In questo soffio di vita,
è un regalo anche per me.

Chi è libero ?
Vite sperperate,
perse in sogni remoti,
foto scalfite dal tempo
come sagome corrotte
dall'arbitrio di dei onnipotenti.
Greggi ammansiti,
inseguiti da lupi famelici,
verità celate,
inutili manifestazioni
di solidarietà.
Lo sfoggio di democrazie
tormenta nei telegiornali,
tedio dei popoli,
agita gli animi come
fiumi in piena,
alla deriva.
Gomitoli di storie
smarrite in attimi di disattenzione
a inseguire miraggi ingannatori.
Qualcuno cerca rifugio
nella propria immaginazione,
sostenuto da rantolii di fede
e smorza le fatiche
e le emozioni disperdendo lo sguardo
nelle premure quotidiane.
Poggia a sera la testa
su un cuscino di fantasie
e spera in un nuovo giorno.

Virgola
Avanti ancora,
imperterrito marciare
contro questo tempo,
senza riflessione.
Avanti ancora,
imperterrito agire
contro questo vento,
che a volte frena
a volte incalza ostile.
Avanti ancora
senza fiato e volontà,
talento dissipato
a inseguire il nulla.
Avanti ancora,
non c'è tempo nemmeno
per pregare.
Adesso… virgola,
sono pronto per la pausa,
mi voglio riposare.

La poesia
Foce di pensieri,
mimica della fantasia,
senso estremo di vitalità.
Sentinella del pensiero,
occhio vigile della coscienza,
specchio dell'anima.
Si mostra nelle sue fattezze
e tutto manifesta:
anche la solitudine si perde
tra i suoi sentieri,
la tristezza arranca per le sue ascese.
Alto crepita a volte il suo grido,
prepotente vince anche
sulla grettezza della vita.

L'antilope e il leone
Scappa scappa
fuggi fuggi
dove il tempo non ha senso,
nessun valore.
…L'anziano guerriero
esce dalla baracca,
l'incedere lento,
lo sguardo trafitto
dal primo sole.
Corri corri
sacche in mano
corri veloce
afferra il treno,
insudiciato dai tuoi giorni uguali.
…Il vecchio mima i centenari gesti
e le parole: parla al figlio lontano,
che corre dietro un treno.
Gesti senza tempo,
che il tempo non misura,
non delimita.
Scappa scappa
fuggi fuggi,
partito per onore,
in cerca di un futuro,
lontano dal grigiore.
…Adesso fermati:
guarda il mare,
lontano,
al di là,
c'è un vecchio cuore.

Essenza
Filo rosso aggrovigliato,
amaro vigore brandito
in un calice antico.
Con spasimo ricerco
il nucleo della verità,
in una nube di sofferenza.
Filari di anime
torte dai loro sensi
mirano stupite la vita.
Ancor più che adesso
essa è(s)senza amore.

Adesso non ho sonno
La finestra chiude fuori
il tuono che si accanisce
sui palazzi a fianco.
Immerso nei pensieri
mi affaccio sul letto,
poi chiudo gli occhi,
come a cancellarli.
Mi giro di fianco,
poi a faccia in su,
tento un sogno,
a cavallo dell'ansia
che mi assale.
Gioco a scacchi con la noia
del buio,
incoraggio il riposo
con lievi pensieri,
e aspetto la prossima mossa.
L'orologio sembra sostare
sulle ore, destato
dal sibilo di una sirena.
Neanche un ricordo
di un giorno di neve lontano
comporta sollievo.
Mi soccorre la voglia
di andare a vedere i miei figli,
placidi,
tra le coperte,
morbidi tra i cuscini.
Adesso non ho sonno…

A te mi rivolgo
Lento passo,
proteso monologo
verso Dio.
Questa sensazione reale
che ora ancor più mi accorgo
mi possiede,
mi tende, bieca,
distante dal vero,
chiuso in antri antichi
d'immaginazione,
celati dietro
antologie del tempo.
Incenso dell'uomo,
a te mi rivolgo,
misero e puerile,
cercando approdo
dove non arriva finanche
la poesia.

L'aquila
Come se fosse pietà questo grigiore,
smarrito gemito tra le nuvole,
fluttua sprezzante e vanitoso.
Cirri roteanti
saettano nell'anima
la paura che da lassù
domina ancora le percezioni.
Genio del vento,
dipana ampie le ali
a toccare il mio torpore.
Tenue e menzognero
attimo di pace,
il tuo librare tra i miei pensieri,
assurdo adire del mio senso di libertà.
L'occhio vigile vaga
per i vuoti sentieri azzurri,
nulla sfugge
all'acuto senso,
nemmeno la mia solitudine.

