MUTAZIONI GENETICHE, ANOMALIE MICROCIRCOLATORIE, TERRENO ONCOLOGICO E ONCOGENESI (PARTE PRIMA).

 

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Introduzione.

Dalle Mutazioni Genetiche al Cancro della Mammella.

Anomalie Localizzate delle Unità Microvascolo-Tessutali in individui a rischio oncologico.

Analisi morfologica semeiotico-biofisica della vasomozione sia in fisiologia che in patologia.

Bibliografia.

Introduzione.

Nella lotta contro i tumori noi dobbiamo possibilmente procurarci uno strumento “clinico” che aiuti “tutti” i medici nel riconoscere al letto dell’esaminando, in apparentemente buona salute, errori genetici, che causano iperinsulinemia-insulinoresistenza, alterati livelli di melatonina, deficit del sistema degli oppioidi endogeni, disordini metabolici, prevalenza dell’asse dello stress, ecc., e che, a loro volta, contribuiscono ad aggravare le aberrazioni cromosomiali, come quelle osservate nelle cellule cancerose.

Infatti, il nostro obiettivo può essere raggiunto auspicabilmente solo se “tutti” i medici sono posti in grado di accertare oppure, quanto meno, di sospettare clinicamente in soggetti, peraltro sani, mutazioni genetiche alla base dell’oncogenesi, possibilmente molto tempo prima dell’iniziazione del tumore.

Come ipotesi di lavoro io pensai, anni or sono, alla fine degli anni ’70, che tutte le mutazioni genetiche, di qualunque natura, sono accompagnate da analoghe modificazioni microvascolari, sia strutturali che funzionali, del relativo sistema microvasale nei soggetti colpiti da anomalie del sistema neuro-psico-endocrino-immunitario, cioè dal terreno oncologico (V.: “Terreno Oncologico” nel mio sito,  HONCode ID, N. 233736, http://digilander.libero.it/semeioticabiofisica).

In realtà, sia i fattori genetici che quelli ambientali possono provocare contemporaneamente alterazioni sia cellulari parenchimali che microvascolari, secondo il noto concetto di Tischendorf di “Angiobiotopie”. Per esempio, è stata descritta una famiglia di molecole chiamate cicline. Proprio mediante cambiamenti nella produzione di cicline durante il ciclo riproduttivo cellulare, le attività dei geni controllori vengono a loro volta regolate. Tutti questi eventi (controllo, regolazione, ecc.), tuttavia, possono accadere soltanto mediante modificazioni della locale microcircolazione, cioè, del rifornimento di materia-energia-informazione alle cellule che ne hanno bisogno per riparare il loro n-DNA danneggiato.

Oggi, grazie alla Semeiotica Biofisica (V. il sito sopra citato), noi possiamo fortunatamente valutare clinicamente sia la struttura che la funzione del sistema micro-vascolo-tessutale in modo preciso, selettivo ed in tutti i sistemi biologici (2-5).

Sulla base di una ormai lunga esperienza “clinica”, iniziata 45 anni or sono, io penso che il declino percentuale dei tumori nel mondo potrebbe essere ancora più intenso se gli studiosi riflettessero e discutessero sul fatto che il “Terreno Oncologico”, basato sull’ICAEM-a, citopatia mitocondriale funzionale ereditata quasi esclusivamente per via materna,  può esistere ed in realtà esiste. In altre parole, noi dobbiamo pensare sia alle alterazioni del n-DNA che a quelle del m-DNA alla base dell’oncogenesi.

 Infatti, per esempio, da una parte, non tutti i fumatori sono colpiti da cancro del polmone, e, dall’altra parte, non tutti i pazienti affetti da epatite cronica moriranno a causa dell’epatocarcinoma. Inoltre, in alcune famiglie i tumori insorgono con una frequenza nettamente maggiore che in altre.

