MIDWAY

(4-6 GIUGNO 1942)

(Tratto da "I gladiatori del mare" di Angelo Solmi, Rizzoli 1980)

 

 

 Cinque mesi dopo l'inizio delle operazioni belliche giapponesi contro gli Stati Uniti e l'lnghilterra, ai primi di maggio del 1942, una atmosfera di euforia regnava in Giappone. Le navi, le truppe e gli aerei nipponici avevano vinto dappertutto, spesso quasi senza colpo ferire. Gli avversari erano stati polverizzati, ridicolizzati: che cosa si aspettava, dunque, a invadere I' Australia, l'India, Ceylon, le Hawaii, gli Stati Uniti stessi? America e Inghilterra non erano che un b[uff: i tanto temuti occidentali parevano dei fantocci di fronte ai guerrieri del Sol Levante. Questo clima di esaltante ubriacatura aveva il suo centro soprattutto nella marina nipponica, guidata dall'ammiraglio Yamamoto: era quella che aveva riportato i successi più strepitosi, a Pearl Harbor, in Malesia (affondando le grandi navi di linea inglesi Prince of Wa[es e Repu[se), nel mar di Giava, dovunque. La più grossa unità da guerra perduta finora da Yamamoto era stato un cacciatorpediniere. Chi spingeva di più a formulare ambiziosi piani d'attacco e di invasione era il capitano di vascello Sadatoshi Tomioka, capo delle operazioni della marina; chi conservava ancora un briciolo di moderazione erano alcuni eminenti capi dell'esercito, fra cui il capo di S.M. generale Sugiyama e il capo delle operazioni H attori. Ma per gli ufficiali della marina qualunque obiezione a una rapida conquista dell'universo costituiva più o meno un tradimento. La verità è che a Tòkyò, tutti presi com'erano dagli esaltanti trionfi, nessuno pareva essersi posto la domanda del perche', fino allora, Stati Uniti e Gran Bretagna si erano rivelati cosi deboli, soprattutto sul loro terreno favorito: il mare. Se qualcuno l'avesse fatto non avrebbe tardato a scoprire che entrambe le grandi potenze occidentali avevano scelto la politica di attaccare prima la Germania in Europa, difendendosi in Asia e nel Pacifico, per poi passare qui alla riscossa con tutti i mezzi consentiti dal loro potenziale industriale e dalla loro esperienza. Sarebbe forse giunto anche alla conclusione che le navi giapponesi (portaerei, corazzate, incrociatori) non erano invulnerabili, e che quelle americane sembravano di burro solo agli esaltati militaristi. La marina giapponese aveva potuto Il contare sulla sorpresa, sulla esiguità della flotta avversaria i impegnata altrove, ma i tecnici avrebbero dovuto ben sapere che le navi nipponiche erano tutt'altro che prive di difetti e, per di più, una volta colpite, non avevano dietro di se cantieri in grado di rimetterle in sesto, perche le materie prime andavano gradualmente scarseggiando. Soprattutto, in Giappone, avrebbero dovuto riflettere che il paese, in fatto di potenzialità industriale, stava come I a 10 agli Stati Uniti. Per questi ultimi una nave, anche grande, perduta, non era nulla o quasi, perche l'avrebbero potuta sostituire con altre più potenti in costruzione: per il Giappone perdere una grande nave era una tragedia, giacche essa non avrebbe ricevuto alcun cambio. Quegli stessi tecnici avrebbero inoltre dovuto sapere che, anche se agli ufficiali e agli equipaggi non faceva certo difetto il coraggio personale e la tenacia, parecchi di essi erano professionalmente meno preparati in confronto agli Americani, perche, in fin dei conti, da mezzo secolo il Giappone non faceva che copiare o imitare gli Occidentali, fornendo ben poco di originale in ogni campo: tanto è vero che quasi tutti i suoi ufficiali di marina si erano istruiti presso accademie straniere. Pure, quasi nessuno faceva questi ragionamenti, e I'lm. pero del Sol Levante si avviava, senza saperlo, alla rovina, proprio nell'ora dei suoi maggiori successi. Soltanto l'ammiraglio Isokuru Yamamoto aveva detto un giorno al primo ministro Konoye: "Per un periodo di 6-12 mesi vi offrirò una serie ininterrotta di vittorie, ma se la guerra si prolungasse oltre i due anni non avrei più alcuna speranza nella vittoria finale ". Parole che ora, tuttavia, sembravano dimenticate. (E, poi, secondo altri, come Ito, non fu Yamamoto a pronunciarle, ma Osami Nagano, capo di S.M. del- la marina imperiale). Comunque, sotto la spinta del buon senso del generale Sugiyama, in marzo il progetto dell'invasione diretta dell' Australia fu abbandonato e sostituito con un 'operazione più modesta su Port Moresby, in Nuova Guinea, fissata ai primi di maggio. Era prevista anche l'occupazione delle Figi e delle Samoa e, in aprile, venne varato il piano della invasione delle Midway e delle Aleutine da parte dell'ammiraglio Yamamoto, fissata ai primi di giugno.

Ma improvvisamente, il 18 aprile, avvenne a Tòkyò un fatto nuovo, tale da gettare non solo una doccia fredda sui bollori nipponici, ma anche da modificare i piani di conquista e di espansione giapponese: il colonnello americano Doolittle bombardò Tòkyò. Fu un coup de theatre alla maniera classica, da far rimanere di stucco i Giapponesi, i quali non avrebbero certo creduto alla notizia se non aves sero visto con i propri occhi gli aerei americani sganciare le bombe sulla loro capitale. L 'operazione, brillantissima perche per la prima volta 16 bombardieri bimotori dell'esercito vennero fatti partire dal ponte di una portaerei (la Hornet), era guidata, nel suo insieme, dal viceammiraglio " a tre stelle " William F. Halsey, detto " Bull " (il Toro). Halsey era uno dei più abili condottieri il cui astro stava alzandosi sul Pacifico, ma era anche specialista nel farsi pubblicità attraverso la stampa e la radio, con le più disinvolte dichiarazioni. Ai primi di aprile la Hornet, comanda ta dal capitano di vascello Marc A. Mitscher un altro personaggio destinato a entrare nel ristretto olimpo dei " distruttori " della marina giapponese era partita da Sa Francisco scortata dagli incrociatori Nashville e Vince/ nes. L '8 aprile si era riunita con la portaerei Enterpris che batteva l'insegna ammiraglia di Halsey, ed aveva c. stituito la "Task Force 16", che comprendeva (fra 1'2 tro) una divisione di quattro incrociatori, agli ordini d contrammiraglio Raymond A. Spruance, anch'egli fut ro grande protagonista del duello nippo-americano nel pacifico.L 'incursione, almeno dal punto di vista psicologico danni effettivi non furono gran che), riuscì pienamente anche se i Giapponesi sfogarono la loro rabbia impotente fucilando tre aviatori americani fatti prigionieri: uno de atti più atroci e incivili della seconda guerra mondiale Dopo questo smacco vennero rinviati gli attacchi f Figi e alle Samoa e furono invece confermate le due al operazioni: Nuova Guinea e Midway (con annesse Aleutine). AI primo obiettivo, meno importante del