I cementi e i leganti

Breve introduzione

 

Da un punto di vista quantitativo, il materiale più usato dall’uomo è senza alcun dubbio il calcestruzzo. Questo materiale può essere considerato una sorta di materiale composito, essendo formato da una matrice (la pasta di cemento) in cui è dispersa una seconda fase che è data dalla ghiaia. Il cemento che forma la matrice del calcestruzzo, è un particolare tipo di materiale, che nonostante abbia proprietà molto simili a quelle dei ceramici tradizionali, è incluso in una classe di materiali a se stante, quella dei leganti. Questa tipologia di materiali differiscono dai ceramici tradizionali in quanto nella fase successiva alla cottura, vengono ridotti in polvere e se vengono mescolati ad un solvente (generalmente acqua) tendono a dare origine a paste che con il passare del tempo induriscono (a seguito di complicate reazioni di idratazione che analizzeremo in seguito) e acquistano ottime proprietà meccaniche.

In questo breve articolo, cercherò di dare un’idea sommaria di quelle che sono le proprietà dei leganti, per poi soffermarmi con maggiore attenzione sull’analisi delle proprietà e sui processi produttivi dei più importanti di essi: i cementi.

 

Distinzione fra leganti aerei ed idraulici

 

I leganti, come ho già brevemente accennato precedentemente, sono dati da sostanze o miscele di sostanze che se mescolati con un liquido (quasi sempre acqua) tendono a formare delle paste che con il passare del tempo tendono ad indurire e ad aderire ai corpi con i quali sono a contatto, acquisendo una buona resistenza alle sollecitazioni meccaniche, termiche e agli attacchi da parte degli agenti atmosferici e chimici. I leganti, in linea generale sono suddivisi in due differenti classi: quella dei leganti aerei e quella dei leganti idraulici.

Alla prima classe appartengono quei leganti il cui indurimento avviene solo a contatto con l’aria e che presentano un’elevatissima solubilità in acqua. Tipici leganti idraulici, sono il gesso, che si ottiene per cottura del solfato di calcio biidrato (CaSO4 × 2H2O) oppure la calce (CaO) che si ottiene per decomposizione termica del carbonato di calcio (CaCO3).   

Molto più interessanti da un punto di vista tecnologico e largamente più impiegati nel mondo edilizio, sono i leganti appartenenti alla seconda categoria, ossia a quelle dei leganti idraulici. Rientrano all’interno di questa tipologia i cementi e ne costituiscono una larga parte, tantè che in molti casi la parola cementi è usato come sinonimo di leganti idraulici. Questa tipologia di leganti, interagisce con l’acqua per dare prodotti con notevoli proprietà di adesione (interazione fra la pasta di cemento e i materiali con i quali è a contatto) e coesione (interazione fra le particelle che costituiscono la pasta di cemento), con buone proprietà meccaniche e resistenza all’attacco degli agenti atmosferici e degli agenti chimici. Infatti il prodotto che si ottiene risulta insolubile o quasi in acqua e praticamente inerte all’attacco di una buona parte degli agenti chimici conosciuti (acidi, basi, etc.). I processi che portano ad ottenere un manufatto di cemento finito, sono essenzialmente due: la presa e l’indurimento. Il primo di questi due processi ha luogo nelle fasi iniziali del processo di idratazione ed è il processo durante il quale la pasta si consolida. La sua durata dipende dal tipo di legante con il quale si sta lavorando e dal rapporto fra acqua e legante. Il secondo processo, quello dell’indurimento, è il più lento dei due ed è quello che porta il manufatto ad ottenere le proprietà meccaniche e chimiche definitive. In linea generale, un cemento si ottiene per cottura non sotto il 1200°C di una miscela il cui componente principale è l’ossido di calcio (un ossido di tipo basico) unito ad una quantità variabile di altri ossidi di tipo acido o neutro, quali la silice, l’ossido di alluminio o di ferro, che vengono introdotti sotto forma di argille. I vari silicati, alluminati e ferriti che si formano nel corso del processo di cottura sono quelli che poi daranno origine alle proprietà idrauliche del cementi. In seguito avremo modo di analizzare in maggior dettaglio le reazioni che portano alla formazione di questi composti, analizzando il processo di produzione di uno dei più importanti cementi al mondo: il cemento Portland.

 

Il cemento Portland

 

Il cemento Portland viene prodotto cocendo in aria una miscela di calcare (CaCO3) e argille alla temperatura di 1450°C. Nel corso di tale processo ha luogo una parziale fusione della miscela che porta alla formazione del cosiddetto clinker, cioè di una massa simile a lava solidificata, la cui composizione in percentuali di ossido è la seguente:

Ø    67% ossido di calcio (CaO);

Ø    22% ossido di silicio o silice (SiO2);

Ø    5% ossido di alluminio o allumina (Al2O3);

Ø    3% ossido di ferro o ferrite (Fe2O3);

Ø    3% altri componenti

Il clinker cosi ottenuto viene poi macinato con aggiunta di piccole percentuali di gesso (che come vedremo ha il compito di controllare la velocità di presa) in rumorosissimi mulini a palle che danno come prodotto la classica polvere di cemento che miscelata con acqua sviluppa le proprietà meccaniche e chimiche sopra citate.

