REGIA MARINA

 


CORAZZATA LITTORIO (ITALIA)


STORIA

LITTORIO (ITALIA)

Nave Littorio (Italia)
Tipo Corazzata
Cantiere di costruzione Cantieri Ansaldo (Genova)
Impostazione 28 ottobre del 1934
Varo 22 agosto del 1937
Entrata in servizio 6 maggio del 1940

STORIA

  • dal 31 agosto al 5 settembre 1940: operò sui convogli britannici a malta senza risultato;

  • dal 7 settembre al 8 settembre 1940: operò con la forza  "H" senza successo;

  • dal 28 settembre al 3 ottobre del 1940: operò contro la flotta inglese senza successo;

  • 12 novembre 1940, al porto di Taranto fu colpita da 3 siluri dai biplani Swordfish lanciati dalla portaerei inglese Illustrious, gravemente danneggiata rimase in riparazione fino all'agosto del 1941;

  • dal 26 al 29 settembre 1941 operò contro i convogli inglesi diretti a Malta senza successo;

  • dal 13 al 18 dicembre partecipò alla Prima Battaglia della Sirte

  • dal 13 al 16 giugno 1942 operò contro i convogli inglesi diretti a Malta senza successo, durante questa operazione fu colpita, il mattino del 15 giugno, da una bomba di un Liberator (bombardiere americano a lungo raggio), sulla via del ritorno fu trovata da 5 Wellington e colpita da un siluro;

  • fu mandata in riparazione fino al febbraio del 1943;

  • il 19 giugno del 1943, durante un raid aereo dei bombardieri americani a La Spezia fu colpito da una bomba;

  • il 30 giugno del 1943 fu rinominata "Italia"

  • il 9 settembre 1943, mentre era in trasferimento a Malta, dopo la capitolazione italiana, fu attaccata da bombardieri leggeri tedeschi (Dornier Do 217) che la colpirono con bombe (SD 1400X) due volte, una bomba cadde sul castello, l'altra mancò di poco la poppa, causando alcuni danni;

  • l'11 settembre 1943, dopo la capitolazione italiana, fu trasferita a Malta e il 14 settembre ad Alessandria;

  • dal 17 ottobre 1943 fu internata al Lago Amaro (grande lago salato all'uscita del canale di Suez);

  • nel febbraio del 1947 ritornò in Italia per essere demolita a favore degli USA;

  • il 1° giugno del 1948 fu radiata e demolita a La Spezia.


Le corazzate tipo Vittorio Veneto furono le più grandi e le più armate fra quelle della Marina italiana. Lo scafo aveva il castello che si prolungava nella sovrastruttura centrale, la quale giungeva fino a comprendere la torre di grosso calibro di poppa. A poppa estrema vi era la catapulta per il lancio degli aerei con sottostante aviorimessa. 

Vi erano tre timoni: uno centrale e due più piccoli laterali. Non vi erano alberi, ma solo un grande torrione a prora che sosteneva un alberetto, e un secondo torrione, più piccolo, a poppavia dei fumaioli munito di alberetto e picco di carico. L'armamento principale di 9 cannoni da 381 mm era suddiviso in tre torri trinate, due a prora, la prima sul castello e la seconda sopraelevata, e una a poppa anch'essa a livello del ponte di castello. 

I 12 cannoni da 152 mm erano in 4 torri trinate ai lati delle torri da 381 mm di prora e di poppa, mentre i 12 cannoni da 90 mm antiaerei erano in altrettante torrette singole, sistemate in due file ai lati del torrione e dei fumaioli. Le mitragliere da 37 mm. erano in postazioni multiple concentrate in plancette ai lati del torrione. La protezione verticale di murata era costituita da una cintura inclinata dello spessore di 350 mm sovrastata da una corazza verticale dello spessore di 70 mm fra i ponti di castello e di batteria. 

Nella zona centrale vi era sui due lati la difesa subacquea a cilindri assorbitori. 

L'apparato motore su 4 eliche sviluppava la velocità di 30 nodi. L8 Vittorio Veneto fu colpita da siluro nello scontro navale del 14 dicembre 1941 ma fu subito riparata. 