secondo doveva provvedere la quarta flotta del viceammiraglio nouye, al secondo Yamamoto in persona. L 'attacco alla Nuova Guinea già di per se appaI complicato: la quarta flotta avrebbe dovuto conquistare prima Tulagi, nelle Salomone, e poi Port Moresby n Nuova Guinea meridionale (Papuasia). La quarta fila ( venne rinforzata da una portaerei leggera, la Shoho, due portaerei pesanti, la Zuikaku e la Shokaku, e da incrociatori, il tutto prelevato dalla squadra portaerei l'ammiraglio Nagumo. Fatto il colpo, Inouye doveva restituire al più presto le navi a Yamamoto e a Nagumo l'operazione di Midway. Le due forze d'invasione vem poste agli ordini del contrammiraglio Shima (Tulagi) e i contrammiraglio Kajioka (Port Moresby): esse dove, i essere protette da un " gruppo di copertura ", al com2 del vice ammiraglio Goto (con la Shoho e con i quattrl crociatori pesanti Aoba, Furutaka, Kako e Kinugasc da una "forza d'attacco", al comando del viceammiraglio Takeo Takagi. Quest'ultimo aveva ai suoi ordini le portaerei Zuikaku e Shokaku, gli incrociatori pesanti Hagura e Myoko e sei cacciatorpediniere. Quello che i Giapponesi non sospettavano minimamente era che il loro " codice viola" era stato decrittato dagli Americani, i quali, quindi, erano in grado di conoscere i loro movimenti ora per ora. E dire che gli studiosi, i quali avevano elaborato il codice a Tokyo, avevano giurato all'imperatore che nessuno, mai, avrebbe potuto capirci nulla,.. Eppure William Friedman, a Washington, ci aveva :l messo solo poche settimane a decifrarlo e, per colmo di " spudoratezza, dopo la guerra aveva dichiarato che la chiave del codice era semplice: anche se gli era stata di aiuto 1 prezioso la criptoanalisi meccanica di Thomas Dyer . In vista dell'offensiva verso la Nuova Guinea I'ammiraglio Chester Nimitz che, dopo il disastro di Pearl Harbour, aveva preso il comando (al posto dell'ammiraglio Kimmell) delle operazioni navali nel Pacifico, riunì ai primi di Maggio nel mar dei Coralli, al largo delle coste nord-orientali dell' Australia, una forza navale (la " Task Force 17") consistente in due portaerei, sei incrociatori pesanti (Minneapolis, Chester, Portland, Chicago, Austra- ~e Zia, Hobart), due leggeri e undici cacciatorpediniere, posti ta sotto il comando del contrammiraglio Frank l, Fletcher, :1 a che alzava la sua insegna sulla grande portaerei Yorktown (l'altra ai suoi ordini era la gemella Lexington). Fletcher u~ era un condottiero avveduto e audace al tempo stesso, che non aveva davvero paura dei Giapponesi e, nonostante re- tutte le loro vittorie, li riteneva sconfiggibili.Mentre la forza d'invasione di Inouye aveva già lascìato Rabaul con 14 trasporti scortati da un incrociatore leggero e sei caccia, e, più da lontano, dalla portaerei leggera , o Shoho, da quattro incrociatori pesanti e un caccia, Fletcher lanciò dalla Yorktown 99 aerei su questo complesso e di navi. Contemporaneamente il viceammiraglio Takal , con le due portaerei pesanti (Zuikaku e Shokaku), due incrociatori pesanti e sei caccia, si diresse a sud per scopri e impegnare l'ignota flotta americana da cui partivano quelle offese impreviste. Nella notte, ciascuna ignorava la presenza dell'altra, le due flotte passarono vicine, a poco più di 60 miglia. Il mattino del 7 maggio i ricognitori gia pone si individuarono una petroliera americana isolata ~ Neosho) e un cacciatorpediniere (il Sims), e i bombardieri delle portaerei di Takagi li affondarono: ma Fletcher venne scoperto. Alle II precise, mentre gli aerei di Tak! si affaccendavano intorno a questi modesti obiettivi, I aerei della Yorktown e della Lexington scovarono la S~ ho del vice ammiraglio Goto, e in pochi minuti la colarono a picco con 500 uomini del suo equipaggio. Era la prima volta che, nel Pacifico, succedeva una cosa simile e i Giapponesi rimasero sconcertati. Inouye ordinò ai trasporti di tornare indietro. La notte passò senza sto ria, ma il mattino dopo, 8 maggio, alle 8.15 i ricognitori della Lexington scoprirono la "forza d'attacco" di Tak: e, alle 10.57, 39 aerei della Yorktown si gettarono su Zui kaku e Shokaku, colpendo gravemente quest'ultima: mi z'ora dopo l'attacco fu ripetuto da 24 apparecchi della Lexington e la Shokaku fu ancora colpita e lasciata fiamme. I Giapponesi non sapevano proprio che cosa pensare. Però reagirono: 70 aerei, alzatisi soprattutto d! Zuikaku, scoprirono Lexington e Yorktown: questa venne colpita, ma leggermente, mentre la Lexington venne mortalmente ferita da due siluri. Nel pomeriggio un violento incendio rese insostenibile la situazione della Lexingto, si cominciarono a mettere in mare zattere e scialuppe. ) alle 20 un cacciatorpediniere americano affondò il relitto ancora in fiamme: la grande nave affondò perfettamente orizzontale, senza rovesciarsi. (I< Se ne è andata a fra alta Il commentarono i suoi ufficiali). In totale i Giapponesi avevano perso una portaerei gera, un caccia e tre piccole navi e avevano subito gravi danni a una grossa portaerei; gli Americani avevano perso un caccia, una petroliera e una portaerei pesante, oltre i colpi non gravi giunti a segno sulla Yorktown. Questa fu la " battaglia del mar dei Coralli ", che fece da prologo a quella delle Midway. Chi aveva vinto? I giornali e i bollettini giapponesi propalarono, come al solito, cose da fantascienza: secondo loro erano state affondate due navi da battaglia (che non c'erano) e due portaerei, oltre al danneggiamento di decine di corazzate, portaerei e incrociatori. A caratteri cubitali l'Asahi Shimbun scrisse: " Segni di crollo imminente degli Stati Uniti ". Potenza delle profezie! Del resto anche Hitler si era dato a smodate manifestazioni di gioia e aveva detto testualmente: " Dopo questo nuovo disastro, le navi da guerra degli Stati Uniti difficilmente oseranno fronteggiare la flotta giapponese, .perche la nave da guerra degli Stati Uniti che accetta il combattimento con i Giapponesi è praticamente perduta". i Invece era stato in sostanza un successo strategico americano, che aveva dimostrato, fra l'altro, la bravura dei piloti degli Stati Uniti, il loro freddo coraggio, e una lucida -condotta tattica degli ammiragli, in particolare di Fletcher: senza contare che l'obiettivo a cui miravano i Giapponesi, le basi della Nuova Guinea non era stato raggiunto. Quando a Tokyo si accorsero (e qualcuno se ne l accorse, sia pure a denti stretti) che la flotta era azzoppata di una delle sue migliori portaerei, la Shokaku, la quale aveva bisogno di un mese di lavori, venne deciso di prendere a tutti i costi la rivincita con Yamamoto alle Midway. Si trattava di impiegare tutto quello che aveva il Giappone, quasi duecento navi: fra queste, II navi da