U na magica trasformazione della realtà naturale e sociale pare connotare, nella sua totalità, la produzione pittorica di Vito Locaputo. Il discorso essenziale della sua arte si struttura proprio nell'ambito di questa dimensione "altra", dove le costanti rappresentazioni di paesaggi urbani, ora più allucinati e alienanti, ora più irreali e quasi favolistici, fanno da contrappunto ad alcuni significati archetipi dell'immaginario universale, come il sole, la luna o le stelle, i cui armonici movimenti astrali si inscrivono in un mondo desolatamente senza uomini, sempre al centro di architetture tra il surreale e il metafisico.D ivelti dalla loro ubicazione originaria per essere proiettati al di là dell'orizzonte o per essere accostati contemporaneamente al sole e alla luna, oltre che al mare, i paesaggi di Locaputo sono così inseriti in una raffinata ricerca prospettica, anch'essa totalmente onirica e surreale, tesa soprattutto a frantumare il reale in una pluralità di piani e a determinare, anche dal punto di vista prioritariamente compositivo, un sottile effetto di straniamento e dissonanza, carico di complesse e suggestive valenze.A llo stesso modo, anche l'uso del colore diviene metafora di questa totalizzante metamorfosi del reale: gli inusitati accordi coloritistici, spesso costruiti all'insegna della dissonanza e della trasmutazione/negazione della realtà, sono forse il modo attraverso cui Locaputo traduce quel poetico tentativo di superamento della materia e della quotidianità che, nella tensione verso un mondo mitico ed ideale, sembra percorrere interamente la sua opera. |