MARINA IMPERIALE - KIDO BUTAI

- IMPERIAL JAPANEESE NAVY - KIDO BUTAI

 


CORAZZATA YAMATO

(大和)

YAMATO BATTLESHIP

La Yamato (大和), fu una nave da battaglia della Marina Imperiale Giapponese. Insieme alla gemella Musashi fu la più grande nave da battaglia mai costruita, con un dislocamento di 72.810 tonnellate ed armamento principale costituito da 9 cannoni da 460 mm. Le dimensioni eccessive, il peso enorme e la grande corazzatura la resero un gigante lento inferiore alle corazzate americane di classe Iowa. I suoi giganteschi cannoni si dimostrarono poco efficaci nell'unica battaglia in cui furono impegnati, quella di Samar, la sua fine fu però gloriosa immolandosi in una crociera suicida verso Okinawa.  Rappresenta il limite estremo dello sviluppo della nave corazzata in grandezza ed in potenza di fuoco. Con la sua enorme stazza di 73.000 tonnellate a pieno carico, con i suoi 9 cannoni da 460 mm., con i suoi giganteschi motori a turbina da 150.000 cavalli vapore rappresenta il non plus ultra dello sviluppo bellico della corazzata.

La sua potenza doveva metterla in grado di affondare qualsiasi nave e di resistere a qualunque attacco aereo. Entrò in servizio appena dopo l'attacco di Pearl Harbor e combattè da nave ammiraglia della Marina Imperiale in tutte le battaglie navali più significative della Seconda Guerra Mondiale (dalla battaglia navale delle Midway, passando per la battaglia navale di Santa Cruz, per la battaglia navale delle Marianne, per la battaglia navale di Leyte, fino ad arrivare al suo "canto del cigno" con la battaglia navale di Okinawa).  La nave da battaglia Yamato fu impegnata in un scontro navale un'unica volta, durante la battaglia del Mar di Samar, nel Golfo di Lyte, nella quale diede prova di scarsa precisione e cadenze di tiro eccessivamente lente. Mi riferisco allo scontro con le portaerei di scorta americane, durante la battaglia navale del Golfo di Leyte. In questo frangente il gruppo di Kurita riuscì a fare pochissimi danni alle numerose portaerei leggere americane difese da valorosissimi cacciatorpediniere. La Yamato sparò sì a lungo, ma con scarsissima precisione e coordinazione, quindi "alla prova del fuoco" fallì clamorosamente. (Shinano).

La Yamato entrò nella leggenda per il modo con cui, durante la campagna di Okinawa, fu mandata ad immolarsi, senza alcuna protezione aerea, ma con il carburante con cui tornare (al contrario della convinzione di molti storici). Il perchè la corazzata Yamato fu mandata al "sacrificio" lo troviamo nello splendido libro "Per un milione di morti" del comandante di torpediniere Tameichi Hara "... quindi si è rivolto a Moroshita e gli ha spiegato che l'alto comando e in special modo i membri dell'esercito, erano rimasti sgomenti per la ritirata della Yamato a Leyte.... inoltre ha detto che a Tokio sono malcontenti perché la Yamato è tornata da Leyte senza aver sparato un colpo dei suoi cannoni da 457 mm..... Kusaka ha detto che l'intera nazione odierebbe la marina se la guerra dovesse finire e la potente Yamato fosse rimasta inattiva.... la Yamato era rimasta inattiva per tre anni prima di Leyte e si parlava di essa come un albergo galleggiante per ammiragli inetti."

