ITALIA

 Lo stemma ufficiale dello Shinano   Lo stemma ufficiale dello Shinano

Battleship Vittorio Veneto   Battleship Giulio Cesare   Battleship Pisa

REGIA MARINA

MARINA ITALIANA

INCROCIATORE CORAZZATO

Un incrociatore corazzato fu un tipo di incrociatore protetto da una corazzatura su tutti i fianchi, così come sui ponti e sulle postazioni dei cannoni. Questa classe di navi fu utilizzata all'incirca a partire dal 1875 fino a metà della prima guerra mondiale e in ruoli ausiliari negli anni trenta e anche nella seconda guerra mondiale.

Lo sviluppo dei proiettili esplosivi alla metà del 1800 rese l'uso della corazzatura inevitabile, nonostante il suo costo e peso e gli incrociatori corazzati cominciarono a comparire nelle grandi marine occidentali (ed in quella Giapponese).


GLI INCROCIATORI DAL 1900 ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Nel periodo 1905-1925 furono costruiti soltanto 4 incrociatori: i due Pisa 9 Amalfi, entrati in servizio nel 1909, e i due San Giorgio e San Marco, entrati in servizio nel 1910-11 ; tutti del tipo incrociatori corazzati. Però durante la guerra Italo-turca fu requisito un incrociatore protetto ordinato dalla Turchia ai cantieri Ansaldo di Genova, che da Drama fu ribattezzato Libia ed entrò in servizio nel 1913. Gli Incrociatori corazzati italiani furono ufficialmente classificati navi da battaglia di prima classe, come le corazzate, delle quali conservavano il forte armamento e la grossa corazzatura, ma dalle quali differivano per la maggior velocità: 23 nodi contro i 21,5 nodi dei tipi Cavour.  Trattandosi di incrociatori, sia i Pisa che i San Giorgio ebbero i 4 cannoni principali del calibro di 254 mm, uguale a quello dell'unico cannone degli incrociatori classe Garibaldi, ma con canna più lunga: 45 calibri invece che 40. Anche l'armamento secondario fu uguale, costituito da 8 cannoni da 190 mm e da 16 da 76 mm sui Pisa 3 18 sui San Giorgio, e da 3 lanciasiluri da 450 mm. La disposizione generale dei cannoni era uguale: in torri binate una a prora e una a poppa i 4 da 254 mm e in 4 torri binate simmetriche due per lato al centro gli 8 da 190 mm.

La differenza fondamentale stava nella disposizione dell'apparato motore che sui Pisa era costituito da 22 caldaie in tre locali tutti a proravia di quello delle due macchine, mentre sul San Giorgio le 14 caldaie erano in 4 locali due a prora e due a poppa di quelli delle macchine. In quanto al tipo di macchine su Pisa, Amalfi e San Giorgio si installarono le tradizionali motrici alternative, sul San Marco invece fu sperimentato il primo apparato motore a turbine per grandi navi, apparato che costituì la prova generate per quello delta corazzata Dante Alighieri, messa in cantiere nel 1909 e delle successive del tipo Cavour. Per questo diverso tipo di apparato motore il San Marco ebbe 4 eliche invece che 2, fu il primo incrociatore italiano a 4 eliche, disposizione ripetuta solo sui successivi tipi Trento, che col San Marco rappresentano gli unici 3 incrociatori a 4 eliche della Marina italiana.  Il Libia fu l'ultimo incrociatore protetto, già superato alla data della sua entrata in servizio.  Gli incrociatori di preda bellica non sono classificabili ne come corazzati ne come protetti, classificazione ormai caduta in disuso in quanto tutti gli incrociatori con propulsione a turbine non aventi le caratteristiche per essere classificati « da battaglia » venivano classificati incrociatori leggeri indipendentemente dal fatto che possedessero o no protezione verticale e orizzontale. 

Dei 3 incrociatori ex tedeschi incorporati nella Marina italiana solo il Bari non aveva protezione verticale.

Nel periodo 1905-1925 furono costruiti:

-Pisa e Amalfi (1909). 

San Giorgio, San Marco (1910-11). 

-Libia (1913).

Vennero incorporati nella Marina italiana come preda bellica: -Taranto ex tedesco Strassburgo -Ancona ex tedesco Graudenz  -Bari ex tedesco Pillau.


CLASSE PISA


La classe Pisa fu un modello di incrociatore corazzato della Regia Marina che partecipò prima alla guerra italo turca e successivamente, alla prima guerra mondiale. La classe era composta da due unità per la Regia Marina, RN Pisa e RN Amalfi ed una terza per la marina da guerra greca, la Georgios Averof. Il progetto, a ponte continuo, fu derivato da quello della classe di corazzate Regina Elena che presenta infatti una sagoma laterale simile, tranne per la mancanza della seconda torre corazzata a poppa. La lunghezza verticale era di 130 m, ma oltre la prua si estendeva uno sperone di 10,5 m che insieme alla poppa estesa all'indietro sotto la linea di galleggiamento portava la lunghezza fuori tutto a 140,5 m. Il suo armamento principale era disposto in due torri corazzate binate a prua e a poppa, armate con i cannoni da Vickers 254/45 Mod. 1906; l'armamento secondario da 190/45 Mod. 1908 era posto in 4 torri binate poste lungo le fiancate a mezza nave, e non in cannoniera come in molti progetti contemporanei.

Incrociatore corazzato Pisa

Il Pisa è stato un incrociatore corazzato della Regia Marina.  Costruito nel cantiere Orlando di Livorno venne completato nel 1909. Partecipò alla guerra italo-turca sia in Libia che nel Dodecaneso, sia operando con la squadra navale nel bombardamento delle coste attorno allo stretto dei Dardanelli il 19 aprile che all'occupazione delle isole Sporadi; in particolare l'incrociatore Pisa inviò un suo distaccamento da sbarco ad occupare l'isola di Kalymnos. Durante il conflitto, prestò servizio sulla nave l'allora tenente di vascello Carlo Bergamini, che ne divenne direttore di tiro. In servizio anche nella prima guerra mondiale, al suo inizio faceva parte della IV Divisione Incrociatori dell'ammiraglio Umberto Cagni, composta dalle navi Pisa, Amalfi, San Giorgio, San Marco e Piemonte. Venne riclassificato come corazzata costiera nel 1921, poi divenne nave scuola ospitando gli allievi dell'Accademia Navale dal 1925 fino al 1930 e venne infine radiato nel 1937.

Incrociatore corazzato Amalfi

L'Amalfi è stato un incrociatore corazzato della Regia Marina. Costruito nel cantiere Orlando a Genova, partecipò alla guerra italo-turca sia in Libia, dove partecipò al bombardamento dei forti di Derna e alla presa di Bengasi, che nel Dodecaneso, dove insieme all'incrociatore Duca degli Abruzzi occupò le isole di Patmos, Calchi ed Emporio.
All'inizio dell'impegno italiano nella prima guerra mondiale venne posizionata nel mar Adriatico, prima presso la base di Brindisi e poi a Venezia, inquadrata come il Pisa nella IV Divisione Incrociatori dell'ammiraglio Cagni. La notte del 7 luglio 1915 alle 02:00, la nave lasciò Malamocco per raggiungere delle torpediniere che operavano a circa 20 miglia dalla costa dell'alto Adriatico, ed era sotto scorta diretta delle torpediniere Climene ed Orsa; alle 04:05 venne silurata sul fianco sinistro, e nonostante la contromanovra a dritta per evitare un eventuale secondo siluro iniziò a sbandare pesantemente a sinistra, a causa di una grossa falla causata dai 190 kg di esplosivo della testata. Viste le condizioni, il comandante ordinò di abbandonare la nave che affondò rapidamente e l'equipaggio venne tratto in gran parte in salvo dalle unità di scorta. Dopo la guerra si saprà che la nave era stata attaccata dal sommergibile tedesco UB.14, operante sotto bandiera austro-ungarica e il nome di U.26, con la perdita di 67 uomini dell'equipaggio. Il relitto giace sul fondale a una profondità di 30 metri a 20 miglia dal porto del Lido di Venezia, ma essendo stato a suo tempo venduto ad una società di recupero, è stato in buona parte progressivamente smantellato.

Incrociatore corazzato Averof

La Georgios Averof (o Averoff, in greco Θ/Κ Γεώργιος Αβέρωφ) è stata una nave da guerra della marina militare reale greca che ha servito per mezzo secolo come ammiraglia della flotta. La Giorgios Averof venne costruita contemporaneamente alle altre due, ma per problemi di bilancio venne cancellata dalla Regia Marina; il neoeletto governo greco di Mavromichalis offrì come anticipo un terzo del suo costo totale e così la nave venne venduta alla marina reale greca entrando in servizio il 16 maggio 1911. Prese il nome dall'industriale greco Georgios Averof, che fu il finanziatore dell'anticipo dato per l'acquisto mentre il resto fu coperto da un prestito sottoscritto all'estero dal governo greco. La nave fu quindi varata il 27 febbraio 1919 ed arrivò ad Atene il 1º settembre 1911; venne impiegata durante la prima guerra balcanica tra il 1912 e il 1913, in particolare durante la battaglia di Elli nella quale una squadra navale greca comandata dal contrammiraglio Pavlos Kountouriotis attaccò e mise in fuga la flotta ottomana; in particolare la Averof, nave ammiraglia, attaccò da sola lasciando indietro le tre vecchie corazzate Hydra, Spetsai e Psara dopo aver segnalato l'ordine di azione indipendente, colpendo l'ammiraglia turca Barbaros Hayreddin ed obbligando i turchi a ritirarsi, visto anche il sopraggiungere del resto della flotta greca. Le sue torri principali montavano cannoni da 234/45 mm (9,2") invece che quelli da 254 mm (10") delle navi italiane. Al di là di questo particolare episodio, comunque la nave contribuì alla liberazione dai turchi di varie città sulla costa della Macedonia orientale e di parte delle isole dell'Egeo centrosettentrionale.
Durante la prima guerra mondiale venne estesamente impiegata per la scorta ai convogli nell'Egeo e durante la campagna per l'occupazione di Smirne, il cui possesso verrà poi assegnato alla Grecia col trattato di Sèvres. Nel periodo dal 1925 al 1927 venne sottoposta a lavori di ammodernamento presso i cantieri Forges et Ch. de la Méditerranée a La Seyne in Francia, dove venne aggiornato l'apparato motore che inizialmente era a carbone, e aggiunto l'albero tripode con direzione del tiro e torrione. I 16 cannoni antinave da 76mm vennero rimpiazzati nel 1940 da 8 cannoni moderni dello stesso calibro e 4 installazioni antiaeree da 76mm. Dopo l'invasione della Grecia da parte dell'Asse si rifugiò ad Alessandria d'Egitto nel maggio 1941, ponendosi sotto il controllo delle forze navali alleate; l'ammiragliato britannico le assegnò il pennant number D54 e la mise in servizio nell'Oceano Indiano, per poi rimandarla in un secondo tempo nel mar Mediterraneo. Il 17 ottobre 1944 l'Averof era la nave ammiraglia della forza navale greca che gettò l'ancora nella baia di Atene liberando ufficialmente la città e la sua bandiera di guerra fu issata sull'Acropoli a sancire l'avvenimento. Fece l'ultimo viaggio in servizio nell'isola di Rodi nel 1947 in concomitanza con l'annessione greca del Dodecaneso, ceduto dall'Italia come riparazione di guerra. La nave venne radiata nel 1951 e attualmente è una nave museo ormeggiata ad Atene nella baia di Falirion, l'unica esistente al mondo di costruzione italiana.


CLASSE SAN GIORGIO

Gli incrociatori corazzati Classe San Giorgio della Regia Marina erano le ultime e più perfezionate unità dell'epoca, con buona autonomia e ottima tenuta al mare. Erano ben armate con pezzi inglesi da 254/45 Mod. 1907 e 190/45 Mod. 1908, veloci e almeno in termini di spessori massimi, ben protette. Dal momento che il dislocamento era assai modesto è verosimile che vi fossero limiti in termini di estensione della protezione, come si evince dai numerosi oblò delle fiancate.

Le due unità della classe differivano tra loro per l'apparato motore. Entrambi gli incrociatori avevano 14 caldaie in tre gruppi di quattro, che sfogavano nei primi tre fumaioli ed uno di due caldaie che sfogava nell'ultimo fumaiolo poppiero. Le caldaie usavano il carbone come combustibile. Il San Giorgio aveva un impianto tradizionale con due motrici alternative a tripla espansione e due assi, per una potenza complessiva di 18.200 hp ed una velocità massima di 23 nodi. Il San Marco fu la prima nave militare ad essere dotata di turbine a vapore, con 4 turbine Parsons costruite su licenza dall'Ansaldo. Tale apparato motore forniva al San Marco una potenza complessiva di 23.000 hp su quattro assi e permetteva all'unità di raggiungere una velocità massima di 24 nodi ed un'autonomia di 1000 miglia a 21 nodi e 3.100 miglia a 12 nodi.

Costruite negli anni precedenti la prima guerra mondiale queste sopravvissero fino alla seconda guerra mondiale. Il San Marco dal 1941 venne usato come bersaglio, mentre il San Giorgio, dopo essere stato ampiamente rimodernato, venne usato come piattaforma contraerea galleggiate nella difesa di Tobruk. Abbatté o danneggiò gravemente ben 47 velivoli nemici e, quasi sicuramente, l'aereo di Italo Balbo; quando Tobruk cadde si autoaffondò in porto. Il San Marco venne usato come bersaglio mobile radiocomandato in seguito alle vicende armistiziali venne catturato dai tedeschi ed autoaffondato alla Spezia.

Incrociatore corazzato San Giorgio

Il San Giorgio fu un incrociatore corazzato della Regia Marina che partecipò prima alla guerra italo-turca e successivamente, alla prima e alla seconda guerra mondiale e nel ruolo di nave ammiraglia, alla guerra civile spagnola. La nave venne impostata sugli scali del cantiere navale di Castellammare di Stabia il 4 luglio 1905 e varata nel 1908 venne consegnata il 1º luglio 1910 e ricevette la bandiera di combattimento a Genova il 4 marzo 1911 dalla Duchessa di Genova. Il motto della nave, "Tutor et ultor", venne poi cambiato in "Protector et vindicator" nel corso del primo conflitto mondiale. All'epoca del varo era armato con 4 cannoni da 254/45 mm in due torri binate, 8 cannoni da 190/45 Mod. 1908 mm in quattro torri binate, 18 cannoni singoli da 76/40 mm, 2 cannoni singoli da 47/50 mm, due mitragliere e da 3 tubi lanciasiluri da 450 mm, mentre l'apparato motore era costituito da 2 motrici alternative verticali a triplice espansione alimentate da 14 caldaie tipo Blechynden a combustione mista con una potenza di 18.000CV su due assi, che consentivano all'unità una velocità che alle prove risultò di 23 nodi, raggiunta con un dislocamento di 9760 tonnellate e 146 giri alle due eliche.

Nel corso della guerra italo-turca operò davanti alle coste libiche. Nel corso del primo conflitto mondiale, operò principalmente in Adriatico meridionale, impegnato tra Brindisi, Otranto, Valona e nella difesa di Venezia. Durante il conflitto l'azione maggiormente significativa fu un'incursione su Durazzo cui partecipò, insieme al gemello San Marco e al Pisa, partendo da Brindisi, presentandosi davanti al porto ed annientando una flottiglia di navi alla fonda. Nel periodo successivo al conflitto svolse numerosi viaggi all'estero tra cui un viaggio in America Latina, nell'estate del 1924, in cui ospitò a bordo il principe ereditario Umberto di Savoia. Nel 1925-26 venne dislocato nel Mar Rosso, quindi essendo ormai obsoleto per missioni operative, tra il 1930 e il 1935 venne dislocato a Pola per l'attività addestrativa degli allievi delle scuole CREM. Dal 1936 prese parte alla guerra civile spagnola per essere poi radicalmente rimodernato, tra il 1937 e il 1938, nei cantieri navali di La Spezia per essere utilizzato come nave scuola per le crociere estive degli allievi dell'Accademia Navale di Livorno.

Le modifiche riguardarono gli spazi interni destinati ad ospitare gli allievi, le sovrastrutture e l'apparato motore. Le modifiche alla propulsione videro la rimozione di sei caldaie, con le otto caldaie rimaste modernizzate ed adattate alla combustione a nafta e vennero eliminati anche i due fumaioli estremi. L'armamento fu completamente rinnovato ad eccezione dei cannoni da 254 e da 190, mentre furono eliminati i cannoni da 76, i lanciasiluri e tutte le armi minori. L'armamento leggero venne modificato in otto cannoni antiaerei da 100/47 OTO Mod. 1928 in quattro torri binate, sei cannoni da 37/54 mm, dodici mitragliere da 20/65mm e quattro mitragliatrici Breda Mod. 31 da 13,2mm ed al termine dei lavori nel 1938 e nel 1939 effettuò crociere estive nel Mediterraneo. Successivamente, alla vigilia del conflitto furono installati un'altra torre binata da 100/47 mm e altre dieci mitragliatrici da 13,2 mm.

Dal 10 giugno 1940, giorno di entrata in guerra dell'Italia nella seconda guerra mondiale, venne assegnato, con compiti di difesa aeronavale, al Comando Navale della Libia alla Base di Tobruk, dove già si trovava sin dal 13 maggio 1940, proveniente da Taranto. Potrebbe essere stato proprio un cannone antiaereo del San Giorgio ad abbattere accidentalmente il 28 giugno 1940 l'aereo su cui viaggiava il Governatore della Libia e Maresciallo dell'Aria Italo Balbo, un S.M.79, mentre era di ritorno da un volo di ricognizione su Tobruk. Fatto oggetto di 10 pesanti attacchi con bombe e siluri, ai quali reagì violentemente con tutte le artiglierie di bordo, abbattendo o danneggiando ben 47 velivoli nemici, venne colpito solo il 21 gennaio 1941 da tre proiettili che misero fuori uso uno dei cannoni antiaerei da 100mm. All'occupazione della base da parte del nemico, per non cadere in mano nemica Pugliese predispose l'autodistruzione della nave rimanendo a bordo fino all'esplosione finale. Pugliese fu ferito e catturato dagli inglesi e due marinai persero la vita; la bandiera di guerra venne raccolta e riportata in Italia da alcuni membri dell'equipaggio, sei ufficiali e tre marinai, a bordo del peschereccio requisito Risveglio II mentre il resto dell'equipaggio venne fatto prigioniero[3]. Il San Giorgio e il comandante Pugliese vennero decorati di Medaglia d'oro al Valor Militare

Incrociatore corazzato San Marco

Il San Marco fu un incrociatore corazzato della Regia Marina che partecipò prima alla guerra italo turca e successivamente, alla prima guerra mondiale. Il San Marco fu la prima unità della Regia Marina a montare le turbine a vapore, costruite su licenza dai Cantieri Ansaldo di Genova. Nel corso del primo conflitto mondiale venne completamente sostituito l'armamento. Nel 1931 alla Spezia venne convertito in bersaglio mobile radiocomandato controllato dal cacciatorpediniere Audace. In seguito alle vicende armistiziali il 9 settembre 1943 venne catturato dai tedeschi nel porto della Spezia e nello stesso mese venne affondato per prevenirne la cattura da parte degli Alleati.


CORAZZATE PLURICALIBRO

BATTLESHIPS PRE DREADNOUGHT

Con pre-dreadnought o corazzata policalibro/pluricalibro si indica una categoria di navi da battaglia progettate nel periodo compreso tra gli anni 1880 e il 1905; il nome deriva dal fatto che la realizzazione di queste unità fu immediatamente precedente al varo, nel 1906, della nave da battaglia HMS Dreadnought, che con il suo progetto rivoluzionario fece da capostipite per una nuova generazione di navi da battaglia (le "dreadnought", appunto) che rese di colpo obsolete e superate tutte le unità realizzate precedentemente. Evoluzione delle "navi corazzate" progettate nella seconda metà del XIX secolo, con le pre-dreadnought si arrivò all'adozione generalizzata della sistemazione dell'armamento di artiglieria principale in postazioni rotanti lungo l'asse centrale della nave, prima in barbette e poi in torrette blindate completamente chiuse. La dotazione di artiglieria si caratterizzava per una batteria principale di pezzi di grosso calibro (generalmente quattro cannoni divisi in due torrette binate, una a prua e una a poppa), e una o due batterie di pezzi di calibro medio e leggero sistemate lungo il bordo dello scafo in torrette o casematte corazzate; questa compresenza di pezzi di calibro pesante e medio/leggero era all'origine dell'appellativo di "corazzata pluricalibro" usato per indicare queste unità. Le pre-dreadnought furono le prime unità realizzate prevalentemente o interamente in acciaio, e videro il definitivo abbandono della propulsione tramite vela in favore unicamente di motori a vapore a tripla espansione.