In realtà, come io dimostrai nei lavori citati, ci sono altre cause inconfutabili che spiegano l’esistenza del rischio “reale” oncologico, cioè il terreno oncologico, cioè l’ICAEM-a e, quindi, alterazioni del DNA mitocondriale.A questo punto, la prima domanda che s’impone è la seguente: 

“Che cosa caratterizza il terreno oncologico dal punto di vista “clinico” e microcircolatorio?”.

Infatti, per applicare su vasta scala la prevenzione primaria del cancro, è inevitabile che le modificazioni che accadono nel sistema biologico di controllo possano essere facilmente, rapidamente, precisamente e “quantitativamente” accertate e valutate al letto del paziente, cioè con l’aiuto di un metodo “clinico”, mediante l’impiego del fonendoscopio e certamente non con l’utilizzo di semeiotiche sofisticate ma costose, che non possono essere impiegate in tutti gli individui, vale a dire, su vastissima scala, perchè soltanto un numero limitato di medici sono in grado di utilizzarle.

Se possiamo rispondere positivamente a questa prima domanda, allora segue immediatamente la seconda:

“Il terreno oncologico, passibile di aggravamento con l’intervento negativo di fattori ambientali, è reversibile in qualche modo, magari parzialmente?”.

E’ necessario ed urgente sapere se il terreno oncologico può regredire, cioè se esso può completamente o, almeno in gran parte, ridursi di intensità con l’intervento di farmaci e/o della dieta, intesa in senso etimologico, che esercita una positiva influenza sulle caratteristiche modificazioni del sistema neuro-psico-endocrino-immunitario, che rappresentano il terreno oncologico.

Le mie risposte a queste domande sono leggibili nel sito sopra citato (5).

La lotta ai tumori sarà affrontata con successo se tutti i medici saranno posti in condizione di riconoscere, con un semplice fonendoscopio, individui apparentemente sani, ma in realtà portatori di “terreno oncologico”, particolarmente grave in regioni ben delimitate di un tessuto, i quali devono pertanto essere sottoposti immediatamente ad una appropriata dieta, etimologicamente intesa, in certi casi accompagnata dalla somministrazione di farmaci istangioprotettori.

A questo punto, pertanto, è inevitabile indagare e possibilmente chiarire la relazione tra mutazioni genetiche, incluse chiaramente le alterazioni del m-DNA, anomalie microcircolatorie, terreno oncologico e iniziazione e propagazione dei tumori maligni (Fig. 1).

 

Fig. 1

Le mutazioni genetiche, a carico sia del n-DNA che del m-DNA, causano anomalie delle locali  unità microvascolo-tessutali, direttamente o indirettamente, per es. alterazioni strutturali e funzionali di AVA e DEB, centralizzazione del flusso ematico, acidosi tessutale, ecc., che a loro volta, ma esclusivamente in presenza del terreno oncologico, basato sulla Istangiopatia Congenita Acidosica Enzimo-Metabolica, può causare l’oncogenesi.

 

 

 

Dalle Mutazioni Genetiche al Cancro della Mammella.

 

               Notoriamente, il tumore risulta dall’accumulo di mutazioni nei geni (n-DNA) che regolano la proliferazione cellulare. Queste mutazioni possono avvenire precocemente nel processo di trasformazione maligna o successivamente nella progressione e negli eventi invasivi.

L’ereditarietà di alleli mutati è seguita in genere dalla perdita del secondo allele da parte della cellula somatica, provocando l’inattivazione di un gene soppressore del tumore, stimolando così la trasformazione maligna.

I geni importanti per lo sviluppo del cancro regolano diverse vie cellulari, inclusa la progressione delle cellule attraverso il ciclo cellulare, la resistenza alla morte cellulare programmata (apoptosi) e la risposta a segnali che presiedono alla differenziazione cellulare. Inoltre, l’inattivazione di geni che contribuiscono alla stabilità dello stesso genoma possono facilitare l’acquisizione di errori in altri geni che regolano la proliferazione.