Ovviamente, gli ossidi che costituiscono il clinker non si trovano al suo interno come tali ma risultano essere chimicamente combinati fra di loro a formare strani composti di coordinazione ognuno dei quali presenta una fase di stinta. I quattro composti o fasi che costruiscono il cemento Portland sono:

Ø    L’alite, rappresenta il composto maggioritaria in un cemento Portland, infatti costituisce tra il 50 e il 70% dell’intera miscela. Questo strano composto risulta essere una modificazione strutturale del composto Ca3SiO2 (3CaO SiO2 nella notazione di ossido misto) che contiene anche al suo interno ioni magnesio, alluminio e ferro. Questo composto reagisce molto velocemente con l’acqua ed è il responsabile dell’indurimento nei primi ventotto giorni di idratazione;

Ø    La belite, costituisce tra il 15 e il 30% del clinker di un cemento Portland. Questo composto è dato da un ortosilicato di calcio Ca2SiO4 (2CaO SiO2) che nei cementi, a causa della presenza di ioni estranei è presente come una fase particolare detta fase b. La reazione di questo composto con l’acqua è piuttosto lenta e per questa ragione la belite è responsabile dell’indurimento del cemento a lungo termine;

Ø    La fase alluminatica, costituisce tra il 5 e il 10% di un cemento Portland. E’ costituita essenzialmente da un alluminato tricalcico Ca3Al2O3 (3CaO Al2O3) che presenta ovviamente modificazione strutturali dovute alla presenza di ioni estranei. Questa fase reagisce molto velocemente con l’acqua in molti casi può portare ad una indesiderata presa rapida. Per poter controllare i tempi di presa di questa fase, generalmente viene aggiunta al cemento della polvere di gesso che ha il compito proprio di controllare il tempo di presa;

Ø    La fase ferrica, costituisce tra il 5 e il 15% del clinker di una cemento Portland. Questa fase è costituita da un complesso allunimo-ferritico di calcio (4CaO Al2O3 Fe2O3) che presenta una reattività con l’acqua intermedia fra alite e belite. Questa fase, comunque, non condiziona quasi per nulla i tempi di presa ed è la fase che conferisce il tipico colore grigio alla polvere di cemento e alla pasta di cemento.

In generale, nella chimica dei cementieri, la composizione delle tre differenti fasi viene indicata secondo la convenzione degli ossidi misti, che noi qui abbiamo riportato. Inoltre, però, gli ossidi più comuni vengono indicati usando la singola lettera iniziale. Per cui, secondo questa convenzione avremo che: C sta per CaO, S sta per SiO2, A sta per Al2O3, F sta per Fe2O3, M sta per MgO, K sta per K2O, N per Na2O, e H sta per H2O. Secondo questa nomenclatura da cementificio, le quattro fasi sopra descritte saranno indicate nel seguente modo: alite: C3S, belite: C2S, fase alluminatica: C3A, fase ferrica: C4AF.

 

Preparazione dei cementi:

 

Per produrre un buon cemento, il punto di partenza è una buona miscela di calcare ed argilla, che dovrà poi essere riscaldata fino alla temperatura di circa 1450°C all’interno di un forno rotante  leggermente inclinato e del diametro di circa quattro metri per una lunghezza che in alcuni casi può anche superare i cento metri. In linea generale, l’alimentazione del forno è continua, con la miscela di argilla e calcare che cade in continuo all’interno del forno. Il processo di cottura porta alla formazione di aggregati sferoidali di clinker del diametro non superiore ai 2cm. Gli aggregati di clinker così ottenuti vengono poi macinati in mulini a palle per dare la comune polvere di cemento.