battaglia, 8 portaerei, 24 incrociatori, 70 cacciatorpediniere, 15 sommergibili e circa 700 aerei. Non s'era mai visto nulla di simile al mondo. Del resto l'obiettivo Midway e Aleutine era del tutto secondario in confronto a quello di attirare i resti della flotta di Nimitz, per distruggerla completamente. Per fronteggiare questa formidabile armata gli Ameri- cani non avevano ormai che tre sole portaerei: Enterprise, Hornet e Yorktown, ammesso che quest'ultima potesse ri sultare pronta dopo i danni riportati nella battaglia de mar dei Coralli. L'atollo di Midway, ultimo della catena delle Hawaii da cui dista circa 2200 chilometri, apparteneva agli StatiUniti dalla fine dell'Ottocento e alla marina americana da 1903; vi passava la linea telegrafica che univa le Filippiru alle Hawaii ed era un avamposto essenziale per la difesa d Pearl Harbor. L 'atollo è doppio, ossia composto da due j solette: Sand, la maggiore, e Eastern Island, la minore una spianata come un bigliardo per servire da pista di atterraggio. Intorno alle isole brulicavano i pesci tropicali e nonmancavano i pescicani. Un sole equatoriale a picco, u I lembo sabbioso sperduto nel mare (ci sono quasi 3000 chilometri di Oceano Pacifico per arrivare a Tokyo), non rendevano piacevole il soggiorno a Midway, anche perch Sand è lunga poco più di 3500 metri e Eastern non arriva 2000 metri. Qual era il piano di Yamamoto e del suo capo di S. ammiraglio Kusaka per il grande attacco dei primi di giugno? La "flotta riunita" (per "flotta riunita" i Giappone comprendevano, in sostanza, l'intera flotta) sarebbe sta divisa in una "forza principale" per conquistare Midway in una secondaria per impadronirsi delle Aleutine. Una parte delle forze navali che si sarebbero impossessate del Midway si sarebbe concentrata poi a Truk, da dove, a luglio, avrebbe dato inizio all'invasione della Nuova Caledonia e delle Figi. La squadra portaerei dell'ammiraglio Nagumo, orgoglio e forza principale della flotta, avrebbe successivamente attaccato Sydney e la costa sud-orientale dell' Australia. In agosto la " flotta riunita" avrebbe iniziato l'invasione delle Hawaii. Come si vede si trattava di un programma a cui non faceva difetto l'ambizione: peccato che si trattasse questo lo si vide poi i conti fatti senza l'oste. E questo oste era la marina degli Stati Uniti: scarsa di numero, a quell'epoca. ma risoluta e dura come l'acciaio. I piani per Midway vennero elaborati a bordo della nave da battaglia " superkolossal" Yamato, da 65.000 tonnellate (73.000 a pieno carico), armata di 9 cannoni da 460 mm.: la nave più potente del mondo insieme con la gemella Musashi (che, però, nel giugno 1942, non aveva ancora completato l'allestimento). Qui bisogna aprire una breve parentesi su questi super- colossi che, in teoria, avrebbero dovuto spazzare tutto da- vanti a se nel loro cammino. Invece non spazzarono nulla, anzi furono essi ad essere spazzati via con relativa facilità, non appena la piega degli eventi cambiò. Nel corso della guerra combinarono poco o nulla e furono più d'intralcio che altro, per la necessità di dotarle di una enorme protezione. Non servirono neppure a far dajleet in being, come dicono gli Inglesi, ossia da flotta che non combatte ma pe- sa sulle mosse dell'avversario in quanto gli impedisce di compiere alcune azioni o lo induce a intraprenderne altre non felici. Immani mostri dal cervello pigro, queste unità pesantissime rivelarono anche difetti di costruzione e di protezione, nonostante la corazzatura di 650 mm. nelle torri, una corazzatura che arrivava fin sotto la carena, e i motori a turbina da 150.000 C V ., che avrebbe dovuto assicurare loro una velocità per altro mai raggiunta di 27 nodi. Costruite nei cantieri Mitsubishi di Nagasaki, era- no navi " squilibrate ": qualsiasi moderna corazzata anche di minor tonnellaggio era più rapida, più agile e, in definiti- va, più potente di loro, perche meglio in grado di difendersi dagli attacchi aerei. In una parola erano colossi che facevano paura solo sulla carta. Nella riunione ad alto livello sulla Yamato, protrattasi per tre giorni, si studiarono minuziosamente anche quali fossero le forze nemiche: e si arrivò alla conclusione che a gli Americani dell'ammiraglio Nimitz potessero contare su 2 portaerei pesanti, 3 portaerei leggere, 2 navi da batta- glia, 5 incrociatori pesanti, 4 leggeri, 30 cacciatorpediniere. Ebbene, queste lunghe e complesse elucubrazioni erano sbagliate. Nimitz non aveva portaerei leggere, non aveva navi da battaglia, aveva 7 incrociatori pesanti e uno solo leggero e poteva disporre soltanto di 14 cacciatorpediniere. Aveva, cioè, poco o niente. In un solo punto ma era quello essenziale i Giapponesi gli attribuirono meno di quanto possedesse: le portaerei pesanti. Come sappiamo, infatti, Nimitz ne aveva tre, di cui due efficientissime e una (la Yorktown) pronta a fare anch'essa il proprio dovere. Così, basandosi su conclusioni tanto fragilìiquanto erronee, Yamamoto e gli ammiragli giapponesi decisero dì inviare, contro le scarse forze di Nimitz, una flotta da incubo, la più grande mai uscita in mare fino allora nella seconda guerra mondiale: come abbiamo accennato, si trattava di 11 navi da battaglia, 8 portaerei, 24 incrociatori fra pesanti e leggeri, 70 cacciatorpediniere, 40 navi da trasporto e 700 aerei, oltre a numerosi sommergibili. Questa armata mastodontica (di cui, oltre tutto, non si capisce nemmeno a che cosa dovesse servire, senza, come in effetti avvenne, intralciarsi a vicenda per il numero troppo grande dì navi) era divisa in sei gruppi: 1 forza principale; 2 prima e seconda forza operativa portaerei; 3 forza dì invasione di Midway; 4 forza settentrionale delle Aleutine; 5 forza di protezione; 6 forza avanzata sottomarina. Yamamoto, che alzava la sua insegna sulla Yamato, comandava la forza principale (3 navi da battaglia, Yamato. Nagato e Mutsu, una portaerei leggera, la Hosho, un incrociatore leggero, il Sendai). Il viceammiraglio Nagumo aveva i comando della prima forza operatìva portaerei (Akagi Kaga, Hiryu. Soryu), e il contrammiraglio Kakuta quell( della seconda forza operativa portaerei. Il gruppo di Nagumo comprendeva anche due corazzate e tre incrociatori. Il viceammiraglio Kondo dirigeva la flotta d'invasione di Midway, con due corazzate (Kongo e Hiei), la por taerei leggera Zuiho, gli incrociatori pesanti Atago, Cho- kai, Myoko e Haguro: dipendeva da lui anche il gruppo d'assalto dell'ammiraglio Kurita. Alla forza delle Aleutine era preposto il vice ammiraglio Hosogaya, con insegna sul- l'incrociatore pesante Nachi. In tutto erano presenti 7 viceammiragli e il contrammiragli, con 70.000 tra ufficiali e marinai: una quantità