Due recenti studi illuminano l’importanza di questo processo alla base dell’insorgenza del cancro del seno, collegando la funzione del gene BRCA1, implicato nella predisposizione genetica al cancro del seno e dell’ovaio, con quella del gene A1M che nella sua forma mutante provoca instabilità nell’ataxia-teleangectasia (6, 7).

Errori nel DNA, che insorgono durante la normale replicazione delle molecole (discordanza tra nucleotidi) o provocate da radiazioni ionizzanti o farmaci genotossici possono causare mutazioni nelle sequenze del codice genetico o rotture della doppia elica del DNA cromosomiale. Se queste alteazioni non sono prontamente riparate nel corso di una singola replicazione cellulare, esse sono tramesse alle cellule figlie, derivandone una catastrofe mitotica quando la cellula cerca di segregare i cromosomi alterati. A questo riguardo vi sono studi che hanno evidenziato i geni che avvertono la presenza di DNA danneggiato ed inducono l’arresto del ciclo cellulare, condizione necessaria per la riparazione.

           Al momento, il più critico gene in tale senso è rappresentato dal p53, non indispensabile per l’attività cellulare, ma di importanza critica per monitorare il danno al n-DNA. Infatti, la inattivazione del p53 è il primo passo per l’insorgenza del tumore nell’uomo. E’ il caso della sindrome di Li-Fraumeni, dove è presente una mutazione del gene oppure, raramente, è documentata una mutazione nel CHK2, un gene che codifica una protein-chinasi che attiva direttamente la proteina p53 mediante fosforilazione (7, 8). Per l’accertamento delle rotture nel n-DNA e l’attivazione del p53 è necessaria la presenza di ATM, che codifica una chinasi che attiva sia il CHK2 che il p53 in risposta al DNA danneggiato.

Nei bambini affetti da ataxia-atelectasia esiste una mutazione con inattivazione negli alleli ATM e presentano immunodeficienza, anomalie cerebellari e predisposizione al cancro, specialmente linfoma. Queste cellule non sono capaci di attivare il p53 in risposta al danno del DNA; sono instabili nel loro genoma ed estremamente sensibili agli agenti genotossici. L’inattivazione omozigotica del gene NBS, come nella sindrome di Nijmegen, provoca analoghe conseguenze, poiché la proteina NBC interviene nella riparazione del DNA danneggiato. Recenti osservazioni dimostrano che l’NBS è attivato da ATM dopo il danno del DNA, manifestando identiche conseguenze delle mutazioni di questi due geni (10, 11).

In questa via di risposte al DNA danneggiato recita un ruolo di primo piano il gene BRCAl. Infatti, mutazioni di questo gene sono responsabili, secondo alcuni autori ma non secondo altri, di circa la metà dei casi di cancro della mammella.

Questo gene, dalla funzione non completamente chiarita, interagisce con altre proteine: è stato scoperto che sia l’ ATM che il CHK2 possono aggiungere fosfati alla proteina BRCAl quando il DNA è danneggiato (6, 11), e il fatto che il BRCAl fosforilato, ri-colocato nel nucleo, suggerisce il loro ntervento nella riparazione del DNA danneggiato. Accanto a ciò, ATM può fosforilare un co-fattore del BRCAl, CtlP, che regola la trascrizione di geni (7) e che esistono indicazioni che la proteina BRCAl  fa parte di un complesso che include il  NBS ed altre proteine implicate nella riparazione del DNA (13).

In sintesi, l’alterazione o mutazione genetica di geni che intervengono nel rilevamento del danno del n-DNA e nella sua riparazione è necessariamente implicata nell’oncogenesi.

