Sud side stori

Mooladé

   

 

ACQUE SILENZIOSE


Regia: Sabiha Sumar; nazionalità: Pakistan, Francia, Germania; 2003; genere: drammatico

Nel 1979, sotto il governo del generale Zia-ul-Haq, il Pakistan si avvia a diventare uno stato islamico.
In un piccolo villaggio del Punjab, la quarantenne Aisha ha deciso, dopo la morte del marito, di dedicare la vita all'educazione del figlio Salim, 18 anni, innamorato della bella Zoubia.
Ma l'avvento della legge islamica sconvolge la vita della donna.
Salim, infatti, poco alla volta trascura sempre più i suoi sentimenti per far parte di un gruppo di attivisti islamici.
Inoltre, l'arrivo in paese di alcuni pellegrini indiani risveglierà in Aisha ricordi strazianti del suo passato.

 

P A R A D I S E  N O W
Regia di HANY ABU-ASSAD

Film vincitore del Premio Amnesty al 55° Festival di Berlino

“Una piccola storia che parla di un grande conflitto. Un racconto che ha una morale ma non pretende di fare la morale. Commovente, ma non sentimentale. Un film che ti costringe a confrontarti con la realtà e che ti ricorda che ogni persona può fare la differenza” (Nina Hoss, attrice, portavoce del Premio Amnesty al Festival di Berlino).

Paradise now denuncia le cause di cui può nutrirsi una violenza inumana. Lo spettatore prova una sensazione di rifiuto per le circostanze che producono questa violenza ma, al tempo stesso, di sollievo nello scoprire che, dopo tutto e nonostante tutto, gli esseri umani non sono necessariamente obbligati a scendere ancora più in basso nella spirale del terrore.

Attraverso il patrocinio a opere cinematografiche di qualità, Amnesty International intende promuovere la sensibilità e la consapevolezza dell’opinione pubblica sull’importanza del rispetto di diritti umani e stimolare il mondo del cinema a dedicare ulteriori energie a questi temi.
 

 

FILM:  "VOLEVO SOLO VIVERE" DI MIMMO CALOPRESTI
Giovanna Boursier  dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2006.


Giovanna Boursier è una studiosa che ha dedicato particolare attenzione
ed importanti ricerche alla storia e alla cultura dei rom, ed allo sterminio nazista.


Mimmo Calopresti (Polistena, 1955), regista cinematografico italiano di forte impegno civile.
Tra le opere di Mimmo Calopresti: La seconda volta
(1995); La parola amore esiste (1998); Preferisco il rumore del mare (2000)
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Trieste, settembre 1938: un'immensa folla gaudente radunata in piazza non solo ad ascoltare le farneticazioni razziali di Mussolini ma, soprattutto, ad applaudirle. "L'ebraismo mondiale - urla il duce - è un nemico irriconciliabile" con tutte le conseguenze che queste parole comportarono per gli ebrei del nostro paese, le leggi razziali e l'internamento in Italia, prima, la deportazione nei lager, poi.

Bene ha fatto, quindi, Mimmo Calopresti a cominciare con queste immagini rimosse dalla nostra storia (insieme a gran parte delle nostre responsabilita') il film-documentario "Volevo solo vivere" coprodotto da Steven Spielberg, Gage' Produzioni, Wildside Media e Rai Cinema e distribuito, da ieri, nelle sale. E' un film  basato su documenti, soprattutto su alcune tra le centinaia di videotestimonianze raccolte in Italia da Spielberg, con la sua Shoah Foundation, allo scopo di videoregistrare la storia dei sopravvissuti alla Shoah e trasformarla in memoria inequivocabile, mentre i testimoni diretti stanno scomparendo. Volti e voci che Calopresti ha montato magistralmente, con Massimo Fiocchi.

Dopo il duce a Trieste, si passa subito ai ricordi: "Questa sono io da piccola, con la mia famiglia, tutti deportati e morti ad Auschwitz", dice una delle testimoni su una delle foto antiche che compaiono varie volte davanti alla telecamera, ricordo di una vita tranquilla che stentava a capire cosa stava accadendo.
Poi altri racconti: dal 25 luglio al 16 ottobre 1943, il rastrellamento del ghetto di Roma, fino alla precisa e tragica follia della deportazione nazifascista che il film riesce a restituirci trasformando la descrizione in coinvolgimento, fino a fare entrare lo spettatore dentro Auschwitz. Calopresti lascia parlare uomini e donne: da Luciana Nissim, diventata psicanalista dopo la guerra e forse anche per
questo capace di raccontare la verita' del suo viaggio di giovane innamorata che non sapeva la destinazione di quel convoglio, ma che inorridisce subito tra le urla dell'arrivo, alla perentorieta' di Giuliana Tedeschi che guarda i prigionieri all'ingresso e dice :"Non voglio ridurmi così", alla semplicita' di Settimia Spizzichino, vittima degli esperimenti medici che la ridussero cosi' piena di piaghe da farla fuggire dallo specchio perche' "non mi riconoscevo più". Poi Nedo Fiano, Andra Bucci, deportata a 4 anni e ancora oggi annichilita dalla morte del cugino nelle camere a gas, Arminio Wachsberger, interprete di Mengele. Sono storie di vittime che si addossano persino colpe : "Forse sono stata cattiva?" dice Esterina Di Veroli che accettò un po' di pane "dai più anziani che avevano meno fame" .Sono racconti faticosi e strazianti, come quello di Shlomo Venezia che aveva il compito di portare i cadaveri dalle camere a gas ai forni e che ricorda la volta in cui vide suo cugino avviarsi alla morte e gli porto' ancora qualcosa da mangiare: "Lui sapeva - dice - ma sulla porta mi sorrise".
Cosi' ad ogni voce se ne aggiunge un'altra fino a comporre, lentamente e inesorabilmente, solo l'orrore. Che resta, nonostante la liberazione, quando Liliana Segre si ritrova vicino al comandante del campo che per cambiarsi appoggia la pistola per terra e lei pensa di prenderla e sparargli. 
Poi, aggiunge, "Non l'ho fatto, era la differenza tra me e lui e solo allora sono stata davvero una persona libera".
 In tempi di revisionismi e riabilitazioni, non è una piccola differenza.