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PORFIRIO

Poeta, filosofo e ierofante

 

Il filosofo fenicio Porfirio fu prima alla scuola del greco Cassio Longino e poi alla scuola dell'egiziano Plotino.

Visse in Grecia e in Italia. Morì a Roma.

Durante la sua vita si avvicendarono trenta imperatori. I Persiani attaccarono più volte l'Impero Romano in Mesopotamia. I barbari tentarono di superare il Reno ed il Danubio. I cristiani si organizzarono per conquistare l'Impero dall'interno.

La filosofia neoplatonica rappresenta il massimo sviluppo del pensiero classico nel III secolo d.C.

L'opera di Porfirio è tesa a sviluppare questo pensiero non solo sotto l'aspetto teoretico, ma anche in quello morale e religioso.

Porfirio venne definito dal suo maestro Plotino: poeta, filosofo e ierofante. Ierofante era il sacerdote che durante i Misteri eleusini celebrava il rito e mostrava i sacri segni agli iniziati.

Con Porfirio il paganesimo raggiunse uno dei più alti livelli di moralità e di religiosità. Suoi continuatori saranno il siriano Giamblico e il greco Proclo. A Porfirio si ispirò Giuliano, l'ultimo imperatore pagano.

Circa 10 anni dopo l'Editto di Milano, il primo imperatore cristiano, Costantino, provvide a condannare al rogo le opere di Porfirio.

Nel 431 il Concilio di Efeso condannò al rogo le opere di Porfirio.

Nel 448 gli imperatori Teodosio II e Valentiniano III emisero un decreto con l'ordine di bruciare gli scritti di Porfirio.

"Decretiamo che tutte le opere che Porfirio, spinto dalla propria follia, o chiunque altro, abbia scritto contro la santa religione cristiana, presso chiunque trovate, siano date alle fiamme, perché non vogliamo che quegli scritti che provocano l'ira di Dio o che offendono le anime, raggiungano le orecchie dei sudditi.
Teodosio II e Valentiano III, il giorno 16 febbraio 448"
(Codice di Giustiniano, I, 1, 3)

Nel 529 l'imperatore Giustiniano decretò che tutti gli scritti anticristiani fossero bruciati e citò espressamente le opere di Porfirio.

 

Località: Impero Romano

Epoca: 233-305 d.C.

 

L'ambiente storico

Porfirio visse nell'Impero Romano tra la tragica fine di Alessandro Severo, ucciso dai suoi soldati nel 235, e l'abdicazione di Diocleziano e Massimiano nel 305. Si tratta di uno dei periodi più difficili dell'Impero, che solo verso la fine del III secolo si riprenderà con le riforme di Diocleziano.

Nel 232 Alessandro Severo non riesce a sconfiggere i Persiani di Ardashir I.

Nel 233 gli Alamanni entrano in Rezia. Saranno sconfitti da Massimino il Trace nel 235.

Nel 237 i Persiani conquistano la Mesopotamia e le città di Nisibi e Carre.

Nel 239 i Carpi invadono la Mesia. Saranno respinti nel 246 da Filippo l'Arabo.

Nel 242 una nuova invasione dei Persiani.

Nel 245 i barbari tentano di superare il Danubio.

Nel 250 Decio respinge i Goti presso Nicopoli e li costringe a ripassare il Danubio.

Nel 251 Decio muore in battaglia a Nicopoli. I Goti sono nuovamente in territorio romano.

Nel 252 il re persiano Sapore I assedia Antiochia. Sarà liberata da Valeriano nel 256.

Nel 254 i Marcomanni entrano in Italia e minacciano Ravenna. Saranno respinti da Gallieno, figlio di Valeriano, nel 259.

Nel 260 Valeriano viene fatto prigioniero ad Edessa dai Persiani, che non lo rilasceranno.

Nel 267 Goti ed Eruli devastano la Grecia.

Nel 269 Claudio il Gotico respinge una invasione dei Goti a Naisso.

