Corso di greco biblico

Alfabeto e regole fonetiche di base

Consonanti e pronuncia

L'alfabeto greco è formato da 16 consonanti ( non è vero) suddivise in:
- labiali
- dentali
- gutturali
- nasali
- sibilanti
- doppie

NB: la consonante "γ" davanti a "κ γ χ ξ" si legge "n"
esempi:    
                    ἄγγελος,     (angelo/messaggero)   angelos
                    ἀνάγχη        (necessità)    ananche

ALFABETO          

Simbolo MinuscoloSimbolo MaiuscoloNomePronuncia Italiana
α Αalfaa
βΒbetab
γΓgammag (dura)
δΔdeltad
ε Ε epsilone (breve)
ζ Ζzetaz (dolce)
η Ηetae (lunga)
θΘthetath
ιΙ iota
i
κΚkappak
λΛlambdal
μΜmym
ν Νnyn
ξ Ξcsix
ο Οomicrono (breve)
πΠpip
ρΡrhor
σ ς Σ sigmas
τΤtaut
υΥypsilony (pronuncia u)
φΦ phiph (f)
χΧchich (aspirata)
ψΨpsi   ps
ωΩomega
o (lunga)
      

Altre pronunce....
 
 ου ="u" italiana
 υ   = "u" lombarda

Vocali

Spiriti

le parole greche che iniziano per vocale portano segnato su di essa un segno detto spirito (ἁ ἀ).

esistono due tipi di spiriti:

- spirito dolce (o debole): il segno è aperto verso sinistra e non modifica il tipo di pronuncia (ὄνομα)

- spirito aspro (o forte): il segno è aperto verso destra e corrisponde alla leggera aspirazione della lettera "h" (οὖτος)

nel caso di un dittongo all'inizio della parola lo spirito si sposta sulla seconda vocale del dittongo (οὖτος)

Accenti

ὰ= accento grave; si trova sull'ultima sillaba e solo se segue un'altra parola

ά= accento acuto; si trova su qualunque tipo di sillaba, lunga o breve che sia però deve essere o terzultima o penultima o ultima.

ᾶ= accento circonflesso; si trova solo sulle sillabe lunghe, cioè vocali lunghe o dittonghi. Può stare sulla penultima sillaba (se l'ultima è breve) o sull'ultima.

Proclitiche 

le proclitiche sono parole (generalmente particelle) che sono prive di accento e si appoggiano alla parola successiva .

es.       εἰς Ἰεριχώ

il nominativo maschile e femminile dell'articolo determinativo è proclitico

es.        ὁ ἄνθρωπος

Regole di grammatica e sintassi

FRASE NEGATIVA

μή= Non. Negazione proibitiva. Si usa con congiuntivo e imperativo quando è implicita l'dea di un comando o una proibizione.
οὐ= Non. Negazione oggettiva, si usa con l'indicativo per negare un dato di fatto o affermare l' irrealtà di un preposizione.

PARTICOLARITA' DELL'ARTICOLO

un articolo seguito dalla congiuzione "δε" spesso assume valore di PRONOME
es:
         οἱ δὲ =  essi tuttavia
         ἡ δὲ   = ma lei      
es. ἡ δὲ = ma lei, e lei, ma essa però, ed essa (Lc 1,29).
             

La frase nominale

La frase nominale è formata dall'unione di un sostantivo con un aggettivo, senza uso del verbo εἰμί .

καλὸν τὸ ἅλας (Mc 9,50)

Buona cosa il sale...

Eredit� delle fasi più arcaiche, nell'evoluzione della lingua la frase nominale tende ad essere sostituita dalla regolare costruzione con εἰμί . Tuttavia l'ellissi del verbo conferisce all'espressione un'ampiezza e una forza simbolica particolare. La frase nominale oltrepassa il contenuto puramente informativo, e può avere il tono di una esclamazione, di una esortazione, di una proclamazione.

μακάριοι οἱ πτωχοὶ τῷ πνεύματι, ὅτι αὐτῶν ἐστιν ἡ βασιλεία τῶν οὐρανῶν (Mt 5,3)
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
In questo caso la frase nominale serve a proclamare il Vangelo, è un grido, un annuncio, non è puramente informativa. Non spiega, ma indica, presenta un'immagine. La frase successiva introdotta da ὅτι ha invece il valore di un'esplicazione, e stavolta si usa regolarmente il verbo εἰμί , come in tutte le beatitudini seguenti. Di nuovo, significativamente, troviamo una frase nominale alla conclusione delle beatitudini, in Mt 5,12:
χαίρετε καὶ ἀγαλλιᾶσθε, ὅτι ὁ μισθὸς ὑμῶν πολὺς ἐν τοῖς οὐρανοῖς .
Rallegratevi ed esultate, perché la vostra ricompensa grande nei cieli.

