Risalgono al 5 febbraio 1165 le notizie
storiche su Bresega, quando la località con il nome di “Bresica”, viene
citata in un atto di vendita. Il suo nome sembra derivare da una parola
dell’antico dialetto del vicino Polesine che vuol dire “briciola” e per
Bresega s’intende un piccolo appezzamento di terreno o anche una piccola
proprietà. C’è chi sostiene inoltre, come Gaetano Nuvolato, che il nome
Bresega derivi dal latino “bis-secta”, cioè tagliata due volte dall’Adige
che proprio qui creava un’ansa tagliando il paese in due, questo però prima
della rotta della Cucca del 489 d.C. Un monumento funerario trovato, risale
al 2º secolo dopo Cristo. Comunque non si conosce il periodo preciso della
nascita in quanto gli archivi parrocchiali furono bruciati il 22 marzo 1702.Cenni
relativi alla chiesa di Santa Maria non compaiono però nella decima papale
del secolo seguente e solamente dalla visita vescovile del 1482 si viene a
conoscenza della sua esistenza come parrocchiale dipendente dalla pieve di
Santa Tecla d’Este (PD). Venne ampliata nel 1522 e ricostruita a nuovo nel
1695 ed ha un dipinto figurante la Madonna del Carmine, nel 1771 ebbe il
coro e, agli inizi dell’800 la facciata. Tra il 1886 e 1888 furono aperti i
quattro finestroni, restaurati gli altari e le cappelle laterali, rialzato e
rinnovato il tetto. Il 24 gennaio 1937 fu inaugurato il nuovo campanile e il
18 novembre 1950 la chiesa fu dedicata alla Natività della Beata Vergine
Maria.
BRESEGA: CULLA DI EMERITI PERSONAGGI
Bresega, può giustamente vantarsi di aver dato i natali a emeriti personaggi
come Isidoro Alessi, notaio e storico che scrisse di Este e del suo
territorio e Domenico Facciolo, fondatore della Cassa Rurale di Bresega.
Per quanto riguarda quest’ultimo, davanti alla facciata laterale della
chiesa della piccola frazione, proprio in alto a destra, rispetto alla porta
d’ingresso, c’è una lapide a lui dedicata, ma forse non tutti sono a
conoscenza dei motivi per i quali la popolazione gli ha reso questo tributo.
È stato infatti grazie alla sua geniale intuizione che nel 1901, proprio
cento anni fa, assieme all’ora parroco don Giovanni Mosele, che la Cassa
Rurale di Bresega ha avuto origine. Nasce a Bresega il 13 maggio 1844 alle
ore due in via Tresto n. 9 da Giobatta e Veronese Tecla, e viene battezzato
alle ore sei del giorno dopo dal parroco don Girolamo Dal Santo. La maggior
parte delle famiglie che abitano in questa zona vivono in una situazione di
costante miseria, ma quella di Domenico, oltre ad infondere nei figli dei
sani principi morali e sociali, cerca di arricchirli anche culturalmente.
Domenico, che presumo fosse il primogenito, dato che i genitori si erano
sposati il 26 aprile dell’anno precedente, viene così avviato, non senza
grandi sacrifici, a studiare per diventare un insegnante elementare nella
vicina cittadina di Este. È proprio qui che a metà ‘800 subisce le influenze
che lo faranno diventare promotore di iniziative atte a favorire il bene
della popolazione, in particolare l’assistenza economica e materiale a tutti
i lavoratori che ne hanno bisogno. Non dobbiamo però dimenticare che siamo a
pochi anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, nel 1866 scoppierà la
terza guerra d’indipendenza, durante la quale verrà liberato il Veneto.
Siamo dunque in pieno Risorgimento ed è naturale che anche nelle nostre zone
serpeggino fermenti patriottici uniti al desiderio e alla volontà di essere
utili alla propria nazione e, soprattutto ai nuovi cittadini italiani.