Se si analizza quindi freddamente la corazzata Yamato si scopre che era tutt'altro che una nave invincibile e perfetta. Citiamo ad esempio questi versi tratti da "I gladiatori del mare" di A. Solmi: "I piani per Midway vennero elaborati a bordo della nave da battaglia " superkolossal" Yamato, da 65.000 tonnellate (73.000 a pieno carico), armata di 9 cannoni da 460 mm.: la nave più potente del mondo insieme con la gemella Musashi (che, però, nel giugno 1942, non aveva ancora completato l'allestimento).  Qui bisogna aprire una breve parentesi su questi super- colossi che, in teoria, avrebbero dovuto spazzare tutto davanti a sè nel loro cammino.  Invece non spazzarono nulla, anzi furono essi ad essere spazzati via con relativa facilità, non appena la piega degli eventi cambiò.  Nel corso della guerra combinarono poco o nulla e furono più d'intralcio che altro, per la necessità di dotarle di una enorme protezione. Non servirono neppure a far da fleet in being, come dicono gli Inglesi, ossia da flotta che non combatte ma pesa sulle mosse dell'avversario in quanto gli impedisce di compiere alcune azioni o lo induce a intraprenderne altre non felici.  Immani mostri dal cervello pigro, queste unità pesantissime rivelarono anche difetti di costruzione e di protezione, nonostante la corazzatura di 650 mm. nelle torri, una corazzatura che arrivava fin sotto la carena, e i motori a turbina da 150.000 C. V ., che avrebbe dovuto assicurare loro una velocità per altro mai raggiunta di 27 nodi.  Costruite nei cantieri Mitsubishi di Nagasaki, erano navi " squilibrate ": qualsiasi moderna corazzata anche di minor tonnellaggio era più rapida, più agile e, in definitiva, più potente di loro, perchè meglio in grado di difendersi dagli attacchi aerei.  In una parola erano colossi che facevano paura solo sulla carta."


STORIA

Dal 12 febbraio 1942 all'11 febbraio 1943 la Yamato fu la nave ammiraglia del comandante Yamamoto, avvicendata poi dalla Musashi. Prese parte alla battaglia delle Midway (giugno 1942), senza tuttavia riuscire ad arrivare a distanza utile per poter ingaggiare le portaerei americane.

Nel corso del 1943, la Yamato tornò nel cantiere di Kure ove la sua dotazione di artiglieria antiaerea venne notevolmente potenziata.

Verso la metà del 1943 fece ritorno a Truk, assieme alla gemella Musashi per proteggere le isole Marshall e le isole Gilbert, senza però mai giungere a contatto con le forze americane e restando a Truk per la maggior parte del tempo.

Il 24 dicembre 1943, venne gravemente danneggiata da un siluro del sommergibile USS Skate ed i lavori di ripristino furono conclusi solo nell'aprile 1944. Durante questi lavori due delle torrette da 155 mm furono rimosse e sostituite da ulteriori armi antiaeree.

Tornata in servizio attivo, prese parte alla battaglia del Mare delle Filippine (giugno) e a quelle del Golfo di Leyte e del Golfo di Samar (ottobre); qui, per la prima volta, fece uso del suo armamento principale, sparando 104 colpi da 460mm e, probabilmente, colpì un cacciatorpediniere ed una portaerei. Tornò in patria nel mese di novembre. Durante l'inverno venne ulteriormente potenziato il suo armamento antiaereo. L'ultima missione della Yamato fu l'Operazione Ten-Go (l'ultima sortita della marina imperiale Giapponese), organizzata in seguito all'invasione di Okinawa (1 aprile 1945).

Sotto il comando del Vice-ammiraglio Yokuyama e con la scorta di un incrociatore leggero ed otto cacciatorpediniere, fu mandata ad attaccare la flotta americana che appoggiava lo sbarco nella parte occidentale dell'isola. Lo scopo era quello di allontanare da Okinawa le portaerei per favorire l'attacco dei kamikaze contro la flotta di invasione (circa 1.500 navi) che appoggiava lo sbarco. Se fosse riuscita a raggiungere Okinawa, la Yamato sarebbe dovuta andare ad arenarsi tra Hagushi e Yontan e combattere sino all'ultimo come batteria costiera, in appoggio ai difensori dell'isola.

Poiché fin dall'inizio questa era stata intesa come una missione suicida, fu rifornita del carburante sufficiente per il solo viaggio di andata verso Okinawa; comunque gli addetti al deposito di carburante di Tokiuyama, coraggiosamente, ignorarono gli ordini e fornirono molto più carburante alla squadra. La Yamato e la sua scorta lasciarono il porto di Tokuyama il pomeriggio del 6 aprile 1945. La mattina del 7 aprile la squadra fu avvistata all'uscita del Mare Interno del Giappone da due sottomarini USA e da un ricognitore della portaerei Essex.

