Letture della domenica e commenti
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23 Novembre 2008

34° Domenica del T.O.

Nostro Signore Gesù Cristo

Re dell'Universo

Anno A - 2° sett. Salterio

 

 

Tu dai a Cristo quando dai al povero; o temi forse che un custode così qualificato perda qualcosa o un ricco così grande non restituisca?

 

S. Agostino  (Discorso 113/B, 4)

 

PERCORSO ESEGETICO

 

La manifestazione finale del Regno di Dio avverrà
quando il Signore Gesù si sederà sul trono della sua misericordia.
Di questo infatti si gloria il Figlio: di rivelare al mondo l'amore del Padre.

Dal vangelo secondo Luca, cap. 1, 26-38

Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe. (vv. 32-33a)

Dagli Atti degli Apostoli, cap. 2, 22-36

[Davide] poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò. (vv. 30-31a)

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi, cap. 15, 20-28

Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. (vv. 24-25)

Dalla lettera di S. Paolo apostolo agli Efesini, cap. 2

Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. (vv. 4-7)

Dalla lettera di S. Paolo apostolo a Tito, cap. 2, 11-3, 6

Nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. (v. 13)

Dalla lettera agli Ebrei, cap. 4, 14-16

Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia. (v. 16a)

(...)

 


 

Tutte le genti compariranno davanti al giudizio del Cristo
per essere salvate dal suo perdono,
perché Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia.
In tal modo nessun uomo può vantarsi della propria salvezza
ed è chiamato a rendere gloria a Dio per l'opera che egli ha compiuto.

Dal vangelo secondo Giovanni, cap. 3, 1-21

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. (v. 17)

Dal vangelo secondo Giovanni, cap. 8, 1-11

Allora gli scribi e i farisei gli [a Gesù] conducono una donna sorpresa in adulterio. (v. 3a)

Dal vangelo secondo Matteo, cap. 18, 21-39

Il Regno dei cieli è simile ad un re che volle fare i conti con i suoi servi … Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto… Impietosito del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. (vv. 23. 25. 27)

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani, cap. 11, 25-36

Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia. (v. 32)

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi, cap. 1, 8-31

Cristo Gesù ... per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore. (vv. 30b-31)

Dalla seconda lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi, cap. 5, 1-10

Tutti ... dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. (v. 10a)

(...)

 

Il giudizio di Dio è efficace:
penetra i cuori e distingue i miti dai violenti,
per porre alla sua destra coloro che con docilità lo hanno seguito
nell'insegnamento evangelico.

Dal vangelo secondo Giovanni, cap. 5, 19-30

In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. (v. 24)

Dal vangelo secondo Giovanni, cap. 10

Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. (vv. 27-28)

Dal vangelo secondo Giovanni, cap. 12, 44-50

Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. (v. 48)

Dalla seconda lettera di S. Paolo apostolo ai Tessalonicesi, cap. 2, 1-12

Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta. (vv. 7-8)

Dalla lettera agli Ebrei, cap. 4, 12-13

Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. (v. 12)

Dal libro della Sapienza, cap. 3, 1-12

Dio  li ha provati  e li ha trovati degni di sé. ... Nel giorno  del loro giudizio   risplenderanno; come scin-

tille nella stoppia, correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. (vv. 5b. 7-8)

(...)

 

 

COMMENTI DELLA TRADIZIONE PATRISTICA

 

   S. GIOVANNI CRISOSTOMO
 

 

Quando verrà il Figlio dell'uomo nella gloria del Padre suo e tutti i santi angeli con lui, allora si assiderà sul trono della sua gloria; e separerà le pecore dai capri; e accoglierà gli uni, perché avendo fame gli diedero da mangiare, avendo sete gli diedero da bere, essendo pellegrino l'ospitarono; nudo, lo rivestirono; infermo, lo visitarono; carcerato, andarono a trovarlo: ad essi darà il regno. Agli altri invece rinfaccerà il contrario e li manderà nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.

