MARINA IMPERIALE DEL GIAPPONE

- CORAZZATE -


CLASSE YAMATO


CORAZZATA MUSASHI


LA BATTAGLIA NAVALE DEL MAR DI SIBUYAN

(24 OTTOBRE 1944 - LA FINE DELLA MUSASHI)


STORIA DELLA BATTAGLIA

(TRATTO DA "LA GUERRA DEL PACIFICO" DI B. MILLOT)

Molto per tempo, nella mattinata del 24 ottobre, le portaerei americane lanciarono numerosi apparecchi da ricognizione, i cui settori esplorativi si stendevano da nord-ovest di Luzon fino a Mindanao. 

Infatti, in seguito ai messaggi di contatto dei sommergibili Darter e Dace, il comando americano aveva dato ordine di ritrovare a ogni costo la flotta giapponese segnalata.
Alle 8.02 un apparecchio della portaerei Intrepid scorse, presso la punta sud di Mindoro, la flotta di Kurita e inviò subito un messaggio che Halsey ricevette alle 8.12.


A partire dalle 8.27, numerosi gruppi di caccia Hellcat, di bombardieri Helldiver e di aerosiluranti Avenger presero il volo e si diressero verso il mare di Sibuyan. 

Guidati dalle coordinate del messaggio dell'apparecchio da ricognizione, gli aerei americani non incontrarono alcuno difficoltà a ritrovare la squadra nemica e, alle 10.26, la prima ondata forte di 21 caccia, 12 bombardieri in picchiata e 12 aerosiluranti appartenenti alle portaerei Intrepid e Cabot, stabilì il contatto.


Le navi giapponesi scatenarono un tiro contraereo talmente formidabile  che la maggior parte degli aviatori americani non aveva mai visto nulla, di simile e di tanto spaventoso. Sembrava impossibile poter superare quella terrificante cortina di ferro e di fuoco. Ciononostante, ì piloti condussero l'attacco con risolutezza e rivolsero i loro colpi in particolare contro una delle più grosse navi avvistate.
Alle 10.27 la supercorazzata Musashi  ( Il terzo programma giapponese del 19S7 per il rafforzamento della marina aveva previsto la costruzione di due grandi corazzate, la Yamato e la Musashi, le cui caratteristiche erano le seguenti: lunghezza 26S metri, peso (tara) : 65.000 tonnellate, peso totale a pieno carico 72.809 tonnellate. Si trattava delle due più grosse corazzate del mondo e da allora non sono più state eguagliate. Inoltre erano dotate di 9 pezzi da 457 millimetri, il maggior calibro d artiglieria che si sia mai trovato sul mare) fu colpita da un siluro e da un, bomba che causarono gravi danni. Un'altra ondata d'attacco americana partita alle 1045 dalle portaerei, giunse a prendere contatto verso le 12.35. Un minuto dopo, la Musashi, di nuovo presa di mira, ricevette altri 4 siluri che provocarono l'allagamento di una parte dei locali macchine.


Le incursioni americane si succedettero con ritmo incalzante, alle, 10.50, una quarantina di apparecchi delle portaerei Lexington ed  Essex decollarono, mentre, alle 13.13, altri 65 aerei si levavano in volo. 

Alle 13.50, infine, 31 apparecchi si alzarono a loro volta. 

Questi gruppi raggiunsero la flotta nemica rispettivamente alle 13.30, alle
14.15, alle 15.20 e alle 15.50.


La Musashi dava già evidenti segni di difficoltà e la sua velocità era lievemente diminuita. 

Accompagnata dall'incrociatore pesante navigava una ventina di miglia a poppa della formazione nipponica quando, alle 15.20, vi fu il più violento attacco americano. 

Gli aviatori colpirono con dieci siluri e molte bombe il mastodonte, facendo salire  a 19 siluri e 17 bombe il numero di ordigni che l'avevano centrato.
La Musashi era ormai condannata e l'ammiraglio Ugaki, capo della divisione, ordinò al contrammiraglio Toshihei Inoguchi,
comandante della nave, di cercare di farla arenare. 

Ma la Musashi non era più in grado  di manovrare con precisione e il suo comandante si limitò a lottare contro gli incendi e a tentare di mantenerla il più a lungo possibile a galla, giocando sul riempimento alternato dei depositi di nafta.


La grande nave era in quel momento molto immersa quando alle 18.50, l'incrociatore Tone ricevette l'ordine di raggiungere la squadra.

I cacciatorpediniere Hamakaze e Kiyoshimo giunsero per assistere la corazzata ferita a morte. 

Alle 19.25 la Musashi sbandò di 3° gradi e il comandante ordinò di abbandonarla al più presto. 

L'equipaggio si gettò nell'acqua e fu raccolto solamente in parte dai cacciatorpediniere. 

Alle   19.35, la grande nave di linea si capovolse e venne inghiottita da un enorme risucchio: 39 ufficiali e 984 marinai perirono. 

I 1264 superstiti vennero sbarcati a Manila poco tempo dopo.

Gli aviatori americani non si limitarono ad attaccare la Musashi e, benché quest'ultima costituisse il bersaglio più accanitamente preso di mira, anche altre navi nipponiche furono colpite. 

