La poesia

 

A

nche nelle sue liriche Scheggi esprime spesso un contributo al mondo rurale, il mondo dei suoi antenati, esprime il rimpianto e la nostalgia per una concezione della vita che non c’è più, ma lo fa con la consapevolezza della durezza di quell’esistenza, come i suoi ricordi gli hanno trasmesso. La durezza e la semplicità di un mondo dove il sacro e il profano (la profonda religiosità, il senso della famiglia, ma anche la voglia di vivere e la goliardia) si integrano in maniera ottimale.

Ecco quindi che nelle sue liriche si conciliano magicamente la malinconia per un mondo scomparso (L’ultimo pastore, Dodola e Bianchina, Il casolare abbandonato),  l’ironia scanzonata e la carnalità (Cecco e i problemi di vista, Il mulo, Desiderio) e infine  l’amore per la natura (Il vento, Colori e sentimento, fiori di campo).

 

Le sue poesie sono semplici e schiette nella loro concezione, prive di inutili ermetismi.In un certo senso figlio d’arte (conosce fin da piccolo la poesia in ottave propria dei cantastorie locali tramite le composizioni del fratello del nonno, Angelo Scheggi, che conobbe nel secondo dopoguerra una certa fama a livello locale), inizia proprio dalla poesia in rima la sua avventura e stabilisce un dialogo subitaneo con il vasto pubblico. Dopo questa prima fase in cui la rima è predominate, la poesia di Scheggi si fa libera dagli schemi e assume toni via via sempre più intimisti, fino alla sublimazione delle ultime liriche (Un mondo che fu) in cui aleggia un velo di tristezza e di delusione. In questa mutazione non è estranea l’influenza di altri artisti locali e pure l’evolvere dell’antropizzazione del territorio mugellano.

 

La scoperta della pittura completa il percorso formativo dell’artista, permettendogli di esprimersi compiutamente con la parola e l’immagine su di un percorso, lineare certo, ma non per questo privo di spunti che indicano il suo tentativo infinito di leggere dentro i propri sentimenti.

 

Nel dicembre 2005 ha pubblicato un libro di poesia intitolato “Ricordi del mondo contadino–(Tipografia FG- Vicchio).

Il volumetto riepiloga circa 30 poesie tra le più significative dell’artista composte negli ultimi anni; il libro, oltre a contenere alcune tra le migliori poesie dell’autore e anche degli inediti, fornisce con arguta vena uno spaccato della poesia popolare mugellana attraverso i secoli. Ne conseguono numerose citazioni di autori famosi (da Lorenzo il Magnifico al Pananti al Clasio) e un imprevedibile continuità di toni e di temi tra poesia ufficiale e poesia contadina, fino al significativo fenomeno dei cantastorie popolari di metà Novecento. Qui di seguito si riporta un breve brano del libro.

 

[…] Nella poesia dantesca troviamo inoltre poche citazioni del Mugello (se si escludono i passi prima descritti sull’Acqua cheta e sui personaggi della famiglia Ubaldini inseriti nella Divina Commedia). Si può nel complesso dire che sul rapporto tra Dante e la valle non si sa quasi niente e si possono fare solo delle ipotesi partendo dalle leggende rusticane fiorite nei secoli. Una novella datata  racconta dell’arguzia del sommo poeta (ma ancor di più dell’arguzia contadina). Dante, passando a cavallo nei dintorni di Vicchio (era andato a trovare l’amico Giotto in temporaneo soggiorno presso Romagnano), si imbatté in un contadino al quale chiese qual’era il piatto migliore che si potesse assaggiare da quelle parti. Il villico gli rispose al volo: “L’ova!!”. Dopo circa due anni Dante, che si trovava a passare per caso negli stessi luoghi, rivide lo stesso contadino e pensò di fare il furbo chiedendogli soltanto a bruciapelo: “Con che cosa?”. Ma il contadino senza esitare alzò il capo e gli rispose subito ”Co i’sale!”. Dante ci rimase un po’ male! […]”

[…]

Nel gennaio 2011 ha pubblicato un racconto intitolato “La panacea nella pigola–dove si raccontano le vicende di una famiglia contadina mugellana tra il 1940 e il 1960.