Il tè berbero
Tre sorsi.
Uno amaro,
come la vita.
Caldo, a bruciare anche la coscienza.
Uno dolce,
come l'amore.
Come l'amore può rendere la vita.
Alta la caraffa
versa, indenne, l'essenza
nella tazza,
nell'anima, nei sensi.
Il terzo sorso,
dolcissimo come l'infanzia,
dolcissimo come può essere
la morte,
sollievo di questa vita.

Il burattino
Se mai ti seguirò,
foglia secca e cadente,
sussurro di anima e miseria,
sentirò il vento
che cullerà il mio volo,
detesterò il ramo che mi ha lasciato,
inerte al mio destino.
Se mai ti seguirò,
impacciata onda sullo scoglio,
gioirò del volo dei gabbiani,
cullati dal vento.
Se mai ti seguirò,
anima persa nelle anse del mio istinto,
è per tagliare questi fili
che mi avvincono alle coscienze
vuote e ipocrite.
Non mi prenderanno mai…

Di che colore è
Ho visto gli alberi curvarsi,
sudditi del vento.
Alti gerani appassiti,
ad arbitrio del sole.
Dissipate anime,
vergini simulacri di vita,
beccheggiate da oceani menzogneri.
Navi senza rotta,
fantasie traslate in realtà conformi.
E quel che è brutto
non lo è più,
quel che è buono
non lo è più,
anche il vero è simulato.
Anche i numeri sono irreali,
animali ammansiti
da presunti ideali.
Per l'uno l'azione è luce
rosa,
nodo di pensieri,
per l'altro scaltra negazione
di realtà,
contrasto tra oggi e ieri.
Chi ti dice che una cosa è male
chi ti ammonisce a lasciare andare,
persa la mente e i suoi pensieri.
Per l'uno stai bene e per l'altro male,
sol perché cambiano di posizione.
E se l'uno veste l'abito dell'altro,
queste ragioni risultano invertite,
onde su onde arrotolate.
Fiume in piena
senza direzione,
babilonia senza tempo,
confusione.

Voglio scriverti
Voglio scriverti cose che forse mai ti dirò…
Imparerai, rivivrai ogni ricordo liso, tacerai ogni segreto con un sorriso.
E già ti penso ad abbracciarmi barcollante al mio arrivo,
smorzando le prime parole.
E già mi penso ad aspettarti le sere tardi,
pensiero barcollante,
a chiederti perché, smorzando le parole.
Non saprò dirti com'è il brivido quando sei in braccio a me,
dormi,
gambe aperte e faccia tonda;
e penso cosa pensi
e tu guardi
o forse pensi a cosa penso.
Capirai che è meglio un sorriso per volersi bene,
coglierai il fiore che non ho colto, le strade che non ho percorso
e se sarai delusa noi ti daremo serenità.
Ricorderai ogni profumo,
rumore o colore di quando eri piccola e vivevi la nostra stessa vita:
forse ci penserai prima di dire no ai nostri anni in più.
Già mi manchi nelle ore,
quando non ti vedo,
forse sei ancora più presente.
Voglio scriverti cose che forse mai ti dirò,
ma anche così non riesco a dirti tutto.

Il fuoco
Ardi, impasse, il legno si consuma.
Inghiotti lento la corteccia,
via fino al cuore.
Ardi lento come questo tempo,
che trascina con sé odio e sentimento.
E il mancare di gente a me nota
fa smarrire veloce la giovinezza.
Ardi e il legno si consuma,
come il tempo consuma le vite,
rosicchiando le cortecce e le storie,
via fino al cuore.

La luna nel blu della sera
Come è azzurro oggi il mare,
schiuma bianca,
carezza la spessa sabbia alla deriva.
Il vento frange le montagne,
da lontano sembrano blu,
mentre gli irti pioppi dominano le case del paese.
Come è azzurro questo cielo,
specie dopo che è piovuto e
tutto si risolve alla calma.
Senti dalle mani il candore dei petali delle rose,
ne odori il profumo.
Giorni rigati di dolore,
cerchi invano un ricordo grato.
E quando la sera il cielo cambia veste
e tutto dorme,
non muta la stanchezza dei tuoi pensieri.

Di mattina presto
Se ancora apprezzerò della natura i suoni
e il canto delle cicale alte sugli ulivi
e gli odori di campagna dei contadini
è perché sarò ancora innamorato di te.
Se mi faran ribrezzo gli orrori, la guerra e
l'odio che indurisce i cuori,
è per ciò che avrò da te.
Il pensiero volge agli anni trascorsi,
sentimenti eterni.
La rugiada scivola sui petali la mattina presto,
sonnolenta sfugge ai primi raggi di sole.
Scivola come contatto furtivo di bocche,
baci rubati, da portar via.
Come il tempo porta via i giorni,
i nostri giorni.
Sottili pensieri come fogli di carta,
bianca,
umori colorati di affetto.
Se ancora crederò nell'amore
è perché sarò ancora innamorato di te.