Ascoltiamo con fervorosa attenzione e con tutta compunzione queste soavissime parole, che noi non tralasciamo di meditare costantemente e con le quali si conclude giustamente il discorso di Cristo. Grande infatti è la stima che Gesù ha della misericordia e della carità. Per questo anche precedentemente aveva parlato in varie maniere di tale virtù; ma ora lo fa con una precisione e con una forza ancora maggiore, presentandoci non solo due o tre o cinque persone, ma tutti gli uomini. ...

Ora si rivela apertamente dicendo: Quando il Figlio dell'uomo verrà nella gloria... . Ora egli è venuto nel disonore, tra gli insulti, nell'ignominia; allora si assiderà sul trono della sua gloria. Dal momento che la croce è ormai vicina e la croce è il più ignominioso supplizio, ecco che egli cerca di sollevare lo spirito dei suoi ascoltatori e mette dinanzi ai loro occhi il giudizio, presenti tutti gli uomini. ...

E si raduneranno tutte le genti, cioè tutto il genere umano; e separerà gli uni dagli altri, come il pastore le pecore. Ora gli uomini non sono separati, ma vivono tutti mescolati; allora invece sarà fatta la separazione con estrema accuratezza. E subito li distingue e indica chiaramente chi essi sono, assegnando loro un luogo diverso; poi, con i nomi di cui si serve, mostra la caratteristica di ciascun gruppo, chiamando gli uni capri, gli altri pecore, per sottolineare la sterilità dei primi - nessun utile proviene dai capri - e la grande fecondità degli altri - molti, infatti, sono i prodotti delle pecore: lana, latte, agnelli, di cui invece il capro è assolutamente privo. Ma, mentre negli animali dipende dalla natura il fatto di essere fecondi o no, negli uomini dipende dalla loro libera volontà: ecco perché Dio punisce questi e premia quelli.

Tuttavia il Signore non li castiga prima di averli apertamente accusati; perciò, dopo averli collocati alla sua sinistra, elenca i capi d'accusa. Essi a loro volta replicano umilmente, ma tale atteggiamento ormai non giova più a nulla. Ed è giusto, perché essi hanno sempre trascurato ciò che Dio gradisce sopra ogni altra cosa. Anche i profeti hanno sempre e dovunque dichiarato: Voglio misericordia e non sacrificio (Os 6, 6). E lo stesso legislatore con ogni mezzo, sia con parole sia a fatti, ha cercato di indurli ad esercitare la misericordia.

Del resto, la natura stessa insegna agli uomini questa virtù. Notate, inoltre, che questi accusati non sono venuti meno alla misericordia una o due volte, ma ne hanno trascurato tutte le opere. Non soltanto non gli hanno dato da mangiare quand'era affamato e non l'hanno rivestito quando era nudo, ma non hanno fatto neppure una cosa tanto facile come visitare un malato. Considerate quanto lievi e semplici sono le cose che il Signore comanda. Non dice: Io ero in prigione e non mi avete liberato; io ero malato e non mi avete guarito; ma dice: non mi visitaste e: non veniste a trovarmi. E neppure nel caso dell'affamato dà un comando difficile da eseguire; non pretende infatti che si prepari una lauta mensa, ma solo il cibo strettamente necessario e lo chiede come uno che cerca soccorso. Tutte queste circostanze reclamano, quindi, la condanna: la facilità con cui si sarebbe potuto dare ciò che veniva richiesto, trattandosi semplicemente di un po' di pane; il miserabile stato di chi chiedeva - era, infatti, un mendicante; - la stessa compassione naturale, dato che costui era un uomo; la grandezza della ricompensa promessa - il Signore aveva infatti promesso il regno; - il terrore del supplizio - era stato minacciato l'inferno; - la dignità di colui che riceveva, poiché era Dio che riceveva attraverso i poveri; l'eccellenza dell'onore, in quanto il Signore s'era degnato di scendere a tanto; la giustizia di quell'atto di misericordia, perché egli riceveva ciò che in realtà era suo. Ma l'avarizia rende cieche le sue vittime impedendo loro di vedere tutti questi gravi motivi, nonostante la grave minaccia incombente. ...