CLASSE CAIO DUILIO

Le corazzate della classe Caio Duilio sono state delle unità della Regia Marina costruite tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta del XIX secolo. Con i loro 4 cannoni da 450mm in due torri binate e la velocità di 15 nodi, al momento della loro apparizione furono ritenute le più potenti navi da guerra esistenti.
Le navi erano contraddistinte dall'abolizione dell'ormai pleonastica presenza della velatura, per cui le nuove corazzate si sarebbe distinta a prima vista dalle loro coeve; furono adottate corazze in grado di resistere egregiamente ai proietti dei cannoni da 50 tonnellate; venne realizzato un sistema di compartimenti allagabili per ridurre la superficie corazzata. Lo scafo era interamente in ferro con sperone sommerso lungo oltre 4 metri ed un'opera morta molto bassa, di soli 3 metri. La nave venne armata con cannoni Armstrong da 100 tonnellate, i più potenti disponibili al tempo che la ditta inglese si offrì di costruire a proprio rischio. Questi pezzi erano ad avancarica perché, per cannoni di tale potenza i meccanismi di retrocarica, già allora disponibili, non erano considerati del tutto sicuri.
La velocità massima venne fissata in 15 nodi, effettivamente raggiunti durante le prove. Lo sforzo industriale e tecnologico per la costruzione si dimostrò imponente per l'Italia dell'epoca, quasi del tutto priva di installazioni cantieristiche moderne, ma anche per questo la costruzione delle nuove navi era stata decisa, per dotare finalmente l'Italia dell'autonomia nelle costruzioni navali.

La caratteristica più vistosa delle Duilio era l'armamento, con quattro poderosi pezzi da 100 tonnellate costruiti dall'inglese Armstrong, che erano raggruppati in due torri corazzate poste a centro nave, sistemazione tipica per tutte le grandi corazzate a torri dell'epoca. Questo era dovuto alla necessità di posizionare l'armamento, i depositi munizioni ed il sistema di ricarica, nella zona centrale del bastimento, quella più protetta dalle corazze, il cosiddetto ridotto.  L'apparato motore era formato da due macchine a vapore alternative prodotte dall'inglese Penn e alimentate da otto caldaie, la potenza di progetto, pari a 7.500 cavalli, venne agevolmente superata alle prove. La dotazione di carbone, che serviva anche a rafforzare la protezione orizzontale, era di 1.300 tonnellate.

Corazzata / nave da battaglia Caio Duilio

La Caio Duilio fu una corazzata della Regia Marina che insieme all'Enrico Dandolo faceva parte della classe Caio Duilio, e prestò servizio dal 1880 al 1909. La nave venne costruita su progetto di Benedetto Brin, direttore del Genio Navale, venne realizzata nel Cantiere navale di Castellammare di Stabia dove il suo scafo venne impostato il 24 aprile 1873. La nave, varata l'8 maggio 1876, venne completata il 6 gennaio 1880. La corazzata Caio Duilio non ebbe mai occasione di misurarsi in battaglia. Erano gli anni della Belle époque e tra le potenze europee si viveva il lungo periodo di pace sotto il quale montavano le tensioni che sarebbero esplose solo nel 1914. Il servizio della corazzata si svolse interamente nel Mediterraneo dove compì anche crociere di visita ai paesi rivieraschi e talvolta venne inviata nel Mediterraneo Orientale quando occasioni di tensione o di difesa degli interessi nazionali lo richiedevano. A parte l'indubbio potere dissuasivo nei confronti della Francia, praticamente la Caio Duilio non ebbe uno sfruttamento politico della sua poderosa presenza sui mari e, date le condizioni politico-economiche dell'Italia dell'epoca che non poteva, o non sapeva, sviluppare una pur vagheggiata politica estera di potenza, proprio in quegli anni il governo italiano rifiutò l'invito inglese di partecipare all'occupazione del Canale di Suez, non spostò di fatto l'equilibrio navale nel Mediterraneo. Al contrario della Enrico Dandolo, rimodernata nel 1894, la Caio Duilio non fu rimodernata e quando venne ritirata dal servizio, nel 1900, passò a compiti di nave scuola timonieri e mozzi, successivamente fu utilizzata come batteria di difesa costiera. La nave, posta in disarmo il 20 ottobre 1906, fu radiata il 27 giugno 1909 e demolita nello stesso anno.

Corazzata / nave da battaglia Enrico Dandolo

La corazzata Enrico Dandolo fu un'unità della Regia Marina che insieme alla gemella Caio Duilio faceva parte della Classe Caio Duilio e che prestò servizio dal 1882 al 1909. La nave era stata intitolata al Doge di Venezia Enrico Dandolo e le fu dato il motto Qui si deve vincere, parole attribuite al Doge durante l'assedio di Costantinopoli del 1203.

Al contrario della "Caio Duilio" la corazzata Enrico Dandolo venne rimodernata nel 1894 e venne mobilitata per la guerra italo turca del 1911-12 svolgendo compiti di appoggio e difesa locale nelle rade di Augusta e Messina. Durante il primo conflitto mondiale venne utilizzata con analoghi compiti a protezione delle basi di Brindisi e Valona dove, per qualche tempo, svolse il ruolo di ammiraglia del Comandante della forza navale in Albania. Alla fine del conflitto, fino ad ottobre del 1919 fu sede del Comando Superiore Navale a Cattaro, incaricato dell'esecuzione delle clausole armistiziali presso la ex base della Marina Austro-Ungarica. La corazzata Dandolo venne definitivamente radiata il 4 luglio 1920 dopo quasi quattro decenni di servizio.


CLASSE ITALIA

Le navi da battaglia della classe Italia, Italia e Lepanto furono delle unità della Regia Marina progettate dall'ingegnere navale Benedetto Brin, incaricato dal governo di progettare tre potenti corazzate per la rinascente Regia Marina italiana del Regno d'Italia. Le prime due Duilio e Dandolo erano in costruzione quando, nel 1876, dopo aver rimaneggiato i progetti esistenti sulla base di nuove intuizioni, si decise di soprassedere all'eventuale costruzione di una terza unità della stessa classe per impostare due bastimenti completamente differenti, l'Italia e la sua gemella Lepanto.  L'armamento principale era costituito da quattro grandi cannoni da 431mm forniti dalla britannica Armstrong ed erano a retrocarica. Il caricamento, come in tutte le moderne navi da battaglia dell'epoca era automatizzato. Il proietto, del peso di 896 kg, poteva perforare una corazza d'acciaio di ben 870mm, uno spessore impensabile per qualunque nave al mondo. Diversi pezzi minori, dai 152 mm in giù erano sistemati in varie parti della nave. Lo scafo era in acciaio dolce e la prua comprendeva uno sperone di soli due metri.
Il sistema di compartimentazione si era tradotto in uno scafo molto spazioso per cui la mole della nave era superiore a qualsiasi sua pari classe ed i volumi interni permettevano, cosa rara, una più che confortevole sistemazione dell'equipaggio e davano la possibilità di imbarcare, almeno in teoria, fino ad un'intera divisione di fanteria. Questo fece di queste unità delle vere e proprie navi strategiche, molto indicata per le spedizioni militari oltremare, in grado di portarsi dietro un loro esercito. In un certo senso può anche essere considerata l'antesignana, tra le corazzate, di certe "navi da sbarco" che oggi si trovano in tutte le maggiori marine. Va comunque fatto notare che mai l'Italia si trovò a rivestire un tale ruolo operativo e le sue peculiarità circa la capacità di trasporto, così come la reale efficacia della protezione cellulare non furono mai sottoposte alla prova dei fatti. Purtroppo i lunghi lavori di allestimento la fecero entrare in servizio quando, non solo non era più ai vertici della tecnica navale, ma era forse già superata dal tumultuoso sviluppo tecnologico di quegli anni. In ultima analisi l'Italia fu uno splendido esercizio tecnico e ingegneristico, altamente innovativo e, per certi versi, lungimirante, frutto del vero e proprio genio del suo progettista, ma non costituì un modello né per la Regia Marina, né per altre flotte, restando un unicum nella storia navale.

Corazzata / nave da battaglia Italia

La corazzata Italia fu un'unità della Regia Marina della Classe Italia costruita su progetto dell'ingegnere navale Benedetto Brin, incaricato dal governo di progettare tre potenti corazzate per la rinascente Regia Marina italiana del Regno d'Italia.  La costruzione della nave avvenne nel Cantiere navale di Castellammare di Stabia dove venne impostata nel luglio 1876 sugli stessi scali da dove la Duilio era da poco uscita per l'allestimento. La nave venne varata il 29 settembre 1880 e completata il 16 ottobre 1885. I lunghi lavori di allestimento la fecero entrare in servizio quando non solo non era più ai vertici della tecnica navale, ma era forse già superata dal tumultuoso sviluppo tecnologico di quegli anni. Il suo primo nome fu Stella d'Italia, presto cambiato con Italia. Gran parte della vita operativa dell'unità si svolse in tempo di pace, navigando sempre nel Mediterraneo con tutta la relativa attività di addestramento e compiti di "mostrar bandiera", per cui effettuò numerose crociere di visita ai Paesi rivieraschi. Rivestì in varie occasioni il ruolo di nave ammiraglia della Squadra Navale.
Dal 1905 al 1908 venne sottoposta a lavori di ammodernamento, nel corso dei quali furono tolti due fumaioli, montato un secondo albero ed incrementato l'armamento. La nave, messa in disarmo nel 1912, riprese servizio durante la prima guerra mondiale come batteria costiera galleggiante in difesa del porto di Brindisi, operando in tale compito dal 1915 al 1917, quando, viste le sue buone condizioni sia di scafo che di macchina, venne deciso di trasformarla in nave mercantile per il Ministero dei Trasporti. I lavori di trasformazione terminarono nel 1919, e la nave venne destinata al trasporto di cereali. Il 13 gennaio 1921 venne dismessa, riconsegnata alla Regia Marina e radiata il 16 novembre dello stesso anno per essere demolita l'anno seguente

Corazzata / nave da battaglia Lepanto

La corazzata Lepanto fu un'unità della Regia Marina della Classe Italia costruita su progetto dell'ingegnere navale Benedetto Brin, incaricato dal governo di progettare tre potenti corazzate per la rinascente Regia Marina italiana del Regno d'Italia. Le prime due Duilio e Dandolo erano in costruzione quando, nel 1876, dopo aver rimaneggiato i progetti esistenti sulla base di nuove intuizioni, si decise di soprassedere all'eventuale costruzione di una terza unità della stessa classe per impostare due unità completamente differenti, l'Italia e la sua gemella Lepanto. Il motto della nave era In hoc signo vinces, la frase attribuita all'imperatore Costantino era cucita sulla bandiera della nave ammiraglia di Don Giovanni d'Austria, comandante della flotta dei Collegati a Lepanto, nel 1571.
I lunghi lavori di allestimento la fecero entrare in servizio quando non solo non era più ai vertici della tecnica navale, ma era forse già superata dal tumultuoso sviluppo tecnologico di quegli anni. La vita operativa dell'unità si svolse in tempo di pace, navigando sempre nel Mediterraneo per attività di addestramento e compiti di "mostrar bandiera", rivestendo in varie occasioni il ruolo di nave ammiraglia della Squadra Navale. Nel 1893 la corazzata venne impiegata in compiti di ordine pubblico in Sicilia. Dal 1902 venne utilizzata per l'addestramento dei cannonieri e tra il 1910 ed il 1912 venne adibita a deposito nel porto della Spezia. La nave, messa in disarmo il 26 maggio 1912, venne rimessa in servizio e classificata Nave Ausiliaria di 1ª Classe il 13 gennaio 1913, per essere definitivamente radiata il 15 gennaio 1914 e demolita a partire dal 27 marzo 1915.


CLASSE RE UMBERTO

La classe Re Umberto fu una classe di navi da battaglia pre-dreadnought della Regia Marina italiana, composta da tre unità entrate in servizio tra il 1893 e il 1895. Le tre unità (Re Umberto, Sicilia e Sardegna) videro un certo impiego durante vari viaggi di rappresentanza in giro per il mondo, per poi essere impiegate operativamente durante la guerra italo-turca; ormai obsolete, allo scoppio della prima guerra mondiale furono sostanzialmente ritirate dal servizio attivo e impegnate come batterie d'artiglieria galleggiante, venendo infine radiate e demolite nei primi anni 1920.

Il progetto delle Re Umberto fu elaborato da Benedetto Brin, ispettore del Genio Navale della Regia Marina, sulla base di quello adottato per le precedenti unità della classe Italia e tenendo conto delle risultanze d'impiego di queste ed eliminandone i difetti che erano sostanzialmente quelli di una scarsa corazzatura; il lungo periodo di costruzione delle unità (più di nove anni dall'impostazione al completamento) rese tuttavia le Re Umberto piuttosto obsolete già al momento della loro entrata in servizio Lo scafo delle corazzate, piuttosto tozzo con prua arcuata a sperone e poppa curva, era lungo fuori tutto 127,6 metri (130,7 su Sicilia e Sardegna), largo 23,4 metri e con un pescaggio di 9 metri (8,83 su Sicilia e Sardegna); il dislocamento standard era di 13.000 tonnellate (13.860 su Sardegna), cifra che saliva a più di 15.000 tonnellate con le unità a pieno carico. L'equipaggio ammontava a 789 tra ufficiali e marinai.
La propulsione era garantita da quattro motrici alternative verticali a triplice espansione, accoppiate a due assi e alimentate da 18 caldaie cilindriche ad una fronte con ritorno di fiamma, con una potenza di 19.500 hp; la velocità massima era di 18,6 nodi per un'autonomia di 6.000 miglia nautiche alla velocità di 10 nodi.
L'armamento principale verteva su quattro cannoni calibro 343/30 mm, montati in due complessi binati in barbetta a prua e poppa con una cadenza di tiro di 8 colpi ogni 10 minuti; questi erano poi integrati da 8 cannoni da 152/40 mm, da 16 cannoni da 120/40 mm, da 2 cannoni da 75 mm, da 20 cannoni da 57 mm, da 10 cannoni da 37 mm e da 2 mitragliere. Erano poi disponibili cinque tubi lanciasiluri da 450 mm, uno nella prua e due per ogni fiancata[2]. La protezione prevedeva una cintura corazzata spessa 100 mm e un ponte corazzato spesso 75 mm; le barbette dei cannoni principali erano spesse 350 mm e le scudature dei pezzi secondari tra 100 e 50 mm, mentre una corazzatura spessa 300 mm proteggeva il torrione di comando.

Corazzata / nave da battaglia Re Umberto

Nave Re Umberto è stata una nave da battaglia policalibro della Regia Marina italiana della omonima classe. Come per le altre unità della classe, il lungo periodo di costruzione l'ha resa superata al momento dell'entrata in servizio. La nave, della quale inizialmente erano state finanziate solo due unità, andò a risentire dei lunghissimi tempi di allestimento, dieci anni, che la fecero entrare in servizio parzialmente obsoleta. La sua costruzione avvenne presso il Regio cantiere navale di Castellammare di Stabia dove il suo scafo venne impostato il 10 luglio 1884. La nave varata il 17 ottobre 1888 ha completato il suo allestimento il 16 febbraio 1893.
Il 15 febbraio 1897, la nave, con l'insegna sulla gemella Sicilia del viceammiraglio Felice Napoleone Canevaro al comando della 1ª Divisione della 1ª Squadra, che includeva anche l'altra gemella della classe Sardegna, l'incrociatore protetto Vesuvio e l'incrociatore torpediniere Euridice, giunse a Creta, durante un periodo di tensione tra la Grecia e l'Impero ottomano in seguito alla rivolta scoppiata nell'isola, che culminò nella guerra greco-turca. Nell'ottobre 1911 la nave, all'epoca inquadrata nella Divisione Navi Scuola, prese parte alla guerra italo-turca insieme alla gemelle della classe Re Umberto, Sardegna e Sicilia, nave insegna del contrammiraglio Raffaele Borea Ricci D'Olmo, appoggiando le operazioni di sbarco a Tripoli. Nel dicembre 1911, le tre navi furono sostituite dalle vecchie corazzate Italia e Lepanto. Le navi della classe Re Umberto fecero ritorno nelle acque della Libia nel maggio del 1912 prendendo parte a tutto il ciclo di operazioni lungo le coste libiche fino alla resa degli ottomani nell'ottobre 1912. Alla fine del 1912 la nave venne ritirata dal servizio e utilizzata a Genova come nave deposito e il 10 maggio 1914 posta in disarmo, per essere poi dislocata, dopo l'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale a La Spezia nel giugno 1915 ed essere utilizzata come nave deposito e nave caserma per la nuova corazzata Andrea Doria che stava completando il suo allestimento.
Allo scoppio del conflitto inizialmente l'Italia, che faceva parte della triplice alleanza, aveva dichiarato la sua neutralità, per poi entrare in guerra nel maggio 1915 a fianco dell'Intesa, contro gli Imperi centrali. Il 9 dicembre 1915 la nave fece il suo rientro in servizio ed utilizzata come batteria galleggiante prima a Brindisi e in seguito a Valona in Albania.
Nel 1918, in previsione di un assalto alla principale base navale austro-ungarica di Pola, parte dell'armamento venne sostituito e vennero imbarcati otto cannoni scudati da 75 mm e mortai da trincea, ma l'azione non avvenne a causa della fine della guerra. Al termine del conflitto la nave venne radiata nel 1923 e successivamente demolita.

Corazzata / nave da battaglia Sicilia

Nave Sicilia è stata una nave da battaglia policalibro della Regia Marina italiana della classe Re Umberto. La sua costruzione avvenne presso l'Arsenale di Venezia dove la sua chiglia venne impostata il 2 dicembre 1886 e varata il 6 luglio 1891 alla presenza di re Umberto e della regina Margherita.
Il suo allestimento venne completato il 26 maggio 1896 e la nave è entrata in servizio nel 1897. La nave fu probabilmente la prima nave da battaglia italiana ad essere dotata di radiotelegrafo e tra le prime navi da guerra su cui si ebbe il primo impiego sperimentale di combustione mista.
Dopo l'entrata in servizio la nave il 15 febbraio 1897, la nave, con l'insegna del viceammiraglio Felice Napoleone Canevaro al comando della 1ª Divisione della 1ª Squadra, che includeva anche le gemelle Sardegna e Re Umberto, l'incrociatore protetto Vesuvio e l'incrociatore torpediniere Euridice, giunse a Creta, durante un periodo di tensione tra la Grecia e l'Impero ottomano in seguito alla rivolta scoppiata nell'isola, che culminò nella guerra greco-turca.
Nell'ottobre 1911 la nave, all'epoca inquadrata nella Divisione Navi Scuola, prese parte alla guerra italo-turca quale nave insegna del contrammiraglio Raffaele Borea Ricci D'Olmo insieme alla gemelle della classe Re Umberto, Sardegna e Re Umberto, appoggiando le operazioni di sbarco a Tripoli. Nel dicembre 1911, le tre navi furono sostituite dalle vecchie corazzate Italia e Lepanto. le navi della classe Re Umberto fecero ritorno nelle acque della Libia nel maggio del 1912 prendendo parte a tutto il ciclo di operazioni lungo le coste libiche fino alla resa degli ottomani nell'ottobre 1912. Il 9 luglio 1914 la nave venne posta in disarmo, ma con lo scoppio della prima guerra mondiale, venne deciso il suo mantenimento in servizio fino al termine del conflitto e così il 16 agosto 1914 la nave fece il suo rientro in servizio ed utilizzata a Taranto come nave deposito e come nave caserma per la nuova corazzata Giulio Cesare che stava completando il suo allestimento. Inizialmente l'Italia, che faceva parte della triplice alleanza aveva dichiarato la sua neutralità, per poi entrare in guerra nel maggio 1915 a fianco dell'Intesa, contro gli Imperi centrali. Nel corso del conflitto la nave venne poi utilizzata a Taranto come deposito munizioni, successivamente come pontone ed infine come nave officina, prima di essere radiata il 4 marzo 1923 e successivamente demolita.

Corazzata / nave da battaglia Sardegna

La Sardegna è stata una nave da battaglia policalibro della classe Re Umberto appartenuta alla Regia Marina italiana.
I suoi pezzi principali, ben sopraelevati sul mare, sparavano proiettili da 567 kg in grado di perforare 870 mm di ferro dolce. Una caratteristica condivisa con la classe erano i fumaioli anteriori affiancati, invece che uno dietro l'altro.  La nave entrata in servizio nell'ottobre del 1893, inquadrata nella Divisione Navi Scuola, venne largamente impiegata con successo durante la guerra italo-turca del 1911-12, appoggiando e difendendo lo sbarco delle truppe a Tripoli partecipando a tutta la campagna di Libia, mentre i suoi compiti durante la prima guerra mondiale furono secondari, essendo la nave arrivata al conflitto già obsoleta, e non era in grado di partecipare a scontri di squadra contro le corazzate avversarie più moderne, però venne destinata a rinforzare la difesa di Venezia. Su questa unità si fecero le prime prove sperimentali di combustione mista per il passaggio dal carbone alla nafta. Radiata il 4 gennaio 1923, venne in seguito demolita..


CLASSE EMANUELE FILIBERTO

Le navi da battaglia della classe Emanuele Filiberto sono state delle unità della Regia Marina che hanno servito nei primi due decenni del XX secolo. Le classe era composta da due unità: Emanuele Filiberto e Ammiraglio di Saint Bon.  Le navi costruita su progetto elaborato dal Generale del Genio navale Giacinto Pullino, erano delle unità veloci con un limitato dislocamento ed armamento ed un basso bordo libero che portava le navi a soffrire il mare, specie durante le operazioni con mare grosso. La propulsione era a vapore costituito da 12 caldaie a combustione mista (carbone e nafta) che alimentavano con il loro vapore due motrici alternative a triplice espansione. Nel XX secolo questo tipo di caldaia diventò il modello standard per tutte le caldaie di grosse dimensioni, grazie anche all'impiego di acciai speciali in grado di sopportare temperature elevate e allo sviluppo di moderne tecniche di saldatura. L'apparato motore forniva una Potenza di 14000 hp e consentiva di raggiungere la velocità massima di 18 nodi, con un'autonomia che ad una velocità di 10 nodi era di 4000 miglia. L'armamento principale era costituito da quattro cannoni da 254/40 installati in due torri binate corazzate a prora e a poppa, che costituivano anche l'armamento principale degli incrociatori classe Garibaldi. L'armamento secondario principale era costituito da otto cannoni da 152/40 in batteria e otto cannoni da 120/40 scudati, sistemati in coperta ed era completato da otto cannoni da 76/40, da otto cannoni da 47/40 e due mitragliere. L'armamento silurante era di quattro tubi lanciasiluri.

