L'attacco a "Pearl Harbor"

La flotta nipponica ha lasciato segretamente la baia di Hikotappu a lturup, nelle Curili meridionali, il 26 novembre 1941, dirigendo verso le Hawaii lungo una rotta settentrionale deserta e battuta dalle tempeste. Per maggiore precauzione, viene mantenuto il totale silenzio radio.
L’ordine di passare all’azione raggiunge le unità il 2 dicembre: “Niitaka Yama Ni Nabore” (Scalate il monte Niitaka), ed è accolto con dimostrazioni di entusiasmo da parte degli equipaggi. All’alba del 7 dicembre, dopo aver avuto notizia attraverso messaggi di agenti segreti inviati tempestivamente alle Hawaii che tutto è normale nella grande base americana(e anche che nel porto di Pearl Harbor non è presente nessuna portaerei), la flotta prende posizione 250 miglia a nord degli obiettivi prefissati: il porto e gli aeroporti delle Hawaii. La comanda il viceammiraglio Chuiki Nagumo e la compongono: le portaerei Akagi, Kaga, Shokaku, Zuikaku, Hiryu, Soryu(con 392 aerei), le corazzate Hijei e Kirishima, i due incrociatori pesanti Tone e Chikuma e l’incrociatore leggero Abukuma, 9 cacciatorpediniere (Tanikaze, Urakaze, Jsokaze,Hamakaze, Kasumi, Arare, Kagero, Shiranuhi, Akigumo), 3 sommergibili da crociera e 28 da esplorazione (alcuni dei quali hanno a bordo sommergibili tascabili),8 fra navi-appoggio e petroliere. Alle ore 6: gli aerei della prima ondata d’assalto, formata da 183 apparecchi, incominciano a decollare dalle portaerei. Sono 49 bombardieri in quota, 51 bombardieri in picchiata, 40 aerosiluranti, protetti da 43 caccia Zero (tra i più brillanti aerei della lI guerra mondiale).
Gli americani sono stati posti in stato d’allarme dai primi giorni del mese, ma non paventano tanto un attacco esterno, quanto sabotaggi o un’eventuale sollevazione da parte dei 158.000 giapponesi residenti alle Hawaii. L’attacco li coglie completamente di sorpresa. Le due portaerei di base a Pearl Harbor, la Lexington e l’Enterprise, scortate da 3 incrociatori pesanti e da 9 cacciatorpediniere, sono casualmente in mare,la prima a Midway, la seconda diretta all’isola di Wake. Alle ore 7,48: il cap. di fregata Mitsuo Fuchida, che è al comando della prima ondata, comunica per radio il segnale: “To, To, To”, termine giapponese che significa “Lotta”. Poco dopo comunica: “Tora! Tora! Tora!” (Tigre, tigre, tigre) per informare la squadra al largo che la sorpresa sta per riuscire. A Pearl Harbor sono all’ancora 96 unità americane.
Ore 7,55: l’intera base idrovolanti è sconvolta dalle bombe sganciate da un bombardiere in picchiata. La prima nave colpita, subito dopo, è il cacciatorpediniere Monaghan. Alle 8,00,fulminei, gli aerosiluranti colpiscono gravemente la corazzata-bersaglio Utah, le corazzate Arizona e Nevada. Il campo d’aviazione di Hickham è distrutto e tutti gli aerei che vi si trovavano, schierati in bell’ordine ai lati della pista, ardono in un grande falò. Due minuti dopo la stessa sorte tocca alla base aerea dell’esercito di Wheeler Field, e quindi alla base aerea di Ewa con 33 dei 49 aerei che vi si trovavano. Alle ore 8,40,decollata alle 7,I5 dalle portaerei, arriva sulle Hawaii la seconda ondata, formata da 134 bombardieri scortati da 36 caccia Zero. Ore 8,54: gli aerei vanno all’attacco. Questa volta la contraerea americana non è sorpresa e il suo fuoco coordinato infligge perdite agli assalitori, ma non riesce a impedire che portino a compimento la loro missione. Ore 9,06: viene attaccato il bacino ove si trova la ù nave ammiraglia, la corazzata Pennsylvania, nonché i cacciatorpediniere Gassin e Downes. Gigantesche esplosioni squassano le tre unità. Colpito anche il cacciatorpediniere Shaw che si trova in bacino di carenaggio.Depositi di nafta e di munizioni esplodono e ardono da ogni parte.
Alle 9,45 gli aerei della seconda ondata fanno ritorno alle navi. La squadra, rinunciando alla ricerca delle due portaerei nemiche, riprende la via del ritorno alle 13,30. Inutilmente il cap. di fregata Fuchida insiste perché i suoi aerei possano perlustrare il mare in direzione sud-ovest per localizzare le portaerei e la loro scorta. L’amm. Nagumo non vuole correre il rischio di perdere l’appuntamento con le petroliere per il rifornimento, e queste si trovano sulla rotta settentrionale. Probabilmente potrebbe realizzare in pieno la missione assegnatagli, ossia l’annientamento della flotta americana del Pacifico. Ma si ritiene pago dei vistosi risultati raggiunti. La squadra nipponica rientrerà in patria senza essere minimamente molestata, e getterà le ancore il 23 dicembre nella rada di Hashirajima. Alle 14,26 vengono diffuse in America le prime notizie dell’attacco.Il bilancio è pesantissìmo: affondate le corazzate Arizona e Oklahoma, la corazzata-bersaglio Utah, il posamine Oglala. Gravissimamente danneggiate, e non affondate solo perché i fondali erano troppo bassi, le corazzate California, West Virginia e Nevada. Occorrerà molto tempo prima che possano essere rimesse a galla e riparate. Gravemente danneggiate le corazzate Tennessee, Maryland e Pennsylvunia, gli incrociatori Helena, Raleigh, Honolulu, i cacciatorpediniere Cassin, Downes e Shaw e le navi ausiliarie Vestai e Curtiss. 188 gli aerei distrutti o danneggiati al suolo. Perdite giapponesi: 29 aerei abbattuti o precipitati in mare durante la manovra di appontaggio sulle portaerei, 5 sommergibili tascabili affondati, 64 fra morti e dispersi,1 prigioniero. Il 7 dicembre è subito definito in America "il giorno dell’infamia” a causa del carattere proditorio delI attacco giapponese. In realtà, il governo nipponico aveva inviato ai suoi rappresentanti a Washington la dichiarazione di guerra, che avrebbe dovuto essere consegnata appena in tempo perché il Giappone,pur sfruttando ugualmente il fattore sorpresa, non potesse formalmente essere accusato di aver violato il primo articolo della Convenzione dell’Aja del 1907. Ma un ritardo nella trascrizione del messaggio ha fatto si che questo venisse consegnato quando l’operazione era già in corso.


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