L'orsetto di peluche
(Ricordo di Marta Russo)

Marta va di fretta stamattina,
spazzolino tra i denti,
zainetto in mano.
Divora le scale
salutando frettolosamente.
Non guarda nemmeno
l'ennesimo messaggio sul telefonino.
L'ennesimo esame di una vita in costruzione;
ripassa sul tram alcune pagine,
forse le più superflue,
poi si perde nel discorso con le amiche.
Accarezza i giorni, come con il suo
orsetto di peluche.
Si copre, confusa,
la bocca per una parola
che non doveva dire,
annuisce e ride,
saluta il professore.
Fresca dei suoi anni,
innocente di pensieri.
Sempre in ritardo,
davanti allo specchio
a cambiare jeans e colori,
buttati sul lettino,
prima o poi da ordinare.
Cade a terra,
improvviso lampo
senza come.
Cade a terra,
fresca dei suoi anni,
innocente di pensieri.
Vita violentata
da un gioco di probabilità,
ghigno schifoso
di gente digiuna di virtù.
Anche le amiche non sorridono più,
e il professore è attonito,
come l'orsetto di peluche.
Il libro è a terra, aperto,
su quelle pagine superflue,
sottolineate a matita,
di diversi colori.
Giorni di diversi colori,
ammansiti da rosso sangue.
Marta non sente più
l'ennesimo messaggio sul telefonino:
mamma vuol sapere dell'esame.

Al tramonto
Mi scopro, a sera, a percorrere il ricordo,
tardo,
del tuo viso;
Tenue e periglioso sollecito al mio vivere.
E' ormai lontana la mia speranza
e di un abbraccio
e di una parola,
fronda ormai secca dei ricordi.
Ignora il mio dolore la cicala
e canta,
sempre più incerta.
Si confonde il tramonto con le linee del tuo viso
Davanti ai miei occhi e,
lento come il sole,
volge dietro
la collina,
ad illuminare altre terre o altri amori.
E scuro si tinge il mio cuore…
anela ancora di colorarsi del bagliore del tuo sguardo.

I pescatori
Recuperano le reti i pescatori,
trapunte di sole e luna,
fresche di mare…
Il sale nei capelli,
tante notti addosso
con il freddo nelle ossa.
Le donne vincono la paura
stringendola negli scialli,
guardano quei gusci di noce che scompaiono
nel buio,
raccontandosi di notti trascorse tra la sabbia,
del dolore di chi non ha visto tornare
gli affetti usuali.
I pescatori remano sicuri,
parlano con la voce roca, rotta dal sale,
gettano le reti e stanno in silenzio o parlano piano,
del dolore di chi non ha visto tornare
gli affetti usuali.
Non c'è neanche la luna stasera,
le luci, lontane,
sembrano piccole fiaccole.
Il mare accarezza le barche, senza adirarsi stasera.
E' una notte come altre,
mentre si ritorna,
riva chiara sotto i primi raggi,
odorosa di caffè caldo,
notte trascorsa al largo, stanchezza che lambisce i volti
che parlano piano,
raccontandosi di notti trascorse tra la sabbia,
del dolore di chi non è stato visto tornare…

Una sera
Ricordo il paese,
quando ero bambino,
quando non l'avrei mai voluto abbandonare.
C'era tanta gente lì, seduta al buio.
Ci si mise anche la luna,
a sembrare ancor più maestosa,
tonda e prepotente,
a salir sulle nuvole,
mentre le stelle si smarrivano
tra le luci della pianura.
Sul lenzuolo acceso passavano le strade,
gli alberi, le case,
le chiese,
sembravano diverse.
Immagini di una volta,
sbiadite di ricordi, del paese che era.
Gente che non c'è più,
andata via o troppo vecchia per riconoscersi.
Bambini in bianco,
in processione,
riconosco mia madre…
Bambina in bianco anche nel cuore,
a mani giunte,
a ridere e a pregare.
Anima in bianco anche adesso,
starebbe ancora a ridere e a scherzare.
Il brusio della gente,
racconta le sue storie.
Dalla torre l'orologio veglia sulle nostre ore,
come una volta,
anche questa sera.

Se
Ci siamo scoperti a trascinar parole,
sfuggendo ai sospiri del tempo;
anonime ore a disegnare fantasie.
La realtà avvolge,
mesta,
tutto ciò che appare,
supplicando amore.

