A cura
degli alunni della classe III sez. A - Numero unico
Pubblicazione in occasione del sessantennale dell Battaglia di
Montecassino

Ripercorriamo con la memoria dei
ragazzi di allora, la vita che rinasceva sulle macerie della città
rasa al suolo dai bombardamenti
di Mario Costa
 In questo giornalino i ragazzi della 3°A hanno
cercato di ricostruire, soprattutto attraverso la voce di
protagonisti del tempo, in molti casi quella dei loro nonni, la
condizione di povertà materiale ed umana della nostra gente sessant’anni
fa, quando la guerra, ritiratasi alla fine del maggio del 1944,
lascia cadaveri, mine inesplose, malaria, lutti, miserie atroci.
Raccontano la dura vita nelle baracche, i pericolosi giochi dei loro
coetanei di allora con i proiettili inesplosi, l’emigrazione in
terre anche lontanissime come l’America, con nel cuore la speranza
in un futuro migliore e la nostalgia per i cari da cui si è
costretti a staccarsi. Ma parlano pure di qualche storia bella
d’amore, e dell’amore per la vita, per la nostra terra, grazie al
quale è stato possibile “il miracolo della ricostruzione”. Hanno
ricercato notizie sugli artefici della rinascita, sulla
ricostruzione dell’Abbazia, sui protagonisti del tempo che seppero
suscitare l’orgoglio del riscatto, riaccendere la fiammella della
fiducia e seppero guidare la ripresa della vita. Riferiscono degli
“scioperi a rovescio”, le prime lotte sociali per il lavoro, della
tenace battaglia per riavere il tribunale ed anche di qualcosa che
prima della guerra c’era e ora non c’è più. Hanno incontrato
testimoni di quel tempo i quali volentieri son venuti a scuola, si
son fatti interrogare e hanno spiegato, precisato, chiarito quello
che è successo dalle nostri parti, sapendo cogliere l’occasione per
“trasmettere”la loro preziosa memoria storica. Taccuino alla mano, i
ragazzi sono andati dai loro nonni, si son fatti raccontare ogni
cosa; si sono poi sguinzagliati sul territorio( non solo di Cassino
ma anche di paesi vicini da cui alcuni di loro provengono) ed hanno
chiesto ancora, spinti da un entusiasmo crescente per ciò che
apprendevano e dall’orgoglio per il ”lavoro” che stavano producendo.
Non so se l’obiettivo che ci si era proposti, quello cioè di
aggiungere qualcosa, possibilmente di originale, a quel tanto già
detto della tragica vicenda bellica della nostra zona, sia stato
raggiunto. So con certezza, però, che hanno imparato tante cose da
questa esperienza che li aiuterà a proseguire il non sempre facile
cammino della vita, non solo scolastica, con maggiore fiducia nei
propri mezzi e in sè stessi. Sono anche certo che con la conoscenza
hanno maturato una maggiore coscienza sui disastri della guerra, di
ogni guerra. Ciò nella consapevolezza che” la conoscenza del passato
del proprio territorio nell’attività pedagogico-didattica diventa
fattore di comprensione, di costruzione, di formazione, di dialogo,
di condivisione, di solidarietà, di cooperazione, presupposti
essenziali per un’educazione alla pace, per un’educazione alla
mondialità”.
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