Ad una persona attenta e colta come Domenico Facciolo, non sfuggono le
situazioni di disagio in cui vivono i lavoratori costretti a cercare lavoro
all’estero per poter intraprendere, con quanto poi guadagnato, un’attività
in proprio che al momento rimane un desiderio irrealizzabile per la mancanza
di mezzi finanziari. Il Maestro viene però a conoscenza, nel frattempo di
quanto aveva fatto in Germania Friedrich Wilhem Raiffeisen (1818 – 1888) con
la creazione di cooperative creditizie, cioè le prime banche orientate a
sostenere i ceti medi urbani. Il Raiffeisen “faceva appello allo spirito di
solidarietà delle popolazioni dei piccoli centri rurali per emancipare le
più umili classi contadine, soprattutto facendole beneficiare del credito
attraverso le casse rurali”.
Sulla scia dell’esempio tedesco, nel 1883 a Loreggia, poco lontana da
Padova, Leone Wollemborg e don Nicola Condotta, costituiscono la prima Cassa
Rurale italiana. È la prima, ma non sarà l’ultima perché cominceranno a
diffondersi a macchia d’olio. Il seme lanciato dalla Lettera Enciclica Rerum
Novarum di Leone XIII che si propone di promuovere opere di carattere
economico-sociale alla luce dei principi cristiani, trova, dunque, nella
Diocesi di Padova, un terreno assai fertile. Ad Ospedaletto Euganeo,
infatti, la Cassa Rurale nasce nel 1898, ma a Bresega, dopo un’assidua opera
di persuasione a favore delle necessità economiche della zona, il 15
dicembre 1901 con altri soci, fra i quali il parroco don Giovanni Mosele,
viene stipulato l’atto costitutivo della Cassa Rurale di Bresega, chiamata
“Cassa di Prestiti di Bresega”, ed è pure coinvolto a prestare gratuitamente
la sua opera il notaio estense Catterino Nazari. Credo sia doveroso citare
anche i nomi di coloro che, insieme al Facciolo e al parroco di Bresega,
versarono la quota sociale di £ 1 in qualità di primi soci: Seren Domenico
di Angelo (Bresega), Gioachini Luigi di Stefano (Bresega), Giovanni
Pietrogrande di Luigi (Este), Piva Antonio di Giovanni (Bresega), Paluan
Eugenio di Severino (Bresega), Slanzi Matteo di Angelo (Bresega), Paluan
Antonio fu Domenico (Bresega), Pantano Gaetano fu Giuseppe (Bresega),
Pastorello Abramo fu Gherardo (Bresega), Gradin Luigi fu Angelo (Bresega) e
Mussolin Luigi fu Giacomo (Bresega).
Il 30 giugno 1887 nasce l’unico figlio maschio di Domenico Facciolo, che
chiama Leone, nome non molto usuale a quei tempi, ma che certamente ricorda
al padre le opere compiute da due grandi personaggi che portano proprio
quello stesso nome: Leone XIII e Leone Wollemborg. Chissà, forse saranno
questi esempi, oltre a quelli familiari, che condurranno più tardi il
giovane a diventare sacerdote.
Domenico Facciolo, assieme alla moglie Margherita Marsotto e ai sei figli:
Giuseppina, Assunta Maria, Agnese Luigia, Emma, Angela Ermelinda e Leone
Giobatta, ha continuato la sua opera fino alla morte che è avvenuta il 4
febbraio 1914. È sepolto con i suoi familiari nella tomba di famiglia del
cimitero di Bresega. Oltre alla lapide affissa alla chiesa parrocchiale, la
Cassa Rurale di Bresega ha voluto ricordarlo anche con una scultura in ferro
battuto posta davanti alla vecchia sede, ora ambulatorio medico. Vi è stata
posta nel 1977, e lo raffigura assieme a F. W. Raiffeisen mentre tiene in
mano lo statuto della Cassa Rurale di Bresega.
Per quanto concerne, invece, Isidoro Alessi, storico, notaio ed archeologo,
sappiamo per certo, perché è lui stesso ad affermarlo,
che nacque alle ore 7 di lunedì 27 dicembre 1712, da Giacomo e Felicita
Guzzoni, gentildonna padovana.