Corazzata / nave da battaglia Emanuele Filiberto

La nave da battaglia Emanuele Filiberto è stata un'unità della Regia Marina, capoclasse della classe omonima, che comprendeva l'unità gemella Ammiraglio di Saint Bon.  La nave venne impostata sugli scali il 5 ottobre 1893 nel Cantiere navale di Castellammare di Stabia, varata il 29 settembre 1897 ed entrò in servizio il 6 settembre 1901. Nel 1911-12 prese parte alla guerra italo-turca nella I Divisione Corazzate, impiegata nelle acque della Libia. La nave progettata per restare in servizio attivo sino al 1913-14, a causa dello scoppio della prima guerra mondiale rimase ancora in servizio e durante la grande guerra al comando del Capitano di Fregata Magliozzi era dislocata insieme all'unità gemella a Venezia. Al termine del conflitto la nave venne radiata e demolita.

Corazzata / nave da battaglia Ammiraglio di Saint Bon

La nave da battaglia Ammiraglio di Saint Bon è stata un'unità della Regia Marina, della classe Emanuele Filiberto, che comprendeva anche l'unità gemella capoclasse Emanuele Filiberto.  La nave fu battezzata con questo nome in onore di Simone Pacoret De Saint-Bon ammiraglio della Regia Marina nato a Chambéry in Savoia, facente parte all'epoca della sua nascita del Regno di Sardegna e Ministro della Marina del Regno d'Italia nei Governi Minghetti II, Giolitti I e Starrabba I e senatore del Regno d'Italia nella XVI legislatura.  La nave, costruita all'Arsenale di Venezia venne impostata sugli scali nel 1894, varata il 29 aprile 1897 ed entrò in servizio nel 1901. Nel 1911-12 prese parte alla guerra italo-turca nella I Divisione Corazzate, impiegata nelle acque della Libia. La nave progettata per restare in servizio attivo sino al 1913-14, a causa dello scoppio della prima guerra mondiale rimase ancora in servizio e durante la grande guerra al comando del Capitano di Fregata Lovatelli era dislocata insieme all'unità gemella a Venezia. Al termine del conflitto la nave venne radiata nel 1920 e demolita.


CLASSE VITTORIO EMANUELE / REGINA ELENA

Le classe Regina Elena era una classe di corazzate pluricalibro della Regia Marina. Era costituita da 4 unità, Regina Elena, Vittorio Emanuele, Roma e Napoli, in servizio tra il 1907 ed il 1926, trovarono impiego durante la guerra di Libia e la prima guerra mondiale. Anche nota come classe Vittorio Emanuele, dal nome della seconda unità.

La prima due unità vennero impostate nel 1901 e varate nel 1904. Costituita da navi molto veloci, anche assai ben protette, ma dotate di un armamento principale insufficiente per sostenere scontri prolungati, a causa di 2 soli cannoni da 305mm, che davano un peso di bordata complessivo (2 x 305/40 + 6 x 203/45) di 1.100 kg circa, contro 1.700-2.600 di navi contemporanee. Come la classe Regina Margherita (in tal caso però riguardava la protezione) esse non erano realmente idonee a sostenere un combattimento prolungato come nel caso della battaglia di Tsushima, ma non ebbero mai modo di controbattere altre navi da battaglia.  Le navi di questa classe, ordinate dal Ministro della Marina Ammiraglio Giovanni Bettòlo di Camogli, costruite su progetto elaborato dal Generale Cuniberti avevano un castello di prua prolungato alla mezzeria della nave sino a congiungersi con la sovrastruttura centrale. Le unità di questa classe eranora considerate eccellenti unità dalle caratteristiche ben equilibrate tra le necessità del minor tonnellaggio, della massima protezione e della potenza di armamento. Realizzate per contrastare efficacemente i nuovi incrociatori corazzati francesi, risultarono essere più veloci delle navi da battaglia inglesi e francesi dell'epoca, ma più armate degli incrociatori. Queste unità furono le antesignane delle nuove corazzate monocalibro adottate poi da tutte le marine. In origine dotate di due alberi, a seguito di un ammodernamento attorno al 1912 ne venne asportato uno.

Corazzata / nave da battaglia Vittorio Emanuele

La Vittorio Emanuele era una corazzata pluricalibro (pre-dreadnought) della classe Regina Elena (anche nota come classe Vittorio Emanuele). Impostata nel 1901, varata nel 1904, fu completata nel 1908 prestando servizio fino al 1923 e trovando impiego durante la guerra di Libia e la prima guerra mondiale. La Vittorio Emanuele era la seconda nave impostata, impostata nel 1901 come la capoclasse Regina Elena; due anni dopo iniziò la realizzazione della Roma e della Napoli, che differivano dalle prime due per le sovrastrutture più leggere, in quanto non erano equipaggiate per imbarcare un Ammiraglio ed il suo Stato Maggiore.

Corazzata / nave da battaglia Regina Elena

La Regia Nave Regina Elena era una corazzata pluricalibro della Regia Marina, capoclasse della omonima classe. L'unità venne impostata nel 1901 e varata nel 1904. L'armamento principale era costituito da due cannoni da 305/40 più sei cannoni binati da 203/45. Pur essendo considerate le navi di questa classe delle eccellenti unità dalle caratteristiche ben equilibrate, a causa dei lunghi tempi di costruzione entrarono in servizio oramai superate dalle nuove corazzate monocalibro. Svolse attività pressoché analoga a quella della gemella Vittorio Emanuele nel corso della guerra italo-turca. Durante la Prima Guerra Mondiale svolse attività assai limitata tra Taranto, Messina e Valona effettuando otto missioni di guerra per 102 ore di moto e altre 217 ore per compiti di diversa natura. Nel dopoguerra fu prevalentemente impiegata come nave ammiraglia dipartimentale e nave scuola.In origine dotate di due alberi, a seguito di un ammodernamento attorno al 1912 ne venne asportato uno. Dal luglio 1922 la nave fu classificata corazzata costiera fino alla radiazione avvenuta il 13 ottobre 1927, dopo esser stata posta in disarmo nel 1923. Dal 1927 rimase in servizio come unità da addestramento fino alla demolizione avvenuta nel 1932.

Corazzata / nave da battaglia Napoli

La nave da battaglia Napoli (1910) della Regia Marina costituiva la classe Regina Elena con le similari unità Regina Elena, Vittorio Emanuele e Roma. Insieme alle unità della classe partecipò alle attività belliche della guerra italo-turca e della I Guerra Mondiale.

Corazzata / nave da battaglia Roma

La nave da battaglia Roma fu una corazzata pluricalibro della Regia Marina della Classe Regina Elena, in servizio tra il 1908 ed il 1927. Costruita all'Arsenale della Spezia, il suo scafo venne impostato nel 1903 e l'unità, varata nel 1907, entrò in servizio nel 1908. Il motto della nave era Roma intangibile che deriva dal proclama di Vittorio Emanuele III del 2 agosto 1900, appena salito al trono: l'unità della patria che si compendia nel nome augusto di Roma intangibile, simbolo di grandezza e pegno per l'integrità per l'Italia. A causa dei lunghi tempi di costruzione, malgrado fosse un'eccellente unità dalle caratteristiche ben equilibrate, quando entrò in servizio era oramai superata dalle nuove corazzate monocalibro. Venne impiegata durante la guerra di Libia e la Prima guerra mondiale.


CLASSE REGINA MARGHERITA

La classe Regina Margherita era una classe di corazzate pre-dreadnought della Regia Marina, composta da due unità: Regina Margherita e Benedetto Brin. Progettate da Benedetto Brin, erano grandi navi da battaglia, molto veloci per la loro epoca con una velocità di oltre 20 nodi, e ben armate con una dotazione tricalibro (152-203-305 mm) senza considerare gli ordinari cannoni secondari antisiluranti, ma erano molto deboli in termini di corazzatura protettiva, somigliando in questo ad una sorta di incrociatore corazzato o incrociatore da battaglia.

Corazzata / nave da battaglia Regina Margherita

La nave da battaglia Regina Margherita costituiva con la gemella Benedetto Brin la Classe Regina Margherita. Costruita nell'Arsenale Militare Marittimo della Spezia, il suo scafo venne impostato nel 1898 e l'unità varata nel 1901 venne consegnata alla Regia Marina nel 1904. Svolse il ruolo di ammiraglia della flotta fino al 1910. Un'esplosione durante lavori di manutenzione nel 1911 le impedì di prendere parte della guerra italo-turca, partecipando poi nel 1912 alle operazioni nell'Egeo affiancando la gemella Benedetto Brin. Nel corso della prima guerra mondiale, durante una tempesta, l'11 dicembre 1916 nella tarda serata, la nave urtando due mine scomparve all'uscita della Baia di Valona in Albania. L'affondamento, nel quale perirono 671 uomini, ebbe importanti conseguenze nella strategia di condotta nella guerra navale. I vertici della marina supposero un urto accidentale contro ordigni dello sbarramento difensivo, mentre la Marina austro-ungarica accreditò l'affondamento ad un sommergibile posamine della marina tedesca. Curiosamente nello stesso tratto di mare a poche centinaia di metri dal relitto della Regina Margherita giace il relitto della nave ospedale Po, che venne affondata da parte di aerosiluranti inglesi il 14 marzo 1941. La vicenda all'epoca provocò grande emozione ed ebbe grande risonanza anche per la presenza a bordo di Edda Ciano Mussolini in qualità di crocerossina. Nel 1998 lo storico Andrea Bavecchi aveva già segnalato la zona dove probabilmente si trovava il relitto poi,a seguito di ricerche documentali e subacquee condotte dall'IANTD Instructor trainer Cesare Balzi, i resti del relitto della nave sono stati localizzati ed individuati attraverso la lettura del nome sulla poppa, il 30 luglio 2005 a 9 miglia delle coste albanesi (Valona), tra l'isola di Saseno e Capo Linguetta. I resti del relitto della corazzata Regina Margherita giacciono a 66 metri di profondità.

Corazzata / nave da battaglia Benedetto Brin

La nave da battaglia italiana Benedetto Brin apparteneva alla Classe Regina Margherita. Costruita su progetto elaborato dall'ispettore del genio navale Benedetto Brin e dal generale Micheli era un'ottima unità per la sua velocità, protezione, armamento, qualità marine ad abitabilità. La sua costruzione iniziò nel 1899, venne varata nel 1901 a Castellammare di Stabia e, consegnata alla Regia Marina nel 1905, ricevette la bandiera di combattimento il 1º aprile 1906. Durante la guerra italo-turca partecipò allo sbarco a Tripoli nel 1911 e l'anno seguente fu impiegata nel Mar Egeo.
La Benedetto Brin andò perduta alle ore 8 e 10 minuti del 27 settembre 1915 nel porto di Brindisi a seguito dell'esplosione della santabarbara, le cause sull'affondamento furono attribuite a vari motivi quali un problema con le munizioni o un atto di sabotaggio austriaco oppure a causa di sabotatori italiani attratti dalle promesse austriache di una ricompensa in denaro per ogni nave affondata o danneggiata. Nel 2015, a 100 anni esatti dall'evento, la Marina Militare ha ufficialmente dichiarato che:
«Come ormai acclarato, si trattò di una disgrazia non diversa da quelle accadute in altre marine da guerra dell'epoca: la causa dell'affondamento era infatti da attribuire ai nuovi esplosivi utilizzati per le cariche di lancio e di scoppio che, indispensabili e sempre più potenti, erano stati introdotti da troppo poco tempo perché se ne conoscessero tutte le caratteristiche relative alla loro stabilità.» Perirono 21 ufficiali e 433 i sottufficiali e i marinai, tra i quali l’ammiraglio Rubin de Cervin comandante della 3ª Divisione Navale della 2ª Squadra e il comandante della nave Fara Forni. I superstiti furono 9 ufficiali e 473 fra sottufficiali e i marinai


CORAZZATE MONOCALIBRO

BATTLESHIPS  DREADNOUGHT

La dreadnought o corazzata monocalibro fu un tipo particolare di nave da battaglia sviluppato a partire dai primi anni del XX secolo; il nome (dall'inglese "non temo nulla") deriva dalla prima unità di questo tipo mai varata, la HMS Dreadnought, entrata in servizio con la Royal Navy britannica nel 1906. La costruzione della Dreadnought generò una profonda impressione negli ambienti delle marine militari dell'epoca al punto da innescare la realizzazione di unità similari da parte di molte altre nazioni; queste navi di nuova concezione, indicate genericamente come "dreadnought", resero di colpo completamente obsolete tutte le classi di navi da battaglia costruite precedentemente, ribattezzate appunto come "pre-dreadnought".
Il progetto delle dreadnought si basava su due innovazioni rivoluzionarie: una dotazione di artiglieria consistente principalmente in un gran numero di cannoni pesanti e di calibro uniforme (da cui il termine alternativo di "corazzata monocalibro" o all-big-gun ship usato per indicarle), in quantitativo decisamente maggiore rispetto alle navi precedenti, e un apparato propulsivo basato su turbine a vapore, un sistema di nuova ideazione. Le dreadnought divennero ben presto un simbolo della potenza militare di una nazione, andando a costituire il capitolo centrale di una serie di corse agli armamenti in Europa (principalmente tra Regno Unito e Impero tedesco, ma con riflessi su tutte le potenze continentali) e in Sudamerica (tra le nazioni di Brasile, Argentina e Cile): i progetti successivi derivati dalla Dreadnought originale si susseguirono molto rapidamente con continui incrementi delle dimensioni, dell'armamento, della corazzatura e della velocità delle unità, al punto che nel giro di cinque anni dalla sua entrata in servizio la nave capostipite risultava ormai già obsoleta; i modelli più potenziati furono poi indicati con l'appellativo di "super-dreadnought". Lo sviluppo delle nuove dreadnought nei primi anni del XX secolo rese di colpo completamente obsolete le precedenti pre-dreadnought, superate in dotazione di artiglieria (ora standardizzata su pezzi unicamente di grosso calibro) e velocità (in ragione dell'adozione delle turbine a vapore); le pre-dreadnought furono ancora intensamente impiegate nel corso della prima guerra mondiale, ma solo in ragione della loro natura di unità "spendibili" e facilmente sacrificabili. Con l'adozione dei limiti agli armamenti stabiliti dal trattato navale di Washington del 1922, la gran parte delle pre-dreadnought ancora esistenti fu avviata alla demolizione e solo pochi esemplari, relegati al ruolo di nave scuola o unità ausiliaria, rimasero in attività fino agli anni 1950. L'unica pre-dreadnought ancora esistente è la giapponese Mikasa, conservata come nave-museo.


CLASSE DANTE ALIGHIERI

Corazzata / nave da battaglia Dante Alighieri

La Dante Alighieri è stata una nave da battaglia italiana varata nel 1910. Prestò servizio con la Regia Marina durante la prima guerra mondiale. Prima nave da battaglia monocalibro (tipo dreadnought) della Regia Marina è nota per essere stata la prima nave da battaglia al mondo ad avere l'armamento principale in torri trinate, con dodici cannoni calibro 305mm in 4 torri corazzate. La carriera della Dante Alighieri, nonostante l'impiego durante il primo conflitto mondiale, fu priva di eventi significativi. La nave, varata il 20 agosto 1910 ed entrata in servizio il 15 gennaio 1913, ricevette la bandiera da combattimento nella rada di La Spezia il 26 gennaio 1913 dalla signora Ildegarde Occella, Presidente del comitato femminile della Società Dante Alighieri. La nave subito dopo l'entrata in servizio effettuò una crociera in Atlantico, in cui, superata Gibilterra, tocco i porti di Dakar in Senegal, Funchal nell'isola di Madera, Ponta Delgada e Vigo, svolgendo poi attività di squadra e crociere nel Mediterraneo. Alla fine degli anni venti lo stato di sofferenza dell'economia italiana reduce dal primo dopoguerra non consentiva di mantenere una flotta considerevole e venne pertanto deciso di ridurre il bilancio navale; conseguentemente venne sospesa la costruzione delle Caracciolo, venne deciso di smantellare la corazzata Leonardo da Vinci di cui era stato previsto il riallestimento dopo il recupero nel porto di Taranto e di ritirare dal servizio le corazzate Dante Alighieri e le Cavour e così il 1º luglio 1928 la nave venne posta in disarmo, per essere radiata e smantellata dopo poco.


CLASSE GIULIO CESARE / CONTE DI CAVOUR

La classe Conte di Cavour fu un tipo di navi da battaglia in servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale. La classe Conte di Cavour era formata da tre unità: Conte di Cavour, Giulio Cesare e Leonardo da Vinci. Lo strano destino di queste navi fu quello di essere state distrutte, non in battaglia, ma mentre erano ormeggiate all'interno delle loro basi.

 

Corazzata / nave da battaglia Giulio Cesare

La corazzata Giulio Cesare fu un'unità della Regia Marina che servì in entrambe le guerre mondiali. La nave, insieme alle unità gemelle Cavour e Leonardo da Vinci, costituiva la Classe Conte di Cavour. L'unità era intitolata al condottiero e dittatore romano Gaio Giio Cesare. La sua costruzione venne fatta dall'Ansaldo nel cantiere navale di Sestri Ponente, dove il suo scafo venne impostato sugli scali il 24 giugno 1910. La nave, varata il 15 ottobre 1911, venne completata il 14 maggio 1914 ed aveva un dislocamento a pieno carico di oltre 25.000 tonnellate. All'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale la nave al comando del Capitano di Vascello Pio Lobetti Bodoni venne inquadrata nella I Divisione di base a Taranto, con insegna del Contrammiraglio Camillo Corsi.sulla corazzata Dante Alighieri e la gemella Cavour che andò a ricoprire il ruolo di nave insegna del Duca degli Abruzzi.
Il 13 marzo 1916 la corazzata venne spostata a Valona e dopo essere rientrata a Taranto nel dicembre 1916 venne dislocata a Corfù. Il 2 agosto intanto la corazzata gemella Leonardo da Vinci veniva affondata mentre si trovava ormeggiata a Taranto, in seguito ad un'esplosione causata molto probabilmente da un sabotaggio austriaco. Successivamente nel marzo 1917 il Giulio Cesare venne impiegato nel Mar Ionio, nell'Adriatico meridionale e nelle isole dello Ionio. In totale durante il conflitto la corazzata venne impiegata per 40 ore in 3 missioni di guerra, specificatamente azioni di ricerca del nemico senza esito, e 966 ore in attività addestrative; la nave non venne quindi mai impiegata in azioni di combattimento a causa della politica passiva adottata dalle Marine italiana ed austriaca. Al termine del conflitto, il 10 novembre 1918, il Cesare, insieme alle Duilio raggiunse Corfù per un periodo di esercitazioni. Il 9 settembre 1919 il Giulio Cesare rilevò a Smirne il Duilio.

Corazzata / nave da battaglia Conte di Cavour

La Conte di Cavour fu una nave da battaglia italiana della classe omonima, in servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale. Venne così battezzata in onore dello statista Camillo Benso Conte di Cavour. Il motto della nave, scritto da D'Annunzio, era "A nessuno secondo".

La nave aveva un dislocamento a pieno carico di oltre 25000 tonnellate e raggiungeva i 21 nodi grazie ad un apparato motore costituito da venti caldaie Blechhynden, di cui otto con combustione a nafta e dodici con combustione mista carbone e nafta, che alimentavano tre gruppi indipendenti di turbine (uno ad alta pressione e due a bassa pressione) che agivano su quattro eliche, sviluppando 31.000 HP di potenza complessiva, con un'autonomia di 4.800 miglia ad una velocità di 10 nodi. L'armamento principale si componeva di tredici cannoni da 305/46mm ripartiti in cinque torri, tre trinate e due binate. L'armamento secondario era costituito da 18 cannoni da 120/50mm, e 22 cannoni da 76/50mm, mentre l'armamento silurante era costituito da tre tubi lanciasiluri da 450mm, ognuno dei quali dotato di tre siluri.

Costruita all'Arsenale della Spezia, il suo scafo venne impostato nel 1910 e varata nel 1911. Allestita nell'imminenza della prima guerra mondiale e ricevuta la bandiera di combattimento il 6 aprile 1915, la nave venne assegnata alla base di Taranto.

Corazzata / nave da battaglia Leonardo da Vinci

La nave da battaglia Leonardo da Vinci fu un'unità della Regia Marina appartenente alla classe Conte di Cavour. Il suo progetto fu opera del Generale del Genio Navale Edoardo Masdea.[1] L'ordine di costruzione venne impartito ai cantieri Odero di Genova, con contratto firmato, nel corso del 1910 e l'unità fu impostata il 18 luglio dello stesso anno. La nave fu varata il 14 ottobre 1911, ed entrò ufficialmente in servizio nella Regia Marina il 17 maggio 1914.