Nel 270 Aureliano respinge Alamanni e Vandali.

Nel 271 gli Alamanni arrivano in Umbria, dove sono fermati da Aureliano.

Nel 272 Zenobia, regina di Palmira, viene sconfitta da Aureliano.

Nel 275 Aureliano muore in Bitinia durante una campagna contro i Persiani.

Nel 277 Aurelio Probo respinge Franchi e Alamanni che erano entrati in Gallia.

Nel 278 Aurelio Probo respinge l'invasione di Burgundi, Vandali e Goti in Rezia.

Nel 283 Caro muore durante una campagna contro i Persiani.

Nel 287 Massimiano respinge i barbari dalla Gallia.

Nel 289 Diocleziano respinge i Sarmati oltre il Danubio.

Nel 291 Massimiano combatte contro gli Alamanni sul Reno.

Nel 292 nuova campagna di Diocleziano contro i Sarmati sul Danubio.

Nel 294 Costanzo Cloro sconfigge i Frisoni.

Nel 295 Galerio consente ai Carpi di stabilirsi ai confini dell'Impero.

Nel 297 Galerio sconfigge il re persiano Narses.

Oltre 30 imperatori si avvicendarono durante i circa 70 anni della vita di Porfirio.

Le origini

Porfirio nacque a Tiro in Fenicia nel 233-234 d.C.

Il nome originale di Porfirio era identico a quello del padre, Malco, che in greco significa "sovrano". Amelio chiamò Malco Basileus, traduzione letterale di Malco. Longino invece chiamò Malco con il nome di "Porfirio", una indicazione indiretta del significato originale del nome, in quanto un sovrano indossava tipicamente una veste di porpora.

La formazione

Secondo alcuni Porfirio era un convertito dalla religione cristiana al paganesimo.

Porfirio frequentò Origene, attratto dalla fama e dalla cultura del filosofo che conosceva le opere di Platone, Numenio, Cronio, Apollofane, Longino, Moderato, Nicomaco e gli scritti dei pitagorici e degli stoici.

Origene era stato allievo di Ammonio Sacca, un filosofo convertito dal cristianesmo al paganesimo. Ma Origene, nonostante la sua formazione culturale classica, divenne apostata scegliendo il cristianesimo. Origene fu l'autore del Contro Celso, un'opera destinata a confutare il Discorso vero, scritto dal filosofo pagano in difesa della religione tradizionale.

L'incontro tra il giovane Porfirio ed Origene avvenne a Cesarea, in Palestina, o a Tiro, dove Origene soggiornò nell'ultima parte della sua vita e morì nel 253 d.C.

In questo periodo Porfirio scrisse: La filosofia desunta dagli oracoli e il trattato Sul culto delle immagini.

Ad Atene

Porfirio si recò ad Atene, allora, insieme a Roma ed Alessandria, uno dei principali centri culturali. Porfirio fu alla scuola del retore Cassio Longino, che aveva frequentato Ammonio Sacca e conosceva bene Plotino e forse Origene.

Da Longino Porfirio apprese gli strumenti filologici necessari per una corretta interpretazione del testo. La formazione presso Longino fu fondamentale per Porfirio che svolse in seguito una intensa attività filologica, ermeneutica ed esegetica. I contatti con Longino continuarono anche dopo il trasferimento di Plotino a Roma e in Sicilia.

Porfirio frequentò anche il grammatico Apollonio, il matematico Demetrio e il retore Minuciano.

A Roma

Porfirio fu a Roma nel decimo anno del regno di Gallieno, ossia intorno al 263. Porfirio, allora di circa trent'anni, incontrò Plotino.