L'altra corazzata gigante, la Yamato, venne centrata da due bombe e la stessa sorte toccò alla nave di linea Nagato. 

La corazzata Haruna ebbe lo scafo danneggiato da 5 bombe esplose vicinissime ad essa.

Queste 3 navi non rimasero, però, seriamente danneggiate e mantennero il loro posto nella formazione. 

Ciononostante, l'incrociatore pesante Myoko fu colpito da uno, due siluri a poppa, e avendo avuto due degli alberi portaelica deformati, fu costretta a raggiungere Brunei a bassa velocità.


Quel   giorno, gli aerei americani effettuarono 259 incursioni contro la flotta di Kurita e riportarono un buon successo. 

Certo, la squadra nipponica rimaneva impressionante e contava non meno di 4 corazzate pesanti, 2 incrociatori leggeri e una decina di cacciatorpediniere

Gli americani avevano riportato soprattutto una vittoria simbolica distruggendo una parte del potenziale nemico. 

Con l'affondamento della supercorazzata Musashi scompariva un importante motivo di orgoglio per i giapponesi.


Questa vittoria americana era un'ulteriore ed evidentissima conferma che una nave, per quanto potente possa essere, diventa vulnerabilissima  senza una adeguata protezione aerea. 

Kurita inviò numerosi appelli all'ammiraglio Fukudome, comandante delle forze aeree , ma questi fece orecchio da mercante e preferì agire direttamente contro la flotta americana. 

Si sa che, nonostante il successo sulla portaerei Princeton, l'aviazione giapponese subì una cocente disfatta in quella stessa giornata del 24 ottobre, e per di più perdette un gran numero di apparecchi.


Durante il quarto attacco aereo, poco dopo le 14, i piloti americani constatarono che la forza navale di Kurita aveva invertito la rotta e si dirigeva a nord-ovest; movimento confermato, inoltre, dagli aviatori che presero parte all'ultimo attacco delle 15.30.

La flotta di Kurita volse effettivamente la prua a nord-ovest per portare aiuto alle navi in avaria e diede in tal modo l'impressione di un ripiegamento.


Kurita aveva preso una decisione molto importante per lo svolgimento piano Sho-go. 

Agire in tal senso significava assumere la responsabilità  di un considerevole ritardo, di circa 7 ore, che avrebbe infirmato
la fulmineità del piano e la collaborazione tra le varie flotte. 

Alle ore 16  Kurita inviò un messaggio in questo senso a Toyoda, nel quale spiegava  che continuare come previsto significava esporsi al rischio della distruzione completa della flotta prima che avesse potuto agire. 

Preferiva  compiere una inversione di rotta allo scopo di uscire dal raggio azione degli aerei americani durante le ultime ore di luce della giornata.

Toyoda, posto dinanzi al fatto compiuto, non poté intervenire. 

La flotta Kurita continuò quindi la rotta con la prua a 290° (nord-ovest) e,alle 17.14, fece di nuovo dietro front e si portò verso est-sud-est, nella direzione dello stretto di San Bernardino.


Kurita sperava che il nuovo cambiamento di rotta sarebbe rimasto ignorato dal nemico, così come l'avvicinamento finale.

 Benché non ne avesse accennato a Toyoda, questa finta era stata uno dei motivi del primo mutamento di direzione.

Sfortunatamente per lui, alle 19.35, un aereo da ricognizione americano della portaerei Independence scorse la flotta di Kurita con prora per 120, all'imboccatura occidentale dello stretto di San Bemardino.


A partire da quel momento, numerosi messaggi pervennero alla plancia della Yamato, nave ammiraglia di Kurita, e, alle 19.59, Toyoda inviò un nuovo telegramma per esortare Kurita ad attenersi al piano previsto. 

Alle 20.20, Kurita ricevette da Nishimura un messaggio nel quale gli si annunciava che la forza sud sarebbe uscita dallo stretto di Surigao il 25 alle 4. 

Kurita rispose fissandogli un appuntamento a nord-ovest dell'isola di Suluan alle 9.


Alle 20.30, un secondo aereo da ricognizione americano scorse la flotta di Kurita sul meridiano dell'isola di Burias, poi, alle 21.10, un altro apparecchio da ricognizione americano la rivide, in linea di fila all'imboccatura del canale di Ticao, mentre puntava direttamente sullo stretto di San Bernardino. 

Alle 21-45 Kurita avvertì Toyoda: "Il grosso della prima squadra d'attacco attraverserà il San Bernardino il 25 ottobre alle 10, per giungere davanti al golfo di Leyte verso le 11." Ma lasciamo che questa notte dal 24 al 25 ottobre incominci, e vediamo che cosa ne era degli altri componenti del piano Sho-go.


CORAZZATE DI CLASSE YAMATO

CORAZZATA MUSASHI

LA BATTAGLIA NAVALE DEL MAR DI SIBUYAN

MARINA IMPERIALE DEL GIAPPONE


INCROCIATORI E CORAZZATE

NAVI DA GUERRA

INCROCIATORI E CORAZZATE - CLASSE YAMATO - CORAZZATA MUSASHI -