Dislocata alla base della Spezia, nell'imminenza del primo conflitto mondiale l'unità venne trasferita a Taranto, entrando a far parte della 1ª Divisione della 1ª Squadra da battaglia. Il 2 agosto 1916 la nave si trovava al proprio posto di ormeggio nel Mar Piccolo di Taranto quando affondò in porto in seguito ad un'esplosione, la cui causa venne attribuita ad un sabotaggio austriaco.
In realtà l'ipotesi del sabotaggio, che vedeva coinvolti anche un commerciante ed un commissario di Pubblica Sicurezza non fu mai del tutto dimostrata, e successivamente venne anche ipotizzata l'esplosione di una carica di cordite in un deposito di munizioni. Ma come ormai acclarato, si trattò di una disgrazia non diversa da quelle accadute in altre marine da guerra dell’epoca e alla Corazzata Benedetto Brin nel 1915. La causa dell’affondamento era infatti da attribuire all'incendio mal gestito ed alla scarsa stabilità dei nuovi esplosivi utilizzati per le cariche di lancio e di scoppio che erano stati introdotti da troppo poco tempo perché se ne conoscessero tutte le caratteristiche relative alla loro stabilità come risulta dal documento inglese CB 1515 (24) - The Technical History and Index, Volume 2, Part 24 "Storage and Handling of Explosives in Warships" (October, 1919) Chapter V Explosions in Warships during the War. Nell'esplosione e nel tentativo di salvare la nave dall'affondamento, morirono 21 ufficiali e 228 uomini del suo equipaggio e tra questi il comandante dell'unità Capitano di vascello Galeazzo Sommi Picenardi morto per le ustioni riportate e decorato di Medaglia d'Oro al Valor di Marina.


CLASSE CAIO DUILIO

La classe Caio Duilio fu un tipo di navi da battaglia in servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale, al termine della quale entrarono a far parte della Marina Militare Italiana.

Nata come derivazione delle Cavour la classe era formata da due unità, la Duilio e la Doria varate nel 1913 ed entrate in servizio rispettivamente nel maggio del 1915, qualche giorno prima dell'entrata in guerra dell'Italia, la prima e nel 1916, nel corso del conflitto, la seconda. Le due unità, progettate durante la guerra italo turca, impostate dopo qualche tempo e la cui costruzione venne ultimata allo scoppio della guerra per una delle due navi e durante la guerra per la seconda, alla loro entrata in servizio già non erano più delle navi all'avanguardia, tuttavia non avevano in complesso difetti apprezzabili e nel corso della loro carriera, prima dei grandi lavori di trasformazione furono sottoposte solo a normali cicli di manutenzione ed ebbero soltanto piccolissime modifiche che riguardarono solo alcune apparecchiature o l'armamento antiaereo.

Corazzata / nave da battaglia Caio Duilio

Il Caio Duilio è stata una nave da battaglia che ha prestato servizio per oltre 40 anni, prima nella Regia Marina e successivamente nella Marina Militare italiana. La nave con l'unità gemella Andrea Doria faceva parte della classe Caio Duilio, nata come derivazione del tipo Conte di Cavour. La nave, varata nel 1913 e diventata obsoleta, venne sottoposta a radicali lavori di riammodernamento tra il 1937 e il 1940 ed in questa nuova configurazione partecipò alla seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto entrò a far parte della Marina Militare Italiana arrivando a ricoprire il ruolo ammiraglia della flotta, compito nel quale si è avvicendata con l'Andrea Doria, prestando servizio fino al 1956.

Corazzata / nave da battaglia Andrea Doria

L'Andrea Doria è stata una nave da battaglia della Regia Marina che con la gemella Caio Duilio faceva parte della classe Duilio, nata come derivazione del tipo Conte di Cavour. Varata nel 1913 la nave svolse una modesta attività nel corso della prima guerra mondiale operando poi intensamente nel primo dopoguerra. Tra il 1937 e il 1940 venne sottoposta a pesantissimi lavori di riammodernamento, eseguiti presso i cantieri di Trieste, e in questa nuova configurazione partecipò al secondo conflitto mondiale. Al termine del secondo conflitto mondiale, entrata a far parte della Marina Militare Italiana, svolse anche il ruolo di nave ammiraglia andando in disarmo nel 1956.  La nave, varata il 30 marzo 1913, all'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale era ancora in allestimento, in quanto la nave aveva subito un ritardo di circa quindici mesi nel completamento dell'allestimento, in quanto la ditta Vickers-Terni, costruttrice dei pezzi di grosso calibro era in enorme ritardo con l'approntamento dei cannoni della corazzata Cavour e per questo venne deciso di imbarcare su quest'ultima unità le artiglierie pronte per l'Andrea Doria che di conseguenza subì a sua volta un ritardo nel completare l'allestimento.


LA MARINA ITALIANA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale in base al Trattato di Washington del 1922 vi fu un 

L'Italia era uscita dalla guerra 1915-18 con una Marina che la poneva al quinto posto fra le grandi potenze navali, dopo Gran Bretagna e Stati Uniti, Giappone e Francia. Alla fine di tale guerra la flotta era composta di 10 corazzate, 16 incrociatori, 74 cacciatorpediniere, 91 torpediniere, 43 sommergibili, più il naviglio minore e ausiliario.  Negli anni fra il 1920 e il 1940 la politica di tutte le potenze navali fu dapprima di concordare una riduzione degli armamenti, politica sancita dal Trattato di Washington del 1922, ma dopo pochi anni ogni tipo di limitazione e riduzione fu abbandonato e si tornò a costruire navi sempre più grandi e più potentemente armate.  In questo periodo si sviluppò un nuovo tipo di nave: la portaerei, che però l'Italia non prese in considerazione e non costruì, benché a norma del Trattato di Washington fosse autorizzata a possederne per 60.000 tonnellate. Questo errore di valutazione fu pagato duramente nel corso della seconda guerra mondiale, e quando nel 1941 si cercò di rimediare alla mancanza di questo fondamentale tipo di nave iniziando la trasformazione in portaerei del transatlantico Roma era troppo tardi perché all'armistizio dell'8 settembre 1943 la nave non era ancora pronta.  A norma del Trattato di Washington, l'Italia poteva possedere 10 navi da battaglia per 182.800 tonnellate, incrociatori per 175.000 tonnellate e portaerei per 60.000 tonnellate. Non vi erano limitazioni per gli altri tipi di navi 3 per i sommergibili. Il Trattato inoltre stabiliva che per un periodo di dieci anni non si doveva procedere alla costruzione di nuove unità.  Le idee pacifiste del 1922 come si è detto furono presto cancellate dalla realtà dei fatti e verso l'anno 1930 tutte le nazioni considerate potenze navali ricominciarono a costruire navi da guerra di tutti i tipi.  L'Italia, seguendo l'andamento della politica mondiale, con un notevole sforzo economico rinnovò praticamente tutta la flotta, presentandosi alla guerra del 1940 con unità moderne e ben armate, e con un notevole numero di sommergibili; purtroppo, come già detto, mancavano le portaerei.  La consistenza della flotta il 10 giugno 1940 era la seguente (in corsivo le navi del periodo 1905-1925):

CORAZZATE:

Cavour, Cesare, Doria, Littorio, Vittorio Veneto 

INCROCIATORI CORAZZATI: 

San Giorgio

INCROCIATORI PESANTI:

Trento, Trieste, Bolzano, Fiume, Gorizia, Pola

INCROCIATORI LEGGERI

14 Taranto, Bari, 4 DI Giussano. 2 Diaz, 2 Attendolo, 2 Duca D' Aosta, 2 Garibaldi

CACCIA TORPEDINIERE:

59 Mirabello, 3 Leone, 2 Sella


LE CORAZZATE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale in base al Trattato di Washington del 1922 vi fu un periodo di "vacanza navale" durante il quale non solo non furono costruite navi da guerra, ma addirittura. sempre in base a tale trattato. si demolirono alcune unità in servizio o in costruzione. Come fece l'Italia c on le quattro corazzate della classe Caracciolo. di cui una già varata e le altre Impostate. Dopo questo periodo di stasi, quando infine le costruzioni furono riprese si verificò un interessante fenomeno. in quanto anziché costruire nuove corazzate quasi tutte le Mari- ne procedettero a rimodernare più o meno estesamente quelle costruite negli anni dal 1908-1910 in poi. In generale su tutte queste navi fu cambiato l'apparato motore, modificando conseguentemente i fumaioli e talvolta il numero delle eliche. Su molte fu cambiato l'armamento principale e su quasi tutte quello secondario per renderlo più idoneo ai compiti antiaerei, con conseguente modifica delle sovrastrutture; su tutte le unità furono installate le moderne centrali per la direzione del tiro e le catapulte per il lancio di aerei da ricognizione.

Anche la Marina italiana si adeguò a quello che facevano le altre. nel 1931-32, studiò la radicale trasformazione delle 4 Corazzate tipo Conte di Cavour, trasformazione che fu realizzata in due periodi: dal 1933 al 1937 per Cavour e Cesare e dal 1937 al 1940 per Dullio e Doria. Più che di trasformazione si deve parlare di ricostruzione perché delle vecchie navi si riutilizzò soltanto lo scafo e la corazzatura di murata. Anche lo scafo però fu modificato in quanto 9bbe applicata una nuova prora su quella esistente che comportò un aumento di lunghezza di m 10,30 e nell'interno dello scafo fu sistemata la nuova struttura di difesa subacquea tipo Pugliese, che comportò il completo smantellamento di tutte le strutture interne.  

L'apparato motore originale fu cambiato riducendo il numero delle eliche da 4 a 2; l'armamento principale e secondario furono completa- mente sostituiti, eliminando la torre trinata di cannoni da 305 mm sistemata fra i due fumaioli e tutti i can- noni in casamatta da 152 mm, oltre a quelli da 76 mm in coperta e sulle torri.

Il nuovo armamento risultò costituito da 10 cannoni da 320 mm in due torri trinate e due binate; da 12 can- noni da 120 mm in 6 torrette binate; da 8 cannoni da 100 mm in 4 complessi binati e da armi minori. Furono infine eliminati i 3 tubi lanciasiluri fissi e subacquei. Potevano quindi essere considerate navi nuove.

Mentre si procedeva alla ricostruzione di queste quattro vecchie corazzate furono messe allo studio al- tre unità, le cui caratteristiche dove- vano essere le massime consentite dal Trattato di Washington, cioè dislocamento Standard di 35.000 tonnellate e armamento di cannoni da 381 mm, invece che 406 mm, come consentito.

Il progetto fu compilato dal Generale Ispettore del Genio Navale Umberto Pugliese e nell'ottobre 1934 furono ordinate le due prime unità Littorio e Vittorio Veneto che presero servizio nel 1940. 

Nel 1938 vennero ordinate le altre due Roma e Impero, ma solo la prima entrò in servizio nel giugno 1942, mentre la seconda fu abbandonata in costruzione alla data dell'8 settembre 1943 e mai ultimata.

Le corazzate della classe Littorio, nome che nel luglio 1943 fu cambiato in Italia, furono le uniche corazzate italiane armate con tre torri trinate sistemate due a prora e una a poppa come nella generalità delle corazzate contemporanee delle altre Marine. Ebbero un apparato motore della potenza di 140.000 cavalli su 4 eliche, mentre le Cavour con 93.000 cavalli, lo ebbero su due eliche.

Queste navi per le loro qualità belliche e nautiche stavano alla pari con quelle di analogo dislocamento e armamento delle altre Marine. Pur- troppo però non erano fornite di RADAR, apparato di cui erano munite le navi nemiche, Inoltre la mancanza di navi portaerei mise sempre la Squadra italiana In condizioni di mancanza di quella componente di esplorazione e di attacco  distanza che invece possedeva la flotta nemica, anche se numericamente inferiore di corazzate. Per queste ragioni le condizioni di lotta nei vari scontri navali furono sempre impari e a sfavore della flotta italiana.

Mentre la protezione delle quattro corazzate rimodernate tipo Cavour era rimasta quella originale del 1914-15, in particolare nella corazzatura delle murate e delle parti inclinate del ponte di protezione. viceversa sulle quattro nuove della classe Littorio fu, adottata una corazzatura più moderna. simile a quel- la adottata da altre Marine, come gli incrociatori da battaglia Hood  e le corazzate inglesi Nelson e Rodney, le navi da battaglia tedesche Graf Spee, quelle francesi tipo Richelieu e quelle giapponesi tipo Yamato.

La cintura. infatti. non era costituita da piastre verticali. ma da due strati di piastre inclinate, più sporgenti nella parte alta e più rientranti nella parte bassa. quella esterna di spessore di 350 mm, seguita alla distanza di 600 mm da una corazzetta parallela dello spessore di 36 mm. con funzione di paraschegge. La protezione orizzontale era stata studiata per contrapporsi alle nuove offese delle bombe di aereo ed era suddivisa su tre ponti: quello di castello di 36 mm; quello di coperta di 12 mm e quello di batteria di 90 mm nelle zone laterali e di 100 mm in quelle centrali. Protezione che però fu inadeguata per impedire alle bombe-razzo degli aerei tedeschi di penetrare nelle parti vitali della corazzata Roma e farla saltare in aria. Anche la protezione subacquea era stata particolarmente curata sia sui tipi Cavour che sui tipi Littorio. con la adozione della « struttura ad assorbimento » ideata dal Generale del Genio Navale Umberto Pugliese. Tale struttura era costituita da un grosso cilindro di scarsa resistenza.

contenuto in una struttura molto resistente e piena di un liquido che circondava completamente il cilindro più debole. Lo scoppio di un siluro provocava la rottura delle lamiere esterne e la sovra pressione della esplosione si sarebbe così diffusa nel liquido e sulle pareti del cilindro interno. che. schiacciando- si. doveva impedire la rottura delle paratie interne.

Negli anni dal 1925 al 1945 entrarono in servizio le seguenti corazzate: 

  • Conte di Cavour, Giulio Cesare, Caio Duilio, Andrea Doria (1937- 1940) rimodernate

  • Littorio. Vittorio Veneto (1940), Roma (1942)


CLASSE CONTE DI CAVOUR (DOPO RICOSTRUZIONE)

La classe Conte di Cavour fu un tipo di navi da battaglia in servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale. La classe Conte di Cavour era formata da tre unità: Conte di Cavour, Giulio Cesare e Leonardo da Vinci. Lo strano destino di queste navi fu quello di essere state distrutte, non in battaglia, ma mentre erano ormeggiate all'interno delle loro basi. Il progetto di trasformazione fu affidato al generale del Genio Navale, Francesco Rotundi del comitato progetto navi della Marina. I lavori furono assegnati ai Cantieri del Tirreno di Genova per il Cesare e per il Cavour i Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Trieste. La ricostruzione, che per entrambe le navi iniziò nel 1933, ed ebbe termine nel 1937, lasciò inalterato solo il 40% della struttura originale, riutilizzando in pratica solamente lo scafo e la corazzatura di murata, per il resto si trattò di una trasformazione radicale che cambiò il profilo delle due unità, con profonde modifiche allo scafo, la cui lunghezza venne aumentata di 10,3m con il castello di prua che risultò allungato, allargato nella parte poppiera e proseguito nella sovrastruttura centrale con i due fumaioli che risultarono più bassi e più ravvicinati. Venne eliminato uno dei due alberi, quello che si trovava immediatamente dietro al torrione e mantenuto solamente quello poppiero che risultò più arretrato. Per contribuire ad aumentare la velocità della nave e per ottenere un miglior rendimento del nuovo apparato motore, di cui le unità vennero dotate, si dovette aumentare il coefficiente di finezza dello scafo, ottenuta mediante la sovrapposizione di una nuova prora alla vecchia con l'opera viva dotata di un bulbo.

Vennero costruiti anche nuovi ponti corazzati ed alla fine le modifiche portarono il dislocamento delle due unità a 29000 tonnellate. La parte poppiera, tranne l'abolizione di due assi portaeliche più esterni, non venne modificata ed i due timoni rimasero gli stessi. Si è a lungo dibattuto sull'utilità della ricostruzione delle Cavour e successivamente delle Duilio ed i detrattori sostengono che con il costo sostenuto si sarebbero potute costruire una nave da battaglia nuova che in un futuro conflitto avrebbero potuto rivelarsi più utile. Le navi ricostruite in effetti operarono attivamente solo nel primo periodo della seconda guerra mondiale supplendo ad un vuoto nella linea italiana colmato poi con l'entrata in servizio delle Littorio, conseguentemente vennero impiegate in compiti secondari.
Le Cavour avevano un armamento antiaereo piuttosto scarso che venne migliorato sulle successive Duilio e furono le uniche navi da battaglia italiane a non avere i moderni cannoni antiaerei da 90 mm mentre un altro difetto fu la limitata corazzatura unita ad una non idonea compartimentazione e ad una non eccelsa robustezza strutturale, dimostrata dal fatto che nella notte di Taranto mentre la Littorio colpita da tre siluri dopo cinque mesi era già tornata in servizio il Conte di Cavour colpito da un solo siluro non rientrò più in servizio e durante i lavori di riparazione, mai ultimati, erano stati previsti sostanziali potenziamenti dell'armamento antiaereo.

Corazzata / nave da battaglia Conte di Cavour

La Conte di Cavour fu una nave da battaglia italiana della classe omonima, in servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale. Venne così battezzata in onore dello statista Camillo Benso Conte di Cavour. Il motto della nave, scritto da D'Annunzio, era "A nessuno secondo".

La ricostruzione, avvenuta tra il 1933 e il 1937 nei Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Trieste, modificò il profilo della nave lasciando inalterato solo il 40% della struttura originale, con profonde modifiche allo scafo la cui lunghezza aumentò di 10,3 m za causa della sovrapposizione di una nuova prora alla vecchia. La nave venne dotata di nuovi ponti corazzati; i due fumaioli risultarono più bassi e più ravvicinati. Il torrione, completamente ricostruito a forma di cono non molto elevato, aveva alla sommità della plancia i telemetri per il calcolo della distanza dei bersagli e le apparecchiature per la direzione del tiro dei calibri principali. Nella notte tra l'11 e il 12 novembre 1940, mentre si trovava nel porto di Taranto, la nave venne gravemente danneggiata da un siluro lanciato da un aerosilurante inglese Swordfish, partito dalla portaerei inglese Illustrious, restando semiaffondata nei fondali. Rimesso a galla il 22 dicembre successivo, vennero smontati l'armamento e la centrale telemetrica del torrione, ed inviato in bacino. Alla fine del 1941 venne trasferito, navigando con i propri mezzi, al Cantiere navale San Marco di Trieste per completare le riparazioni ed eseguire lavori di ammodernamento con particolare riguardo alla difesa contraerea di cui venne previsto un ulteriormente potenziamento.

Il Conte di Cavour tuttavia non ritornò più in servizio attivo, poiché l'esigenza della Regia Marina era di costruire unità di scorta come cacciatorpediniere e torpediniere (in quel momento ritenute più utili allo sforzo bellico); i lavori di riparazione furono rallentati e alla proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 non erano stati ancora completati. Nei cinque mesi di guerra il Conte di Cavour aveva percorso 5583 miglia per oltre 297 ore di moto e consumato 4801 tonnellate di nafta. Il 20 febbraio 1945, durante un bombardamento alleato su Trieste, il Conte di Cavour venne fatto ripetutamente bersaglio di un lancio di bombe, due delle quali lo colpirono. Nonostante il danno provocato non fosse molto grave, a causa della sconnessione di alcune lamiere della carena si era aperta una via d'acqua che provocò l'abbassamento del bordo libero della fiancata fino agli oblò e ai boccaporti (che erano stati lasciati aperti), fatto che causò un maggiore afflusso di acqua all'interno della nave e provocandono lo sbandamento fino al ribaltamento: i cannoni, il torrione e l'albero andarono a piantarsi nel fango del fondale, lasciando la carena in vista.

Corazzata / nave da battaglia Giulio Cesare (Novorossisk)

La corazzata Giulio Cesare fu un'unità della Regia Marina che servì in entrambe le guerre mondiali. La nave, insieme alle unità gemelle Cavour e Leonardo da Vinci, costituiva la Classe Conte di Cavour. L'unità era intitolata al condottiero e dittatore romano Gaio Giulio Cesare.  I lavori di ricostruzione vennero affidati ai Cantieri del Tirreno ed effettuati negli stabilimenti di Genova.

La ricostruzione lasciò inalterato solo il 40% della struttura originale, riutilizzando in pratica solamente lo scafo e la corazzatura di murata, per il resto si trattò di una trasformazione radicale, con potenziamento dell'armamento, aumento del dislocamento e della potenza dell'apparato motore. Le modifiche cambiarono il profilo della nave e ne aumentarono le capacità di combattimento. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, la nave era inquadrata nella V Divisione navi da battaglia di base a Taranto nell'ambito della I Squadra Navale ricoprendo il ruolo di ammiraglia della flotta con insegna dell'ammiraglio Inigo Campioni mentre alla corazzata gemella Cavour venne assegnato il ruolo di ammiraglia di Divisione con insegna dell'ammiraglio Brivonesi. Partecipò alla battaglia di Punta Stilo dove riuscì a colpire con una salva la corazzata inglese Warspite e da essa essere a sua volta colpita dalla distanza record di 24 Km.