Detta così la sintesi del cemento sembra molto semplice, ma in realtà le cose sono ben più complicate. Infatti, nel corso del processo di cottura avvengono tutta una serie di complicate reazioni chimiche che portano, a partire della miscela di calcare ed argilla, alla formazione delle quattro fasi sopra citate che costituiscono il clinker. In particolare le reazioni che avvengono nel corso della fase di cottura possono essere suddivise, in funzione della temperatura alla quale avvengono nel seguente modo:

Ø    Reazioni che avvengono intorno ai 100°C: perdita di acqua non strutturale (i materiali immessi all’interno del forno si disidratano perdendo acqua che non rientra all’interno della loro struttura chimica);

Ø    Reazioni che avvengono intorno ai 500°C: a questa temperatura abbiamo la decomposizione dell’argilla immessa all’interno del forno, con allontanamento di acqua strutturale:

 

Al2O3·2SiO2·2H2O   ®   Al2O3   +   2SiO2   +   2H2O

 

Ø    Reazioni che avvengono tra i 600 e i 900°C: a queste temperature ha inizio la decomposizione dei carbonati che si sono introdotti all’interno del forno, secondo le seguenti reazioni:

 

MgCO3   ®   MgO   +   CO2

 

CaCO3   ®   CaO   +   CO2

 

Queste reazioni, come si può vedere comportano la formazione di anidride carbonica che viene dispersa nell’atmosfera. Questo rende i cementifici i maggiori produttori di anidride carbonica e di conseguenza, li rende i maggiori responsabili dell’effetto serra

Ø    Reazioni che avvengono tra i 600 e i 1000°C: a queste temperature, oltre le reazioni che abbiamo indicato sopra, hanno inizio anche tutta quella serie di processi che portano alla formazione delle quattro fasi che costituiscono il cemento che poi viene normalmente impiegato. Questi processi prevedono che l’ossido di calcio si combini con l’ossido di silicio, con l’ossido di alluminio e con l’ossido di ferro allo scopo di formare tre differenti ossidi misti, secondo le seguenti reazioni:

 

2CaO   +   SiO2   ®   2CaO·SiO2

 

CaO   +   Al2O3   ®   CaO·Al2O3

 

2CaO   +   Fe2O3   ®   2CaO·Fe2O3

 

A questa temperatura ha inoltre inizio la formazione di una fase liquida, che sarà poi quella che solidificando darà origine al clinker, che come abbiamo detto ha una struttura molto simile a quella della lava quando solidifica all’uscita dalla bocca di un vulcano.

Ø    A temperature superiori ai 1000°C si ha che le reazioni sopra descritte proseguono fino a portare alla formazione delle quattro fasi descritte sopra, secondo le reazioni:

 

2CaO   +   SiO2   ®   2CaO·SiO2

 

2CaO   +   CaO·Al2O3   ®   3CaO·Al2O3

 

CaO   +   CaO·Al2O3   +   2CaO·Fe2O3   ®   4CaO·Al2O3·Fe2O3       

 

CaO   +   2CaO·SiO2   ®   3CaO·SiO2

 

Idratazione dei cementi

 

L’idratazione è il complesso e relativamente lento fenomeno che porta il cemento a manifestare le proprietà meccanica definitive e che tutti noi sperimentiamo ogni giorno. Infatti, come abbiamo detto precedentemente, il cemento una volta uscito dallo stabilimento di produzione si trova sotto forma di una soffice e finissima polvere. Questa polvere, per poter essere utilizzata, deve essere unita all’acqua; da questo connubio si ottiene la cosiddetta pasta che è data da una miscela plastica e quindi lavorabile. Tali caratteristiche si mantengono intatte per un determinato periodo (periodo di induzione), passato il quale, la pasta comincia ad irrigidirsi divenendo sempre meno plastica e quindi sempre meno lavorabile. Questo fenomeno, per il quale la pasta diviene sempre meno plastica, prende il nome di presa, e prosegue, da queste fasi iniziali, fino a quando il solido si è ormai formato, anche se non manifesta ancora buone proprietà meccaniche. Terminata la fase di presa del cemento, inizia una terza e ultima fase che prende il nome di indurimento, e che porterà il manufatto di cemento a manifestare le proprietà meccaniche definitive e in modo particolare un spiccata resistenza meccanica. 

Le ultime due fasi che abbiamo brevemente descritto pocanzi, ossia la fase di presa e quella di indurimento, sono dovute alle complesse reazioni di idratazione che avvengono a seguito del contatto fra le quattro differenti fasi che costituiscono il cemento e l’acqua. infatti in seguito all’aggiunta di acqua alla polvere di cemento, i ha una pressoché immediata reazione di idratazione fra l’acqua e la fase alluminatica che porta alla emissione di una gran quantità di calore e alla formazione di un ossido complessato, secondo la seguente reazione:

 

3CaO·Al2O3   +   H2O   ®   3CaO·Al2O3· H2O

 

Se lasciata procedere senza controllo, questa reazione porterebbe ad una presa eccessivamente rapida della pasta, senza però dare alcun contributo alle proprietà meccaniche del manufatto in cemento. Infatti le proprietà meccaniche manifestare dalla fase alluminatica sono veramente molto basse. Per questa ragione, si cerca di rallentare il processo di idratazione della fase alluminatica, aggiungendo alla polvere di cemento della polvere di gesso (solfato di calcio) la quale nel corso della fase di idratazione reagisce con la fase alluminatica andando a formare un solfoalluminato di calcio detto etringite. Questa sostanza forma una sorta di rivestimento sui grani della fase alluminatica che rallenta la penetrazione dell’acqua all’interno dei grani stessi e quindi la loro idratazione. Questo suggerisce che le quantità di gesso aggiunte alla polvere di cemento, sono anche un regolatore del tempo di presa del cemento stesso (maggiore è la quantità di gesso presente e maggiore sarà il tempo di presa del cemento).