mostruosa di ammiragli, di uomini e di navi, che fu il vero anche se non l'unico tallone d' Achille dell'operazione. Ai primi di giugno l'offensiva ebbe il via: la prima forza operativa portaerei di Nagumo uscì dai porti e navigò fino a 250 miglia a nord-ovest di Midway. Per tre giorni glì aerei delle quattro portaerei avrebbero dovuto martellare Midway, appoggiate dalle due navi da battaglia agli ordìni di Nagumo (Haruna e Kirishima), da 2 incrociatori pesanti fra cui il Tone, nave di bandiera del contrammiraglio A- be, e da uno leggero (il Nagara ). A circa 600 miglia a nord-ovest si sarebbe appostata la forza principale di Yamamoto, 300 miglia più "indietro" di Nagumo. Cìnquecento miglia a nord di Yamamoto si sarebbe trovata la forza di protezione del vice ammiraglio Takasu, che "proteggeva" anche l'operazione Aleutine, e che era formata da quattro navi da battaglia (Hyuga, Ise, Fuso, Yamashi- ro) e da due incrociatori leggeri (Di e Kitakami). Infine, 300 miglia a est di Takasu, era previsto lo schieramento della seconda forza operativa portaereì, del contrammiraglio Kakuta, formata da una portaerei pesante (Junyo ), da una leggera (Ryujo ), e da due incrociatori pesanti (Maya e Takao ). Per concludere, la flotta d'invasione di Midway dell'ammiraglio Kondo aveva, come "punta di diamante", i quattro ìncrociatori pesanti dell'ammiraglio Kurìta (Ku- mano, Suzuya, Mikuma, Mogami), costituenti un " gruppo di appoggio I> che si sarebbe potuto meglio chiamare "gruppo d'assaltol>. Così, su un'area di oltre sei milioni di chilometri quadrati, era disseminata l'intera marina del Sol Levante. Kongo, Hiei, Haruna, e Kirishima apparte nevano alla stessa classe, entrata in servizio alla vigilia del la prima guerra mondiale ma completamente rimodernat: fra il 1930 e il 1937, portando il dislocamento a pieno cari co da 27.000 tonnellate a 36.000, la potenza dei motori d: 64.000 a 136.000 cavalli, la velocità da 27 a 30 nodi, I'armamento principale a 8 cannoni da 356 mm, oltre alI: mitragliere antiaeree. }'uso e Yamashiro, entrate in servizio nella prima guerra mondiale, erano state pure rimodernate nel 1934-3~ con un dislocamento di 30.000 tonnellate, un aumento della potenza motrice a 75.000 cavalli, velocità 25 nodi e u ! armamento principale di 12 cannoni da 356. Infine la Nagato e la Mutsu, nate nell'immediato dopoguerra, rimodernate nel 1936, dislocavano a pieno carico 46.350 tonnellate, con una potenza di 85.000 cavalli e 25 nodi di velocità: l'armamento di 8 cannoni da 406 in 4 torri binate e! inferiore solo a quello della Yamato. i Yamamoto e il suo stato maggiore sembravano ce! ! che la squadra di Nimitz sarebbe stata giocata, perche 1..: mitz l'avrebbe inviata molto lontano verso le Aleutine verso ovest, dove sarebbe stata distrutta dalle navi nipponiche. Perchè mai Nimitz, che non era certo un ingenuo, avrebbe dovuto fare questo -cioè una sciocchezza cc madornale -ne durante ne dopo la guerra nessun giapp nese l'ha mai saputo spiegare, compreso uno scrittore on sto come Masanori Ito, autore di La marina imperiale giapponese, libro prezioso per capire il punto di vista ni ponico. Che Nimitz non si trovasse in una situazione allegra, è indiscutibile: ma egli si sforzava di uscirne facendo appunto, meno errori possibile. Viceversa, per sua fortuna, Yamamoto e i Giapponesi cercarono di fare il massimo di errori possibile, e ci riuscirono. Questa impressione è confermata dall'esame di parecchie fonti degne di fede: dal libro di John Toland, A riscossa (But not in Shame), al citato volume di Ito (1 End of Imperial Japanese Navy), all'ottima opera di Th deus V. Tuleja, L 'inferno di Midway (Climax al Midway), ai libri di memorie dei protagonisti, usciti dopo la guerra. Nimitz, da Pearl Harbor, doveva difendere, con pochissime navi, 7.000 chilometri di fronte, ma non si scoraggiò affatto. Venne, è onesto riconoscerlo, aiutato dalla cir- costanza che gli Americani decrittavano tutte le comunicazioni nipponiche, ma ancor più venne aiutato dalla condotta degli avversari. Infatti, fino a maggio Nimitz ri- mase incerto se le iniziali AF con cui i Nipponici indicava- no il prossimo obiettivo, fossero le Midway o le Hawaii, finche qualcuno gli suggerì di far inviare dalle Midway un falso messaggio in cui si diceva che nell'atollo si era rotto l'impianto di distillazione di acqua potabile. Due giorni dopo fu decifrato un messaggio giapponese che diceva: " Attenzione! AF è a corto di acqua ". Era una prova decisiva, per quanto a Washington ci fossero ancora dei dubbi: ma Nimitz non ne aveva e rinforzò per prima cosa le difese di Midway, al comando del colonnello dei marines Shannon. In secondo luogo inviò alle Aleutine due incrociatori pesanti, tre leggeri e lo cacciatorpediniere (al comando del contrammiraglio Theobald) per molestare da nord i Giapponesi. In terzo luogo ordinò che la Yorktown, danneggiata al Mar dei Coralli, fosse riparata immediatamente: e la Yorktown, entrata in bacino il 27 maggio, il 29 era perfettamente pronta (per la stessa operazione i Giapponesi impiegavano, in media, due mesi). Ai primi di giugno, oltre alle tre portaerei, sua principale risorsa, Nimitz aveva messo insieme faticosa- mente 8 incrociatori, 14 cacciatorpediniere, 25 sommergibili; e buon per lui che avesse stimato le forze di Yamamoto (salvo le portaerei) assai inferiori, altrimenti avrebbe avuto un'acuta crisi di depressione. Pensava che i Giapponesi avessero con se un paio di navi da battaglia, e ne avevano invece undici, che per fortuna non adoperarono, perche altrimenti sarebbero stati seri guai. Alla vigilia della battaglia, Halsey si ammalò di un fa stidioso prurito alla pelle e Nimitz dovette affidare il comando della " Task Force 161> a Raymond Spruance. Fu Halsey stesso a suggerirlo, perche Spruance, comandante dei suoi incrociatori, godeva della sua fiducia, e Nimitz ac- cettÒ benche molti storcessero la bocca all'idea che un " ammiraglio da incrociatori 1> andasse a comandare delle portaerei. Ma, come si vide poi, fu un ottimo acquisto. L 'ammiraglio Fletcher conservò il comando della " Task Force 171>, alzando la sua insegna sulla portaerei Yorktown: Spruance, invece, batte bandiera sull'Enterprise ed ebbe sotto di se anche la Hornet. Nimitz basò tutto il suo piano su un " rischio calcolato 1> e sul fatto che Nagumo avrebbe lanciato la prima ondata di aerei dalle portaerei verso Midway, da una posizione a nord-ovest dell'atollo. Perciò, schierando le sue tre preziose portaerei su un fianco di Nagumo, a circa 350 miglia a nord-est di Midway, Nimitz contava che esse non sarebbero state scoperte dal nemico, e avrebbero potuto lanciare indisturbate un formidabile attacco contro le