Verso mezzogiorno, una forza di quasi 400 aerei americani della Task Force 58, in ondate successive, attaccò le unità giapponesi. Alle 12:41 la Yamato fu colpita dalle prime due bombe. Fu colpita complessivamente da almeno 13 siluri e 10 bombe prima che, verso le 14:20 esplodesse il deposito munizioni N.1. La nave si inclinò sul fianco sinistro ed affondò, mancavano circa 370 miglia a Okinawa. Nell'affondamento persero la vita circa 2.375 uomini e ci furono 269 sopravvissuti. Delle navi della sua scorta, quattro furono affondate e cinque gravemente danneggiate e costrette a rientrare in Giappone. Le perdite americane furono 10 aerei e 12 piloti.  Il relitto giace a circa 300 metri di profondità ed è stato esplorato nel 1985 e nel 1999.


CARATTERISTICHE TECNICHE

 

Nave Yamato
Numero di serie 109
Classe  Yamato
Tipo Corazzata
Cantiere Cantiere di Kure
Ordinazione marzo 1937
Impostazione 4 novembre 1937
Varo 8 agosto 1940
Entrata in servizio 16 dicembre 1941
Affondamento 7 aprile 1945 a nord di Okinawa

DIMENSIONI

Lunghezza massima 263,20 metri
Lunghezza a linea di galleggiamento 253,00 metri
Larghezza 38,90 metri
Immersione 10,90 metri (a pieno carico)

DISLOCAMENTO

A pieno carico 72.809 tonnellate
Normale 69.100 tonnellate
Standard vuota 63.200 tonnellate
Di disegno 61.890 tonnellate

MOTORI

Caldaie 12 caldaie a coppie 
Turbine 4 turbine Belluzzo
Potenza 150.000 cavalli vapore di disegno

153.553 cavalli vapore di prova

Velocità 27,46 (50 Km/h)  nodi  raggiunti in prova 

26 nodi velocità operativa reale

Combustibile 6.300 tonnellate
Autonomia 7.200 miglia marina (13.334 Km)  a 16 nodi

PROTEZIONE

Ai lati lati: 400 mm. con placche di acciaio Ducol

a prua ed a poppa: 76 mm.

superiore: 152  mm.

Sui ponti sovrastrutture: 33 - 48 mm.

ponte principale: 220 mm.

secondo ponte: 89 mm. 

Lanciasiluri 40.6 mm.
Torrette principali davanti: 650 mm.

dietro: 381 mm.

Torrette secondarie NVNC: 25 mm.
Ponte di comando 495 mm.
Compartimenti stagni sotto la linea di galleggiamento: 1.065

sopra il ponte principale. 82

ARMAMENTO

Principale 9 cannoni da 450 mm. in tre torri trinate (2 a prua ed una a poppa), modello del 1934
Secondario 12 cannoni da  155 mm., modello del 1914 in 4 torri trinate (una a prua, una a poppa e due ai lati; le due torrette ai lati sono state rimosse nel 1944;

12 cannoni da 127 mm., modello del 1928 in 6 torri binate ai lati della sovrastruttura;

24 cannoni da 127 mm., modello del 1928, in 12 torri binate (aggiunte nell'aprile del 1944)

AAW 24 cannoncini da 25 mm. in 8 mitragliere triple (di disegno)

72 cannoncini da 25 mm. in 24 mitragliere triple (aggiunti nell'aprile del 1944)

87 cannoncini da 25 mm. in 29 mitragliere triple (aggiunti nel giugno del 1944)

146 cannoncini da 25 mm. in 41 mitragliere triple ed in 23 mitragliere singole (aggiunti nel maggio del 1945)

4 cannoncini da 13 mm. (MG) (rimossi nell'aprile del 1944)