Plotino era nato a Licopoli, in Egitto, nel 205, al tempo dell'imperatore Settimio Severo, ed era stato a scuola di Ammonio Sacca, ad Alessandria, tra il 233 ed il 243. Era giunto a Roma verso il 253 e vi aveva fondato un centro culturale. La scuola di Plotino non aveva una organizzazione stabile, si trattava di una libera associazione di amici filosofi. Riunioni, conferenze e lezioni si tenevano sia di giorno che di sera. Frequentavano la scuola senatori come Marcello Oronzio, Sabinillo e Rogaziano, medici come Paolino, Eustochio e l'arabo Zethos, donne come Gemina, che ospitava nella sua casa Plotino, e Anficlea, moglie di Aristone, il figlio di Giamblico. Anche l'imperatore Gallieno e sua moglie Salonina furono molto vicini a Plotino.

Porfirio diventò ben presto l'allievo prediletto di Plotino, superando l'etrusco Amelio Gentiliano che da quasi 18 anni era discepolo di Plotino.

Nel 268 Porfirio ebbe una crisi depressiva che lo portò vicino al suicidio. Plotino, accortosi delle condizioni del discepolo, gli consigliò di viaggiare. Porfirio si traferì in Sicilia a Lilibeo.

In Sicilia

Plotino morì nel 270 in Campania, nella casa di Eustochio. Nessuno dei suoi allievi prediletti poté essere vicino al filosofo: Amelio era in Apamea di Siria e Porfirio era in Sicilia.

Porfirio soggiornò per diversi anni in Sicilia, tanto che Agostino lo chiama "siculo" e il siciliano Firmico Materno lo chiama "il nostro Porfirio".

Di nuovo a Roma

Verso la fine del secolo Porfirio ritornò a Roma ed assunse il ruolo che era stato di Plotino. Tra i suoi allievi: Giamblico, Anatolio, Gedalio, Crisaorio e forse il platonico Tolomeo.

Intorno al 301 pubblicò le Enneadi, una raccolta dei trattati di Plotino. Nello stesso periodo compose le Sentenze sugli intellegibili.

Intorno al 302, a quasi 70 anni, si sposò con Marcella, vedova e madre di 7 figli. Dopo 10 mesi di matrimonio lasciò la moglie per dedicarsi ai "problemi dei greci". Le scrisse la famosa Lettera a Marcella, testamento morale dell'Antichità.

Verso il 303 partecipò, probabilmente, ad una riunione del Consilium Principis, a Nicomedia. Nella riunione gli uomini di cultura pagani affrontarono il problema della diffusione del cristiamesimo. L'opera Contro i cristiani è forse di questo periodo.

Nel 305 Porfirio morì.

Le opere

Sono pervenute per intero 11 opere di Porfirio:

- Antro delle Ninfe

- Isagoge

- Commentario alle "Categorie" di Aristotele

- Vita di Plotino

- Vita di Pitagora

- Sentenze sugli intellegibili

- Lettera a Marcella

- Sull'animazione dell'embrione

- Sull'astinenza dagli animali

- Commentario agli Armonici di Tolomeo

- Introduzione all'Apotelesmatica di Tolomeo.

Sono pervenuti frammenti delle seguenti opere:

- Commentari al Parmenide, al Filebo, al Fedone, alla Repubblica, al Sofista, al Timeo di Platone;

- Commentari alle Categorie, al De anima, all'Etica, al XII libro della Metafisica, al De Interpretatione e alla Fisica di Aristotele;

- Trattati Sui sillogismi categorici, Sui principi, Sulla materia, Sulle potenze dell'anima, Sulla sensazione, Sull'anima contro Boeto, Su ciò che dipende da noi, Sul "conosci te stesso", Sul ritorno dell'anima, Sulla filosofia desunta dagli oracoli, Sul culto delle immagini degli dei, Sui nomi divini, Sullo Stige, Contro i cristiani, Sulle fonti del Nilo;

- Lettere a Nemezio e al sacerdote Anebo;

- Storia della filosofia;

- Lezione filologica;

- Commentari agli Oracoli caldaici;

- Questioni omeriche e Questioni varie.

Sono completamente scomparse altre 25 opere.