Corazzata / nave da battaglia Novorossisk

Dopo la fine della Seconda guerra Mondiale la nave fu ceduta all'U.R.S.S. dove prese il nome di Novorossisk

La sera del 28 ottobre 1955, dopo essere tornata da un viaggio di partecipazione alle celebrazioni del centenario della difesa di Sebastopoli, la nave venne ormeggiata ad una boa nella baia di Sebastopoli a 300 metri dalla riva, di fronte ad un ospedale. Alle ore 1:30 della notte del 29 ottobre, un'esplosione, della potenza stimata di 1 200 kg di TNT sotto lo scafo squarciò tutti i ponti dalla corazzatura, dal ponte inferiore fino al ponte del castello di prua, aprendo uno squarcio sulla carena di oltre 340 metri quadrati su entrambi i lati della chiglia, per 22 metri di lunghezza. La nave s’inclinò in 3 minuti, a 110 metri dalla riva, dove la profondità delle acque era di 17 metri, con ulteriori 30 metri di fango viscoso sul fondo della baia di Sebastopoli. A bordo della Novorossijsk vi era un migliaio di marinai: parte dell’equipaggio e 200 cadetti. Si calcola che al momento dell'esplosione persero la vita dai 150 ai 175 uomini dell'equipaggio che si trovavano nella zona della deflagrazione.

Una spiegazione dell'esplosione potrebbe essere l'ipotetica vendetta da parte di ex membri della Xª Flottiglia MAS di Borghese per il trasferimento di una corazzata italiana all'Unione Sovietica, mediante una loro missione segreta; ci sarebbero rapporti secondo i quali non molto tempo dopo un piccolo gruppo di sommozzatori italiani avrebbe ricevuto delle decorazioni militari. Il sabotaggio sarebbe stato effettuato o piazzando sotto la chiglia una carica di esplosivo o con un siluro lanciato da un minisommergibile penetrato nella rada. Il tipo di squarcio secondo gli esperti sembra escludere, anche se non del tutto, l'ipotesi siluro. Gli uomini ed i mezzi per il sabotaggio sarebbero stati condotti sul posto da alcune navi mercantili italiane che in quel periodo si erano recate nei porti della Crimea, ed inoltre gli uomini della Xª MAS avevano una perfetta conoscenza della zona per avervi operato durante il secondo conflitto mondiale


CLASSE CAIO DUILIO (DOPO RICOSTRUZIONE)

La classe Caio Duilio fu un tipo di navi da battaglia in servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale, al termine della quale entrarono a far parte della Marina Militare Italiana. I progetti seguirono la falsariga di quelli per la ricostruzione delle precedenti Cavour, ma risentirono grandemente anche della concomitante costruzione delle Littorio, con modifiche nella pianta dello scafo, nelle sovrastrutture concentrate a mezza nave, nell'apparato motore potenziato di più del 250% e nell'armamento. Le modifiche allo scafo, all'apparato motore e a buona parte delle sovrastrutture furono le stesse delle Cavour. La ricostruzione, che per entrambe le navi iniziò nel 1937, ed ebbe termine nel 1940, lasciò inalterato solo il 40% della struttura originale, riutilizzando in pratica solamente lo scafo e la corazzatura di murata, per il resto si trattò di una trasformazione radicale che cambiò il profilo delle due unità, con profonde modifiche allo scafo, la cui lunghezza venne aumentata di 10,3 m per contribuire ad aumentare la velocità della nave e per ottenere un miglior rendimento del nuovo apparato motore, di cui le unità vennero dotate, si dovette aumentare il coefficiente di finezza dello scafo, ottenuta mediante l'inserimento di una sezione aggiuntiva di 10 metri di lunghezza, a differenza delle Cavour, in cui venne sovrapposta di una nuova prora alla vecchia.

Corazzata / nave da battaglia Caio Duilio

Il Caio Duilio è stata una nave da battaglia che ha prestato servizio per oltre 40 anni, prima nella Regia Marina e successivamente nella Marina Militare italiana. La nave con l'unità gemella Andrea Doria faceva parte della classe Caio Duilio, nata come derivazione del tipo Conte di Cavour. La nave, varata nel 1913 e diventata obsoleta, venne sottoposta a radicali lavori di riammodernamento tra il 1937 e il 1940 ed in questa nuova configurazione partecipò alla seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto entrò a far parte della Marina Militare Italiana arrivando a ricoprire il ruolo ammiraglia della flotta, compito nel quale si è avvicendata con l'Andrea Doria, prestando servizio fino al 1956.

Al termine della guerra entrata a far parte della Marina Militare Italiana, insieme al gemello Andrea Doria, fu una delle due navi da battaglia concesse all'Italia dalle condizioni del trattato di pace. Le due unità hanno svolto attività addestrative e di rappresentanza fino al ritiro dal servizio. La corazzata Caio Duilio, dislocata a Taranto, dal 1946 al 1953, è stata, dal 1º maggio 1947 al 10 novembre 1949, sede del Comando della Squadra Navale. La nave effettuò numerose uscite per esercitazioni, anche in ambito NATO, e per le crociere estive e invernali con le altre unità di squadra. Nel 1947, nel corso di un normale ciclo di manutenzione, l'unità ricevette due apparecchiature radar di scoperta antiaerea. Le apparecchiature, che erano dei residuati di guerra di costruzione inglese di tipo “L.W.S.” erano costituite da una cabina di ascolto che inizialmente veniva usata su autocarri, sormontata da una voluminosa antenna a forma di doppia piramide unita per i vertici e trovarono sistemazione sulle plance vedette contraeree, a poppavia delle torrette telemetriche antiaeree ai lati del torrione.La nave che al rientro da Malta era stata ritinteggiata secondo le norme in uso tra gli alleati con lo scafo grigio scuro e le sovrastrutture grigio celestino nel 1950 venne interamente ridipinta, come tutte le unità della Marina Militare, con la colorazione grigio chiara Nel 1953 l'unità venne trasferita a La Spezia rimanendo inattiva fin quando il 15 settembre 1956 venne messa in disarmo e radiata per essere successivamente demolita tra il 1957 e il 1961.

Corazzata / nave da battaglia Andrea Doria

L'Andrea Doria è stata una nave da battaglia della Regia Marina che con la gemella Caio Duilio faceva parte della classe Duilio, nata come derivazione del tipo Conte di Cavour. Varata nel 1913 la nave svolse una modesta attività nel corso della prima guerra mondiale operando poi intensamente nel primo dopoguerra. Tra il 1937 e il 1940 venne sottoposta a pesantissimi lavori di riammodernamento, eseguiti presso i cantieri di Trieste, e in questa nuova configurazione partecipò al secondo conflitto mondiale. Al termine del secondo conflitto mondiale, entrata a far parte della Marina Militare Italiana, svolse anche il ruolo di nave ammiraglia andando in disarmo nel 1956.  Rientrata in servizio il 15 luglio 1940, venne usata principalmente come scorta pesante dei convogli italiani verso la Libia. Nel dicembre 1941 partecipò alla prima battaglia della Sirte e dal marzo 1942 rimase a Taranto partecipando alla difesa antiaerea della base. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 raggiunse Malta con il resto della squadra navale, ritornando in Italia nel giugno del 1944. Al termine della guerra entrata a far parte della Marina Militare Italiana, insieme alla gemella Caio Duilio, fu una delle due navi da battaglia concesse all'Italia dalle condizioni del trattato di pace, svolgendo principalmente compiti di addestramento e di rappresentanza e venne sottoposta a lavori di ammodernamento fino al 1949. Dal 10 novembre 1949 al dicembre 1950 e dal marzo 1951 al maggio 1953 fu sede del Comando in Capo delle Forze Navali,[3] alternandosi nel compito di ammiraglia della flotta proprio con la gemella Caio Duilio. Utilizzata come nave da addestramento fino al 16 settembre 1956, il 1º novembre 1956 venne messa in disarmo e successivamente, tra il 1957 e il 1958 demolita. Il materiale con cui è stato realizzato il fonte battesimale del Tempio della fraternità a Cella di Varzi presso Pavia è stato ricavato dai cannoni dell'Andrea Doria.


CLASSE LITTORIO

La classe Littorio, fu l'ultima e più perfezionata tra le classi di navi da battaglia della Regia Marina durante la seconda guerra mondiale e furono, e lo sono tuttora, le navi più grandi che la marina italiana abbia mai avuto. Nel 1940 all'epoca della loro entrata in servizio erano tra le più potenti navi da battaglia del mondo come artiglieria, in quanto le classe South Dakota statunitensi pur avendo l'armamento principale di calibro maggiore rispetto alle Littorio avevano una minore gittata, sebbene durante la loro vita operativa vennero sempre caratterizzate da una forte dispersione delle salve in combattimento, non mettendo mai un colpo a segno; soltanto nel 1942 con l'entrata in servizio delle supercorazzate giapponesi classe Yamato e americane classe Iowa persero questo primato. La costruzione di queste tre navi (la quarta, Impero, non entrerà mai in servizio) fu un grande sforzo per l'Italia. Le navi rimasero comunque prive di apparati radar, e quindi di capacità di rilevamento a distanza, praticamente fino all'armistizio dell'8 settembre 1943 e in seguito non vennero più impiegate operativamente.

Corazzata / nave da battaglia Littorio (Italia)

La nave da battaglia Littorio, ribattezzata Italia il 30 luglio 1943, fu una nave della Regia Marina appartenente alla classe Littorio e rappresentò il meglio della produzione navale bellica italiana della seconda guerra mondiale. Entrò in linea, il 6 maggio 1940 non ancora pienamente operativa allo scoppio delle ostilità. Dopo il Gran Consiglio del 25 luglio 1943, che vide l'approvazione dell'Ordine del giorno Grandi, il 30 luglio venne ribattezzata Italia. Rientrata alla base di Augusta dai Laghi Amari il 9 febbraio 1947, la Littorio secondo le condizioni del trattato di pace, avrebbe dovuto essere consegnata agli Stati Uniti, che però vi rinunciarono, così come fecero gli inglesi rinunciando alla Vittorio Veneto. Evitata la consegna delle unità, ancora moderne, le autorità italiane non riuscirono però ad evitare l'ingiunzione alleata di demolirle, cosa che si tentò di ritardare con ogni mezzo, ma senza successo. Inizialmente, su pressione dell'Unione Sovietica ci si limitò al taglio dei cannoni dell'armamento principale. Alla fine, dopo varie battaglie diplomatiche per poterla mantenere in linea (si era anche ipotizzato di barattare le due navi con le più vecchie Doria), la Littorio venne demolita tra il 1948 ed il 1955 insieme alla Vittorio Veneto. La caratteristica più significativa della corazzata Littorio fu data dalle pessime doti balistiche dei cannoni italiani. I tanto lodati cannoni da 381/50 della Littorio non erano in grado di centrare un isolotto a dieci chilometri di distanza. Questo a causa della grande dispersione di tiro dei cannoni che faceva in modo che ogni colpo avesse caratteristiche diverse dagli altri non permettendo quindi di centrare il bersaglio. In tutta la Seconda Guerra Mondiale questo tipo di cannone, equipaggiato anche sulle corazzate Roma e Vittorio Veneto, non riuscì mai a centrare un bersaglio (Shinano).

Corazzata / nave da battaglia Vittorio Veneto

La nave da battaglia Vittorio Veneto fu una nave della Regia Marina italiana appartenente alla classe Littorio e rappresentò il meglio della produzione navale bellica italiana della seconda guerra mondiale.  Pur essendo considerata la seconda unità della Classe Littorio fu la prima ad essere consegnata, tanto che la classe, a volte viene anche chiamata Classe Vittorio Veneto. La corazzata Vittorio Veneto venne progettata dal generale Umberto Pugliese e fu la prima nave da battaglia che superò i limiti delle 35.000 tonnellate di dislocamento del Trattato Navale di Washington. Lo scafo della Vittorio Veneto venne impostato il 28 ottobre 1934 nei Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Trieste, lo stesso in cui qualche anno dopo sarebbe stata costruita la gemella Roma, venne varata il 25 luglio 1937 e la sua costruzione venne completata il 28 aprile 1940, entrando in servizio solamente il successivo 2 agosto dopo l'ingresso in guerra dell'Italia contro la Francia ed il Regno Unito, inquadrata nella IXª Divisione Corazzate della Iª Squadra di base a Taranto. La caratteristica più significativa della corazzata Vittorio Veneto fu data dalle pessime doti balistiche dei cannoni italiani. I tanto lodati cannoni da 381/50 della Vittorio Veneto non erano in grado di centrare un isolotto a dieci chilometri di distanza. Questo a causa della grande dispersione di tiro dei cannoni che faceva in modo che ogni colpo avesse caratteristiche diverse dagli altri non permettendo quindi di centrare il bersaglio. In tutta la Seconda Guerra Mondiale questo tipo di cannone, equipaggiato anche sulle corazzate Roma e Littorio, non riuscì mai a centrare un bersaglio (Shinano).

Corazzata / nave da battaglia Roma

La corazzata Roma fu una nave da battaglia, la terza unità della classe Littorio e rappresentò il meglio della produzione navale bellica italiana della seconda guerra mondiale. Costruita dai Cantieri Riuniti dell'Adriatico e consegnata alla Regia Marina il 14 giugno 1942, venne danneggiata nel corso di un bombardamento aereo statunitense quasi un anno dopo mentre era alla fonda a La Spezia, subendo in seguito altri danni che la costrinsero a tornare operativa, dopo le dovute riparazioni, solamente il 13 agosto 1943. A seguito dell'armistizio italiano, alla Roma fu ordinato, assieme ad altre navi militari, di raggiungere l'isola sarda della Maddalena, come concordato con gli Alleati. La squadra navale italiana, tuttavia, venne attaccata da alcuni bombardieri tedeschi che, servendosi delle bombe radioguidate plananti Ruhrstahl SD 1400, affondarono la Roma. Nei suoi quindici mesi di servizio la Roma percorse 2.492 miglia in venti uscite in mare, senza partecipare a scontri navali, consumando 3.320 t di combustibile, rimanendo fuori servizio per riparazioni per 63 giorni. Il 28 giugno 2012 il relitto della corazzata è stato rinvenuto a 1000 metri di profondità e a 16 miglia dalla costa nel golfo dell'Asinara dopo decenni di ricerche. La caratteristica più significativa della corazzata Roma fu data dalle pessime doti balistiche dei cannoni italiani. I tanto lodati cannoni da 381/50 della Roma non erano in grado di centrare un isolotto a dieci chilometri di distanza. Questo a causa della grande dispersione di tiro dei cannoni che faceva in modo che ogni colpo avesse caratteristiche diverse dagli altri non permettendo quindi di centrare il bersaglio. In tutta la Seconda Guerra Mondiale questo tipo di cannone, equipaggiato anche sulle corazzate Vittorio Veneto e Littorio, non riuscì mai a centrare un bersaglio (Shinano).

Corazzata / nave da battaglia Impero

La corazzata Impero fu impostata il 14 maggio 1938, il suo varo avvenne il 15 novembre 1939 presso il Cantiere navale di Sestri Ponente (Genova), ma il suo allestimento venne rinviato dal momento che si preferì concentrare gli sforzi verso navi in quel momento ritenute più utili allo sforzo bellico come cacciatorpediniere, torpediniere e navi antisommergibili. Poco prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, la nave venne spostata, per allontanarla da possibili attacchi da parte francese, in un primo momento a Brindisi e in seguito, prima a Venezia e successivamente a Trieste, dove giunse il 22 gennaio 1942. Al momento dell'armistizio dell'8 settembre 1943, però le condizioni del suo completamento erano così arretrate da farla considerare un natante praticamente inutilizzabile, tanto che i tedeschi che avevano nel frattempo occupato Trieste se ne disinteressarono del tutto e successivamente il suo scafo venne affondato il 20 febbraio 1945 nel corso di un bombardamento aereo americano. Qualche giorno prima, il 15 febbraio, nel corso di un altro bombardamento aereo americano su Trieste, analoga sorte era toccata al Conte di Cavour. Al termine della guerra il suo scafo venne riportato a galla per essere demolito presso l'Arsenale di Venezia tra il 1947 e il 1950.


INCROCIATORI PESANTI

HEAVY CRUISERS

Con incrociatore pesante si indica una tipologia di incrociatore di grandi dimensioni e ben armato, più piccolo delle navi da battaglia e degli incrociatori da battaglia della sua era.


GLI INCROCIATORI DAGLI ANNI TRENTA ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Come per le corazzate, la Marina Italiana nel giugno 1940 entrò in guerra con una flotta di Incrociatori completamente rinnovata. 

Vi erano in verità ancora gli antichi San Giorgio, Bari e Taranto di preda bellica; ma gli altri erano tutti delle nuove unità dei due tipi contemplati dal Trattato di Washington, cioè Incrociatori pesantI con dislocamento di 10.000 te armati con cannoni del calibro di 203 mm, e Incrociatori leggeri con dislocamento inferiore, variabile da 5000 a 9000 t, armati con cannoni da 152 mm. 

L'evoluzione degli incrociatori che aveva portato dai tipi corazzati e protetti del periodo 1880-1905 a quelli da battaglia e leggeri del periodo 1905-1925, portò infine agli incrociatori tipo Washington, identificabili con quelli del dislocamento di 10.000 tonnellate Standard.

La Marina italiana inizialmente si adeguò a quanto facevano le altre Marine, e specialmente quella francese, e impostò i due Trento e Trieste, del tipo da 10.000 t, nei quali fu data preminente importanza alla velocità a scapito soprattutto della protezione. 

Gli incrociatori italiani pesanti furono di due soli tipi: i 3 Trento, Trieste e Bolzano che ebbero un apparato motore su 4 eliche della potenza di 150.000 cavalli e i 4 della classe Zara che ebbero invece un apparato motore su due sole eliche, della potenza di 95.000 cavalli, ma una protezione assai più consistente che aveva spessori quasi doppi di quelli dei Trento. 

Si sottolinea che il Bolzano. pur avendo 4 eliche e un apparato motore da 150.000 cavalli come i Trento, ne rappresentò una riproduzione migliorata per l'esperienza conseguita negli anni intercorsi  fra I due progetti, vale a dire dal 1925 al 1930.  La classe degli incrociatori leggeri comprende invece quattro tipi che "anno dai cosiddetti "cinquemila " della classe Condottieri, al ( "settemila" della classe Montecuccoli, agli "ottomila" della classe Eugenio dl Savoia, per finire con i "novemila" dei tipi Garibaldi.

Nella costruzione dei primi cinquemila, i 4 da Giussano, Da Barbiano, Colleoni e Bande Nere, si curò come per i Trento quasi esclusivamente la elevata ve1ocità. 

Infatti queste unità ebbero un apparato motore della potenza di 95.000 cavalli, uguale a quella dei tipi Zara da diecimila tonnellate, che imprimeva la velocità di 37 nodi.  Per tale motivo ebbero una protezione con spessore massimo di 20-24 mm, del tutto insufficiente per proteggere gli organi vitali dai proiettili dei cannoni da 152 mm con cui erano armati; inoltre non avendo protezione subacquea furono tutti quattro affondati in combattimento da siluri nemici.

I settemila della classe Montecuccoli rappresentarono uni migliora- mento rispetto al cinquemila, ma ebbero le stesse deficienze strutturali per cui anche l'Attendolo, pur non venendo affondato, ebbe la prua asportata da siluri nemici, e affondò poi per bombardamento aereo nel porto di Napoli.

Decisamente migliori furono i successivi Duca d'Aosta ed Eugenio di Savoia. e infine i due Garibaldi e Duca degli Abruzzi che rappresentarono il completamento dell'evoluzione dell'incrociatore leggero Italiano, raggiungendo quasi le 10.000 t di dislocamento standard ed avendo un armamento di 10 cannoni da 152 mm, mentre tutti gli altri ne avevano soltanto 8.  Circa l'armamento di siluri ne furono forniti sia gli incrociatori pesanti che leggeri: i Trento e il Bolzano ne ebbero 8 in quattro impianti binati, fissi al traverso in batteria; i tipi Zara invece non ebbero lanciasiluri. 

Gli incrociatori leggeri tipo Condottieri avevano 4 lanciasiluri in due complessi binati brandeggiabili in coperta ai lati dei fumaioli pop- pieri. Disposizione uguale avevano i Montecuccoli. ma un poco più a prora. circa a metà distanza fra i due fumaioli. l Duca d'Aosta e i Ga- ribaldi ebbero invece 6 lanciasiluri in due impianti trinati nella stessa posizione in coperta.

Le catapulte per gli aerei sui tipi Trento. Zara e Da Giussano erano di tipo fisso sistemate a prora estrema; viceversa i Cadorna, il Bolzano. i Montecuccoli e i Duca d'Aosta le ebbero al centro, fra i fumaioli, o dietro i fumaioli. di tipo brandeggiabile, i Garibaldi, infine, ebbero due catapulte ai lati del fumaiolo poppiero. Durante la guerra furono impostati 12 incrociatori leggeri della classe detta « Attilio Regolo » o « Capitani Romani », però alla data dell'armistizio ne erano entrati in servizio solo 3: Attilio Regolo. Pompeo Magno e Scipione Africano; gli altri furono in parte demoliti sugli scali e in parte catturati incompleti dai tedeschi. Furono anche messi in costruzione due incrociatori antiaerei, Etna e Vesuvio, ottenuti dalla trasformazione dei due incrociatori ordinati dal Siam ai Cantieri Riuniti dell'Adriatico, che però non furono ultimati.

Nel periodo 1925-1945 entrarono in servizio i seguenti incrociatori: 

-Trento (1929), Trieste (1928),pesanti.