Attività bellica (tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Littorio_(nave_da_battaglia)

Entrò in linea, il 6 maggio 1940 non ancora pienamente operativa allo scoppio delle ostilità. Venne inquadrata nella IX Divisione Corazzate della I Squadra quale nave comando divisionale con insegna dell'ammiraglio Bergamini. Nella cosiddetta Notte di Taranto tra l'11 ed il 12 novembre 1940 venne gravemente danneggiata da 3 siluri lanciati da aerosiluranti inglesi Fairey Swordfish ma venne recuperata riprendendo il servizio attivo sei mesi dopo, sorprendendo gli inglesi che ritenevano di averla danneggiata in modo molto più grave.
Durante il 1942 partecipò alla seconda battaglia della Sirte, con al comando l'ammiraglio Angelo Iachino, colpendo con un proiettile da 152 mm l'incrociatore inglese HMS Cleopatra e danneggiando pesantemente i caccia HMS Kingston e Havock con i suoi cannoni di 381 mm. Successivamente, con la gemella Vittorio Veneto, prese parte alla battaglia di mezzo giugno durante la quale venne colpita a prua da un'arma lanciata da un aereo inglese e di striscio da una bomba sganciata da un bombardiere statunitense.
Nella notte tra il 18 e il 19 aprile del 1943 la nave venne leggermente danneggiata da un bombardamento aereo su La Spezia. Nel corso dell'incursione venne affondato il cacciatorpediniere Alpino.
Il successivo bombardamento sulla base di La Spezia del 5 giugno, in cui vennero danneggiate Roma e Vittorio Veneto, ridusse la squadra da battaglia alla sola Littorio. Mente la Vittorio Veneto poté essere riparata in arsenale, rientrando in squadra in poco più di un mese, per la corazzata Roma, colpita nuovamente in un bombardamento nella notte del 24 giugno fu necessario l'entrata in bacino e il trasferimento a Genova, rientrando in squadra solamente il 13 agosto.

La corazzata Littorio viene ribattezzata "Italia"
Dopo il Gran Consiglio del 25 luglio 1943, che vide l'approvazione dell'Ordine del giorno Grandi, il 30 luglio venne ribattezzata Italia. Fino all'armistizio effettuò complessivamente 46 missioni di guerra, di cui 9 per ricerca del nemico e 3 per protezione del traffico nazionale.


