Il caso Della Maggiora

Nella storia dell’antifascismo e del movimento operaio Michele Della Maggiora occupa un posto di rilievo per essere stato il primo condannato a morte del Tribunale speciale fascista.
Della Maggiora era un povero bracciante comunista di Ponte Buggianese,piccolo centro agricolo fra Pistoia e Lucca,che la miseria e le persecuzioni dei fascisti avevano costretto all’esilio. Affetto da una grave tubercolosi polmonare contratta in guerra, era rimpatriato alla fine del 1927 perché bisognoso di cure. Al ritorno in paese, i suoi avversari politici lo accolsero con nuove persecuzioni e si accanirono particolarmente su di lui quando, a metà maggio del 1928, fu dimesso dall’ospedale di Pescia dopo oltre cinque mesi di degenza.
Le ripetute vessazioni dei fascisti, che oltre a sottoporlo a minacce e provocazioni gli rifiutavano gli aiuti materiali di cui aveva bisogno per vivere, lo portarono ben presto all’esasperazione.
Il 15 maggio esplose la tragedia. Trascinato da un moto di disperata violenza vendicatrice Della Maggiora uccise due fascisti ,il sarto Gino Moschini e il barrocciaio Giovanni Buonamici ,verso i quali tuttavia non nutriva particolari motivi di risentimento. Un gesto di sconsiderata rivolta compiuto per rompere il cerchio oppressivo che aveva circondato il povero emarginato.
Questa tragica vicenda di paese, maturata nel clima di odio e di guerra civile instaurati dal nuovo « ordine »fascista, fu trasformata, mediante una vera operazione di regime, in un caso di rilievo nazionale, al fine di conseguire precise finalità di ordine politico.
Il delitto di Ponte Buggianese venne infatti utilizzato per dare un primo esempio della pena di morte introdotta con le "leggi eccezionali" del novembre 1926, e aumentare così la carica intimidatoria e terroristica dell’apparato repressivo fascista che ancora nel 1928 doveva far fronte ad una tenace attività di opposizione e di lotta.
Sottratto al giudizio del tribunale ordinario, Della Maggiora fu inviato davanti al Tribunale speciale sotto l’incredibile imputazione di « strage per attentare alla sicurezza dello Stato ».
Il processo si svolse a Lucca dal 13 al 17ottobre 1928 e si concluse con la prevista sentenza di morte che venne eseguita il giorno successivo a Ponte Buggianese.
Con lo stesso verdetto fu condannato a 18 anni di reclusione un compagno di Della Maggiora, Bruno Spadoni, accusato di aver fornito l’arma del delitto.
Della Maggiora aveva appena trent ‘anni. Affrontò il processo e il plotone di esecuzione con grande coraggio, manifestando fino all’ultimo un profondo disprezzo per il fascismo. Il suo nome divenne subito il simbolo di un martire, additato come esempio per la lotta antifascista. La condanna a morte fu un crimine di regime perché il reato di « strage » era del tutto insussistente. Lo stesso procuratore del Tribunale speciale si era rifiutato di istruire il procedimento di accusa contro Della Maggiora con una così assurda imputazione.


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