-Da Giussano, Da Barbiano, Bande Nere (1931), Colleoni (1932), leggeri.

-Zara, Fiume, Gorizia (1931), Pola (1932), pesanti.

-Cadorna, Diaz (1933), leggeri. 

-Bolzano (1933), pesante.

 -Montecuccoli, Attendolo (1935), leggeri.

-Eugenio di Savoia (1936), Duca d'Aosta (1935), leggeri.

-Garibaldi, Duca degli Abruzzi (1937), leggeri.

-Attilio Regolo (1942), Giulio Germanico (in allestimento), Scipione Africano, Pompeo Magno (1943), leggeri.

Furono incorporati nella Marina italiana i seguenti incrociatori francesi catturati a Tolone nel 1942: 

-FR 11, Jean De Vienne. -FR 12, La Galissonière non entrati in servizio.


CLASSE TRENTO

La classe Trento fu una classe di incrociatori pesanti della Regia Marina, costruiti alla fine degli anni venti. Le tre navi di questa classe sacrificarono la corazzatura in favore della velocità e furono relativamente poco corazzate per navi delle loro dimensioni. Venne successivamente deciso che erano svantaggiate da questa condizione e il loro progetto si evolse nella maggiormente corazzata classe Zara dell'inizio degli anni trenta.  Gli incrociatori classe Trento furono le prime navi specificatamente progettate per adeguarsi alle condizioni del Trattato navale di Londra, che limitava il dislocamento degli incrociatori a 10 000 t ed a cannoni del calibro massimo di 8" (203 mm), una limitazione che rendeva difficile includere potenza di fuoco, velocità e protezione in un singolo progetto. Un particolare problema affrontato dai progettisti italiani fu che le loro navi non sarebbero state capaci di proteggere le lunghe linee costiere italiane e le distanti basi navali, per cui un'alta velocità era un requisito essenziale. Scegliendo di sacrificare la corazzatura e la capacità dei serbatoi carburante, pur essendo le unità armate con cannoni da 203 mm, hanno potuto mantenere la velocità desiderata. Dal progetto dei Trento, sia pur con varie modifiche, derivarono anche le due unità della classe Veinticinco de Mayo di incrociatori pesanti per l'Argentina, che entrate in servizio nel 1931 vennero battezzate Almirante Brown e Veinticinco de Mayo. Le differenze riguardavano sia lo scafo, che nelle due unità argentine era leggermente più corto e più stretto, che per l'armamento che vedeva nelle unità argentine i cannoni da 190/52 mm al posto di quelli da 203 mm; un'altra differenza era nella sovrastruttura che vedeva la presenza sulle unità argentine di un unico fumaiolo a differenza dei due fumaioli delle unità italiane.

Incrociatore pesante: Trento

Il Trento fu un incrociatore pesante appartenente all'omonima classe Trento della Regia Marina; venne impostato l'8 febbraio 1925 nel cantiere navale Orlando di Livorno, varato il 4 ottobre 1927 ed entrò in servizio il 3 aprile 1929, partendo per una crociera a Barcellona. Il varo dell'incrociatore Trento avvenne ufficialmente il 4 ottobre 1927, ma in realtà un primo varo c'era già stato un mese prima, il 4 settembre, ma era fallito causa un sabotaggio. La nave, infatti, dopo aver percorso 47 metri nella sua discesa in acqua, si fermò. Insieme al sego usato come lubrificante per il varo venne trovata della sabbia. La cerimonia venne così ripetuta un mese dopo ed il 4 ottobre questa volta tutto filò liscio.

Il Trento prese parte alle principali azioni navali, quali le battaglie di Punta Stilo (9 luglio 1940), Capo Teulada (27 novembre 1940) e Capo Matapan (27 - 28 marzo 1941) la prima e la seconda battaglia della Sirte. Il 9 novembre 1941 partecipò alla battaglia del convoglio Duisburg. Durante la Notte di Taranto (11-12 novembre) venne colpito da una bomba ad una torre binata di prora.

Il mattino del 15 giugno 1942 mentre stava navigando con una flotta da battaglia per intercettare un convoglio di rifornimenti alleati diretti a Malta in quella che era l'Operation Vigorous venne attaccato ed affondato da due siluri. Il primo siluro, lanciato alle 5:15 da un aerosilurante Bristol Beaufort alleato decollato da Malta, immobilizzò il Trento che venne lasciato indietro mentre il resto della flotta proseguiva all'inseguimento del convoglio. Alle 09:10, mentre veniva trainato dal cacciatorpediniere Pigafetta venne centrato nel deposito munizioni prodiero da un siluro lanciato dal sottomarino HMS Umbra della Royal Navy affondando rapidamente. Alle 9:15 l'unità era già affondata. I membri dell'equipaggio ebbero poco tempo per indossare il giubbotto di salvataggio e balzare in acqua e oltre la metà morirono (657 su 1152 a bordo)[1] a causa delle esplosioni o affondarono con la nave, tra loro anche il suo comandante, il Capitano di Vascello Stanislao Esposito[4], l'Ufficiale Addetto allo scafo Giuseppe Bignami e il comandante in 2ª Capitano di Fregata Carlo Emanuele Cacherano d'Osasco che sarebbero stati decorati rispettivamente di Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria il primo e il secondo, e di Medaglia d'Argento al Valor Militare il terzo. Il relitto dell'incrociatore Trento si trova a 36°10′N 18°40′E, nel mezzo del mare Ionio dove il Mediterraneo è più profondo.

Incrociatore pesante: Trieste

Il Trieste fu un incrociatore pesante della Regia Marina che faceva parte della classe Trento. La sua costruzione avvenne a Trieste nello Stabilimento Tecnico Triestino, dove venne impostato sugli scali il 24 giugno 1925; varato il 24 ottobre 1926, venne consegnato il 3 aprile 1929.

Il 12 agosto 1942 uscì in mare con Gorizia, Bolzano e la VII Divisione per prendere parte alla Battaglia di mezzo agosto: compito degli incrociatori sarebbe stato intercettare ed annientare il convoglio inglese diretto a Malta, già decimato dagli attacchi di bombardieri, aerosiluranti, MAS, sommergibili e motosiluranti. Tuttavia il comando, temendo attacchi aerei o subacquei inglesi, ordinò il rientro (durante il quale furono ugualmente silurati, con gravi danni, il Bolzano e l'incrociatore leggero Muzio Attendolo). Il 9 dicembre quanto restava della III Divisione (Trieste e Gorizia) fu trasferito da Messina a La Maddalena, nel tentativo di allontanarla dai continui attacchi aerei angloamericani. Ma alle 14.45 del 10 aprile 1943 una formazione di 84 bombardieri attaccò La Maddalena. I velivoli avevano dei precisi obiettivi: 36 attaccarono il Gorizia, 24 la base dei sommergibili e 24 il Trieste. Prima di poter reagire, il Trieste fu investito da più di 120 bombe che caddero tutt'attorno alla nave. Una aprì uno squarcio a poppa, due distrussero plancia e centrale di tiro, altre colpirono il fumaiolo prodiero ed i locali caldaie. Le esplosioni delle bombe cadute vicino allo scafo produssero altre falle. La nave, appoppatasi, fu abbandonata dall'equipaggio e affondò in meno di due ore, capovolgendosi. I morti furono 77 (4 ufficiali, 6 sottufficiali, 67 marinai) e i feriti gravi 75 (6 sottufficiali e 69 marinai). Il suo relitto venne recuperato nel 1950 e venduto alla Spagna che lo avrebbe voluto utilizzare, ricostruendolo come portaerei, ma il progetto non ebbe seguito e lo scafo venne successivamente demolito.

Incrociatore pesante: Bolzano

Il Bolzano fu un incrociatore pesante della Regia Marina, impiegato durante la seconda guerra mondiale. Apparteneva alla classe Trento, ma con delle diversità costruttive tali da farlo considerare talvolta una classe a parte.  Il Bolzano fu costruito nei cantieri Ansaldo di Genova, venne varato nel 1932, entrando in servizio nel 1933. Nel 1937 venne modificato l'armamento secondario: 8 mitragliere da 37/54 mm sostituirono i cannoni poppieri da 100/47 mm e 8 mitragliere da Breda Mod. 31 da 13,2 mm presero il posto delle 4 mitragliere da 40/39 mm e delle 4 mitragliere da 12,7 mm e con questa configurazione partecipò alla seconda guerra mondiale.

La nave prese parte al secondo conflitto mondiale svolgendo durante il conflitto compiti di scorta ai convogli e partecipando alle più importanti battaglie nel mar Mediterraneo. Nel 1942 prese parte alla grande battaglia aeronavale di mezzo agosto. Uscì in mare il 12 agosto assieme al Gorizia, al Trieste, alla VII Divisione e a 11 cacciatorpediniere, per intercettare ed annientare un convoglio britannico già decimato dagli attacchi aerei e subacquei italo-tedeschi. Il comando ritenne però che le navi avrebbero corso il rischio di essere sottoposte a pesanti attacchi aerei e ne ordinò quindi il rientro. Fu sulla rotta di ritorno che le navi caddero nell'agguato del sommergibile britannico HMS Unbroken, che silurò il Bolzano e l'incrociatore leggero Muzio Attendolo. Mentre quest'ultimo riuscì a tornare in porto con i propri mezzi, il Bolzano, in fiamme e imbarcando acqua, dovette essere rimorchiato sino alla vicina Panarea, dove si adagiò sui bassifondali. Dopo un mese di lavori fu possibile rimetterlo a galla ed il 15 settembre l'unità venne rimorchiata a Napoli e successivamente a La Spezia per le necessarie riparazioni, che tuttavia non poterono procedere per mancanza di materiale e si era tornati ad ipotizzarne nuovamente la trasformazione in nave "lancia-aerei", che rimase comunque sulla carta.[4] All'annuncio dell'armistizio l'8 settembre 1943, non essendo ancora in condizioni di riprendere il mare, non poté seguire le sorti del resto della squadra navale, costretta dalle clausole armistiziali a trasferirsi a Malta.

Il Bolzano, abbandonato dall'equipaggio il 9 settembre, cadde in mano ai tedeschi che l'indomani lo saccheggiarono (così come anche la popolazione civile). Spogliato di tutto quanto era utilizzabile, l'incrociatore fu abbandonato a se stesso Nel timore che i tedeschi potessero affondarlo per bloccare l'entrata del porto della Spezia, gli Alleati lo inclusero fra gli obiettivi di un'incursione di assaltatori misti italo-britannici da compirsi a La Spezia il 22 giugno 1944. Un chariot britannico (mezzo derivato dagli SLC italiani) si portò sotto la carena del Bolzano e vi piazzò una carica esplosiva che esplose affondando la nave. Nell'aprile del 1945, quando gli alleati entrarono alla Spezia, venne ritrovato affondato e capovolto in rada. Recuperato alla fine del conflitto venne successivamente demolito.


CLASSE ZARA

La classe Zara fu una classe di incrociatori pesanti della Regia Marina, impiegata durante la seconda guerra mondiale; la classe era composta da quattro navi, Zara, Fiume, Pola e Gorizia. La classe Zara fu l'evoluzione della classe Trento e apparteneva a quella categoria di incrociatori pesanti da 10000 t. definiti con il Trattato navale di Washington del 1921. Tra gli incrociatori pesanti da 10000 t tipo Washington, gli incrociatori classe Zara sono universalmente considerati i meglio riusciti e i più equilibrati in corazza, armamento e velocità.

Le navi parteciparono alle principali missioni belliche della Regia Marina nella seconda guerra mondiale come la battaglia di Punta Stilo (9 luglio) e la battaglia di Gaudo (28 marzo 1941) che fu il preludio alla battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941). Fu durante quest'ultima battaglia che ben tre navi della classe, gli incrociatori Zara, Fiume e Pola furono affondate insieme ai cacciatorpediniere della classe Oriani Alfieri e Carducci. L'incrociatore Gorizia, unica unità superstite della classe, dopo essere stato colpito gravemente il 10 aprile 1943 a La Maddalena nel corso un bombardamento aereo americano in cui venne anche affondato l'incrociatore Trieste, venne trasferito, per le necessarie riparazioni, a La Spezia dove fu ritrovato, semiaffondato, alla fine della guerra, non avendo potuto seguire all'armistizio dell'8 settembre il resto della squadra navale trasferitosi a Malta.

Incrociatore pesante: Zara

Lo Zara fu un incrociatore pesante della Regia Marina, che diede il nome alla omonima classe, evoluzione della classe Trento e che comprendeva anche le navi Fiume, Pola e Gorizia. Costruito presso il cantiere OTO della Spezia, fu varato il 27 aprile 1930 ed entrò in servizio il 20 ottobre 1931. All'inizio della seconda guerra mondiale era inquadrato nella Iª Divisione Incrociatori della Iª Squadra di base a Taranto quale ammiraglia di Divisione con insegna dell'Ammiraglio Pellegrino Matteucci con in dotazione gli idrovolanti IMAM Ro.43. Lo Zara partecipò alle principali missioni belliche della Regia Marina nel conflitto come la battaglia di Punta Stilo (9 luglio 1940) e la battaglia di Gaudo (28 marzo 1941) che fu il preludio alla battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941): in tale occasione la Zara fu affondato assieme al Fiume, al Pola e ai cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.

Incrociatore pesante: Fiume

Il Fiume fu un incrociatore pesante della Regia Marina italiana. Con altre tre navi gemelle (Zara, Pola e Gorizia) faceva parte della classe Zara, sviluppata negli anni 1930. Costruito nello Stabilimento Tecnico Triestino di Trieste, entrò in servizio alla fine del 1931. All'inizio del secondo conflitto mondiale era inquadrato nella 1ª divisione incrociatori della 1ª squadra di base a Taranto ed era dotato degli idrovolanti IMAM Ro.43.
Nel corso della battaglia di Capo Matapan, il 28 marzo 1941, fu inviato assieme alle altre unità della I Divisione a soccorrere il gemello Pola, immobilizzato da un aerosilurante britannico. Le navi italiane furono però individuate dalle corazzate britanniche Barham, Valiant e Warspite, che aprirono il fuoco contro le ignare unità della 1ª divisione. Il Fiume, illuminato per primo dal proiettore del cacciatorpediniere Greyhound, fu devastato da numerosi colpi da 381 mm; incendiato, sbandò sul lato di dritta sino a che capovoltosi, affondò. Tra le unità perse nella battaglia, fu quella che ebbe le perdite maggiori fra l'equipaggio: 813 morti su 1104 uomini a bordo, fra cui il comandante, c.v. Giorgio Giorgis, che fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare.

Incrociatore pesante: Gorizia

Il Gorizia fu un incrociatore pesante della Regia Marina italiana, appartenente alla classe Zara. Partecipò alla seconda guerra mondiale, prendendo parte a numerose battaglie prima di venire reso inoperativo da un bombardamento alleato nel 1943. All'inizio della seconda guerra mondiale era inquadrato nella I Divisione incrociatori assieme ai gemelli Zara e Fiume dotati degli idrovolanti IMAM Ro.43. Partecipò alle principali battaglie del Mediterraneo e a missioni di scorta indiretta di convogli.
Il 9 luglio 1940 partecipò alla battaglia di Punta Stilo, primo scontro con la flotta inglese. Il 31 agosto fu fra le unità uscite per contrastare l'operazione inglese “Hats” e che però tornarono in porto senza aver concluso nulla. Si trovava a Taranto durante il celebre attacco aerosilurante inglese della notte fra l'11 ed il 12 novembre. Durante l'incursione fu fatto oggetto dell'attacco di un aereo britannico, che però fu abbattuto dalla contraerea del Gorizia.

L'11-12 agosto 1942 uscì ancora in mare insieme a Trieste, Bolzano e alla VII Divisione, per prendere parte alla grande battaglia aeronavale di Mezzo Agosto: la formazione avrebbe dovuto annientare il convoglio inglese per Malta, già semidistrutto dai continui attacchi di aerei, sommergibili e motosiluranti. Il Gorizia era la nave di bandiera dell'ammiraglio Parona, comandante la III Divisione. Tuttavia Supermarina, temendo che gli incrociatori potessero essere attaccati da aerei o sommergibili, ordinò il rientro della squadra ben prima che questa potesse raggiungere il convoglio (ciò non impedì che un sommergibile silurasse il Bolzano e l'incrociatore leggero Muzio Attendolo).
Questa fu l'ultima missione di guerra del Gorizia. Il 9 dicembre, assieme al Trieste (l'unico altro incrociatore pesante rimasto in efficienza) si spostò da Messina a La Maddalena nel tentativo di sfuggire ai sempre più pesanti attacchi dell'aviazione anglo-americana. Fu inutile: alle 14:45 del 10 aprile 1943 la base sarda fu attaccata da 84 bombardieri. A differenza del Trieste, il Gorizia ebbe il tempo di reagire con l'artiglieria contraerea, ma servì a poco. L'incrociatore fu attaccato da 36 aerei e fu presto colpito e messo fuori uso: il ponte fu sostanzialmente divelto dallo scafo, a bordo si svilupparono incendi, l'armamento fu distrutto e numerose falle si aprirono nello scafo. La nave fu ridotta ad un relitto galleggiante ed ebbe 63 morti (4 ufficiali, 6 sottufficiali, 53 marinai) e 97 feriti. Ciononostante si riuscì a ripararla in modo da consentirle di trasferirsi a La Spezia per evitare un sicuro affondamento (l'indomani, infatti, La Maddalena fu nuovamente attaccata da aerei con obiettivo il Gorizia. Le riparazioni non poterono procedere per mancanza di materiale e così, all'armistizio, la nave era ancora inutilizzabile e non poté prendere il mare. La sera del 9 settembre 1943 fu abbandonata dall'equipaggio e catturata dai tedeschi, che la abbandonarono dopo aver asportato tutto ciò che poteva essere usato.

Incrociatore pesante: Pola

Il Pola fu un incrociatore pesante della Regia Marina, appartenente alla classe Zara, costruito nei cantieri OTO di Livorno ed entrato in servizio nel 1932. Fu affondato durante la seconda guerra mondiale nel corso della battaglia di Capo Matapan il 29 marzo 1941.

Impostata nei cantieri OTO di Livorno il 17 marzo 1930, la nave venne varata il 5 febbraio 1931 con il nome di Pola in onore dell'omonima città italiana, per poi entrare in servizio il 21 dicembre 1932. Nel corso del periodo interbellico l'incrociatore svolse un'intesa attività di addestramento nelle acque del mar Mediterraneo, oltre a riviste navali nelle acque italiane e visite nei porti nazionali; tra il 1936 e il 1937 il Pola fu impegnato operativamente nelle acque della Spagna durante il periodo della guerra civile spagnola, come parte della missione internazionale volta a contrastare il contrabbando di armi nella regione. Il 23 novembre 1938, nel corso di un'esercitazione nelle acque di casa, il Pola investì per errore il cacciatorpediniere Lampo provocandogli gravissimi danni tra cui il distacco della sezione di prua.

Nel giugno 1940, all'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, il Pola ricopriva l'incarico di nave di bandiera dell'ammiraglio Riccardo Paladini, comandante della 2ª Squadra navale ed era dotato degli idrovolanti IMAM Ro.43. In questa veste l'incrociatore prese parte alla battaglia di Punta Stilo il 9 luglio 1940, primo importante scontro tra le flotte italiana e britannica: l'incrociatore scambiò colpi con le unità nemiche e, al pari del resto della squadra italiana, fu preso di mira per errore dai bombardieri della Regia Aeronautica, senza tuttavia riportare alcun danno. Dal 25 luglio 1940 il Pola fu nave di bandiera dell'ammiraglio Angelo Iachino, succeduto a Paladini alla guida della 2ª Squadra; il 31 agosto l'incrociatore prese il mare con il resto della flotta per contrastare un trasferimento di navi britanniche da Gibilterra ad Alessandria d'Egitto (operazione Hats), ma rientrò in porto senza essere entrato in contatto con il nemico. Il Pola si trovava ancorato a Taranto nella notte tra l'11 e il 12 novembre 1940 quando la base fu attaccata da aerosiluranti britannici, ma non riportò alcun danno; il 27 novembre seguente l'incrociatore partecipò invece alla battaglia di capo Teulada, finendo sotto il tiro delle unità nemiche ma senza riportare conseguenze.

Il 14 dicembre 1940 il Pola si trovava ancorato a Napoli quando il porto fu preso di mira da un'incursione di bombardieri nemici: colpito da due bombe, l'incrociatore riportò 22 morti tra l'equipaggio e vari danni tra cui uno squarcio nello scafo, rimanendo in riparazione fino al febbraio 1941. Promosso Iachino alla guida della squadra da battaglia, il Pola fu trasferito in forza alla 1ª Divisione incrociatori dell'ammiraglio Carlo Cattaneo in coppia con altre due unità della stessa classe, gli incrociatori Zara (nave ammiraglia) e Fiume; il 27 marzo 1941 la divisione salpò quindi per partecipare a una massiccia incursione italiana contro il traffico nemico nel Mediterraneo orientale, azione che portò alla battaglia di Capo Matapan.