Nel gennaio 2016 ha pubblicato il saggio storico intitolato “Il Mugello sul Libro di Montaperti–ambientato nel 1260.

 

 

Fascicoli di poesia pubblicati:

1996 – La campagna in rima….ma com’era prima!

1998 -  La luna, i colori e altre storie……

2000 -  Ricordi del mondo contadino

2001 -  La magia della natura

2002 -  Un mondo che non ritorna

2003 -  L’ultimo paradiso

2005 -  Profumi di ginestra

Dicembre 2005 – Pubblicato il libro “Ricordi del mondo contadino

Gennaio 2011 – Pubblicato il libro “La panacea nella pigola

Qui di seguito alcune poesie:

Il carro

L’ultimo Pastore

La battitura

Cecco e le questioni di garbo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CARRO

 

Quante cose potrebbe raccontare

quel vecchio carro abbandonato nella neve;

 stagioni di abbondanti fienagioni

e quelle di crepitanti carichi di legna,

le raccolte autunnali dei marroni

 ed il vociare delle gran vendemmie.

 

E quelle vacche da traino, vere risorse di famiglia,

compagne inseparabili del duro lavoro contadino,

 chine e schiumanti di fatica davanti a lui,

al un vecchio barroccio abbandonato nella neve….

 

Eh sì! Tanto avrebbe da raccontare….

se ci fosse ancora qualcuno capace di ascoltare!

 

 

L'ULTIMO PASTORE

 

Cullato dalle nuvole vecchio pastore

controlli il gregge dal cane raggruppato

e con un misto di gioia e di stupore

ripensi ancora a quel tuo tempo andato.

 

Ad una vita semplice, a cose genuine,

scandite al ritmo della tosatura,

a quel sentirti addossi le nebbie mattutine,

al bere a una sorgente d'acqua pura.

 

Ora una civiltà complessa ha preso il sopravvento,

non si può più pensare, è tutto in movimento.

 

Per te invece il tempo si è fermato,

non vuoi curarti del passar dell'ore

e sembra quasi che ti sia scordato

di essere ormai solo: sei l'ultimo pastore.

 

 

 

LA BATTITURA

 

Al sole di Giugno di primo mattino

sull’aia del nonno mio contadino

a volte capivi, sentivi nell’aria

uno strano clamore levarsi dall’aia.

 

Ognuno il suo compito svolgeva veloce

con forza di mano e prontezza di voce,

ognuno il suo ruolo, ognuno un percorso,

la pula e il sudore mischiati sul dorso

 

e quella tavola imbandita con cura..

che festa gioiosa la battitura!

Così dolcemente e senza pudore

eran sposi novelli fatica ed amore;

 

Per noi piccolini era un rito assai strano;

la barca saliva su in cielo, lontano……,

un castello dorato di stampo marziano

risorgeva ogni estate… dai campi di grano!

 

 

 

CECCO E LE QUESTIONI DI GARBO

 

Cecco e i’fattore all’osteria gli andonno

dopo che avean venduto del bestiame,

e due bistecche all’oste gli ordinonno

pe’ far placare la sopraggiunta fame.

 

E quando nel vassoio gli fu messo

una bistecca grossa ed una piccolina

Cecco, che non volea passar da fesso,

svelto si prese la grossa di rapina.

 

Disse i’fattore:”Sei un gran maleducato,

t’ingozzi pe’ codesta gran costata,

e proprio male ti sei comportato,

io la più piccola mi sarei tirata!”

 

Ma Cecco pronto con voce un po’ alterata:

 “I’ che la si lamenta, io quella l’ho lasciata!”