il
ritmo”. Diecimila, Vip e non, si sono divertiti, hanno ballato e sono
rimasti estasiati dalle poliritmie del 56enne musicista messicano che,
come al solito, non si è risparmiato. Successo pieno, dello show e del
PalaLottomatica dove l’acustica finalmente c’è, e può migliorare, e il
nuovo, funzionale, sobrio dècor funziona. Il mite, religiosissimo Carlos
tra una svisata e l’altra ha trovato il tempo di far felice l’amico
musicista Paolo Rustichelli - col tastierista Chester Thompson, ex Tower
Of Power, ha suonato Caprice , un suo pezzo dato a Miles Davis -
invitare tre ragazzini a suonare sul palco, parlare dei suoi amati
angeli e dire, forte e chiaro, il suo no alla guerra, a tutte le guerre,
«noi siamo l’America non Bush»: che volete di più da uno che, troppo
presto, è stata liquidato come un dinosauro sognatore ex-drogato? Nervi
saldi, mente chiara, dita veloci, sangue caliente e ritmatissimo: così,
come è tradizione, Santana ha fatto subito suoi i diecimila accorsi, a
Milano stasera saranno oltre 14mila, per applaudirlo e decretargli
quell’amore e quel rispetto che ampiamente si è meritato, almeno agli
occhi, orecchie e giunture del sottoscritto, da quando, giovanissimo,
salì sul polveroso palco del festival di Woodstock in un pemeriggio
dell’agosto ’69 e da lì cominciò a predicare il suo dolcissimo,
furibondo, estenuante, sensuale Latin-rock , la sua creatura. Preceduto
dagli Outlandish, rappers ripetitivi e scialbi, Carlos, di bianco
vestito e col solito zuccotto nero in testa, abbracciato all’adorata
amante a sei corde, curvo nell’amoroso, sonoro abbraccio, ha suonato
ininterrottamente per quasi tre ore, sostenuto dal calore del pubblico e
da uno dei gruppi più affiatati e formidabili in circolazione, composto
dai vecchi amici e connazionali, sono messicani come lui, Karl Perrazo
ai timbales , degno erede di Tito Puente, Raul Rekow alle congas , gli
eccellenti cantanti Tony Lindsay e Andy Vargas, il tastierista Chester
Thompson, Jeff Cressman al trombone e Bill Ortiz alla tromba,
decisamente davisiano , Myron Dove al basso e Sua Potenza Riveritissima,
il batterista Danny Chambers, ex davisiano Doc. Poche note del defunto
Miles ”gloriosus” Davis ed ecco esplodere la storica Jingo , con quella
conquistò Woodstock e mondo, seguita da We got Latin soul , Put your
lights on , imperiosa, Aye aye aye e Victory is won . Il gruppo è un
treno che tutto travolge e il cui carburante è l’entusiasmo crescente.
Maria Maria è solare canzone d’amore, come atmosfera rimanda all’
amadiana Dona Flor, che viene spezzata dalle belle Chill out e Everybody
proposte con gli Outlandish, che le rovinano, Sideways fila via veloce
mentre Right on get on si tramuta in lezione di chitarra e tastiere,
strepitoso Thompson, Spiritual , accennata, e Yaleo in un corso di
laurea in batteria col professor Chambers che beve mentre tiene il ritmo
e finisce il lunghissimo assolo incitato a gran voce dal pubblico in
visibilio. Molto passato fulgido, ahinoi, è lasciato fuori: non, però,
la magica donna nera, l’indimenticabile Black magic woman creata da
Peter Green quando i Fleetwood Mac erano un gruppo serio, e Gipsy queen
. La fine. No. La fiesta deve continuare. Come va? Benissimo. Oye como
va , di Tito Puente, un fiume in piena. E Boogie woogie woman ,
fulminante, anche semoventi e tanta allegria. Financo Corazon espinado ,
originariamente cantata con i Manà, un nuovo, imperdibile, rorido
classico. Per chiudere con la sognante Novus . Ottimo concerto, sospeso
tra perfetto gioco di squadra e sopraffino solismo, temi tradizionali -
amore, armonia, fratellanza, pace - purtroppo sempre attuali, esecuzioni
magistrali, emotivamente e ritmicamente impareggiabili: questo è Carlos
Santana, signore che con la sua chitarra, la sua musica, i suoi sogni
tenta di render migliore il mondo. Non sappiamo se ci riuscirà, glielo
auguriamo vivamente. Certo s’impegna moltissimo e i suoi concerti sono,
davvero e da sempre, eccellenti. Proprio come lui.
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