In realtà, mutazioni dei geni BRCAl e BRCA2, per esempio, svolgono un ruolo primario nell’aumentare il  rischio di cancro del seno, di ben 20 volte, sebbene non si tratti di un evento frequente nella popolazione.  Certamente, questi eventi nel genoma hanno importanza nell’oncogenesi, anche se tuttora è dibattuta l’entità dell’aumentato rischio (14, 15)

             Accanto a ciò, alcuni autori hanno recentemente dimostrato che in individui portatori di mutazioni del gene BRCA1, il rischio generale di cancri in sedi differenti dal seno e dall’ovaio è modesto ed è osservato in donne, ma generalmente non in uomini. Le mutazioni del gene BRCA1 possono conferire un incrementato rischio di altri cancri addominali nelle donne e in particolare di un aumentato rischio di cancro pancreatico in uomini e donne (36).

 

 

Anomalie Localizzate delle Unità Microvascolo-Tessutali in individui a rischio oncologico.

 

A questo punto, continuando la discussione ed analizzando il cancro della mammella come esempio, illustrerò brevemente le anomalie congenite e localizzate dell’unità microvascolo-tessutale, cioè nella precisa sede del rischio tumorale ed ovviamente nell’area dello stesso tumore maligno, dopo aver discusso il significato biologico del caos deterministico microcircolatorio (Per ulteriori informazioni, vedere il sito http://digilander.libero.it/microangiologia).

Il caos, un concetto matematico, è stato descritto come “deterministica casualità”, indicando con questo termine che un sistema è deterministico, ma così complicato da sembrare casuale. La teoria del caos ci dice che è impossibile predire il comportamento a lungo termine di sistemi molto complessi, perchè tutte le condizioni non sono note con precisione in ogni momento e l’incertezza si accresce con il tempo (16).

E’ ben noto che l’elettrocardiogramma, per esempio, di cuori normali varia costantemente, sebbene di poco, in un modo impredicibile. Tuttavia, nel morente, gli intervalli tra i battiti (R-R) diventano praticamente identici e i segnali elettrici sono ciclici e prevedibili (17).

Noi abbiamo descritto in precedenti lavori, per la prima volta clinicamente, le oscillazioni caotico-deterministiche della milza (18), dei reni (20) e del pancreas (20), solo in parte dovute all’attività del Sistema Nervoso Autonomo.

In termini semeiotico-biofisici più precisi, le oscillazioni di organi e tessuti sono correlate con la caotica attività dei relativi microvasi, cioè a dire che la complessità del dinamismo delle prime corrisponde esattamente a quelle delle seconde. Inoltre, organi funzionanti in modo fisiologico mostrano oscillazioni, complesse, caotiche, trattenute dall’ “attrattore strano” nello spazio matematico delle fasi (Vedere avanti).

Al contrario, in un organo malato ci sono oscillazioni cicliche, periodiche, regolari, identiche, predicibili e basse, senza highest spikes (HS).

In conclusione, il letto microcircolatorio e, di conseguenza, i relativi organi, intesi come sistema dinamico, perdono la loro complessità e capacità di risposta (16). E’ un fatto interessante che la valutazione semeiotico-biofisica del grado di complessità (dimensione frattalica) è assai importante per quanto riguarda la prevenzione, la diagnosi ed il monitoraggio terapeutico.

Come riferito sopra, le fluttuazioni caotiche del rene, pancreas, fegato, milza, aorta, cuore (ovviamente indipendentemente dai movimenti sisto-diastolici), ecc., sono dovute alla loro congestione e decongestione (6 cicli al minuto), come dimostra l’evidenza clinica e sperimentale.

Infatti, le oscillazioni caotiche degli organi sono rigidamente analoghe e sincrone con le fluttuazioni dei relativi microvasi, presentando realmente un identico comportamento.

Ne consegue che ci sentiamo autorizzati ad affermare che il comportamento caotico dei locali capillari e venule provoca le modificazioni volumetriche casuali dei rispettivi organi, sopra ricordati. Pertanto, è facile ed affidabile, ad un tempo, valutare con precisione le oscillazioni di quasi tutti gli organi e tessuti mediante la valutazione delle fluttuazioni dei corrispondenti microvasi.