Interpretazione dei miti

Porfirio diede una interpretazione allegorica multipla (polytropia) dei miti distinguendo un aspetto metafisico (proprio del filosofo), uno letterale (proprio del poeta) e uno religioso (proprio dello ierofante). Di conseguenza Omero deve essere letto a vari livelli. Sotto il senso letterale deve cercarsi il vero messaggio che il poeta voleva inviare agli uomini. Ad esempio Ulisse rappresenta l'anima che vuole liberarsi dalle passioni, per ritornare verso Dio. Il mare in cui Ulisse naviga rappresenta la materia da cui Ulisse deve allontanarsi per raggiungere l'Uno, il Bene. L'allontanamento dall'Uno è il Male.

Uno, Intelletto e Anima

Porfirio riprende la triade plotiniana: Uno, Intelletto e Anima.

"Dio (theòs) è ovunque perché non è in nessun luogo ... l'Intelligenza (nòus) è ovunque perché non è in nessun luogo, l'Anima (psikè) è ovunque perché non è in nessun luogo ... l'Intelligenza è in Dio ... l'Anima è nell'Intelligenza e in Dio ... il corpo (sòma) è nell'Anima, nell'Intelligenza e in Dio" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 31)

"... il corpo cosmico (kosmikou somatòs) si rivolge all'Anima ... l'Anima si rivolge all'Intelligenza e l'Intelligenza al Primo Principio ... Ogni realtà non solo aspira a Dio, ma ne gode secondo le sue possibilità" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 30)

Vita

"Vita (zoè) si dice in molti sensi: vita della pianta (fitou), dell'animale (empsìkou), dell'essere intellettuale (noerou), della natura (fiseos), dell'Anima (psikès), dell'Intelligenza (nou), di Colui che è al di sopra (tou epèkeina)" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 12)

"Tutto è in tutto (pànta men en pàsin)" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 10)

Morte

"La morte (thànatos) è di due tipi. La prima, più conosciuta, avviene quando il corpo si separa dall'anima. La seconda, propria dei filosofi (philosòphon), quando l'anima si separa dal corpo. La seconda non accade dopo la prima" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 9)

Virtù

Le virtù (aretài) si distinguono in politiche, catartiche, contemplative e paradigmatiche.

Le virtù civili, proprie del politico (politikòu), consistono nella moderazione delle passioni e mirano alla comunanza con il prossimo in modo che stare in comunità non sia svantaggioso. Sono prudenza, fortezza, temperanza e giustizia. Migliorano l'uomo mortale. [Virtù dell'anima umana che governa l'uomo].

Le virtù catartiche (katharseis), proprie di chi aspira alla contemplazione (theorian), consistono nell'astinenza dalle passioni e dalle azioni del corpo e presuppongono l'esercizio di quelle politiche. Sono ancora prudenza, fortezza, temperanza e giustizia, ma ad un livello più alto in quanto riguardano l'impassibilità che ha come fine l'assimilazione a Dio. [Virtù dell'anima umana in via di purificazione].

Le virtù contemplative sono proprie dell'anima pura, che ha superato i due livelli precedenti. Consistono in prudenza, fortezza, temperanza e giustizia indirizzate alla conoscenza e alla visione dell'Intelligenza. La prudenza consiste nella contemplazione di ciò che è nell'Intelligenza. La fortezza nell'impassibilità, caratteristica dell'Intelligenza. La temperanza nella conversione interiore verso l'Intelligenza. La giustizia nell'attribuzione del proprio fine ad ogni cosa e nell'agire verso l'Intelligenza. [Virtù dell'Anima rivolta all'Intelligenza].

Le virtù paradigmatiche (paradeigmatikòn) sono nell'Intelligenza, in cui tutto è insieme come paradigmi. Coincidono con l'essenza della Intelligenza. [Virtù dell'Intelligenza].