Ciò che colpisce è il fatto che l’emerito personaggio non è prodigo di
particolari riguardo il luogo di nascita, lo è invece per quello in cui
riceve il sacramento del battesimo il 12 gennaio 1713, e precisamente nella
parrocchia di Bresega, dove sembra che la famiglia avesse alcuni
possedimenti. Ci si deve fidare di queste sue affermazioni perché,
purtroppo, il registro dei battesimi della Parrocchia in questione inizia
dal 1767, perché gli altri sono andati perduti a causa di un incendio che ha
distrutto tutti i documenti dell’archivio parrocchiale. Sarebbe però
certamente stato interessante sapere con esattezza dov’erano ubicate le
proprietà degli Alessi nel villaggio rurale di Bresega. Forse è lecito
ipotizzare che qui la famiglia trascorresse buona parte dell’anno, se la
maggior parte dei figli veniva battezzata a Bresega, come era avvenuto
infatti per il bisnonno, il nonno, il papà, la sorella Marina, vari zii e
zie di Isidoro.
Giovanissimo, viene mandato a Padova a frequentare la scuola dai Padri
Gesuiti, ma rimane prematuramente orfano dei genitori, e così viene adottato
dallo zio don Francesco Allegri, il quale lo esorta a concludere i suoi
studi di carattere letterario e filosofico presso la scuola estense di don
Gaetano Perotti. Sarà poi l’abate Francesco Bortoloni ad avviarlo agli studi
giuridici nella vicina Università di Padova, nella quale conseguirà la
laurea il 10 luglio 1734. Dopo la scomparsa dello zio che lo aveva adottato,
e il matrimonio con Ludovica Ughne, figlia di un ufficiale dalmata,
comincia ad esercitare in Este l’attività forense. L’amore però per la
letteratura, la storia, l’archeologia, la poesia, lo spingono a cimentarsi
in varie attività quali la partecipazione all’Accademia degli Inesperti, la
critica letteraria, un’assidua attività di ricerca e di trascrizione delle
steli funerarie che emergono dal sottosuolo di Este e dintorni.
Nel 1743 abbandona l’attività forense per dedicarsi a quella notarile.
L’anno seguente entra a far parte del Consiglio della Comunità Atestina e
poco dopo viene nominato deputato entrando così a “far parte della più
importante magistratura locale
“, ed è inoltre “uno dei quattro cittadini competenti in materia di DAZI,
MERCANZIA e DUCATO per botte”.
Nel 1745 viene nominato revisore alla scuola pubblica. Negli anni seguenti
ricopre altre cariche fino a diventare nel 1750 Provveditore alla Sanità. Ma
è il 7 gennaio 1747 che la sua gioia è immensa quando diviene padre per la
prima volta di Felicita Giovanna che muore purtroppo dopo soli 20 giorni di
vita, e precisamente venerdì 27 gennaio alle ore 10. Seguiranno poi Marina
Felicita, Giuseppe Maria, Anna Maria Lavinia che moriranno tutti in tenera
età. Solo l’ultimogenito, Felice Giacomo, sopravviverà ai genitori.
L’attività di Isidoro Alessi è continua ed instancabile. A lui si deve la
lodevole iniziativa di incaricare il pittore veneziano Gianbattista Tiepolo
ad eseguire la celebre e splendida pala dell’altare maggiore del Duomo
Atestino. Essa raffigura S. Tecla patrona di Este, che supplica il Signore
affinché liberi la città colpita dalla terribile pestilenza del 1630.
La tela, oltre all’indiscusso valore artistico dovuto al suo rinomato
autore, rappresenta un documento storico di rilevante importanza in quanto
memoria di un evento doloroso della storia della cittadina ma, ancor più,
della fede profonda dei suoi cittadini che si rivolgono all’Onnipotente e ai
loro santi patroni in un momento di grande angoscia e preoccupazione.
L’opera del Tiepolo contribuisce ancor oggi ad arricchire il patrimonio
artistico della chiesa più importante di Este.
L’Alessi si cimenta anche come scrittore storico-critico con l’opera:
“Ricerche istorico-critiche delle antichità di Este”, edita a Padova nel
1776. Il suo intento è quello di nobilitare Este, che per duemila anni ha
conservato la sua indipendenza come città-stato, perduta nel 1213, quando
quella di Padova l’aggregò a sé fino al 1405,
anno in cui la Repubblica Serenissima di Venezia occuperà la nostra zona e
ci resterà fino al 1797.
Isidoro Alessi si spegne il 18 ottobre 1799 all’età di 87 anni, dopo una
vita intensa e proficua. Viene sepolto nella tomba di famiglia che si trova
nella Cappella del Crocifisso del Duomo di Este, dove riposa accanto a tutti
i membri della sua famiglia.
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