Detto altrimenti, accanto alla valutazione delle oscillazioni caotiche “macroscopiche” dei reni, pancreas, cuore, milza, fegato, ecc. è agevole in pratica, utile ed affidabile la valutazione delle “oscillazioni” di importanti tessuti, organi e ghiandole, come il midollo osseo, prostata, polmoni, colecisti, vescica urinaria, stomaco-duodeno, ecc. (18, 20, 21), valutando la vasomotility e la vasomotion dei relativi sistemi microcircolatori.

Per quanto concerne il midollo osseo e la mammella, per esempio, la pressione digitale “lieve-moderata”, applicata sopra la linea mediale dello sterno (e/o delle creste iliache) e della mammella, rispettivamente, provoca nell’individuo sano i riflessi coledocici “arteriolari”, “venulari” e il riflesso ureterale superiore (= piccole arterie ed arteriole, sec. Hammersen) ed inferiore (= capillari nutrzionali), che fluttuano in modo caotico, come detto sopra.

Inoltre, è interessante che i valori semeiotico-biofisici di ossigenazione del midollo e della mammella ed i livelli di CoQlO (34) sono in perfetta relazione con la dimensione frattalica delle fluttuazioni caotiche del coledoco e dell’uretere.

A questo punto, appare degno di rilievo riferire che, durante processi morbosi acuti, di natura flogistica, le oscillazioni locali periodiche (riflesso coledocico e ureterale inferiore) mostrano la massima intensità, sono quasi tutte uguali a quelle delle highest spikes (HS), rivelando chiaramente la vera natura biologica della complessità di queste oscillazioni, cioè la capacità adattativa e l’abilità a rispondere ad eventuali richieste.

Infatti, nel corso di processi flogistici, l’edema interstiziale provoca aumento sia della vasomotility che della vasomotion, come dimostra l’evidenza sperimentale (= pressione digitale ostruttiva dei linfatici superficiali) (22). In altre parole, la teoria del caos ha stimolato alcuni importanti sviluppi tecnologici nel senso che noi possiamo analizzare ed interpretare dati medici, e non, stratificati nel tempo (23).

Per quanto concerne gli “attrattori strani” dei sistemi dinamici biologici, ricordati sopra, un concetto chiave è la “dimensione frattalica”, assai differente da quella topologica, come dimostra la generazione della curva di Koch (24), che, come implica il nome, è stata sviluppata per i frattali, ma la cui pratica applicazione ha messo in evidenza che essa è un prodotto collaterale di tentativo di dimostrazione che alcuni sistemi hanno attrattori strani, caotici, frattalici, quando si analizzano nel tempo i dati della loro evoluazione (23)

Quando i dati delle onde cerebrali, per esempio, nei ratti, sono “ri-costruiti”, l’attrattore del ratto sano si calcola abbia una “dimensione” di circa 5,9, mentre quella dello stesso animale nel corso di un episodio epilettico possiede una dimensione di soli  2,5. (25).

Questo suggerisce che la “dimensione frattalica” è correlata con la flessibilità e l’adattabilità dell’organismo: il valore alto implica un sistema caotico con risposta ben sviluppata e flessibile agli stimuli, mentre il valore basso, associato con l’episodio epilettico, nell’esempio precedente,  può essere considerato come la dimostrazione della soppressione, o malfunzionamento, di un numero di elementi chiave della fisiologia del ratto.

Un argomento del tutto simile può essere applicato ai dati semeiotico-biofisici, per quanto riguarda, ad esempio, le oscillazioni pancreatiche in caso di sindrome di Reaven, classica o “variante”, in evoluzione diabetica(24) così come nel diabete mellito (25).

Deve essere anche ricordato che la dimansione frattalica (fD) e la complessità del sistema  sono direttamente correlate.

Da quanto precede, appare chiaro che c’è caos nel sistema microvascolare (V. il sito http://digilander.libero.it/microangiologia).  

