Condivido l’espressione di Peppino quando sostiene che la “discussione” si fa interessante. Io direi anche intrigante perché affrontata con dialettica intelligente e con argomenti che si vanno allargando. Mi fa piacere, anzi mi lusinga, l’interesse che si sta accendendo attorno alla categoria arbitrale e ancor di più perché viene da tutte le parti, sinistra, centro e destra tanto per usare un parallelo politico. Non ho motivi per dubitare che sia interesse vero (e lo dico sinceramente), perché si può dire che siamo ascoltati come non mai e, penso di poter affermare, anche stimati perché riconosciuti in quel ruolo di autorevolezza che abbiamo perseguito da anni, ma che non ha nulla da spartire con l’autorità che è data per decreto.

 

E allora dove sta il problema?

 

Credo che stia nel fatto che qualunque cosa dica si presti, come in effetti è, a varie interpretazioni.

 

All’amico Pino Scarpellino, che ringrazio per gli apprezzamenti, anche se mi rimprovera una scarsa chiarezza, contraccambio i riconoscimenti per la indubbia capacità e intelligenza che abbinati alla “vis polemica” di cui dispone ne fanno uno dei massimi protagonisti del nostro sport.

 

Però anch’io nel leggere il suo intervento, che mi pareva chiaro, quando sono arrivato alla fine ho avuto dei dubbi. Mi sono piaciuti i riferimenti filosofico – lessicali e politici che mi hanno costretto (piacevolmente) ad uno sforzo di liceale memoria,  per poi riparare più semplicemente nella Treccani che sulla “politica” o “fare politica” dà varie interpretazioni e illuminanti definizioni di cui quella che hai scelto è (cronologicamente) una delle centrali (la 4ª o 5ª). Ma ve ne sono altre che ritengo più nobili perché non costrette dall’etimologia. Per esempio la prima recita che è “arte di governo, quindi scienza del governo e consiste nel promuovere la vita collettiva, il bene del gruppo, quindi la socialità, attraverso l’opera dei singoli particolarmente dotati di senso politico. In questo senso la politica è azione, attinge tutte le manifestazioni dell’attività pratica” (cfr Treccani pag 670).

 

Ma ve ne sono molte altre tutte interessanti.

 

Caro Pino tu ne hai scelta una che porta ad una conclusione sulla quale gli Arbitri da tempo, nella loro maggioranza decisero di non farsi più coinvolgere.

 

Forse si è sfumato il ricordo di quando gli Arbitri, a partire da circa 20 anni fa, facevano “politica attiva” attraverso i loro dirigenti, ma i risultati, se ricordo bene, sono stati negativi e in alcuni casi devastanti con la conclusione che la credibilità stessa degli Arbitri ne uscì diminuita, quanto meno cadde il livello di ascolto che avevamo.

 

Comunque, ho detto e lo ripeto che agli Arbitri interessa e sta a cuore partecipare al Consiglio Federale, ma senza “prezzi da pagare”. Ho detto anche che per quanto riguarda la partecipazione alla dura sfida elettorale che si sta celebrando gli Arbitri preferirebbero starne fuori (e non è scandaloso dire “vinca il migliore” senza diventare soggetto/oggetto di propaganda elettorale o terreno di conquista).

 

Dove sta lo scandalo o meglio la poca chiarezza, nel dire che non piace a nessuno fare una gara per perderla visto che la nostra entrata in Consiglio dipende da un’Assemblea che il problema degli Arbitri è l’ultimo che ha?

 

Dove sta la poca chiarezza quando ho detto che il Collegio degli Arbitri vuole rimanere un soggetto terzo fra gli Atleti (e le Società) e la Federazione in tutte le sue espressioni?

 

A questo proposito ricordo che gli Arbitri, a differenza degli Atleti e degli Allenatori, sono già organo tecnico della Federazione.

Tutto questo è perfettamente compatibile con la nostra presenza nel Consiglio Federale, ma non semplicisticamente come qualcuno vuol far credere. Prima di tutto c’è la nostra autonomia, dignità e autorevolezza.

 

 

Sante Tarabusi