Dopo un'infruttuosa ricerca di convogli nemici e uno scontro senza esito con una formazione di incrociatori britannici a sud dell'isolotto di Gaudo, nel pomeriggio del 28 marzo la flotta italiana fu attaccata da aerosiluranti che danneggiarono la nave da battaglia Vittorio Veneto. Le altre unità si radunarono intorno all'unità colpita per difenderla da altri attacchi aerei, e fu nel corso di uno di essi che, alle 19:50 circa, un aerosilurante Fairey Swordfish britannico decollato da Creta colpì il Pola con un siluro, mettendo fuori uso tanto apparato motore quanto l'impianto elettrico e lasciandolo immobilizzato in mezzo al mare; la nave, praticamente alla deriva, imbarcava acqua e, priva di energia elettrica, non poteva muovere le torri dei cannoni. Con una controversa decisione, l'ammiraglio Iachino ordinò a Cattaneo di invertire la rotta e di inviare a soccorso del Pola l'intera 1ª Divisione unitamente ai cacciatorpediniere della IX Squadriglia (Vittorio Alfieri, Giosuè Carducci, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti); la manovra di soccorso portò le unità italiane a breve distanza dalle flotta britannica dell'ammiraglio Andrew Cunningham che, cogliendole di sorpresa grazie all'oscurità, aprirono il fuoco affondando i due incrociatori Zara e Fiume e i cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.

Impossibilitato a manovrare e fare fuoco, il Pola era rimasto immobile nel corso dello scontro venendo quasi del tutto ignorato dalle unità britanniche, lanciate alla caccia della danneggiata Vittorio Veneto; solo dopo due ore di infruttuosa ricerca i britannici tornarono a dedicarsi all'immobilizzato incrociatore: il cacciatorpediniere HMS Jervis si avvicinò al Pola con l'intenzione di silurarlo, ma visto che dall'unità non giungevano segni di ostilità il comandante britannico diede ordine di affiancare la nave italiana per trarne in salvo l'equipaggio. Trasferito a bordo l'equipaggio italiano, il Jervis si staccò dall'incrociatore che, intorno alle 3:55, fu infine silurato e affondato dal cacciatorpediniere HMS Nubian. In percentuale, le perdite del Pola furono inferiori a quelle delle altre unità, ma fu registrato comunque un numero di vittime elevato: perirono 328 uomini su 1041 imbarcati. Tutti i superstiti, incluso il comandante capitano di vascello Manlio De Pisa, furono fatti prigionieri.


INCROCIATORI LEGGERI

Un incrociatore leggero è una nave da guerra che risponde al principale requisito di un incrociatore, quello di essere in grado di eseguire azioni indipendenti dal punto di vista dell'autonomia, e di norma di dimensioni maggiori di un cacciatorpediniere di pari periodo. Il primo esemplare fu il Mercury costruito nel Regno Unito nel 1879 e gradatamente divenne più veloce e potente, con cannoni principali di dimensione uniforme e più grandi. La Germania prese il vantaggio nella costruzioni di incrociatori leggeri negli anni 1890 costruendo una classe di incrociatori veloci copiata da altre nazioni.


CLASSE CONDOTTIERI

Tra le due guerre mondiali le potenze mondiali iniziarono una corsa agli armamenti per ottenere la supremazia sui mari. Nel 1926 la Francia iniziò a produrre la classe Le Fantasque di cacciatorpediniere, che erano superiori in dislocamento e potenza di fuoco ai cacciatorpediniere dell'epoca. Per contrastare la minaccia francese la Regia Marina decise di produrre una nuova classe di incrociatori di dimensioni intermedie tra la nuova classe di cacciatorpediniere francesi e gli incrociatori dell'epoca. In effetti furono rozzamente equivalenti alla classe Leander britannica. Gli incrociatori tipo Condottieri, battezzati in onore di condottieri del periodo medievale e rinascimentale italiani, vennero realizzati in una sequenza di cinque classi distinte, che dimostrano una chiara linea evolutiva.


CLASSE DUCA D'AOSTA

La classe Duca d'Aosta di incrociatori della Regia Marina era costituita dagli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d'Aosta ed Eugenio di Savoia, costruiti nella prima metà degli anni trenta rispettivamente negli stabilimenti OTO di Livorno e Ansaldo di Genova. Gli incrociatori del tipo Duca d'Aosta erano una sottoclasse della classe Condottieri. Gli incrociatori del tipo Duca d'Aosta erano una evoluzione del tipo Montecuccoli con un maggiore spessore della corazzatura e un aumento della potenza dei motori. La propulsione era a vapore con due gruppi turboriduttori tipo Belluzzo/Parsons alimentate dal vapore di sei caldaie a tubi d'acqua del tipo Yarrow/Regia Marina, con bruciatori a nafta, con surriscaldatori, in cui l'acqua fluiva attraverso tubi riscaldati esternamente dai gas di combustione, sfruttando così il calore sprigionato dai bruciatori, dalle pareti della caldaia e dei gas di scarico. L'armamento principale era costituito da otto cannoni da 152/53 A-1932 a culla singola e a caricamento semi-automatico installati in quattro torri binate sopraelevate, due a prora e due a poppavia del secondo fumaiolo. Durante la seconda guerra mondiale presero parte alla alle battaglie di Punta Stilo (9 luglio 1940), di mezzo giugno (12 - 16 giugno 1942) e della prima battaglia della Sirte (17 dicembre 1941). Durante il conflitto svolsero principalmente di scorta a convogli e di deposizione di campi minati. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 si consegnarono a Malta assieme alle altre unità navali. Dopo la fine della guerra vennero entrambi ceduti come riparazione per i danni di guerra, l'Emanuele Filiberto Duca d'Aosta all'Unione Sovietica e l'Eugenio di Savoia alla Grecia.

Incrociatore leggero: Duca d'Aosta

L'Emanuele Filiberto Duca d'Aosta (detto anche semplicemente Duca d'Aosta) è stato un incrociatore leggero della Regia Marina, appartenente alla classe Condottieri tipo Duca d'Aosta.  La nave venne impostata sugli scali il 29 ottobre 1932 nei cantieri OTO di Livorno, varata nel 1934 ed entrò in servizio nel 1935. Nel 1938 iniziò con la gemella Eugenio di Savoia una circumnavigazione del globo che venne interrotta dalla minaccia dello scoppio della seconda guerra mondiale mentre le due navi si trovavano in Sud America. La partenza prevista per il 1º settembre 1938 avvenne il 5 novembre dello stesso anno da Napoli, mentre il ritorno, che era previsto per il 25 luglio 1939, alla fine di gennaio del 1939 venne anticipato con il richiamo delle navi che il 3 marzo 1939 rientrarono alla Spezia.

Al termine del conflitto, in ottemperanza alle clausole del trattato di pace, il Duca d'Aosta venne ceduto all'Unione Sovietica come riparazione per i danni di guerra. Oltre al Duca d'Aosta i sovietici ottennero la nave da battaglia Giulio Cesare, la nave scuola Cristoforo Colombo, i cacciatorpediniere Artigliere e Fuciliere, le torpediniere classe Ciclone Animoso, Ardimentoso e Fortunale, e i sommergibili Nichelio e Marea, oltre al cacciatorpediniere Riboty, che non venne ritirato a causa della sua obsolescenza ed altro naviglio, quali MAS e motosiluranti, vedette, navi cisterna, motozattere da sbarco, una nave da trasporto e dodici rimorchiatori. Oltre al Riboty, una piccola parte della quota di naviglio destinata ai sovietici non venne ritirata a causa del pessimo stato di manutenzione e per questa parte di naviglio i sovietici concordarono una compensazione economica.

La nave, scartata l'ipotesi iniziale di essere ribattezzata Stalingrad, in attesa della consegna era stata prima ribattezzata Admiral Ušakov e poi Odessa, dopo essere entrata a far parte della Marina Sovietica ebbe il nome definitivo Kerč' (in russo: Керчь) ed inquadrata nella flotta del Mar Nero. In nome della nave è dedicato alla città eroina di Kerč', un porto nella parte est della penisola di Crimea. Il 7 febbraio 1956 la nave venne ritirata dal servizio attivo e impiegata come nave scuola fino all'11 maggio 1958, quando venne classificata unità sperimentale con la denominazione "OS 32". Il 20 febbraio 1959 la nave venne radiata ed avviata alla demolizione, avvenuta nel 1961.

 

Incrociatore leggero: Eugenio di Savoia / Elli

L'Eugenio di Savoia fu un incrociatore leggero della Regia Marina italiana, appartenente alla classe Condottieri tipo Duca d'Aosta. La nave venne così battezzata in onore del condottiero sabaudo del XVII secolo Eugenio di Savoia, principe di Savoia-Carignano, noto come Principe Eugenio che durante la guerra austro-turca fu protagonista a fianco del Re di Polonia Giovanni III Sobieski nella Battaglia di Vienna, nella Battaglia di Mohács a fianco di Carlo V di Lorena e nella battaglia di Zenta, dove al comando dell'esercito imperiale, sconfisse l'esercito ottomano, comandato dal sultano Mustafa II; successivamente il Principe Eugenio si sarebbe distinto nella Guerra di Successione Spagnola e nell'assedio di Torino del 1706 in cui sconfisse le truppe del duca La Feuillade cacciando in pratica i francesi dall'Italia. Nello stesso periodo in cui l'Eugenio di Savoia era in servizio nella Regia Marina, nella Kriegsmarine operava l'incrociatore Prinz Eugen, intitolato allo stesso personaggio, cui in precedenza era stata dedicata nel corso della prima guerra mondiale nella Imperial-Regia Marina Austro-Ungarica la nave da battaglia della Classe Tegetthoff Prinz Eugen.

L'Eugenio di Savoia venne impostato nel 1933 nei cantieri Ansaldo di Genova Sestri, varato nel 1935 ed entrò in servizio nel 1936. Partecipò ad azioni nella guerra civile spagnola. Nel 1938 iniziò con il gemello Duca d'Aosta una circumnavigazione del globo che interruppe alla minaccia dello scoppio della seconda guerra mondiale. La partenza prevista per il 1º settembre 1938 avvenne il 5 novembre dello stesso anno da Napoli, mentre il ritorno che era previsto per il 25 luglio 1939 alla fine di gennaio del 1939 venne anticipato con il richiamo delle navi che rientrarono a La Spezia il 3 marzo 1939.

Incrociatore leggero: Elli

Dopo la fine della guerra in base alle clausole del trattato di pace, dopo essere stato rimesso in efficienza, il 26 giugno 1951, venne ceduto come riparazione per i danni di guerra alla Grecia. Entrato a far parte della Marina ellenica venne ribattezzato Elli (in greco: Έλλη) in ricordo dell'incrociatore leggero greco affondato dal sommergibile italiano Delfino il 15 agosto 1940 nei pressi dell'isola greca di Tino. Nella nuova marina di appartenenza ricoprì il ruolo di ammiraglia della flotta e venne usato da Re Paolo I di Grecia durante le visite di stato a Istanbul nel giugno del 1952, in Jugoslavia nel settembre 1955, a Tolone in Francia, nel giugno 1956 e in Libano nel maggio 1958.

Nel 1959 venne destinato a Suda nell'isola Creta, in qualità di nave comando della flotta dello Ionio. La nave, messa in disarmo nel 1965, venne usata, durante la dittatura dei colonnelli, come nave-prigione per i membri della Marina oppositori del regime fino al 1973, quando venne avviata alla demolizione.


CLASSE DUCA DEGLI ABRUZZI

La classe Duca degli Abruzzi di incrociatori leggeri della Regia Marina Italiana costituiva l'ultima delle cinque classi di incrociatori della serie Condottieri, una classe di incrociatori costruiti prima della seconda guerra mondiale, la maggior parte dei quali vennero battezzati in onore di condottieri italiani del periodo medievale e rinascimentale eccetto le navi della serie Duca degli Abruzzi, intitolati ad un esploratore e ad un eroe del Risorgimento e quelli della serie Cadorna, intitolati a due generali italiani della prima guerra mondiale. Le navi di questa sottoclasse, sacrificando un poco di velocità, hanno avuto, rispetto alle precedenti della classe Condottieri, un miglioramento della corazzatura e dell'armamento, con dei cannoni aggiuntivi per le batterie secondarie; trovarono ampio impiego durante la seconda guerra mondiale, partecipando alla battaglia di Punta Stilo e alla battaglia di Capo Matapan. Dopo l'armistizio raggiunsero Malta e durante la cobelligeranza vennero schierate in Atlantico partecipando ad azioni di pattugliamento a fianco degli alleati. Nel dopoguerra entrarono a far parte della Marina Militare. Le navi appartenenti al tipo Duca degli Abruzzi si sono rivelate ottime unità tra le migliori similari della loro epoca, presentando un perfetto equilibrio fra protezione, velocità, tenuta di mare e armamento, grazie all'esperienza acquisita dalla realizzazione delle precedenti classi e i miglioramenti introdotti richiesero un aumento del dislocamento, che per queste unità superò le 9.000 tonnellate, con un incremento di dimensioni, che portarono la lunghezza dello scafo fuori tutto a 187 metri, risultando quindi tra le più lunghe unità della Regia Marina, precedute soltanto dalle Littorio, dai Trento e dal Bolzano. L'armamento principale era costituito da cannoni da 152/55 Ansaldo Mod. 1934 a culla singola e a caricamento semi-automatico installati in quattro torri, di cui una trinata ed una binata nella sovrastruttura di prua ed una torretta trinata ed una binata a poppavia del secondo fumaiolo, per un totale di dieci cannoni. L'armamento antiaereo principale era costituito da 8 cannoni da 100/47 mm OTO in quattro complessi scudati, utili anche in compiti antinave, ma che con l'aumento della velocità dei velivoli e con le nuove forme di attacco in picchiata si mostrarono insufficienti alla difesa aerea e rivelarono una certa utilità solo nel tiro di sbarramento, tanto che per ovviare a tali inconvenienti venne approntato il complesso singolo modello 90/50 mm A-1938 con affusto stabilizzato che trovò impiego sulle Duilio e sulle Littorio ma non sulle Cavour.

L'armamento antiaereo secondario era costituito da 12 mitragliere Breda Mod. 31 da 13,2/76 mm e 8 mitragliere pesanti Breda 37/54 mm. montate in 4 impianti binati che si rivelarono particolarmente utili contro gli aerosiluranti e in generale contro i bersagli a bassa quota.

Incrociatore leggero: Duca degli Abruzzi

L'incrociatore leggero Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi fu un'unità della Regia Marina e della Marina Militare italiana che faceva parte del tipo Duca degli Abruzzi, l'ultima evoluzione della classe Condottieri. L'unità era intitolata all'esploratore Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, duca degli Abruzzi morto nel 1933 e nello stesso anno cominciò la sua costruzione nei Cantieri OTO di La Spezia. Varato il 21 aprile 1936, venne completato nel 1937. Il Duca degli Abruzzi trovò ampio impiego durante la seconda guerra mondiale, inquadrato nella VIII Divisione Incrociatori nell'ambito della Iª Squadra da battaglia di base a Taranto come nave insegna dell'ammiraglio Legnani.

Varato nel 1936 e completato nel 1937, dopo essere entrato a far parte della Marina Militare e sottoposto radicali lavori di ammodernamento tra il 1951 e il 1953, nel 1956 dopo la messa in disarmo delle corazzate della Classe Duilio ricoprì il ruolo di ammiraglia della flotta della Marina Militare, andando in disarmo nel 1961. Il Duca degli Abruzzi venne chiamato l'incrociatore degli esili, in quanto trasportò verso il loro esilio i reali d'Italia; a bordo di questa unità infatti prima partì verso l'esilio di Alessandria d'Egitto con il titolo di Conte di Pollenzo il re Vittorio Emanuele III dopo aver firmato a Napoli l'atto formale di abdicazione a favore del figlio Umberto II e successivamente la Regina Maria Josè verso il Portogallo.

Incrociatore leggero: Giuseppe Garibaldi

Varato nel 1936 e completato nel 1937, dopo essere entrato a far parte della Marina Militare venne posto in riserva nel 1953 e dal 1957 al 1961 venne ricostruito come incrociatore lanciamissili, ricoprendo il ruolo di nave ammiraglia della Marina Militare Italiana fino al 1971, quando andò definitivamente in disarmo e fu il primo incrociatore lanciamissili ad entrare in servizio in una marina europea.

Alla sua entrata in servizio il Garibaldi era classificato incrociatore leggero, in quanto secondo il Trattato navale di Londra del 1930, erano classificati tali gli incrociatori con cannoni da 6.1 pollici (155 mm) o più piccoli, mentre quelli con cannoni fino a 8 pollici (203 mm) erano definiti incrociatori pesanti. Il Garibaldi trovò poi ampio impiego durante la seconda guerra mondiale, inquadrato nella VIII Divisione incrociatori nell'ambito della I Squadra di base a Taranto. Insieme al gemello Duca degli Abruzzi, al Cadorna e al Montecuccoli, costituì la dotazione degli incrociatori concessi alla Marina Militare Italiana dalle clausole del trattato di pace, con il Cadorna messo però quasi subito in disarmo e il Montecuccoli trasformato in nave scuola per gli allievi dell'Accademia Navale di Livorno.

Dopo un breve periodo di vita operativa , durante la quale ebbe modo di partecipare all'importante manovra interalleata GRAND SLAM, il Garibaldi venne posto in riserva nel 1953 e nel dicembre 1954 venne inviato nell'Arsenale di La Spezia per essere trasformato in incrociatore lanciamissili e fino al 1957 fu sottoposto a lavori di smantellamento tali da ridurre l'unità allo scafo nudo. I lavori di ricostruzione/trasformazione veri e propri iniziarono nel 1957 e in questo periodo, con il Cadorna già andato in disarmo e con il Montecuccoli che svolgeva attività prevalentemente addestrativa, il Duca degli Abruzzi rimase il solo incrociatore a svolgere attività di squadra, ricoprendo il ruolo di ammiraglia in seguito al disarmo, nel 1956, delle Duilio.

I lavori di ricostruzione vennero effettuati presso l'Arsenale di La Spezia e completati nel 1961 ed al termine dei lavori l'unità raggiunse un dislocamento standard di 9.802 tonnellate e di 11.350 a pieno carico, con una immersione media di 6,7 metri.  La parte più consistente di lavori allo scafo riguardò l'estremità della tuga, dove erano stati allestiti i pozzi di lancio per quattro missili balistici statunitensi Polaris dotati di testata nucleare, che avevano lo scopo di fornire alla Marina Militare Italiana una capacità di deterrenza strategica tramite il successivo programma di realizzazione interamente nazionale del missile balistico Alfa, molto simile al missile americano Polaris. Radicalmente cambiato l'armamento, che con l'installazione, nella tuga, del sistema missilistico Terrier fece del Garibaldi il primo incrociatore lanciamissili ad essere entrato in servizio in una marina europea. Venne sbarcato tutto l'armamento precedente, sostituito con armamento di diverso calibro. Al termine dei lavori di trasformazione il Garibaldi venne riconsegnato alla Marina Militare il 3 novembre 1961 raggiungendo la sua base operativa di Taranto il 5 febbraio 1962. Il Garibaldi venne messo in disarmo il 20 febbraio 1971, ma non fu l'età a decretare la sua dismissione, ma motivi di ordine economico che all'inizio degli anni sessanta si evidenziarono in maniera preoccupante per il futuro della Marina Militare Italiana.

Il Garibaldi venne ufficialmente radiato[43] il 16 novembre 1976 e il 3 novembre 1978 alle ore 0:15, con l'apertura del Ponte Girevole ha attraversato a rimorchio per l'ultima volta il canale navigabile di Taranto per raggiungere La Spezia dove sarebbero avvenuti i lavori di demolizioni a cura dei Cantieri del Tirreno di Genova, dopo essere stato parzialmente smantellato dopo la sua messa in disarmo a partire dal 1972.


CLASSE MONTECUCCOLI

La classe Raimondo Montecuccoli fu una classe di incrociatori leggeri della Regia Marina Italia, dotata di idrovolanti IMAM Ro.43, successore della classe Luigi Cadorna, di cui fu un miglioramento, erano dotati di una corazzatura migliore e di motori più potenti per conservare la stessa velocità.  L'armamento era costituito da otto cannoni da 152/53 mm Mod 1929 in quattro installazioni binate, sei cannoni da 100/47 mm OTO 1928 in tre installazioni binate, otto mitragliere da 37/54 mm in quattro installazioni binate e otto mitragliatrici 13,2/75,7 mm Breda 1931 in quattro installazioni binate, sostituite durante il secondo conflitto mondiale da dodici mitragliatrici 20/70 mm Oerlikon in installazioni singole.  L'apparato motore è costituito da due parti identiche, ciascuna formata da due generatori di vapore collegate ad un gruppo turbine, alloggiate in sei locali separati (due locali per le turbine, quattro per i generatori) posti uno dietro l'altro al centro della nave. I generatori di vapore surriscaldato a 225 °C, erano caldaie a tubi d'acqua del tipo Yarrow detto Marina Militare a cinque collettori in grado di produrre 90t/h di vapore. La camera di combustione di ciascun generatore era alimentata da 12 polverizzatori, a nafta riscaldata fino a 90-100 °C I fumi dei due generatori poppieri venivano evacuati dal fumaiolo di poppa mentre quelli prodieri utilizzavano il fumaiolo di prora. I generatori di vapore erano alimentati con acqua distillata, preriscaldata a 100 °C dai vapori di scarico delle turbine ausiliarie. Il gruppo turbine era formato da una turbina ad alta pressione ed una turbina a bassa pressione, entrambe del tipo Belluzzo ad azione diretta invertibili per la marcia indietro, collegate da una scatola ingranaggi alla linea d'asse. Il gruppo prodiero azionava l'elica di dritta con rotazione destrorsa, mentre il gruppo poppiero azionava l'elica di sinistra, sinistrorsa. Al di sotto del gruppo turbine era installato il condensatore a bassa pressione, raffreddato con acqua di mare, in grado di far funzionare le turbine in circuito chiuso. Per compensare le perdite d'acqua distillata sono installati tre evaporatori capaci di produrre 154t di acqua distillata nelle 24 ore.