Infatti, l’intensità dei riflessi coledocico ed ureterale superiore ed inferiore è veramente differente nel sano, per quanto riguarda l’oscillazione dei riflessi, variando da 0,5 cm. a 1,5 cm., dal punto di vista semeiotico biofisico, cosicchè il rapporto tra fluttuazioni massime e minime è 3/1. Le oscillazioni diventano meno caotiche quando un organo sta evolvendo verso una condizione patologica ed infine tutte le oscillazioni sono identiche e regolari negli organi malati: la fD diminuisce da  3,81 a 1.

In modo analogo, noi osserviamo il caos deterministico nella durata dei singoli cicli; la lunghezza media dei singoli periodi is 10,5 sec., oscillando tra 9 e 12 sec. Negli organi in situazione di iperfunzione, per esempio, in caso di influenza nel midollo osseo, l’intensità delle oscillazioni è quella delle HS e la durata del ciclo è limitata a 9-11 sec. D’altra parte, negli organi colpiti da patologia la durata è fissa a 10 sec. e l’intensità è 0,5 cm.

L’evidenza clinica corrobora la teoria semeiotico-biofisica dell’esistenza del caos nei microvasi, perchè esiste una perfetta concordanza tra caos e parametri semeiotico-biofisici. I nostri dati semeiotico-biofisici, infatti, corroborano quelli di altri autori (27, 28), a proposito della casuale, caotica attività nella vasomozione, a causa del notevole numero di differenti in-puts nelle cellule muscolari lisce. Negli organi sofferenti è possibile che numerosi in-puts diminuiscano e/o scompaiono e che un meccanismo diventi dominante. Ne consegue che il tessuto presenta una vasomozione ritmica (25, 29), come dimostrato nei tacogrammi (V. avanti).

In caso di edema “patologico”, numerosi stimoli, che provocano la caotica, casuale vasomozione, verosimilmente sono eliminati, causando una “regolare” vasomozione (25, 29), come noi abbiamo osservato in una lunga e sicura esperienza.

Al contrario, nell’edema iatrogenetico, per esempio durante ostruzione digitale dei vasi linfatici o venosi di un arto, dopo 2 sec. aumenta la vasomotility, mostrando esclusivamente HS, e successivamente la vasomotion diventa molto intensa nei tessuti correlati.

Dai dati appena riferiti risulta chiaro che la vasomotion dipende dalla vasomotility e che i due fenomeni sono realmente di natura differente (22, 30).

A causa dell’abbondanza di in-puts, le piccole arterie e le arteriole si contraggono e si dilatano in modo autonomo (6 cicli al minuto, dal punto di vista semeiotico-biofisico), come dimostrano i riflessi sopra riferiti, per la presenza di numerosi pace-makers arteriolari. Questa vasomotilità arteriolare, basata sulla sfigmicità, è finalizzata a mantenere una fisiologica vasomozione e, di conseguenza, la flow-motion normale, cosicchè il rifornimento tessutale di O2 e metaboliti si mantiene regolare nelle differenti condizioni. Pertanto, il tono vascolare e la vasomotility del sano sono in perfetta relazione con le richieste tessutali.

In altre parole,  in un organo o tessuto l’attività arteriolare e i diametri dei relativi vasi sono generalmente correlati, entro certi limiti. In condizioni fsiologiche, l’aumento del tono arteriolare provoca aumento della pressione arteriosa. In simili casi, a causa della secondaria ipossia, la pressione arteriosa dovrebbe aumentare ulteriorment (30).

 Al contrario, l’incrementata vasomotility, indotta dal tono aumentato, permette il mantenimento della regolare flow-motion e del rifornimento di materia-informazione-energia al tessuto, nonostante l’incremento della pressione e dell’ematocrito, evitando un circolo vizioso.

Dal punto di vista fisiologico, la vasomotility e vasomotion provvedono ai seguenti eventi:

 

1) l’efficace ed economica distribuzione ematica;

2) la riduzione della resistenza arteriolare periferica;

3) in determinate circostanze, l’assorbimento del liquido interstiziale (28, 31).

