di
Federico Fiume
Un palco guarnito di
vele e reti, come un’imbarcazione pronta a salpare sulle rotte
dell’immaginario, ha accolto a Salerno la “special edition” di “Da
Napoli a Bahia”, lo spettacolo scritto da Teresa con Giovanni Soldini
per viaggiare lungo le rotte dei velieri e incontrare i luoghi, le
persone, le culture, attraverso la musica che ne rappresenta l’anima più
profonda. Saranno le canzoni a soffiare il vento stasera, spingendo
musicisti e pubblico verso nuove derive emozionali. Ma non c’è solo la
musica: le parole di Massimo Cotto, presentatore/narratore di questa
immaginaria traversata oceanica, legano l’una all’altra, le tappe del
viaggio e i concerti dei vari artisti. La prima sosta è su quel pugno di
isole oceaniche aspre e lontane chiamate Capoverde Si presentano con la
voce cristallina di Ondina Santos, forse la più accreditata “erede” di
Cesaria Evora. Quattro canzoni, per lei ed il suo gruppo, fra cui
l’inevitabile “Sodade”, che Ondina interpreta in una versione lenta e
sospesa, più dolce di quella della Evora. Il bello delle rotte
dell’immaginario è che in un attimo ti portano ovunque tu voglia e con
Mariana De Moraes siamo già in Brasile, quello umido e caldo che sente
su di sè il respiro dell’Amazzonia. Quel Brasile di cui Vinicius De
Moraes, nonno di Mariana, è stato uno dei più sensibili interpreti.
Straordinario poeta ma anche autore, con alcuni dei migliori musicisti
carioca, di tante splendide e indimenticate canzoni che Mariana ospita
nel suo repertorio accanto a quelle dei migliori compositori di samba e
bossa. La voce morbida, carezzevole ma intensa, dalle tonalità jazzate,
si muove elegantemente fra le attente partiture del gruppo che la
accompagna, composto da musicisti di grande sensibilità e bravura.
Quando un altro frammento di racconto si sparge nell’aria per voce di
Massimo Cotto, sta per salire Lenine con la sua band. Capello lungo,
jeans e maglietta, ha un piglio da rocker e gli ampi, veloci passi con
cui attraversa il palco, sono decisi, sicuri. Lenine il palco se lo
prende, lo occupa fisicamente e poi lo tiene benissimo, con le sue
chitarre elettriche dalle forme particolari, la sua voce e la sua
musica. Lui e la band riescono ad esprimere il massimo d’intensità ed
energia senza mai andare sopra le righe. Un rock di sostanza, compatto,
personalissimo e vitalmente brasiliano, in cui non c’è una sola nota che
sappia di scontato, di retorica musicale. Alla fine conquisterà un
pubblico inizialmente un po’ spiazzato dall’impatto elettrico e forte
della sua musica, ricevendone lunghi e sentiti applausi, che merita
davvero tutti. Teresa nel backstage è un po’ nervosa: “Vorrei non essere
l’ultima a salire…” confessa, ma l’ampio spazio che sta di fronte al
palco è gremito di gente che è qui soprattutto per lei e lo prova
l’applauso con cui viene accolta insieme alla band. Si parte subito col
vento in poppa con “Salta salta”, poi “Ridere”, quindi la bellissima
versione di “Terra” di Caetano Veloso, che Teresa ha tradotto in
italiano. Ad affiancare la sua voce c’è quella di Mariana De Moraes, e
insieme le due artiste danno vita ad un’emozione intensa e vibrante.
“Mariana ed io - dice Teresa - abbiamo due voci diverse ma
complementari, che si trovano benissimo insieme”. Nessun dubbio che
abbia ragione. A seguire ecco “Il silenzio delle stelle” una canzone di
Lenine che la sensibilità di Teresa ha virato splendidamente al
napoletano (Lenine ascoltandola dirà che “sembra sia nata così”). La
voce trasporta in alto mare, sotto quel firmamento che solo là si rivela
in tutta la sua bellezza. Subito dopo esplode il ritmo battente di
“Quando turnammo a nascere” e Lenine torna sul palco per quella che si
rivelerà una trascinante improvvisazione. Lui e Teresa si divertono, si
alternano alla voce, poi cantano insieme, ballano e ridono. Lui si muove
di continuo, salta da una parte all’altra, mostra felice il suo
coinvolgimento ed il piacere di essere lì in quel momento. Non c’era
stato tempo per provare e il duetto è davvero improvvisato, ma funziona
benissimo e strappa entusiastici applausi dalla platea che balla con
loro. “Caffè nel campo” è come sempre una sferzata di energia, in cui l’affiatatissima
band dà il meglio di sé. Poi scende il ritmo e torna l’atmosfera con
“Pianoforte e voce”, leggera e dolce come la brezza che gonfia
delicatamente le vele del palco. Ma i viaggi, veri o immaginari che
siano, hanno sempre bisogno di un posto che ci aspetta. Così ecco
“Voglia ‘e turnà”, accolta da un vero boato di applausi. “Rodianella” è
l’occasione per invitare la gente a ballare “perché questa è musica
popolare, e bisogna lasciarsi andare…”; ma sarà sul bis di “Aumm aumm”
che anche gli ultimi irriducibili della seduta si alzeranno per
lasciarsi coinvolgere in una spontanea danza generale. Gli ultimi
applausi sono una standing ovation che accompagna i passi di Teresa
verso i camerini e il suo sorriso finalmente disteso e felice. Nessuna
bonaccia stasera, ma un vento di note che ci ha fatto viaggiare lontano.
Il mare è lì, a pochi passi, con i suoi orizzonti nascosti che chiamano
e invitano le prue ad altre avventure. E’ bello sapere che è sempre lì
che ci aspetta.
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