Dichiara: Qualunque cosa non avete fatta ad uno di questi più piccoli miei fratelli non l'avete fatta neppure a me. Che dici mai, o Signore? Sono tuoi fratelli e li chiami piccoli? Ma proprio per questo sono miei fratelli, perché sono umili, poveri, respinti. Questi, in special modo, il Signore chiama alla sua fraternità: gli sconosciuti, i disprezzati, intendendo come tali non solo i monaci e coloro che abitano sui monti, ma ogni fedele. Anche se uno vive nel mondo, ma è affamato, nudo, pellegrino, il Signore vuole che riceva tutta questa assistenza: il battesimo e la partecipazione ai divini misteri lo rendono infatti suo fratello. ...

E non giustifica la sentenza di condanna soltanto con il fatto che altri uomini nelle stesse situazioni fecero ciò che i malvagi non fecero, ma mostrando che non obbedirono neppure in quei casi in cui la povertà stessa non sarebbe stata di ostacolo alla carità: ad esempio, quando si trattava di dar da bere a un assetato, di andare a trovare un uomo in prigione, di visitare un ammalato. E dopo aver lodato coloro che esercitarono le opere di misericordia, Cristo manifesta quale grande amore già dal principio nutriva per loro. Dichiara infatti: Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi dalla creazione del mondo. A quali beni, a quale felicità può essere paragonata questa espressione: essere benedetti, e benedetti dal Padre? Ma come si resero degni di tale onore? Qual fu la causa di questa benedizione? Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere e ciò che segue.

Quale onore, quale beatitudine in queste parole! E, notate, Cristo non dice loro: Prendete, ma ricevete in eredità, quale bene familiare, quale lascito paterno, come cosa vostra e che già da tempo vi era dovuta. Prima ancora che voi nasceste, sembra dire, tutto ciò era già preparato e disposto per voi, perché io sapevo che voi sareste divenuti tali quali ora siete. E in cambio di che cosa essi ricevono simili ricompense? Per un tetto, per dei vestiti, per un pezzo di pane, per un po' d'acqua fresca, per una visita a un malato, per essere entrati in un carcere. ...

Ai malvagi, invece, dirà: Andate lontano da me, maledetti non aggiunge: dal Padre mio, perché non è lui a maledirli, ma le loro stesse opere - nel fuoco eterno, preparato, non per voi, ma per il diavolo e per i suoi angeli. Parlando del regno, aveva detto: Venite benedetti... ricevete in eredità il regno ed aveva aggiunto: preparato per voi prima della creazione del mondo; del fuoco, invece, non afferma la stessa cosa, ma rivela che è stato preparato per il diavolo. Io, infatti, vi avevo preparato il regno; il fuoco non è stato disposto per voi, bensì  per il diavolo e per i suoi angeli; ma dato che voi stessi vi siete gettati in quel fuoco, incolpate voi stessi. ...

Il solo compiere l'opera di misericordia non basterebbe a compensarti? Eppure il Signore, alla presenza di tutta l'umanità, e nello splendore della sua gloria ineffabile, ti loderà a gran voce e ti coronerà, proclamando che tu l'hai nutrito e l'hai accolto nella tua casa; e non si vergognerà di manifestare tutto questo, volendo far risplendere ancora di più la tua corona. Orbene, se i malvagi sono puniti secondo giustizia, i buoni vengono ricompensati per grazia. Perché, anche quando avessero compiuto infinite opere buone, sarà la generosità della grazia a dar loro, in cambio di così piccoli e poveri aiuti, un cielo tanto grande, un regno e una gloria eterni.

 

(Dal Commento al Vangelo di S. Matteo, Disc. 79, 1-2)

 

 

 

 COMMENTI CONTEMPORANEI

 

   DON MARCO PRATESI
 

La dedizione del Re Pastore

 

Il profeta Ezechiele ha di fronte a sé la rovina di Gerusalemme, del tempio e d'Israele in esilio a Babilonia, e accusa i capi del popolo, che secondo una metafora orientale chiama "pastori", di non aver saputo guidare il popolo. Essi hanno badato solo a se stessi, invece di mettersi a servizio del popolo se ne sono serviti per il proprio tornaconto. È stato questo uno dei fattori della rovina.