Il predicato nominale

Nella definizione classica della grammatica il predicato nominale è unito al soggetto mediante il verbo essere, detto copula. Il predicato generalmente è un aggettivo, un sostantivo, o un'espressione sostantivata. La logica e la filosofia classica sono basate essenzialmente sulla definizione di ciò che correttamente si può predicare di qualcos'altro: tutta la ricerca verte intorno all'essenza delle cose, e al modo di definirla. Nella filosofia moderna gli "enunciati di stato" hanno uno statuto più problematico, sia per la sfiducia nella possibilit� di riconoscere l'essenza delle cose, sia perché in molti casi appaiono come espressioni ambigue, senza un senso determinato (almeno dal punto di vista del linguaggio scientifico). Si pone dunque una sfida all'esegesi neotestamentaria, di come reinterpretare le numerose formule di autopresentazione di Cristo. Che senso ha nella scrittura il linguaggio dell'essere?

ἐγώ εἰμι ὁ θεὸς ἀβραὰμ καὶ ὁ θεὸς ἰσαὰκ καὶ ὁ θεὸς ἰακώβ. οὐκ ἔστιν θεὸς νεκρῶν ἀλλὰ ζώντων. Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Non è un Dio dei morti, ma dei viventi. Il pronome personale di prima persona a inizio frase ha chiaramente valore enfatico. Di per sé non è necessario (come mostra la seconda parte della frase). La morfologia della lingua greca, con i casi e le persone verbali chiaramente distinguibili, permette una grande libert� nella costruzione della frase. Generalmente tuttavia il verbo tende a seguire il predicato nominale (anche per la sua accentazione enclitica). Variazioni rispetto alla norma possono dare accentazioni diverse alla frase. πᾶς ὁ ἐρχόμενος πρός με καὶ ἀκούων μου τῶν λόγων καὶ ποιῶν αὐτούς, ὑποδείξω ὑμῖν τίνι ἐστὶν ὅμοιος. (Lc 6,47) Ognuno che viene a me e che ascolta di me le parole e le fa, mostrerò a voi a chi è simile. Il verbo non segue il predicato ὅμοιος, ma il pronome interrogativo: tutta la frase è volta a creare l'attesa, a suscitare la domanda: a chi è simile costui? Subito dopo si risponde alla domanda, e vediamo come cambia la costruzione ὁμοιός ἐστι ἀνθρώπῳ οἰκοδομοῦντι οἰκίαν (Lc 6,48) simile è a un uomo che costruisce casa Ora, regolarmente, il verbo enclitico segue il predicato, e tutta l'attenzione del lettore gravita attorno all'espressione conclusiva della frase, il complemento di termine, l'uomo che "costruisce una casa".

Uso dei casi 

il nominativo è il caso che si usa per indicare il soggetto della frase o il predicato nominale.
il genitivo è il caso del complemento di specifacazione. (del / della / dei / delle)
l'accusativo è il caso del complemento oggetto. (il / lo / la / i / gli / le)
il dativo è il caso del complemento di terine (a chi? / a che cosa?)
il vocativo si usa per chiamare un nome o una persona

Congiunzioni

Congiunzioni coordinative

καὶ = e, anche, pure; congiunzione coordinativa.

δὲ = allora, ma, invece,però, e (oppure non si traduce); si trova sempre in II posizione, dopo un’altra parola, mai in principio di frase. Congiunzione coordinativa avversativa.

Il δὲ con l’articolo acquista il valore di pronome personale, 

es. ἡ δὲ = ma lei, e lei, ma essa però, ed essa (Lc 1,29).

Καθὼς = come; congiunzione comparativa.

Congiunzioni subordinative

Le congiunzioni subordinative introducono proposizioni subordinate di vario tipo: temporali, causali, finali, etc.

καὶ ἐὰν → κἂν = e se, anche se, qualora + congiuntivo.

ὅτι = che, congiunzione dichiarativa, introduce il discorso indiretto e talvolta anche il discorso diretto.

Discorso diretto – discorso indiretto

Un principio del testo greco è la ridondanza. Il passaggio dalla narrazione al discorso diretto è sempre marcato da un verbum dicendi (λεγω, φημι, etc.) e spesso anche da altre espressioni (usatissimo il participio αποκριθεις = rispondendo).