portaerei nemiche. Ciò che, in effetti, puntualmente avvenne. Il prodromo dell'operazione fu l'avanzata dei 15 sommergibili giapponesi: un inizio davvero poco promettente. Nessuno dei sommergibili si piazzò infatti al punto giusto, nessuno diede a Yamamoto notizie utili sulle portaerei americane, anzi ne diede di sbagliate o addirittura di in- ventate, che trassero in inganno il comandante supremo nipponico. Intanto erano partite dal Giappone le prime squadre per l'"immane> operazione: l'ammiraglio Kakuta verso le Aleutine con le portaerei Ryujo e Junyo; l'ammiraglio Hosogaya con l'obiettivo di invadere Attu e Kiska, sempre nelle Aleutine; e, il 27 maggio, l'ammiraglio Na-gumo con l'Akagi "<Castello rosso") e con le altre tre por- taerei dai nomi pittoreschi di " Gioia che sale " (Kaga ), "Drago volante" (Hiryu), "Drago verde" (Soryu). Co- mandante in seconda delle portaerei era il contrammiraglio Yamaguchi. Lasciarono quindi gli ormeggi di Saipan le truppe di occupazione di Midway (contrammiraglio Tanaka), il " gruppo d'appoggio " di Kurita, le navi da batta- glia dell'ammiraglio Kondo, e infine la "forza principale" di Yamamoto. Mai, nella storia, una cosi enorme flotta si era mossa per un obiettivo in apparenza così meschìno, protetto da mezzi così deboli, ma in compenso difeso da uomini decisi a non farsi sopraffare. Mai una flotta così potente era stata destinata a subire la sorte di Golia di fronte a Davide. Vorremmo risparmiare ai lettori molti particolari della operazione, ma ce ne sono alcuni che vanno riferiti perche hanno, in vario modo, un peso notevole nella battaglia. Dunque, il lodi giugno l'ammiraglio Spruance, con la "Task Force l6", era già nel punto previsto, 350 miglia a nord-est di Midway: sull'Enterprise, come s'è detto, stava lo stesso Spruance, mentre la Hornet era comandata da Marc Mitscher. In complesso le due portaerei potevano contare su 54 caccia, 74 bombardieri e 29 aerosiluranti, ma presto arrivò anche la Yorktown di Fletcher, con 25 caccia, 37 bombardieri e 29 aerosiluranti: circa 250 aerei in tutto. Le portaerei di Spruance avevano l'appoggio di cinque incrociatori pesanti del contrammiraglio Thomas Kinkaid (New Orleans, Minneapolis, Vincennes, Nor- thampton e Pensacola), oltre all'incrociatore Atlanta. La " Task Force 17 " di Fletcher, giunta il 2 giugno, era scortata dall'incrociatore pesante Portland e dall'incrociatore leggero Astoria. Fu diramato agli equipaggi un asciutto comunicato che concludeva: " L 'operazione che ora ha ini- zio è di vitale importanza per il nostro paese ". Intanto, mentre una parte della flotta giapponese era or- mai in vista delle Aleutine, che occupò quasi senza colpo ferire, il 3 giugno l'ammiraglio Kondo e la forza d'invasio- ne di Midway (ammiragli Kurita e Tanaka) procedevano verso l'atollo: anche le quattro portaerei di Nagumo navigavano in quella direzione, mentre trecento miglia più in- dietro si trovava sempre Yamamoto. Alle 9 un aereo da le truppe di occupazione di Midway (contrammiraglio Tanaka), il " gruppo d'appoggio " di Kurita, le navi da batta- glia dell'ammiraglio Kondo, e infine la "forza principale" di Yamamoto. Mai, nella storia, una cosi enorme flotta si era mossa per un obiettivo in apparenza così meschìno, protetto da mezzi così deboli, ma in compenso difeso da uomini decisi a non farsi sopraffare. Mai una flotta così potente era stata destinata a subire la sorte di Golia di fronte a Davide. Vorremmo risparmiare ai lettori molti particolari della operazione, ma ce ne sono alcuni che vanno riferiti perche hanno, in vario modo, un peso notevole nella battaglia. Dunque, il lodi giugno l'ammiraglio Spruance, con la "Task Force l6", era già nel punto previsto, 350 miglia a nord-est di Midway: sull'Enterprise, come s'è detto, stava lo stesso Spruance, mentre la Hornet era comandata da Marc Mitscher. In complesso le due portaerei potevano contare su 54 caccia, 74 bombardieri e 29 aerosiluranti, ma presto arrivò anche la Yorktown di Fletcher, con 25 caccia, 37 bombardieri e 29 aerosiluranti: circa 250 aerei in tutto. Le portaerei di Spruance avevano l'appoggio di cinque incrociatori pesanti del contrammiraglio Thomas Kinkaid (New Orleans, Minneapolis, Vincennes, Nor- thampton e Pensacola), oltre all'incrociatore Atlanta. La " Task Force 17 " di Fletcher, giunta il 2 giugno, era scortata dall'incrociatore pesante Portland e dall'incrociatore leggero Astoria. Fu diramato agli equipaggi un asciutto comunicato che concludeva: " L 'operazione che ora ha ini- zio è di vitale importanza per il nostro paese ". Intanto, mentre una parte della flotta giapponese era or- mai in vista delle Aleutine, che occupò quasi senza colpo ferire, il 3 giugno l'ammiraglio Kondo e la forza d'invasio- ne di Midway (ammiragli Kurita e Tanaka) procedevano verso l'atollo: anche le quattro portaerei di Nagumo navigavano in quella direzione, mentre trecento miglia più in- dietro si trovava sempre Yamamoto. Alle 9 un aereo da, non proprio un genio, un uomo di mare di statura eccezionale, e univa una singolare umiltà alla consapevolezza dei suoi mezzi intellettuali: Yamamoto, invece, di umiltà ne aveva ben poca e, dopo Pearl Harbor, era fin troppo sensibile all'adulazione, senza contare che non brillava nella scelta dei collaboratori.I Giapponesi, ad ogni modo, preferiscono attribuire la responsabilità di Midway al povero Nagumo, più disgraziato che colpevole: oltre tutto gli morì di appendìcite, proprio all'inizio dell'azione, Mitsuo Fuchida, comandante gli aerei dell'Akagi, il quale aveva guidato sei mesi prima l'attacco a Pearl Harbor. Alle 4.30 del 4 giugno, 108 aereì delle portaerei di Nagumo al comando del tenente Tomonaga, sostituto di Fuchìda, decollarono verso Midway: , un'ora dopo un ricognitore americano partito da Midway , (tenenti Hady e Chase) scorse le portaerei giapponesi e immediatamente trasmise: " Eccoli. Portaerei. " Mai me saggio era stato così rapido e sìntetico. Subito dopo I'ammiraglio Fletcher ordìnò alla "Task Force 16" dì Spruan ce di lanciare l'attacco. Trentasette bombardieri, una squadriglia di 14 aerosiluranti e 10 caccia si levarono dal = ponte dell'Enterprise, mentre dalla Hornet decollarono 33 -bombardieri, 15 aerosiluranti e 10 caccia. Erano le 7 preci- ~1;' li se del 4 giugno. "'., -Che cosa stavano facendo, ìntanto, i Giapponesi? Nagumo, dopo aver fatto le più contradditorìe dichiarazìoni , a ai suoi uomìni "< Sebbene ìl nemico manchì dì spirìto combattivo, probabilmente potrebbe anche muovere qualche ti attacco " ), li informò che " il nemico ignora la nostra presenza e continuerà a ignorarla fino a quando non avremo ìniziato il nostro attacco alle Midway ", e ìnoltre si preoccupò