Lunedi 25 Ottobre 1999

Aerotaxi nel mare di Camogli, tre le vittime
Lo aveva noleggiato un imprenditore di Napoli per visitare il salone della nautica a Genova

dal nostro inviato

FABRIZIO RIZZI

CAMOGLI (Genova) - Dall’elicottero, hanno visto guizzare una sagoma di squalo bianco. Dicono che fosse lungo non meno di 7 metri. E proprio tra quelle onde, che sollevavano cavalloni spumeggianti, alti decine di metri, qualche ora prima, erano morti, nella carlinga di un jet inabissatosi, tre persone, due piloti, Michele Palma, 50 anni, e Vincenzo Cosmo, 36 anni, napoletani, e un industriale delle bollicine, Giovanni Capua, 50 anni, di Marcianise, Caserta. Quest’ultimo era atteso dai due figli, da qualche giorno a Genova in visita al salone della nautica. Non c’è al momento alcuna relazione tra la tragedia e la presenza dei pescecani, in un punto di mare, al largo di Punta Chiappa, tra Camogli e Portofino, solitamente affollato di cetacei. Tuttavia malgrado le ricerche, dei corpi nessuna traccia. E si dispera di poterli trovare, dal momento che finora sono stati portati a galla solo brandelli di lamiere. Con i sommozzatori della Capitanea di porto e della nave «Anteo», si è tuffato anche un campione di immersione, Umberto Pellizzari, che proprio ieri mattina ha sfondato il muro dei 150 metri in apnea, assetto variabile.
Non si sa bene quale sia stata la causa, se dovuta al maltempo o a un guasto tecnico. Tuttavia quando il «Learjet 35», partito da Capodichino alle 9,05 di ieri, si è messo in contatto con la torre di controllo dell’aeroporto «Cristoforo Colombo», le condizioni del tempo erano pessime. L’orizzonte del mare si confondeva con quello del cielo, carico di nuvole, in un punto indefinibile di grigio. La pioggia, che sta spazzando la costa da alcuni giorni, era ripresa a cadere a scrosci. Il primo contatto tra il pilota dell’aero-taxi (noleggiato sabato scorso) e la torre genovese è avvenuto alle 9,50. E’ stata attivata la procedura per l’atterraggio. E fino a quel momento il volo era stato regolare. Nell’operazione di atterraggio, però, è accaduto qualcosa, di cui non si conoscono bene i particolari (forse un colpo di vento?). Il pilota dopo aver azionato il carrello, quando ormai era prossimo alla pista, ha subito premuto sulla cloche, alzando l’aereo, con uno strappo improvviso. Ed il velivolo ha ricominciato l’operazione, rientrando nell’aerovia dell’atterraggio, a sud di Camogli e Portofino.
Fino a quel momento non c’era allarme. Si pensava ad una manovra sbagliata. Non risulta alla torre di controllo che il pilota abbia parlato di emergenza. Quando il «Learjet», che cercava un nuovo atterraggio, è sparito dai monitor del radar erano le 10,13. Si trovava a un’altezza di 6.500 piedi. Gli addetti al controllo hanno seguito la tragedia in diretta. L’aereo è stato visto impennarsi, poi è andato giù a piombo. L’impatto con la superficie del mare è stato devastante. Come in un’esplosione, la fusoliera si è sbriciolata in mille pezzi, il più grande dei quali, appena ripescato, misurava non più di 30 centimetri. I pezzi sono sparsi nei fondali. La carlinga è stata individuata a 580 metri, non lontano dal Cristo degli abissi.