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Gli articoli pubblicati nei "QUADERNI DEL DOJO" sono di proprietà dei loro estensori e per tanto coperti da copyright,
ma se ce li chiedete per una buona causa vi autorizzeremo sicuramente ad utilizzarli, magari, con l'obbligo della citazione. "SEMPAI E SENSEI" di Luigi Rigolio |
Luigi Rigolio, 6o dan di kendo, 5o dan di jodo |
Da molti anni mi sto adoperando affinchè noi "istruttori" italiani di Kendo distinguiamo logicamente tra insegnamento e organizzazione della pratica. Ho capito per la prima volta la differenza tra queste due funzioni osservando e partecipando agli allenamenti di Kyudo, il tiro con l'arco. In quella pratica vi è un "capitano del Dojo", che per tradurre nel nostro linguaggio chiameremo SEMPAI, che disciplina la sequenza di tiro (decide in altri termini quante frecce e con quali tempi) si occupa della pulizia del dojo e della ricostruzione dei bersagli, il che è qualcosa di estremamente diverso dall'insegnare. Per noi del kendo italiano si assiste invece ad una coincidenza delle funzioni dell'insegnante e del Sempai. Tale coincidenza ha una serie di conseguenze negative che, per brevità riassumo nella più evidente: il più alto in grado dovendo sia "insegnare" che condurre la pratica troppo spesso interrompe il fluire la pratica per correggere questo o quel difetto. Un sistema alternativo è fare condurre la pratica a rotazione agli yudansha più esperti che dimostrano attitudine per tale ruolo. Questi devono capire chiaramente che condurre la pratica non vuole dire "insegnare". Quali sono le priorità per chi conduce la pratica. A) La sicurezza. 1) disciplinare l'ingresso nel dojo accettando solo persone che siano in regola con le norme (visita medica richiesta). 2) Considerare che gli esercizi siano compatibili con lo spazio disponibile senza che vi sia pericolo per chi pratica. 3) Calibrare l'intensità della pratica compatibilmente con lo stato di salute e la preparazione fisica dei presenti. Proprio per questo. Personalmente preferisco affidare la conduzione della pratica a quegli esperti che hanno una alta frequenza in palestra piuttosto che a quelli che hanno il grado più alto ma che, mancando frequentemente, non sono aggiornati con lo stato di salute dei praticanti. B) Pulizia del dojo e etichetta. C) Che il ruolo di Motodachi venga eseguito correttamente. In un certo senso se pensiamo che MOTODACHI sia colui che permette all'altro praticante di crescere (una delle traduzioni di MOTODACHI che ho raccolto dai maestri è "le radici dell'albero"), possiamo pensare che condurre la pratica di tutto il gruppo sia una evoluzione del ruolo di motodachi. Candidati al ruolo di Sempai sono, a mio avviso, quegli yudansha, che dimostrano nella pratica una buona comprensione del ruolo di Motodachi e che praticano costantemente nel dojo. D'altra parte "insegnante" può essere anche un praticante di alto grado che solo saltuariamente pratica nel dojo o solo di passaggio ma che ha, agli occhi del praticante, qualcosa da insegnare. E' colui che sa, o meglio sarebbe dire "sa fare" qualcosa che l'allevo vorrebbe imparare. Estremizzando un poco a scopo di chiarificazione "insegnante" non è colui che entra nel dojo nella veste di insegnante ma colui che è riconosciuto avere qualcosa che si vorrebbe imparare. Quindi, concludendo possiamo dire che mentre il "SEMPAI" è una funzione che deve essere accettata da tutti in quanto responsabile della sicurezza (potrebbe essere riconosciuto dal fatto che è colui che da il "REI" , l'"insegante" non è una funzione ma una relazione che necessità che l'altro terminale, l'allievo, accetti l'insegnamento di quella persona. Tale impostazione eliminerebbe oltretutto l'annosa questione di chi possiamo definire "maestro" nel senso che si potrebbe dire che "maestro" è semplicemente colui che è ritenuto tale dal suo allievo. |
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