 

E’ interessante che la Semeiotica Biofisica consente al medico di osservare evidenze cliniche e sperimentali, che chiariscono la relazione tra vasomotility e  vasomotion: la pressione digitale sopra l’arteria radiale induce, a valle, in successione la dilatazione arteriolare con aumento della vasomotility ® incremento della vasomotion ® chiusura (disattivazione) delle AVA, funzionalmente intese, in modo che il rifornimento tessutale di O2 e dei vari metaboliti  rimane nei valori normali, fino ad un certo grado di pressione digitale.

Si comprende anche perchè nell’ipertensione essenziale, per esempio, la terapia impiegata risulta veramente efficace soltanto nel caso che la dimensione frattalica dei vasi di resistenza ritorni entro i valori fisiologici, accanto auspicabilmente alla normalizzazione dei valori pressori.

Da quanto sopra riferito, in caso di ipertensione arteriosa essenziale, i farmaci impiegati risultano realmente efficaci solo se la dimensione frattalica dei microvasi di resistenza si normalizza, accanto alla normalizzazione della pressione arteriosa.

A questo punto, illustro un interessante aspetto della vasomozione, che permette al lettore di comprendere il ruolo primario svolto dalle anomalie microcircolatorie nell’oncogenesi.

 

 

Analisi morfologica semeiotico-biofisica della vasomozione sia in fisiologia che in patologia.

 

Dal punto di vista pratico, è sufficiente ed affidabile valutare i periodi e le intensità delle oscillazioni del riflesso ureterale inferiore (= vasomotion), come decritto sopra, per esempio, durante pressione digitale di “media” intensità, applicata sopra il terzo medio del muscolo bicipite, comprimendolo tra il pollice e le altre dita, con l’individuo da esaminare supino e psico-fisicamente rilassato. La pressione sopra il muscolo consente al medico di esaminare la dinamica dei microvasi di resistenza e la flow-motion nei capillari. Tuttavia, l’originale analisi morfologica della vasomotion, cioè la precisa valutazione delle oscillazioni del riflesso ureterale inferiore, rivela, in modo interessante, le condizioni attuali delle relative unità microvascolotessutali in qualsiasi tessuto, secondo un modello sinergetico.

Per attuare questa analisi è indispensabile trasferire sopra un sistema di assi cartesiani l’intensità (ordinata, in cm.) e la durata (ascissa, in sec.) di tre successive fluttuazioni del riflesso ureterale inferiore, osservato, per esempio, nella situazione accennata sopra, durante stimolazione delle unità microvascolotessutali del muscolo bicipite.

Nel sano, noi osserviamo un caratteristico diagramma (Fig. 1).

 

 

Fig. 1

La spiegazione è nel testo.

 

 

Appare oltemodo interessante che in 3 sec. (linea ascendente: AL), viene raggiunta la massima intensità (NN = 0,5-1,5 sec.); la linea di “plateau” (PL) fisiologicamente ha una durata di 3 sec., quindi, la linea ritorna al valore basale (DL), cioè raggiunge l’ascissa, dove persiste per 2-5 sec., variando i periodi da 9 a 12 sec. in condizioni fisiologiche.

Al contrario, nelle situazioni patologiche, per esempio, nell’ipertensione arteriosa, il diagramma risulta modificato in modo interessante (Fig. 2): AL e DL sono normali, 3 sec. e 1 sec. rispettivamente; l’intensità è circa 0,5 cm. ed è predicibile; le fisiologiche onde massimali di 1,5 cm.,  o HS, sono assenti.

 

  Fig.2

Il diagramma superiore si riferisce alle fluttuazioni dei microvasi muscolari (m. bicipite) di un soggetto sano, mentre il diagramma inferiore è osservato nell’iperteso

 

 

Infine, in un tessuto in stato di iperfunzione, per esempio, il midollo osseo durante una malattia infettiva di qualsiasi natura, la pressione digitale, esercitata sopra la linea mediale del corpo sternale, causa oscillazioni del riflesso ureterale inferiore, caratterizzate da PL di 5 o più sec., intensità massima e periodi praticamente uguali tra loro (Fig. 3).