di rassicurare tutti: " Si suppone ", disse con disìnvoltura," che nelle acque nelle vicìnanze delle Midway non vi i- siano portaerei". Hisfretus, vale adire su queste belle convìnzioni, Nagumo si preparò a far strage dei nemici. Non le sapeva, invece, che, su di lui e sulGiappone, stava per piombare una delle più terribili mazzate della guerra, quella che avrebbe segnato una tale svolta da far preveder sconfitta finale del Sol Levante. Dunque, alle 6.15, una potente formazione di 72 bombardieri nipponici, al comando di Tomonaga, scortati da 36 caccia tipo " Zero ", volava verso Midway. Gli Americani fecero partire dall'atollo le " Fortezze volanti " colonnello Sweeney per attaccare le navi da trasporto avversarie e poi, con ogni aereo in grado di volare, cercarono di intercettare gli apparecchi di Tomonoga. Sempre da Midway, quasi insieme con quelli delle portaeri Spruance, erano decollati infatti 26 vecchi caccia dei " marines " al comando del maggiore Parks e 27 bombaf4 dei " marines " che andavano all'attacco con spericolato coraggio, su vecchi aerei senza copertura della caccia erano ancora in volo sei aerosiluranti e quattro B26 d t sercito, anch'essi senza caccia. Tutti questi piloti sapevano che probabilmente, in tali condizioni, non sarebbero più ritornati indietro, ma volavano impassibili verso il nemico, con calcolata freddezza, decisi a infliggere il magggior danno possibile ai Giapponesi. Furono i 26 caccia di Parks ad affrontare per primi la formazione di Tomonaga e ne uscirono in gran parte strutti: 10 stesso maggiore Parks ci lasciò la vita, insieme agli equipaggi di 22 dei suoi 26 caccia. Così, come una valanga che sembrava inarrestabile, gli aerei di Tomonaga piombarono su Midway, dove furono attaccati dalla contraerea. In dieci minuti Midway fu devastata e, alle 7 Tomonaga pote comunicare a Nagumo: "Missione compiuta. Torniamo ". Le sue perdite erano superiori al visto, ma pur sempre limitate: tuttavia Tomonaga a' avuto l'impressione di non aver affatto " spianato " k fese di Midway, e perciò trasmise alle 7 a Nagumo: " corre un secondo attacco ". Mentre l'ammiraglio stava perplesso a meditare su questo preoccupante messaggio ecco che sulle sue portaerei comparvero i traballanti voli americani provenienti da Midway: i B26 e gli aerosiluranti. Nessuno, salvo due, si salvò, ma Nagumo rimase sempre più impressionato e prese la fatale decisione di inviare su Midway la " seconda ondata ", sostituendo le bombe ai siluri di cui gli aerei erano muniti in vista di un attacco alle navi della flotta avversaria. Ne derivò un caos indescrivibile. I ponti delle quattro portaerei erano ingombri, e da un momento all'altro poteva rientrare la formazione di Tomonaga, che avrebbe avuto la necessità di atterrare. Mentre, a partire dalle 7.15, i preziosi aerosiluranti di Nagumo stavano freneticamente per essere trasformati in inutili bombardieri (e ci voleva al- meno un'ora per l'operazione), i 70 bombardieri, i 29 aero- siluranti e i 20 caccia partiti dalle portaerei di Spruance - 119 aerei in tutto, in piena efficienza rombavano maestosamente verso Nagumo, senza che quest'ultimo, soddisfatto del successo ottenuto cosi a buon mercato contro i " ferrivecchi " di Midway, ne sospettasse la presenza. Alle 7.30, tuttavia, un aereo da ricognizione dell'incrociatore Tane aveva segnalato all'ammiraglio nipponico di aver scoperto una formazione nemica con dieci navi. La notizia mise Nagumo di malumore e 10 rese esitante: in preda al- l'inquietudine fece allora la peggior cosa che potesse fare. Alle 7.45 ordinò di prepararsi ad attaccare " unità della flotta nemica " (non aveva idea di che cosa si trattasse) e comandò di lasciare sugli aerei i siluri non ancora sostituiti con bombe. Il caos sui ponti delle portaerei, se possibile, aumentò: adesso, almeno in teoria, Nagumo aveva metà aerei bombardieri e metà aerosiluranti, vale adire non ave- va nulla di omogeneo e di efficace. Per di più tutti stavano scambiandosi affannosamente bombe e siluri. L 'ammiraglio, a questo punto, cercò disperatamente di sapere dall'aereo ricognitore del Tane con che tipi di navi avrebbe avuto a che fare, e il ricognitore, alle 8, trasmise , che si trattava di cinque incrociatori e cinque caccia: la no- tizia era completamente sbagliata, ma per Nagumo fu una Midway e, per di più, con i serbatoi semiivuot.i. . ..In quel momento SI presentarono glI aerei dl Tomonaga di ritorno da Midway. Che fare? Bisognava pure farli atterrare. Nagumo ordinò di riportare negli hangar sotterranei i bombardieri e gli aerosiluranti pronti sui ponti di volo. Il caos toccò i limiti del comico, tanto più che, di sotto, tutti erano affaccendati a sostituire le bombe coi siluri ma, per il nervosismo, non ci riuscivano. Ormai nessuno capi- va più nulla e i sottoposti di Nagumo cominciavano a con- traddire il comandante. Il contrammiraglio Yamaguchi dalla Hiryu trasmise a Nagumo: "Consiglierei attacco immediato . All'aereo del Tone, cui Nagumo aveva ordinato di rientrare, il contrammiraglio Abe, imbarcato appunto sul Tone, trasmise: " Non rientrare affatto. Mantenere il contatto col nemico e continuare a trasmettere posizione I>. Erano ormai le 9 e finalmente, con l'acqua alla gola, Nagumo decise di attaccare, con un messaggio dal solito stile enfatico che diceva: " Distruggeremo il nemico fino al- l'ultima nave e all'ultimo uomo I>. Poi inviò un dispaccio a Yamamoto dicendo che era stata avvistata alle 5.30 una squadra nemica composta di una portaerei, cinque incro- ciatori e cinque cacciatorpediniere, e che egli si disponeva ad attaccarla. Come sappiamo, invece, l'avvistamento era in realtà avvenuto " arate 1> ed era dubbio e confuso. Alle 9.20 precise sulle portaerei di Nagumo apparvero i primi aerei partiti dalle portaerei di Spruance: gli aerosiluranti della Hornet, agli ordini del comandante John C. Waldron (un discendente dei capi pellirosse del Dakota, famoso per sue pittoresche uniformi, per il suo colorito linguaggio e per il suo impetuoso coraggio); gli aerosiluranti dell'Enterprise, al comando di Eugene E. Lindsey; i caccia dell'Enterprise del tenente Gray, e i bombardieri del comandante Clarence W. M c Clusky. Come si è detto, erano decollati alle 7, ma le operazioni di lancio si erano prolungate fin quasi alle 9 e non tutti poterono trovare Nagumo, che nel frattempo aveva virato verso nord. Stanhope C. Ring, per esempio, dovette tornare coi suoi bombardieri sulla Hornet, e in un primo tempo anche M c Clusky rischiò di non giungere sull'obiettivo. Ma Waldron, Lindsey e Gray vi arrivarono puntualmente. Waldron attaccò per primo con temeraria decisione: mori egli stesso, colpito dai caccia giapponesi, e caddero