Di fronte a questo cosa farà Dio (e con questo siamo alla prima lettura)? "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura". Ezechiele preannunzia un impegno ancora più forte da parte di Dio, che interverrà personalmente.

Così la lettura è tutta una descrizione della cura premurosa di Dio pastore nei confronti delle sue pecore, cura che abbraccia quattro ambiti.

Primo, la vita delle pecore: Dio assicurerà loro il nutrimento e la possibilità di riposare tranquillamente.

Secondo, lo smarrimento e la dispersione delle pecore: Dio le cercherà con cura e le riporterà a casa, riunendole tutte (è evidente il riferimento all'esilio).

Terzo, la malattia delle pecore: egli fascerà le loro ferite e le rinvigorirà con una buona convalescienza.

Per quanto riguarda "la pecora grassa e forte", il testo è discordante. La traduzione greca dei LXX (seguita dalla Vulgata latina e dalla versione CEI) dice "ne avrò cura". Il testo ebraico masoretico "la sterminerò". Quest'ultimo si accorda con i vv. 17-22, nei quali Dio afferma che impedirà alle pecore forti di essere prepotenti; ma anche il testo dei LXX presenta questa idea nell'ultima parte del verso 16, laddove si dice che Dio pascerà "con giustizia", operando cioè un giudizio. Per una migliore corrispondenza del parallelismo, mi sembra preferibile il testo ebraico, ma nella sostanza non c'è differenza: la guida di Dio sarà tale che assicurerà la prosperità del gregge, senza che i più forti possano opprimere i deboli.

Per un cristiano è immediato vedere in questo testo il familiare profilo di Gesù buon pastore e re buono. C'è infatti un "luogo" umano dove si concentra la cura premurosa di Dio per questa umanità disorientata, debole, minacciata, affamata, stanca; c'è un "ambiente" umano dove risplende, arde e trionfa la regalità di Dio che, a partire da lì come da una "testa di ponte", è destinata a superare ogni ostacolo e a trionfare su tutto il cosmo: è la persona umano-divina di Gesù il luogo dove Dio regna, e da dove comincia a regnare sul mondo. Il regno è Gesù che diviene cuore del mondo.

Il regno di Gesù è nutrimento: vi si può attingere in abbondanza tutto quanto alimenta e fa crescere la vita; e riposo da ogni ansia che ci spinge a cercare la vita da soli, nell'affidamento a lui.

Il regno è guarigione dalle ferite che il male, fatto e ricevuto, ci ha inferto; e vigore che fluisce nel contatto vivo col Signore.

Il regno è centro, ove veniamo sottratti alla dispersione e alla disintegrazione di essere "uno, nessuno e centomila"; e patria, luogo che è davvero nostro, nel quale è bello dimorare.

Il regno è giudizio che denunzia ogni male e fine di ogni umana volontà di prevaricazione; e pace, luogo della fraternità, nella comune esperienza dell'essere amati dal grande Re-Pastore che per tutti ha dato la vita.


 

 

I testi della liturgia, secondo il Nuovo Lezionario CEI, sono tratti dal sito: http://www.lachiesa.it

 

L’esergo, il Percorso esegetico, i Commenti della tradizione patristica

sono tratti dal:

Sussidio Biblico Patristico per la Liturgia domenicale,

a cura di Don Santino Corsi, Ed. Guaraldi,

per gentile concessione dell’autore.

Il testo integrale a stampa è acquistabile con lo sconto del 10% facendone richiesta a: Sr. Maria Saltarelli, telefonando al nr. 051/6600563 oppure scrivendo via mail all’indirizzo: cds.bologna@tin.it

 

Commenti contemporanei:

 

E' tratto dal sito:  http://www.lachiesa.it

 

 

      
 

 

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