 

  Fig. 3

Fluttuazioni microvasali di un tessuto iperfunzionante (midollo osseo).

 

 

L’intensità e la durata delle PL delle singole oscillazioni sono direttamente correlate: maggiore è l’intensità e più prolungata risulta la durata di PL e, di conseguenza, più efficace è la flow-motion dei relativi capillari nutrizionali.

Questa evidenza clinica dimostra la coerenza interna della Semeiotica Biofisica.

Inoltre, se si sovrappongono i vari parametri di tre successive oscillazioni del riflesso ureterale inferiore, in accordo con la durata dei diversi periodi, noi siamo in grado di realizzare delle figure molto interessanti. Nel sano, l’area ottenuta mostra una “strana” forma, simile all’ “attrattore strano” (Fig. 4): dimensione frattalica (fD) > 3 < 4 (22), che corrisponde allo spazio occupato dalla struttura frattalica.

 

  Fig. 4

Attrattore strano: soggetto sano.

 

  Fig. 5

Attrattore a punto fisso: paziente iperteso.

 

 

  Fig. 6

Attrattore a ciclo limite: midollo osseo iperfunzionante.

 

 

Infine, l’area, corrispondente ad unità microvascolotessutali iperfunzionanti, risulta la più ampia a causa esclusivamente del suo ampio perimetro euclideo; la sua forma, tuttavia, somiglia chiaramente ad un circolo deformato, che corrisponde all’ “attrattore a ciclo limite” (Fig. 6) (32, 33).

Da quanto sopra riferito brevemente, risulta che l’analisi morfologica della vasomozione,  attuata con la Semeiotica Biofisica, sia in fisiologia che in patologia, rapresenta un originale, affidabile ed utile strumento da impiegare nella clinica e nella ricerca, come ci consente di affermare una ormai lunga e sicura esperienza.

 

Noi possiamo adesso ritornare al nostro argomento iniziale affermando che, nella precisa zona del rischio reale di cancro della mammella, la pressione digitale “lieve” causa il riflesso ureterale superiore (= vasomotility) ed inferiore (= vasomotion), che mostrano le caratteristiche dell’attivazione dissociata di tipo II: a riposo,  le oscillazioni del  riflesso ureterale superiore durano 7-8 sec. (NN = 6 sec.), in relazione alla gravità del sottostante rischio, mentre il riflesso ureterale inferiore fluttua per la durata di 6 sec., cioè in modo normale (fasi iniziali o di lieve rischio), o inferiore alla norma, nei casi particolarmente gravi, nonostante l’aumentata vasomotility (Fig. 7).

Ne consegue che il medico può riconoscere la sede precisa e “quantizzare” il reale rischio del cancro del seno, ed ovviamente di altri tumori maligni, grazie alla modificata attività microcircolatoria locale, che risulta chiaramente più alterata durante l’esecuzione di stress test o prove dinamiche, come il test del pugile, il test dell’apnea, la manovra di Restano, il test del picco acuto della secrezione insulinica, precondizionamento, ecc. (V. Glossario nel sito).

 

 

Fig. 7

In forma geometrica sono raffigurate le caratteristiche oscillazioni del riflesso ureterale superiore (vasomotility) ed inferiore (vasomotion) provocate dalla “lieve” stimolazione dei trigger-points, correlati con precisione all’esatta sede tessutale a rischio di tumore, dove è presente, appunto, l’ attivazione microcircolatoria dissociata, tipo II. E’ possibile, quindi, osservare la patologica attivazione microcircolatoria e quantizzarla, generalmente  in individui apparentemente sani, ma in realtà portatori di terreno oncologico e di reale rischio di cancro, di diversa gravità, in qualsiasi sistema biologico.

 

 

Bibliografia.

 

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Ultimo aggiornamento: 26 Dicembre 2002