Mio figlio
La notte, fattasi una campagna d'arme,
guerreggi con mostri e draghi,
confusi alle lenzuola.
E mi racconti di sogni e gesta
E "tu papà tutti disperdevi" .
Occhioni neri!
Scostano la mente da tutto,
fasciano le mie emozioni.
E il mio mondo è circondato da un tuo abbraccio,
limitato ad una tua parola.
Ed ogni volta che mi chiami
sento destare la vita.
E quando non ascolti ti avverto ancora più vicino.
…E tenti ancora di giocare
eppure sono stanco,
ma mi penso più bambino.
E il mio miraggio è poterti aiutare
se ne avrai necessità,
conforto dei tuoi problemi
raggiante delle tue vittorie.
Potremo parlare ancora tra tanti anni
di noi, dei nostri giorni,
del regalo che mi fai:
quello di volermi bene.

Le ali e l'acqua
Ti ho visto chiudere nella mano il mio cuore,
trascorsi questi anni mentendo al tempo.
Assorbiamo i colori della sera,
magnifici,
non ci fanno più sentire persone.
Così come il tuo respirare notturno
e l'allungare le mani al buio
come ad afferrare cose che dormendo si perdono.
Manchi al mio corpo come l'acqua,
copri le mie idee come l'orizzonte,
senza fine.
Ti ho visto chiudere nella mano il mio cuore,
aspettando qualche attimo di pace,
fermi,
con lo sguardo che è uno sbatter d'ali,
si confonde ai pensieri.
Tu sei per me…

La ballerina
Se hai un sogno e speri che si avveri
lo immagini bellissimo,
appagante.
Lo descrivi come fosse sospeso tra le nuvole,
parvenza di soffice
e bianco, miracolo di colori e profumi
…e del sognarlo non sei mai stanco.
Immagini che sia incantevole.
La prima volta che vedevo la mia ballerina:
basito,
inerme nell'emozione,
incapace di parlare,
mentre il mio volto rigava una lacrima,
crepito di emozione.
Esile ma già così sicura,
mi assali come una gattina,
avida di coccole,
provvida di carezze.
Raccolta nei tuoi abiti di scena,
reciti la vita
e tutto le dai, sorrisi e forza.
Esile ma già così sicura,
ti avvicini,
i denti stretti in un sorriso,
come fosse nulla.
Il tuo pensiero è lontano dalle emozioni che ci dai,
le piccole grandi cose che fai,
per te così normali,
per me un brivido caldo e freddo sulla schiena,
che incauto si scioglie in una lacrima
lungo il mio viso.
Ti regalo un mazzo di fiori,
ti regalo la mia vita.

L'alba
Il giorno è ancora nascosto, lì,
a Crotone.
I pescatori intrecciano le reti
e il fuoco acceso sulla spiaggia
disegna sui loro volti ombre fugaci.
Il sole già contende il mare al buio della notte
che, lento,
si ritrae dietro le colline.
Le barche, confuse con il mare,
saltano sulle onde.
Svegliarsi presto è scoprire un mondo che sembra non esserci più,
riscoprirlo eterno,
immodificabile.
E' l'accavallarsi delle onde,
dei giorni, tempesta e calma.
Svegliarsi presto è ridarsi alla vita,
dimenticarsi
di ciò che essa è.

Belgrado
Il vecchio,
reduce di sette figli,
tre in Germania,
paesi… che non sa nemmeno il nome.
Il vecchio e le rughe limate dalle stagioni,
luce affievolita negli occhi,
che sa ancora di speranza.
Il vecchio che ha visto tempi senza colori,
se non di rosso acceso,
che pareva non mutasse mai vigore.
Rassegnato a quelle porte infrante,
agli impeti furenti senza fine.
Nuvole cupe,
palpebre chiuse al frapporsi dei giorni.
Ormai un ricordo.
Il vecchio, solo.
Reduce di sette figli,
tre in Germania,
ha resistito solo per amore.
Sfuggito alla coscienza ed agli orrori,
spiazzato dalle bombe,
inerte.
Eppur la luce sempre viva negli occhi,
inconfessata speranza.
I palazzi disfatti celano ancora qualche ricordo antico.
Belgrado non l'ha mai abbandonata,
neppure per la Germania.

10 agosto
Pallida la luna traspare di bianco nella terra tra gli alberi;
ognuno sta assorto nei suoi pensieri,
che sembrano ancor più quando viene sera.
Sentieri di pietra, irti su per le montagne, dove ancor
s'accompagna il passar delle greggi,
ormai spento ricordo di giorni passati.
E le speranze di bambino, tavole di colori sulle quali si
sciolgono le mie lacrime da grande,
come neve bianca al comparir del sole.
Com'è chiara questa notte,
chiara da vedere il male,
che ognuno pensa andato via al calar della sera:
e le immagini di morte coprono la fantasia.
Così lontane, così vicine,
sbattono le nostre menti violente,
come mare in tempesta le scogliere;
e gli occhi dei bambini smuovono il cuore.
Li vedi senza nome, piangere con le mamme,
consci del dolore.
Incapaci di un sorriso, senza la fantasia colorata
di qualche amico in cartone.
Loro non vedranno le stelle cadere.