tutti i piloti della sua squadriglia senza riuscire a colpire le portaerei. Dopo Waldron (che per questa azione ebbe, alla memoria, la me- daglia del Congresso, la più alta onorificenza americana: fu la volta degli aerosiluranti di Lindsey: anche Lindsey non tornò più indietro e i suoi aerei vennero quasi tutti di. strutti. Erano le dieci, e 25 su 29 aerosiluranti americani non esistevano più, mentre le quattro portaerei giapponesi erano ancora intatte, sebbene tutte scompigliate. Nel frattempo, alle 8.30, l'ammiraglio Fletcher aveva fatto partire dalla Yorktown 12 aerosiluranti del capitano Massey, 17 bombardieri del tenente Max Leslie e 6 caccia del tenente Jimmy Thach: 35 aerei in tutto. Pochi minuti dopo le lo, non appena terminata la strage dei velivoli del la Hornet e dell'Enterprise, una nuova ondata si gettò sulle scompaginate navi di Nagumo. Adesso i caccia giappone si erano quasi a secco di carburante e senza munizioni, ml difendevano ancora accanitamente le preziose portaerei Anche Massey, che attaccò per primo, perse la vita, e suoi aerei vennero decimati; ma ormai si avvicinava l; svolta decisiva. Il sacrificio di 35 aerosiluranti americani aveva sgombrato il campo all'azione dei bombardieri in picchiata, che stavano arrivando come falchi, guidati d: Leslie e da M c Clusky, il quale aveva finalmente trovato l strada giusta. Alle lO.24 Leslie era sulle portaerei e si lal1 ciò sulla più grossa, la Kaga, da 27.000 tonnellate. Dietro, di lui, da 700 metri, il secondo dei suoi bombardieri colI in pieno la Kaga con una bomba da 500 chili, che fece un strage: mori il comandante della nave, Okada, morirono sul colpo 248 uomini, il ponte di volo si squarciò e, Subito dopo, altre tre bombe fracassarono la grande portaerei, incendiandola, mutilandola, bruciando vivi molti piloti e gran parte dell'equipaggio. Gli Americani non avevano mai visto una cosa simile: l'immensa nave era un rogo so- lo, mentre i depositi di bombe saltavano in aria e più nulla di vivente rimaneva sulla portaerei in agonia. Quasi contemporaneamente M c Clusky attaccava I'A kagi, ammiraglia di Nagumo, e la Soryu. In 26 secondi I'Akagi venne letteralmente sbriciolata e il comandante Aoki corse da Nagumo gridandogli che bisognava abban- donare subito la nave. Nagumo ebbe un attacco isterico, dovette essere afferrato con la forza, legato e trascinato via, mentre le fiamme salivano da tutte le parti. A gran fati-ca l'ammiraglio trasbordò sull'incrociatore Nagara e di lì vide l'Akagi, scossa da una serie di boati, andare alla deri-va. La sorte della Soryu non fu migliore: parte dell'equipaggio, investito dal fuoco, si gettò in acqua dove perì in gran numero; il comandante, invece, rimase carbonizzato. Per tutto il giorno e parte della notte le tre navi anda- rono alla deriva come pire immani: alle 19.13 affondò la Soryu, trascinando con se altri 700 uomini intrappolati a bordo; alle 19.25 la Kaga saltò in aria e scomparve; l'Aka- gi resistette di più e affondò con 1.000 uomini alle 3.25 del 5 giugno. La battaglia delle Midway era stata risolta da Leslie e M c Clusky in due minuti esatti, dalle 10.24 alle 10.26 del mattino: soltanto la Hiryu per il momento era loro sfuggita, e su di essa era il valoroso contrammiraglio Yamaguchi. Fu proprio lui che, in quella disperata situazione, tentò una rivincita: alle II fece partire diciotto bombardieri e li diresse sulla Yorktown, giacche le portaerei di Spruance non erano state ancora scoperte. Poco dopo mezzogiorno gli aerei giapponesi attaccaro- no e, pur avendo subito perdite gravissime -quasi tota- li -, riuscirono a piazzare sulla Yorktown tre bombe, di cui una dentro il fumaiolo, sicchè le caldaie vennero danneg-giate. L'ammiraglio Fletcher sbarcò dalla Yorktown e salì sull'incrociatore Astoria, mentre il Portland prese a rimor chio la Yorktown. Nel frattempo Spruance aveva inviato a i protezione della portaerei ferita gli incrociatori Pensacola e Vincennes. Yamaguchi, infatti, aveva deciso di sferrare un secondo attacco con tutto ciò che ancora gli rimaneva sulla Hiryu: lO aerosiluranti e 6 caccia malconci, al comando del solito, infaticabile tenente Tomonaga. Già la Yorktown aveva cominciato a muoversi in modo autonomo e a buona velocità, quando, poco dopo le 14, fu avvistata dalla formazione di Tomonaga. Questa venne semi distrutta, ma due siluri colpirono il fianco sinistro della Yorktown. La grande portaerei sbandò di 30 gradi e imbarcò enormi quantità d'acqua: i feriti e parte dell'equi- paggio abbandonarono la nave che, però, si rifiutava di af- fondare, pur andando alla deriva. Nel frattempo Fletcher , dall'Astoria, aveva ordinato a Spruance che 24 bombardieri atterrati sull' Enterprise (molti dei quali apparteneva- no alla Yorktown) attaccassero la Hiryu. La Hiryu in quel momento possedeva soltanto 12 dei 63 aerei in dotazione: con questi il tenace Yamaguchi decise di lanciare un ulti- mo attacco. Avvertì perciò il sempre lontano e pareva indifferente Yamamoto, che egli si proponeva di far tutto il possibile per recar danno alle portaerei nemiche (finalmente era riuscito a sapere con certezza che erano tre), assalendole all'imbrunire. Come Yamaguchi pensasse, con 1( sue misere forze aeree, di raggiungere l'obiettivo rimane( un mistero. Certo Yamaguchi era in buona fede, ma aveva indubbiamente sbagliato i suoi calcoli: era convinto, probabilmente, che il secondo attacco portato alla Yorktowl avesse invece colpito un'altra portaerei, l'Enterprise, e basò quindi i suoi ragionamenti su questo dato errato. Adesso tutte le varie squadre giapponesi accorrevano li in fretta e furia ad aiutare Nagumo, ma dagli angoli più re moti: l'ammiraglio Kondo, che aveva con se una preziosa portaerei leggera, la Zuiho, era distante oltre 700 chilometri. Quanto alle portaerei impegnate nelle Aleutine (Ryuj e Yunyo) erano addirittura a oltre 1300 chilometri. 