AEREI

Aerei 2 E13A1 Aichi "Jakes"

2 FM1M2 Mitsubishi "Petes"

possibilità di carico massimo: 4 aerei

catapulte: 2 a poppa

RADARS

Ricerca aerea Non presente
Ricerca di superficie Tipo 21
Navigazione Non presente
Controllo di tiro Non presente

EQUIPAGGIO

In tempo di pace 2.200
In tempo di guerra 2.500 

CORAZZATA YAMATO STORIA / YAMATO BATTLESHIP HISTORY


CORAZZATA YAMATO CARATTERISTICHE TECNICHE / YAMATO BATTLESHIP TECHNICAL SPECIFICATIONS


CORAZZATA YAMATO / YAMATO BATTLESHIP / CONFRONTI / COMPARISONS


CORAZZATA YAMATO FOTOGRAFIE / YAMATO BATTLESHIP / PHOTOES


CORAZZATA YAMATO MODELLI / YAMATO BATTLESHIP MODELS


CORAZZATA YAMATO SCHEMA COSTRUTTIVO / YAMATO BATTLESHIP SCHEME


GIUDIZIO FINALE DELLO SHINANO/ FINAL SENTENCE OF SHINANO


LA BATTAGLIA NAVALE DI OKINAWA (L'ULTIMO VIAGGIO DELLA YAMATO) / NAVAL BATTLE OF OKINAWA

Alle 12.20 il radar della Yamato individuò i primi aerei americani alla distanza di 30.000 metri, su 35 gradi a sinistra.  Le nuvole erano basse e non si scorgeva nulla al di sopra dei 1500 metri; si trattava delle condizioni peggiori, perchè i cannonieri sarebbero stati certamente colti di sorpresa e avrebbero potuto sparare soltanto a vista.  I radar giapponesi, essendo esclusivamente strumenti di ricerca e non di regolazione del tiro, non potevano essere impiegati come guida dell'artiglieria. Fu una vedetta dello Yahagi a dare l'allarme alle 12.30.  Il comandante dello Yahagi guardò nella direzione segnalata e vide non 2, ma 20 40, 100 aerei che si avvicinavano velocissimi.  Alle 12.32 i cannoni giapponesi aprirono il fuoco. Contrariamente a quanto accadeva di solito, gli apparecchi americani non attaccarono immediatamente, ma effettuarono ampi giri subito al di sotto dello strato nuvoloso.  Gli aviatori americani procedevano con calma e si suddividevano metodicamente gli obiettivi, come se avessero preso parte a un'esercitazione. Quella giostra era esasperante per i giapponesi, e fare fuoco non serviva, per il momento, a niente.

Poi, tutto a un tratto, alle 12.38, l'attacco venne sferrato, fulmineamente. Da ogni parte, gruppi di aerei convergevano verso le navi giapponesi. Tutti i cannoni sparavano, anche i grossi calibri da 457 millimetri della Yamato.  Il primo passaggio fallì, perché nessuna delle unità nipponiche venne colpita, ma i caccia Hellcat, che seguivano i primi Avenger, mitragliarono i ponti superiori e uccisero molti serventi ai pezzi di piccolo calibro e alle mitragliatrici.
Tutte le navi giapponesi compivano evoluzioni frenetiche, in ogni direzione, per schivare i pericolosi siluri che stavano arrivando.  Il mare già tempestoso a causa del maltempo, veniva sollevato da enormi zampilli, tra i quali gli enormi baffi di spuma delle prue si aprivano una strada errabonda.  Alcuni Avenger passarono ad appena poche decine di metri sopra le unità nipponiche, con un rombo infernale.  I primi siluri colpirono i bersagli.

Alle 12.46 lo Yahagi fu colpito e si fermò immediatamente.  Anche l'Asashimo, più a nord, venne colpito. Il cacciatorpediniere Hamakaze fu investito da almeno due ordigni e si vide per un attimo la sua carena rossa uscire dall'acqua, poi scomparire in un vortice.  Vi fu un momento di tregua, ma, alle 13.30, una nuova ondata d'attacco entrò in scena.

