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12 luglio 2002: BB King a Moncalvo

Non ero proprio prevenuto ma quasi: sapevo di andare a vedere un "vecchio" e sapevo che suonava seduto. Soffro tutto ciò che può sembrare patetico. Mi sono chiesto se ne valeva la pena. 25 euro per entrare sono pur sempre una cifra.
E mi ero anche preparato ascoltando un paio di volte il Blues Summit, il cd dei duetti, e Riding With The King, il cd con Eric Clapton. Lavori senili, appunto, bellocci e gradevoli, ma che non avevano detto nulla di nuovo e nulla di più.
Strada facendo, il mio amico Fausto parla di Van Morrison e Tom Waits. Certo, saremmo tutti più entusiasti se la nostra meta fosse un concerto di Van.
Ma, sul sedile posteriore della macchina, Falco Boy e consorte alitano ottimismo. "Tutti i bluesmen han fatto grandi cose da vecchi, basta pensare a Muddy Waters e John Lee Hooker." dice Falco Boy.
Faccio una battutaccia: "Sonny Boy Williamson ha suonato addirittura nel letto, con la flebo nel braccio, suonava, cantava, tossiva e sputava sangue. Ma incantava ancora."
Mi sovviene il ricordo. L'ho letto da qualche parte questo aneddoto; è di un musicista, forse di uno della Band.
Mentre La Mamma (la mamma è la donna di Falco Boy, he's got a good woman) dice qualcosa, ripasso You Shoock Me, un pezzo di Blues Summit, fatto in duetto con John Lee Hooker.
Mi viene di canticchiarlo. Inizia con il classico accordo alla Hooker, ipnotico. Oh Night Long, O Night Long...You You You shoock me, you shoock me baby all night long...
Sì, hai voglia di dire che non ha detto nulla di nuovo, che siamo alla solita, stanca, ripetizione. Ma un pezzo così incanta e basta e le voci sono ancora quelle, bella e melodiosa quella di BB, profonda, ruvida, inquietante, terribile, quella di John Lee.
Il Blues è questo. Quelle due note su cui la chitarra di BB ha tessuto per lustri i riffs più intriganti, nobilitando il genere, arricchendolo di musica, portandolo alle luci della ribalta, nei locali notturni più raffinati, nelle case da gioco, in TV, nelle grandi sale da concerto.
Sì, BB King ha avuto il merito di rendere, più di ogni altro, il blues un genere commerciale ed easy listening. E se per alcuni puristi è stato un torto, proviamo a pensare che è solo così che le nuove generazioni del mio tempo sono arrivate al blues, con la mediazione di gruppi inglesi come quello di John Mayall, degli Animals e dei Rolling Stones, e con i dischi di BB King a fare da apripista.

Quanti siamo?
Millecinquecento, a stima. L'organizzazione si rivela, a dir poco, dilettantesca. I posti a sedere, venduti a 40 euro, sono in gran parte vuoti, mentre la zona ciricostante della piazza è caoticamente invasa sia da quelli che hanno pagato 25 euro, come me, e da un fiume di portoghesi.
Pochi istanti prima dell'inizio, i posti a sedere, invece, sono tutti occupati. Con tanta gioia di quelli che hanno pagato i 40 euro, cornuti e mazziati.
Servizio d'ordine inesistente.
Appare sul palco tutta la band, con fiati, trombe soprattuto, in grande e spettacolare evidenza. Dopo le sofferenze patite al festival soul di Porretta, sento finalmente una sezione ritmica che non fa solo funky. Il batterista sa anche spazzolare; il bassista è uno che conosce il suo mestiere. Non è sempre vero che gli artisti calano in Italia con spedizioni punitive e formazioni d'accompagnamento raffazzonate.
Questa è proprio, pressapoco, la band di BB King, quella vera, quella che suona nei dischi.
E un gran bel sentire. Il bassista è un bianco slavato, rotondo come Bill Haley, i capelli a spazzola. Con gran senso del ritmo e dello swing. Look anni '40, anche questo fa scena. Gli altri sono neri D.O.C.: "negroni" come dice Fausto, insistendo sulla stazza.
Uno dei trombettisti, per quanto agilissimo ed in grado di imitare Fred Astaire, supera i cento chili, e non solo coi muscoli.
Non fatico a battere il tempo con mani e piedi.
Poi arriva lui, imponente; accolto da un'ovation. Indossa una incredibile giacca nera intarsiata di note musicali dorate. Saluta: "I love you madly" mi sembra di sentire, od è solo una sovrapposizione mentale, un ricordo del Duca.
Si parte. BB siede, avvicina il microfono alla bocca, incomincia.
Il maxi schermo inquadra le mani. Se vuoi un punto di riferimento, pensa al disco Live At The Apollo. Ascoltalo ed immagina il tutto un po' più lento, persino meditato. Lo stile è molto simile. La scaletta è solo invertita. The Thrill Is Gone arriva un po' dopo. All over again un po' prima, ed è, forse, il pezzo più congruo alle attuali possibilità del King, un blues lento, colorato dal timbro dei fiati. Non mancano i botta e risposta con il pubblico. E' un modo per verificare se i brani hanno presa e coinvolgono.
Non è che queste cose mi entusiasmino. Sono venuto per ascoltare, non per cantare. Ma anch'io cedo alla seduzione e mi unisco al coro.
Un'ora di concerto, poco più. Alla fine è When The Saints Go Marching In. Un congedo che sembra essere diventato un classico.
Nel rispondere alla domanda che mi ero posto all'inizio (ne valeva la pena?) mi accorgo di avere già risposto. Sì, ne valeva la pena. Ho visto un vecchio animale da palcoscenico, ancora in grado di presentare il suo repertorio con misura e dignità. Certo, nulla di nuovo, ma nemmeno nulla di patetico.
Se BB King capita dalle tue parti, vale la pena di andarlo a vedere.


Moncalvo, 12 luglio 2002.


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