17.0 1, mentre Yamaguchi stava preparandosi a lanciare il suo disperato attacco, sulla Hiryu comparvero gli aerei dell'Enterprise, cogliendo di sorpresa i Giapponesi. Si ripetè quello che era accaduto alle altre tre portaerei: scoppi, incendi, morti dappertutto. Nella notte la Hiryu, ridotta a un rottame galleggiante, cominciò a inclinarsi sempre più, con oltre 400 caduti a bordo, e alle 2.30 del 5 giugno Yamaguchi parlò per l'ultima volta ai superstiti, fece por- tare il ritratto dell'imperatore su un cacciatorpediniere, ordinò di mettere in salvo ciò che restava dell'equipaggio, e rimase sulla nave ormai vicina alla morte. L 'ammiraglio si legò al ponte e rimase immobile a guardare il cielo: alle 8.21 la portaerei si capovolse e in pochi secondi scomparve. La " prima forza operativa portaerei ", il più potente strumento bellico della marina giapponese, non esisteva più. Che faceva intanto, di fronte a questo terribile disastro, l'ammiraglio Yamamoto? Fra le 12.20 e le 13.10 de14 giugno si illuse ancora di poter raddrizzare le sorti della batta- glia e cominciò a dare ordini a destra e a manca, alle sue squadre disseminate nel Pacifico perchè, abbandonati i rispettivi obiettivi, ritentassero l'attacco a Midway. Contava soprattutto sulla squadra di Kondo, ma evidentemente aveva un'idea molto confusa della situazione, anche perche i suoi subordinati, non dicendogli la verità ma cercando di addolcirla (sistema usato in Giappone durante tutto il corso della guerra, con risultati catastrofici), finivano per ingannarlo del tutto. Nagumo gli trasmetteva, per esempio, che le sue portaerei erano " temporaneamente fuori uso" quando erano sul punto di affondare, e così via. Soltanto in tal modo si può spiegare l'" Ordine operativo n. c 158 " inviato alle 19.15 da Yamamoto alla flotta e, per conoscenza, a Tokyo. Vale la pena di riprodurlo come documento della debolezza umana: 1 La flotta nemica fugge verso est praticamente annientata; 2 Unità della Flotta Riunita si preparano a inseguire le navi nemiche superstiti e a occupare Midway. Ma Yamamoto, che se ne stava tranquillo, lontano e ben protetto, aveva un bel farneticare: alle 21.30 Nagumo, ormai in preda al panico, gli segnalò: " Le forze del nemico sono composte da cinque (sic!) portaerei, sei incrociatori e 15 cacciatorpediniere, e si dirigono a ovest, verso di noi. Anche la Hiryu è in fiamme ". Evidentemente la paura era stata più forte dei cerimoniosi eufemismi, ai quali però Nagumo ricorse ancora una volta più tardi, affermando: " Nessuna delle nostre portaerei è efficiente ", intendendo con ciò che erano tutte in fondo al mare. Yamamoto si abbandonò a una terribile scena e destituì telegraficamente lo sciagurato Nagumo, sostituendolo con il viceammiraglio Kondo, imbarcato sull'incrociatore pesante Atago. Ma ne Spruance ne Fletcher, che per il momento avevano il completo dominio dell'aria, intendevano impegnarsi in un combattimento notturno e si tennero alla larga. Infine anche Yamamoto accettò la sconfitta e, alle 2.55 del 5 giugno, trasmise a tutta la flotta l'ordine: " L 'operazione Midway è annullata ". Al suo stato maggiore disse: " Quando basta, basta ", frase che fu certo la più saggia pronunciata da lui durante l'intera azione. Allorche tutte le navi giapponesi fecero rotta verso ovest per rientrare, Yamamoto si mise a letto evi stette per una settimana. Ci fu anche una coda alla tragica avventura giapponese: le navi in ritirata vennero braccate dai sommergibili americani e uno di essi lanciò un siluro contro un incrociatore pesante del gruppo dell'ammiraglio Kurita. Nel tentativo di evitarlo, il Mogami urtò contro il Mikuma e perse la prua: le due navi, gravemente danneggiate, rimasero indietro e furono martellate dai piloti della Hornet e dell'Enterprise. Il 6 giugno l'incrociatore pesante Mikuma affondò e il Mogami andò ad arenarsi all'isola di Truk. In quello stesso 6 giugno un sommergibile giapponese liquidò definitivamente la Yorktown (proprio mentre si era ormai sicuri di salvarla), insieme con il cacciatorpediniere Hammann, che la scortava. Fu l'unico risultato positivo dei Giapponesi, ma la Yorktown, che era veramente dura da morire, non affondò materialmente che alle 6 del mattino del 7 giugno. Tutto il suo calvario, così come il complesso delle operazioni dell'Enterprise e della Hornet, venne ripreso dal regista John Ford, l'autore di Ombre rosse, in uno splendido documentario cinematografico, forse il più insigne esem- pio di documentario di guerra: 10 stesso Ford, nella batta- glia, venne seriamente ferito. Più tardi, ne11976, un regista di assai minor talento, Jack Smight, realizzò sulla battaglia un film a grande spettacolo, con attori famosi, che ebbe vasto successo di pubblico. Ma, ben che occorra rico- noscere onestamente al film una notevole fedeltà storica, anche nei particolari, esso non può competere con I'emozionante immediatezza dell'opera di Ford. (Dagli studi compiuti, il soggettista e sceneggiatore del film, Donald Sandford, ricavò poi un libro pubblicato anche in Italia.) Così, dunque, terminò la battaglia delle Midway che, oltre ad infliggere un colpo terribile al Giappone, dimostrò soprattutto che la marina nipponica era sorprendentemente vulnerabile, anche da parte di forze molto inferiori, Pure, Radio Tokyò annunciò una gloriosa vittoria navale del Sol Levante. Ma queste spacconate non potevano avere alcuna influenza sui risultati della grande partita che si giocava nel Pacifico e che, per quanto ancora lunga e durissima, lasciava ormai intravedere da che parte pendeva la vittoria. Piuttosto, se vogliamo concludere il nostro racconto, vanno messi in rilievo soprattutto tre aspetti. Dapprima la battaglia del Mar dei Coralli e poi quella di Midway furono le prime battaglie navali nelle quali le squadre avversarie non si videro mai direttamente e nelle quali non fu tirato un solo colpo di cannone, se non per ciò che riguarda l'artiglieria contraerea. Si trattò, invece, di un grande duello tattico mediante l'uso di quelle specialissime artiglierie costituite dagli aerei (bombardieri o aerosiluranti) con le loro bombe e i loro siluri. D'ora in poi, almeno nel Pacifico, sarà questo il nuovo prevalente aspetto dello scontro navale, che si incominciò a chiamare, più giusta- mente," aeronavale ". 2 Venne dimostrato alle Midway che il materiale e gli apparati meccanici delle navi giapponesi erano in genere più scadenti di quelli americani: le portaerei di Nagumo " andarono giù " con relativa facilità e, a detta di alcuni piloti americani, parevano navi "fatte di latta". Pur con le debite riserve per questa evidente esagerazione, a riprova va an- : che citato il fatto che la Yorktown, colpita gravemente e a i più riprese, resistette molto meglio e molto più a lungo alle ! offese nemiche.

3 Venne ancora dimostrato alle Midway che il materiale umano degli Stati Uniti era superiore a quello giapponese, sia nei comandi, sia negli equipaggi, nei meccanici, nei pi- loti: c'era in tutti una partecipazione viva alla lotta, non fatalistica e formale come da parte nipponica. In quanto agli alti comandi, a parte le intuizioni di Nimitz, abbiamo già detto della sorprendente abilità dimostrata da Spruance e, in misura minore, da Fletcher, in confronto agli errori di : Yamamoto e di Nagumo. Uno solo dei capi giapponesi si salvò: il contrammiraglio Yamaguchi, perito sulla Hiryu in modo degno della grande tradizione della marina di Togo.

 

 

 

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