Incrociatore leggero: Montecuccoli

Il Raimondo Montecuccoli fu un incrociatore leggero della Regia Marina e poi della Marina Militare, appartenente alla classe Condottieri tipo Raimondo Montecuccoli. Venne così battezzata in onore del condottiero del XVII secolo Raimondo Montecuccoli.
Impostato il 10 ottobre 1931 nei cantieri Ansaldo di Genova, varato il 2 agosto 1934, dopo avere effettuato le prove in mare nella primavera del 1935, venne consegnato alla Regia Marina il 30 giugno del 1935.
Durante la seconda guerra mondiale, dotato di idrovolanti IMAM Ro.43, incrociò la propria attività con quella del gemello Muzio Attendolo e degli incrociatori Duca d'Aosta prendendo parte alle battaglie di Punta Stilo del 9 luglio 1940. Insieme al Eugenio di Savoia e cinque cacciatorpediniere sparò contro postazioni greche alla isola di Corfù, il 18 dicembre 1940. Fece parte della scorta del convoglio M.42 che culminò nella prima battaglia della Sirte del 17 dicembre 1941. Prese parte alla battaglia di mezzo giugno (12 - 16 giugno 1942), dove riuscì a mettere fuori combattimento il cacciatorpediniere HMS Bedouin, affondato in seguito da un aerosilurante S.M.79 del sottotenente Martino Aichner della 281ª Squadriglia del 132º Gruppo, ed incendiare la grossa petroliera Kentucky, che si era fermata dopo essere colpita da aerei tedeschi. Due mesi dopo prese parte alla Battaglia di mezzo agosto svolta tra il 10 e il 15 agosto 1942.
Mentre si trovava a Napoli il 4 dicembre 1942, giorno di Santa Barbara, vi fu un bombardamento da parte dei B-24 americani partiti dall'Egitto che arrivarono indisturbati sulla città in quanto scambiati per una formazione di Ju 52 tedeschi, sganciando le loro bombe da oltre 6 000 metri di altitudine, che colpirono il Montecuccoli, l'Eugenio di Savoia, che ebbe 17 morti e 46 feriti e danni alla parte posteriore dello scafo riparabili in 40 giorni ed il gemello Muzio Attendolo, che colpito al centro da una o due bombe venne danneggiato sotto la linea di galleggiamento inclinandosi per finire semiaffondato. Per il Muzio Attendolo la stima delle operazioni di recupero e dei lavori di riparazione era da dieci mesi ad un anno, ma lo scafo venne recuperato e demolito al termine del conflitto.
Il Montecuccoli venne colpito da una bomba a centro nave proprio dentro un fumaiolo che venne disintegrato lasciando al suo posto un cratere, ma la protezione della corazzatura riuscì a salvare la nave che, oltre ad avere avuto 44 morti e 36 feriti, ebbe bisogno di ben sette mesi di lavori. Al termine dei lavori vennero installate quattro mitragliere 20/70 mm Oerlikon.
Dall'inizio del conflitto all'armistizio, il Montecuccoli effettuò 32 missioni di guerra percorrendo 31.590 miglia. Durante la cobelligeranza ed al termine del conflitto, partecipò a numerose missioni di trasporto veloce e di rimpatrio di prigionieri.
Il Montecuccoli fu uno dei quattro incrociatori lasciati alla Marina italiana in seguito al Trattato di Pace insieme al Luigi Cadorna al Duca degli Abruzzi e al Garibaldi, tutte unità queste della classe Condottieri come il Montecuccoli.
Il Montecuccoli nel dopoguerra impiegato come nave scuola per l'Accademia Navale Entrato a far parte della Marina Militare Italiana il Montecuccoli riprese l'attività di squadra a partire dal 1947 fino al 1949 quando, dopo lavori che avevano comportato piccole modifiche, venne destinato a svolgere il compito di nave scuola per gli allievi dell'Accademia Navale di Livorno, effettuando sin dall'estate del 1949 le campagne di istruzione estiva, sia nel Mediterraneo che oltre, toccando nel 1951 Santa Cruz de Tenerife e nel 1952 Londra.
Dopo aver compiuto la circumnavigazione del continente africano nel 1963, l'anno successivo venne messo in disarmo, ammainando per l'ultima volta la bandiera, a Taranto la sera del 31 maggio 1964. Rimorchiato alla Spezia, nel 1972 venne demolito. Nel suo compito di nave scuola venne sostituito a partire dal 1965 dal San Giorgio.

Incrociatore leggero: Attenedolo

Il Muzio Attendolo fu un incrociatore leggero della Regia Marina italiana, appartenente alla classe Condottieri tipo Raimondo Montecuccoli. Venne così battezzata in onore del condottiero del XV secolo Muzio Attendolo detto Sforza.
Venne impostata nel 1931 nei Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Trieste, varata nel 1934 ed entrò in servizio nel 1935; fu affondata il 4 dicembre 1942. Durante la seconda guerra mondiale, dotata di idrovolanti IMAM Ro.43, prese parte alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940 e fece parte alla scorta del convoglio M.42 che culminò nella prima battaglia della Sirte del 17 dicembre 1941. Venne poi impiegato nella scorta ai convogli tra Napoli e Bengasi o verso l'Albania[2] Nell'estate successiva prese parte alla battaglia di mezzo agosto (10 - 15 agosto 1942), durante la quale il 13 agosto venne colpito da un siluro del sommergibile britannico Unbroken che causò la completa asportazione della prua. La nave venne quindi rimorchiata all'interno della base navale di Messina sede del Comando Militare Marittimo Autonomo in Sicilia per raggiungere successivamente Napoli per i lavori di riparazione.
Mentre si trovava nella città partenopea il 4 dicembre 1942, giorno di Santa Barbara, vi fu un bombardamento da parte dei B-24 americani partiti dall'Egitto che arrivarono indisturbati sulla città in quanto scambiati per una formazione di Ju 52 tedeschi, sganciando le loro bombe da oltre 6000 metri di altitudine, nel tentativo di colpire le navi da battaglia presenti nel porto. Le bombe mancarono il bersaglio principale, ma vennero colpite altre navi militari presenti. L'Eugenio di Savoia ebbe 17 morti e 46 feriti e danni alla parte posteriore dello scafo riparabili in 40 giorni. Il Montecuccoli venne colpito da una bomba a centro nave proprio dentro un fumaiolo che venne disintegrato lasciando al suo posto un cratere, ma la protezione della corazzatura riuscì a salvare la nave che ebbe 44 morti e 36 feriti ed ebbe bisogno di ben sette mesi di lavori. Il Muzio Attendolo venne colpito al centro da una o due bombe e venne danneggiato sotto la linea di galleggiamento, diversi incendi scoppiarono nella parte poppiera della nave. Quando gli incendi vennero domati la nave non era stata ancora messa in salvo, ma un allarme di un nuovo attacco aereo, rivelatosi poi falso, fece sospendere le operazioni di soccorso e quando queste ripresero era ormai troppo tardi, in quanto la nave si era inclinata affondando. Alla fine tra l'equipaggio si contarono 188 morti e 46 feriti. Anche tra l'equipaggio della corazzata Littorio vi fu un morto, mentre tra le 150 e le 250 vittime vi furono tra la popolazione civile. Per il Muzio Attendolo la stima delle operazioni di recupero e dei lavori di riparazione era da dieci mesi ad un anno, ma lo scafo venne recuperato e demolito al termine del conflitto. Durante la guerra aveva compiuto 25 missioni di guerra percorrendo 29.235 miglia.


CLASSE ALBERTO DA GIUSSANO

La classe Alberto di Giussano (generalmente abbreviata in classe Di Giussano) ha costituito la prima delle cinque classi di incrociatori leggeri della Regia Marina della serie "Condottieri". Gli incrociatori del primo gruppo, costituito dai quattro Di Giussano, vennero progettati dal generale Giuseppe Vian. La loro costruzione venne avviata nel 1928 con le unità che entrarono tutte in servizio nel 1931. Nella loro progettazione venne data priorità alla velocità con impianti motori equivalenti a quelli degli incrociatori pesanti classe Zara; erano dotati di una buona potenza di fuoco, ma a causa dell'enfasi data alla velocità erano protetti da una corazzatura minima ed insufficiente contro i cannoni di cui erano dotati mentre la protezione subacquea era completamente mancante. In conseguenza di ciò tutte le unità del tipo Di Giussano furono affondate da siluri nemici: il Colleoni nel 1940 nel corso della Battaglia di Capo Spada, l'Alberto di Giussano e l'Alberico da Barbiano nel 1941 nel corso della Battaglia di Capo Bon e il Giovanni delle Bande Nere nel 1942 al largo di Stromboli.

Incrociatore leggero: Alberto da Giussano

Incrociatore leggero: Alberico da Barbiano

Incrociatore leggero: Giovanni dalle Bande Nere


CLASSE LUIGI CADORNA

La classe Luigi Cadorna fu una classe di incrociatori leggeri della Regia Marina italiana, successore della classe classe Alberto di Giussano, di cui fu solo un lieve miglioramento.

Incrociatore leggero: Cadorna

Incrociatore leggero: Diaz


CLASSE CAPITANI ROMANI

La classe Capitani Romani di incrociatori leggeri, in origine detta classe Attilio Regolo, appartenne alla Regia Marina ed era formata da dodici esemplari i cui nomi erano stati presi dalla storia politico-militare dell'antica Roma; delle previste unità, però, solo otto furono quantomeno varate e di queste appena tre furono completate prima dell'armistizio di Cassibile: Attilio Regolo, Scipione Africano, Caio Mario, Paolo Emilio, Cornelio Silla, Ottaviano Augusto, Giulio Germanico, Ulpio Traiano, Pompeo Magno. Le ultime quattro navi (Claudio Druso, Claudio Tiberio, Paolo Emilio, Vipsanio Agrippa) furono impostate ma, nel corso della seconda guerra mondiale, smantellate sugli scali. Dopo il conflitto il Germanico e il Pompeo Magno furono rimessi in efficienza, convertiti in cacciatorpediniere conduttori, ridenominati rispettivamente San Marco e San Giorgio e immessi in servizio con la Marina Militare.

Attilio Regolo

Giulio Germanico

Pompeo Magno

Scipione Africano


CLASSE ETNA

Etna

Vesuvio


ESPLORATORI

TORPEDOES


STORIA DEGLI ESPLORATORI 

Nel periodo 1905-1925 nacque un nuovo tipo di unità, più piccola dell'incrociatore e più grande del cacciatorpediniere che nella Marina italiana ha avuto il nome di esploratore, derivato da quello inglese « Scout cruiser » ; tali navi dovevano avere come caratteristiche principali gran- de velocità ed elevato raggio di azione.  Queste speciali unità. nate per una particolare esigenza della guerra 1915-18 nell'anno 1938 vennero classificate cacciatorpediniere.  Poiché la caratteristica principale degli esploratori era di possedere una grande velocità ebbero tutti apparati motori a turbina di elevata potenza; per quanto riguarda le caldaie dal tipo Poerio, entrate in servizio nel 1915, esse furono a nafta.  Siccome le prime turbine erano direttamente accoppiate alle eliche, il Quarto e i due tipo Nino Bixio ebbero rispettivamente 4 e 3 eliche.  I Bixio furono gli unici esploratori italiani a 3 eliche, successivi tipi Mirabello e i seguenti furono invece dotati di turbine con ingranaggi accoppiatori e riduttori che consentivano di accoppiare due o più turbine a una sola elica. con aumento di potenza a parità di peso e ingombro. La Marina italiana ebbe due specie di esploratori: quelli più grandi. come il Quarto, i Bixio e i Venezia. che per il loro dislocamento e armamento si possono considerare piccoli incrociatori e quelli più piccoli costruiti successivamente con dislocamenti intorno alle 2000 t che si possono considerare dei grossi cacciatorpediniere, infatti furono così classificati in un secondo tempo. Come armamento non ebbero cannoni in torre, ma solo semplici pezzi scudati. in genere sistemati in coperta sui due lati quelli assimilabili agli incrociatori e con asse nel piano di simmetria quelli assimilabili al cacciatorpediniere che inoltre erano armati anche con lanciasiluri brandeggiabili disposti sulla coperta.

CLASSE LIBIA

Libia

Bari

Taranto

Ancona


CLASSE TURBINE

Turbine

Nembo

Borea

Aquilone

Euro

Zeffiro

Espero

Ostro


CLASSE PREMUDA

Premuda


CLASSE SEBENICO

Sebenico

Lubiana


CACCIATORPEDINIERE

TORPEDOES


LE TORPEDINIERE

Le torpediniere con il passare degli anni hanno mutato forma di impiego e non sono più state adibite ai compiti che ebbero alla loro origine e, in genere precedentemente alla prima guerra mondiale.  Già nei primi anni del nostro secolo erano sorte le « torpediniere di alto mare », ma le esperienze fatte nella guerra 1915-18 avevano messo in evidenza le loro scarse qualità per l'impiego di squadra, nel quale invece si erano definitivamente imposti I grandi cacciatorpediniere. Il Trattato di Washington non pose particolari limitazioni a questo tipo di unità, anzi nella Conferenza di Londra del 1930 si decise di non mettere limitazioni a tutte le unità di dislocamento inferiore alle 600 tonnellate e anche per le unità non superiori alle 800 tonnellate, purché di velocità inferiore ai 20 nodi e non armate con lanciasiluri.

Nell'ambito di questi accordi la Marina italiana mise in cantiere le torpediniere tipo Spica, che avevano un dislocamento Standard di 630 t. In epoca successiva si riconobbe che le navi di questo tipo dovevano avere una maggiore autonomia per poter rimanere più a lungo in mare. Furono così costruiti i 4 avvisi scorta della classe Pegaso. Durante la guerra si rivelò impellente la necessità di disporre di unità da adibire alla scorta dei convogli con compiti antiaerei e antisommeribili, pertanto le Pegaso furono ripetute in 16 avvisi scorta della classe Ciclone, infine nel 1942 fu messa in costruzione una classe di 16 torpediniere classe Ariete, che erano delle Spica migliorate, di cui solo una l'Ariete, entrò in servizio. 

Mentre per le torpediniere tipo Sirio fu quasi osservato il limite del dislocamento Standard di 600 tonnellate previsto dai trattati di Washington e di Londra, per le successive serie si ebbero dislocamenti via via maggiori. La serie Perseo ebbe 642 t, la serie Climene 652 t, la serie Alcione 679 t e la classe Ariete ben 757 t.

Per gli avvisi scorta, invece, tale limite non fu tenuto in considerazione: i Pegaso ebbero un dislocamento Standard di 855 tonnellate e i Ciclone di 925 t. I lanciasiluri che sulle antiche torpediniere, incluse le numerosissime della classe P.N. della guerra 1915-18, costituivano praticamente l'unico tipo di armamento, nelle torpediniere e avvisi scorta di questo periodo passarono in seconda linea mentre invece furono potenziate le armi antiaeree e antisommergibili. Le mitragliere che in origine erano da 40 mm e da 13,2 mm, durante la guerra furono sostituite con armi da 20 mm, molto più adatte per la difesa antiaerea. In particolare sui tipi Ci- clone l'armamento antiaereo fu costituito da 8 di tali mitragliere fino dalla costruzione. L'esperienza della guerra, inoltre, fece eliminare uno dei cannoni da 100 mm, che fu sostituito con un impianto binato di mitragliere da 20 mm. L'armamento antisommergibili, costituito da 2 lanciabombe di profondità sui tipi Spica, fu aumentato a 4 sui Pegaso e sui Ciclone, anzi alcune unità do questa classe ne ebbero 6. Tutte le unità furono munite di apparati per la ricerca e la localizzazione dei sommergibili.


CLASSE NINO BIXIO

Nino Bixio

Marsala


CLASSE AQUILA

Aquila

Sparviero

Nibbio

Falco


CLASSE LEONE

Leone

Tigre

Pantera


CLASSE VENEZIA

Venezia

Brindisi


CLASSE QUARTO

Quarto


CLASSE POERIO

Poerio


CLASSE MIRABELLO

Mirabello

Racchia

Ritboty


CLASSE PREMUDA

Premuda


CLASSE ROSSAROL II

Rossarol II


CLASSE ORIONE

Orione

Orsa

Olimpia

Orfeo


GLI ESPLORATORI E I CACCIATORPEDINIERE

Nel periodo di potenziamento della Marina furono rimodernate o costruite 8 corazzate, furono costruiti numerosi incrociatori pesanti e leggeri. ma il tipo di nave di superficie che fu particolarmente curato e che fu realizzato nel maggior numero dl esemplari fu quello dei cacciatorpediniere, con ben 53 unità, inclusi i 12 esploratori della classe Navigatori.  I cacciatorpediniere erano ormai diventati delle navi di Squadra che ben poco avevano a che vedere con la caccia alle torpediniere cui erano destinati i loro lontani precursori; essi dovevano. viceversa. essere in con- dizione di attaccare, col siluro o con il cannone, le unità nemiche e costituire la scorta al gruppi di unità maggiori.

Erano quindi unità di notevole dislocamento, variante dalle 1560 t dei tipi Turbine del 1927 alle 2460 t dei tipi "Soldato" del 1938-1942. Avevano un discreto armamento di cannoni. normalmente del calibro di 120 mm e un numero di lanciasiluri variabile da 4 a 6, del calibro di 533 mm.  Dato il loro particolare tipo di impiego, un requisito essenziale era la forte velocità. sempre sui 38-39 nodi e una discreta tenuta al mare. Pur- troppo questo requisito non fu sufficientemente curato così che il 23 marzo 1942, durante la battaglia della Seconda Sirte, proprio per causa di un violento fortunale, affondarono o Scirocco della classe Maestrale e I Lanciere della classe Soldati.

Il profilo esterno, la sistemazione delle armi e quella dei fumaioli non ebbe notevoli variazioni dai tipi più vecchi ai più nuovi. Sia sul tipi Turbine del 1927 che sul tipi Soldati del 1942 si hanno l cannoni in complessi binati e scudati: uno sul castello e uno sulla tuga di poppa; soltanto sui Maestrale dopo la modifica del 1942 si ebbe un terzo complesso binato sul cielo della tuga di discesa in macchina, dove in origine vi era una mitragliera; disposizione non più ripetuta su altri tipi. I lanciasiluri ebbero sempre la classica sistemazione in due complessi trinati sul cielo degli osteriggi di macchina, con asse nel piano di simmetria e brandeggiabili. 

L'apparato motore fu sempre su due eliche e non subì mutamenti nella disposizione dei locali, con 2 o 3 locali caldaie a proravia dei 2 locali macchine. I fumaioli, che sui tipi Turbine erano due, dai tipi Freccia (1931-32) in poi si ridussero a uno solo.

Per l'epoca nella quale furono costruiti, gli esploratori della classe Navigatori ebbero una sagoma simile a quella dei contemporanei Turbine, con due fumaioli, un complesso binato a prora sul castello, uno al centro su plancetta sopraelevata e uno a poppa sul cielo della tuga, e i normali due lanciasiluri trinati.  I cacciatorpediniere subirono notevoli perdite in guerra: furono affondati 11 esploratori su 12 e 30 cacciatorpediniere su 41.  All'armistizio due furono catturati dai tedeschi e dei dieci rimasti a fine conflitto quattro furono ceduti alla Francia (Oriani, Mitragliere, Legionario e Velite) e due all'URSS (Camicia Nera 9 Fuciliere). Rimasero all'Italia l'esploratore Da Recco e i caccia Grecale, Carabiniere e Granatiere.  Nel 1943 furono impostati 9 cacciatorpediniere della classe Comandanti Medaglie d'Oro o classe Margottini. che doveva essere di 20 unità, di cui nessuna fu completata.


CLASSE TARIGO

Luca Tarigo

Lorenzo Malocello

Leone Pancaldo

Antonio da Noli

Ugolino Vivaldi

Antoniotto Usodimare

Emanuele Pessagnano

Nicoloso da Recco

Nicolò Zeno

Giovanni da Verazzano

Alvise da Mosto

Antonio Pigafetta


CLASSE FRECCIA

Freccia

Dardo

Strale

Saetta

Baleno

Folgore

Lampo

Fulmine


CLASSE ORIANI

Alfredo Oriani

Vincenzo Gioberti

Giosuè Carducci

Vittorio Alfieri


CLASSE SOLDATI

Aviere

Artigliere

Geniere

Carabiniere

Fuciliere

Granatiere

Corazziere

Lanciere

Bersagliere

Alpino

Ascari

Mitragliere

Legionario

Corsaro

Bombardiere

Velite

Carrista

Squadrista


CLASSE GABBIANO

Gabbiano

Procellaria

Cormorano

Pellicano

Cicogna

Folaga

Ibis

Gru

Antilope

Gazzella

Camoscio

Ape

Vespa

Scimitarra

Baionetta

Artemide

Persefone

Euterpe

Minerva

Urania

Berenice

Driade

Danaide

Pomona

Fiora

Sfinge

Chimera

Sibilla

Fenice

INCROCIATORI E CORAZZATE / WARSHIPS AND BATTLESHIPS

INCROCIATORI E CORAZZATE - REGIA MARINA-MARINA ITALIANA