Le reazioni di idratazione successive, sono quelle che portano il cemento a possedere le proprietà meccaniche che tutti i giorni sperimentiamo. Queste reazioni coinvolgono i due silicati di calcio (alite e belite) che costituiscono la nostra polvere di cemento. Questi silicati di calcio, reagiscono con l’acqua andando a formare idrossido di calcio e silicati di calcio idrati, il principale dei quale ha la seguente composizione: 3CaO·2SiO2·3H2O. Queste reazioni di idratazione, anche se portano anch’esse alla liberazione di grandi quantità di calore, sono molto più lente, infatti, l’alite, dopo 28 giorni ha raggiunto il 70% delle sue proprietà meccaniche definitive, mentre la belite dopo sei mesi raggiunge i due terzi delle sue proprietà meccaniche definitive. Da questo si può dedurre che le reazioni che portano il cemento ad ottenere le pietà meccaniche definitive possono anche durare alcuni anni.

 

Composizione dei cementi ordinari

 

La composizione di un cemento Portland può essere variata allo scopo di ottenere polveri cementizie che manifestino ben specifiche proprietà. In commercio si possono trovare quattro differenti tipologie di cementi Portland:

Ø    Il cemento Portland ordinario di cui abbiamo dato un’amplia descrizione all’interno delle sezioni precedenti e che come abbiamo visto presenta un tempo di indurimento relativamente breve;

Ø    Il cemento Portland a presa e indurimento rapido, questo genere di cementi sono in grado di raggiungere una resistenza, nelle prime 24 ore, circa doppia rispetto a un cemento Portland ordinario. In molti casi, questo genere di cementi, sono in grado di sviluppare, dopo tre giorni, le stesse caratteristiche meccaniche che possiede un Portland ordinario a 28 giorni. Tutto ciò risulta particolarmente utile quando si preparino elementi preformati o quando si lavori a temperatura particolarmente basse. L’indurimento e la presa rapida, all’interno di questo genere di cementi si ottiene incrementando la frazione di cemento formata dalla fase alitica e dalla fase alluminatica, che come abbiamo visto sono quelle che reagiscono più velocemente con l’acqua. la velocità con la quale avviene la fase di presa e di indurimento possono essere ulteriormente velocizzate aumentando la finezza dei grani che costituiscono la polvere cementizie oppure diminuendo la quantità di gesso che si introduce all’interno del cemento. Questo genere di cementi può essere impiegato solo per la costruzione di manufatti di piccole dimensioni, infatti, quando si devono costruire strutture molto grandi ( come ad esempio una diga) si deve aver cura di limitare le emissioni di calore dovute alle reazioni di idratazione, che come abbiamo detto, sono fortemente esotermiche. Queste, difatti, possono provocare stress termici alla struttura causandone il cedimento;

Ø    Il cemento Portland a basso calore, questo genere di cementi contiene un basso tenore della fase alitica e della fase alluminatica. Questo consente di abbassare enormemente la quantità di calore liberata dal cemento nel corso delle fasi di presa e di indurimento. Allo stesso tempo, però, questi cementi presentano tempi di presa e di indurimento molto lunghi. Infatti, se la fase alitica e la fase alluminatica sono presenti in minor quantità rispetto a un Portland ordinario, per compensare, si deve are che un cemento di questo genere deve essere formato in buona parte dalla fase belitica, che come abbiamo detto presenta un tempo di presa e di indurimento particolarmente lungo.

Ø    Il cemento Portland resistente al solfato, si è visto che quando alcuni manufatti in cemento si trovavano a contatto con acque o suoli contenenti grandi quantità di ioni solfato, questi si deterioravano in tempi molto più brevi rispetto alla norma. Studi eseguiti su questo genere di cementi hanno constatato che il deterioramento era dovuto al fatto che gli ioni solfato presenti all’interno del suolo o dell’acqua, reagivano con la fase alluminatica presente all’interno del cemento per formare dei solfoalluminati. Allo scopo di risolvere questo inconveniente, si è pensato di produrre una polvere cementizie all’interno della quale la fase alluminatica fosse presente in quantità inferiori al 5%, incrementando parallelamente la quantità di fase ferritico presente all’interno del cemento. È così che è nato il cemento resistente al solfato, che trova largo impiego, insieme al cemento a basso calore, nella costruzione di dighe e muri di contenimento.

 

 

 

 

 

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