"E' un uomo virtuoso colui che agisce secondo le virtù pratiche, è un uomo divino colui che agisce secondo le virtù catartiche, è un dio colui che agisce secondo le sole virtù che mirano all'Intelligenza, è il Padre degli dèi chi agisce secondo le virtù paradigmatiche" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 32)

Consigli di Porfirio

Bisogna sapere di essere un'anima legata a qualcosa di estraneo e di altra natura.

Bisogna allontanarsi dal corpo ponendosi in uno stato di impassibilità.

Bisogna eliminare i dolori. E se non è possibile eliminarli bisogna sopportarli, magari alleviandoli, senza rimanerne coinvolti.

Bisogna eliminare per quanto possibile l'irascibilità.

Bisogna sopprimere la paura.

Bisogna estirpare la concupiscenza di ciò che è impuro.

Bisogna attenersi al necessario nel mangiare e nel bere.

Bisogna attenersi a ciò che è naturale nei piaceri d'amore.

(Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 32)

L'Anima e le anime

"... Il fatto che ci sia l'Anima universale non impedisce che le molte anime sussistano in lei ... Tutte le anime sono una sola, mentre quella universale è diversa da tutte" (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 37)

Le anime particolari sono nell'Anima universale. Tutte le cose sono nell'Anima universale. Tutta la realtà è buona e divina.

Il cammino dell'anima

L'anima spermatica, inconscia, è essa stessa le cose.

L'anima eidolica si rappresenta i corpi come altro da sé.

L'anima logica coglie se stessa come discorso unificante, articolando il molteplice.

L'anima noetica dalla dispersione sensibile, dalla coscienza del limite, dall'unità del molteplice coglie l'Uno.

L'anima anoetica perde se stessa facendosi una nell'Uno.

"... Giustamente è stato detto che l'uomo cerca di liberarsi dai legami essendo stato imprigionato in un carcere. Rivolto alle cose di quaggiù ha abbandonato il divino che è in lui ed 'è stato cacciato via da Dio ed è errante'." (Sentenze sugli intellegibili, estratti dal frammento 40)

Per chi non è capace di elevarsi al livello logico e noetico sono d'aiuto i riti e le pratiche religiose, che servono a purificare l'anima e a dare la coscienza che ognuno è divino, che tutto è divino, che infiniti nell'Unità del divino sono gli dei. La purificazione progredisce via via che l'animo fa sì che in sé si produca l'effetto della propria devozione e la pratica della continenza renderà la sua liberazione ancora più sicura. (vedi De regressu animae 7)

"... Tuttavia la pratica della teurgia non è sicura. L'uomo saggio e prudente si asterrà dal servirsi di siffatti sacrifici ... cercherà invece di purificare l'anima con ogni mezzo" (De abstinentia II, 38)

Per il filosofo i riti e le cerimonie liturgiche non sono necessarie.

Gli animali

Gli animali (diversamente dalle piante) hanno un'anima, anche se meno razionale di quella dell'uomo. Gli animali sono capaci di conoscenza e sanno riconoscere le situazioni, fanno dei piani per il futuro, comunicano tra loro e con le creature umane. Gli animali non devono essere uccisi altro che per motivo di autodifesa. Non si devono mangiare le carni degli animali. Si possono mangiare miele e latte.

"... Ora si dimostrerà che c'è anche un elemento razionale [l'anima] negli animali e che loro non sono privi di saggezza" (De abstinentia III, 9, 1)

"... Prima di tutto, ogni animale sa dove è debole e dove è forte, e protegge il primo e si avvale del secondo, come fa il leopardo con i denti, il cavallo con lo zoccolo ed il toro con le corna, il gallo con il suo sprone e lo scorpione con il suo pungiglione" (De abstinentia III, 9, 2)

"... Inoltre gli animali che sono forti si tengono lontani dalle creature umane, mentre gli animali meno valorosi si tengono lontano dalle bestie più forti ma stanno con le creature umane, o a breve distanza, come i passeri e le rondini nelle grondaie del tetto, o condividendo la vita umana come fanno i cani" (De abstinentia III, 9, 3)