 
L'incrociatore Yahagi, immobilizzato, costituiva un bersaglio ideale e fu colpito da altri 6 siluri e da altre 12 bombe; cominciò ad affondare di poppa.  La Yamato divenne naturalmente l'obiettivo principale dell'attacco e, in pochi minuti, fu centrata da 5 siluri e da parecchie bombe.  A bordo di tutte le navi giapponesi vi fu una vera e propria carneficina.  Il frastuono spaventoso delle esplosioni e dei colpi d'artiglieria soffocava le grida degli uomini e il rombo, per quanto potente, degli aerei che si avvicinavano.  Uno scenario di nuvole basse e di fumate nere e oleose copriva l'intero orizzonte, nascondendo, di volta in volta, le navi e gli aerei. Gli americani avevano capito che certamente non vi sarebbe stata mai più una battaglia del genere; e pertanto si scatenarono con impeto, esponendosi a rischi, ma senza lasciare alcuna probabilità di scampo alle unità nemiche. La grande Yamato era già ferita gravemente e lo sbandamento sulla sinistra stava diventando preoccupante.  Il comandante, l'ammiraglio Ariga, ordinò di allagare il locale macchine di dritta per raddrizzare la nave, ma i numerosi uomini che vi si trovavano non poterono essere avvertiti tempestivamente e pertanto toccò loro una morte spaventosa.  La Yamato si raddrizzò di qualche grado, ma ormai avanzava molto adagio e i ponti, coperti da un caos spaventoso di ferraglia contorta, grondavano sangue.  Ogni nuovo colpo si ripercuoteva con un fremito nell'enorme scafo, facendo saltare le chiodature e provocando nuovi danni. 

I marinai giapponesi non avevano mai assistito a una scena cosi apocalittica.

 

Verso le 14 si ebbe un quinto attacco e i giapponesi superstiti si resero conto chiaramente che quegli ultimi aviatori americani erano venuti a dare il colpo di grazia.  Il numero delle bombe giunte al segno raddoppiò, la Yamato sbandò di 35 gradi e le eliche di dritta apparvero fuori dell'acqua.  L'ammiraglio Ito strinse la mano agli ufficiali e andò a chiudersi nella propria cabina; non fu più rivisto.  Il contrammiraglio Ariga voleva salvare il tradizionale ritratto dell'imperatore, ma rimase ucciso proprio in quel momento.  Esplosioni interne scossero di nuovo la Yamato, che si capovolse adagio, da grande signora dei mari, scomparve, alle 14.23, in un risucchio enorme.

Non lontano da quel punto, lo Yahagi era già stato colato a picco e i cacciatorpediniere Isokaze, Hamakaze, Asashimo e Kasumi stavano affondando inesorabilmente nelle profondità del Mar Cinese orientale. 

Il caccia torpediniere Suzutsuki aveva la prua strappata di netto, emetteva torrenti di fumo nero, ma riuscì, procedendo a marcia indietro, accompagnato dalle navi della stessa classe Fuyutsuki e Yukikaze, a tornare nell'arsenale di Sasebo.

Soltanto il cacciatorpediniere Hatsushimo usci praticamente indenne dalla battaglia e rimase per parecchie ore nel punto in cui era avvenuta allo scopo di trarre in salvo i naufraghi.  Tutti i marinai giapponesi avevano intuito che con la Yamato era scomparso il simbolo stesso della flotta imperiale e che ormai non si potevano più nutrire dubbi sulle sorti della guerra. Gli americani avevano fatto decollare 376 apparecchi imbarcati, perdendone soltanto 10.  Complessivamente, 12 aviatori americani perdettero la vita nel corso della battaglia; si tratta di perdite limitatissime che lasciano capire quanto fu schiacciante questa sensazionale vittoria statunitense.  Tanto i giapponesi quanto gli americani sapevano che si era appena svolta l'ultima battaglia aeronavale della guerra del Pacifico.

NAVI DA GUERRA / WARSHIPS AND BATTLESHIPS
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