Armistizio

Nella giornata dell'8 settembre, la nave si trovava a La Spezia quando nella serata all'equipaggio giunse la notizia dell'armistizio e delle relative clausole che riguardavano la flotta, che prevedevano il trasferimento immediato delle navi italiane in località che sarebbero state designate dal Comandante in Capo alleato, dove sarebbero rimaste in attesa di conoscere il proprio destino e che durante il trasferimento avrebbero innalzato, in segno di resa, pennelli neri sui pennoni e disegnato due cerchi neri sulle tolde.
Alle 3 del mattino del 9 settembre, le navi italiane al comando dell'ammiraglio Bergamini salparono da La Spezia.
La formazione navale navigava senza avere issato i pennelli neri sui pennoni e aver disegnato i dischi neri sulle tolde come prescritto dalle clausole dell'armistizio, ma la corazzata Roma con l'insegna dell'ammiraglio Bergamini aveva innalzato il Gran Pavese.
Nel pomeriggio, al largo dell'isola dell'Asinara la formazione venne sorvolata ad alta quota da ventotto bimotori Dornier Do 217 della Luftwaffe partiti dall'aeroporto di Istres, presso Marsiglia, in tre ondate successive, la prima delle quali si alzò in volo poco dopo le 14,00, con i velivoli che avevano l’istruzione di mirare unicamente alle corazzate.
La flotta fu avvistata dagli aerei dopo poco più di un’ora di volo. Alle 15,30 una prima bomba venne diretta contro l'Eugenio di Savoia, cadendo a circa 50 metri dall'incrociatore senza provocare alcun danno, mentre una seconda bomba cadde vicinissima alla poppa dell'Italia immobilizzandone temporaneamente il timone, per cui la nave venne governata con i timoni ausiliari. Le bombe erano del tipo a razzo teleguidate Ruhrstahl SD 1400,, conosciute dagli alleati con il nome di Fritz X. Successivamente toccò alla Roma; gli aerei, una prima volta fallirono il tiro, ma alle 15,45 la corazzata venne centrata una prima volta da un colpo che apparentemente non produsse gravi effetti. Il secondo colpo alle 15,50 centrò la nave verso prua, questa volta con conseguenze devastanti. Lo scafo si spaccò dopo pochi minuti. La torre corazzata di comando fu investita da una tale vampata, che venne addirittura deformata e piegata dal calore, abbattendosi in avanti e scomparendo, proiettata in alto a pezzi, in mezzo a due enormi colonne di fumo: l'ammiraglio Bergamini e il suo stato maggiore, il comandante della nave Adone Del Cima e buona parte dell'equipaggio vennero uccisi pressoché all'istante. La nave, alle 16,11, girandosi su un fianco, si capovolse e affondò spezzandosi in pochi minuti in due tronconi. Successivamente l'Italia venne nuovamente attaccata e questa volta colpita da una bomba, ma essendo la carica di scoppio assai ridotta, la nave da battaglia, nonostante avesse imbarcato circa ottocento tonnellate di acqua continuò, seppure appesantita, a navigare in formazione. i cacciatorpediniere Mitragliere e Carabiniere invertirono immediatamente la rotta per recuperare i superstiti della Roma, seguiti dall'incrociatore Regolo e dal cacciatorpediniere Fuciliere. A queste unità si aggiunsero le torpediniere Pegaso, Orsa e Impetuoso. I naufraghi della Roma, recuperati dalle unità navali inviate in loro soccorso furono seicentoventidue, di cui cinquecentotre recuperati dai tre cacciatorpediniere, diciassette dall’Attilio Regolo e centodue dalle tre torpediniere. Le navi trasportarono i naufraghi, molti dei quali gravemente feriti, alle Baleari.
A prendere il comando della flotta diretta a Malta, dopo l'affondamento dalla Roma, fu l'ammiraglio Oliva, il più anziano tra gli ammiragli della formazione e comandante della VII Divisione con insegna sull'Eugenio di Savoia, che adempì ad una delle clausole armistiziali, quello di innalzare il pennello nero del lutto sui pennoni ed i dischi neri disegnati sulle tolde. mentre le sette navi si erano fermate a recuperare i morti e i feriti dell'ammiraglia, il resto della squadra proseguì la navigazione dirigendo verso Malta, destinazione scelta dagli alleati, dove la formazione si sarebbe ricongiunta con il gruppo proveniente da Taranto guidato dall'ammiraglio Da Zara e costituito dalle Duilio, dagli incrociatori Cadorna e Pompeo Magno e dal cacciatorpediniere Da Recco. A Malta le unità vennero raggiunte qualche giorno dopo dalla corazzata Giulio Cesare, proveniente dal Cantiere navale di Pola, che giunse il 13 settembre insieme alla nave appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia sotto la scorta di un idrovolante antisommergibile CANT Z.506,[3] e nei giorni successivi dalle altre unità, quali torpediniere, corvette, MAS, motosiluranti e altre unità minori. Il comando di tutte le unità italiane presenti a Malta venne affidato all’ammiraglio Da Zara, quale ammiraglio più anziano.
In un primo momento gli Alleati, su richiesta di Churchill avevano pensato di utilizzarla insieme alla Vittorio Veneto nella guerra nel Pacifico, ma motivazioni di ordine tecnico (le navi erano concepite per l'impiego nel Mediterraneo) e politico fecero tramontarne l'idea ed ebbe inizio per le due unità un lungo internamento nei Laghi Amari, in Egitto.


La demolizione

Rientrata alla base di Augusta dai Laghi Amari il 9 febbraio 1947, la Littorio secondo le condizioni del trattato di pace, avrebbe dovuto essere consegnata agli Stati Uniti, che però vi rinunciarono, così come fecero gli inglesi rinunciando alla Vittorio Veneto. Evitata la consegna delle unità, ancora moderne, le autorità italiane non riuscirono però ad evitare l'ingiunzione alleata di demolirle, cosa che si tentò di ritardare con ogni mezzo, ma senza successo. Inizialmente, su pressione dell'Unione Sovietica ci si limitò al taglio dei cannoni dell'armamento principale. Alla fine, dopo varie battaglie diplomatiche per poterla mantenere in linea (si era anche ipotizzato di barattare le due navi con le più vecchie Doria), la Littorio venne demolita tra il 1948 ed il 1955 insieme alla Vittorio Veneto.


CORAZZATA DI CLASSE LITTORIO

NAVE DA BATTAGLIA LITTORIO

CARATTERISTICHE TECNICHE

FOTOGRAFIE

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