"... Gli animali hanno la facoltà della memoria, che è di prima importanza nell'acquisizione del ragionamento e della saggezza" (De abstinentia III, 9, 3)

"... Chi non sa come gli animali che vivono in gruppi osservano la giustizia l'uno verso l'altro?" (De abstinentia III, 11, 1)

"... Forse è un diritto sterminare quegli animali irrazionali che sono ingiusti per natura, fanno cose cattive e sono spinti dalla loro natura a danneggiare quelli che vengono loro vicino; ma deve essere ingiusto sterminare ed uccidere quegli animali che non fanno niente di ingiusto e non sono spinti dalla loro natura a danneggiare, come è ingiusto uccidere persone di questo tipo" (De abstinentia II, 22, 2)

"... Inoltre, noi dovremmo fare solamente quei sacrifici dai quali non deriva male a nessuno; il sacrificio, più di qualsiasi altra cosa, deve essere innocuo per tutti. Se qualcuno dice che Dio ci diede gli animali, come le messi, per il nostro uso la risposta è che quando gli animali sono sacrificati del danno è fatto a loro, in quanto sono privati dell'anima" (De abstinentia II, 12, 3)

"... Il più Grande dell'universo non fa del male, e per mezzo del suo potere salvaguarda tutti, fa del bene a tutti, e non manca di nulla; mentre noi non facciamo del male a tutti coloro che sono giusti, ma essendo mortali manchiamo di ciò che è necessario" (De abstinentia III, 26, 11)

"... Trova qualcuno che è desideroso di vivere, per quanto possibile, in accordo con l'intelletto e non sia distratto dalle passioni che colpiscono il corpo. Prova a dimostrargli che è più facile provvedere un piatto di carne che dei piatti di frutta e vegetali; che è più conveniente preparare la carne che del cibo inanimato, per il quale non sono necessari cuochi; che la carne, comparata con il cibo inanimato, è intrinsecamente libera dal piacere e più leggera per la digestione, ed è assimilata più rapidamente dal corpo che i vegetali; che è meno provocatrice di desideri e meno contribuente all'obesità e alla robustezza di una dieta di cibo inanimato" (De abstinentia I, 46, 2)

"... Riguardo al prendere ciò che le api producono, è da notare che viene dai nostri sforzi, quindi è corretto che il profitto possa essere condiviso: le api raccolgono il miele dalle piante, ma noi ci prendiamo cura delle api. Quindi noi dobbiamo condividerlo in modo tale che loro non soffrano alcun danno, e quello che loro non possono usare, ma noi possiamo, è in un certo modo il loro pagamento a noi" (De abstinentia II, 13, 2)

"... Ma prendendo quanto ci è necessario non si danneggiano ... le pecore, piuttosto portiamo loro un vantaggio tosandole e condividendo il loro latte quando forniamo loro le nostre cure" (De abstinentia III, 27, 12)

Riferimenti bibliografici:

Abbagnano N.
Storia della filosofia

Tea

Adorno F.

La filosofia antica

Feltrinelli

De Ruggiero G.
La filosofia del cristianesimo

Laterza

Girgenti G.

Introduzione a Porfirio
Laterza

Isnardi Parente M.

Introduzione a Plotino

Laterza

Plotino

Enneadi (a cura di G. Faggin)

Rusconi

Porfirio

Vita di Pitagora in "Pitagora - Le opere e le testimonianze" (a cura di M. Giangiulio)

Mondadori

Porfirio

Storia della filosofia (a cura di A. R. Sodano)

Rusconi

Porfirio

Sentenze sugli intellegibili (a cura di G. Girgenti)

Rusconi

Porfirio

De l'Abstinence

Les Belles Lettres

Porfirio

Isagoge (a cura di G. Girgenti)

Rusconi

Porfirio

Vita di Plotino in "Enneadi" (a cura di G. Faggin)

Rusconi

Russel B.
Storia della filosofia occidentale

Tea

 

 

 
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