il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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i sindaci dell'università

Dal medioevo all’età napoleonica, quando furono istituiti i comuni, l’ente amministrativo territoriale del regno prima di Sicilia, poi di Napoli fu l’università degli uomini liberi del territorio, retta da un sindaco e da un gruppo di eletti che rimanevano in carica dodici mesi con decorrenza, secondo il sistema indizionale, dal 1° settembre al 31 agosto dell’anno successivo. L’università di Salerno era costituita dai territori attualmente dei comuni di Salerno e di Pellezzano. Ricostruire la serie completa dei sindaci di quest'epoca è praticamente impossibile, non essendo pervenuti fino a noi che frammenti infinitesimali dell'archivio comunale; quelli qui elencati, quindi, sono solo i primi cittadini di cui è rimasta traccia.

Riccardo Veterese (1256)

 

Giovanni Matteo Grillo (1548)

Patrizio salernitano.

 

Giovanni Alfonso Yssapica (1550)

Patrizio salernitano del sedile del Campo.

 

Luigi Pinto (1° settembre 1558-31 agosto 1559)

Patrizio salernitano del sedile di Portanova.

 

Andrea Matteo Ruggi (1° settembre 1564-31 agosto 1565)

Patrizio salernitano del sedile del Campo.

 

Agostino Guarna (1° settembre 1567-31 agosto 1568)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese.

 

Decio Grillo (1° settembre 1568-31 agosto 1569)

Patrizio salernitano.

 

Francesco Antonio Tesoriero (1° settembre 1569-31 agosto 1570)

 

Giovanni Andrea Ruggi (1° settembre 1578-31 agosto 1579)

Patrizio salernitano del sedile del Campo. Nel corso della sua sindacatura, il 3 dicembre 1578, fu dato appalto a Cesare Marra di Cicerale, orologiaio, di dotare il Palazzo di Città di un orologio simile a quello già costruito per il monastero di San Nicola de la Palma.  

 

Matteo Cositore (1580)

 

Luigi Yssapica (1° settembre 1584-31 agosto 1585)

Patrizio salernitano del sedile del Campo.

 

Giuseppe Ferrara (1° settembre 1589-31 agosto 1590)

 

Tiberio del Pezzo (1° settembre 1596-31 agosto 1597)

Patrizio salernitano del sedile del Campo, barone di San Mango del Cilento e del castello di Torna, figlio di Marcantonio e di Lucrezia Muti, nobile romana. Fu procuratore del pio Monte della Misericordia di Napoli e nel 1607 acquistò per conto di papa Paolo V la tela Nostra Signora della Misericordia di Michelangelo da Caravaggio. Morirà il 24 maggio1622.

 

Orazio Prignano (1° settembre 1606-31 agosto 1607)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese.

 

Matteo Francesco del Pezzo (1609)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese, figlio di Ottaviano e di Porzia Sebastiano dei patrizi di Scala, nacque nel feudo di San Mango del Cilento. 

 

Pietro Francesco Sciabica (1° settembre 1615-31 agosto 1616)

Patrizio salernitano del sedile del Campo. Il cognome della famiglia cui appartenne questo sindaco ebbe diverse varianti nell’arco di tempo Cinquecento-Settecento. La forma più antica fu Yssapica, divenuta poi Isciapica, quindi Isciabica o Sciabica; esse non ebbero una precisa sequenza temporale, ma furono usate fra di loro frammiste, tanto che il Manoscritto Pinto, in Biblioteca provinciale di Salerno, pur essendo tardo in relazione all’estinzione della famiglia, riporta la primitiva forma Yssapica.

 

Giovanni Salato (1° settembre 1616-31 agosto 1617)

 

Lelio Grillo (1° settembre 1621-31 agosto 1622)

Patrizio salernitano del sedile del Campo.

 

Alfonso Cavaselice (1° settembre 1628-31 agosto 1629)

Patrizio salernitano del sedile del Campo.

 

Ottavio del Pezzo (1646)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese, figlio di Matteo Francesco, sindaco nel 1609, e di Laudonia dei baroni di Valva. Morirà il 15 maggio 1654.

 

Ludovico Pinto (1° settembre 1649-31 agosto 1650)

Patrizio salernitano del sedile di Portanova, barone di San Martino, figlio di Emilio e di Ippolita Tomasi. Morirà il 20 agosto 1697.

 

Matteo del Pezzo (1° settembre 1669-31 agosto 1670)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese, figlio di Ottavio, sindaco nel 1646, e di Girolama de Palearea, patrizia salernitana dello stesso sedile. Nel corso del suo mandato, il 29 marzo 1670, su sua sollecitazione, l’arcivescovo Gregorio Carafa decretava la demolizione dell'antica chiesa parrocchiale di San Grammazio, ufficialmente per l’inadeguatezza della struttura, in realtà per permettere ai gesuiti la creazione del largo attualmente Abate Conforti davanti alla loro chiesa del Gesù. Morirà il 24 marzo 1687. 

 

Ottavio del Pezzo (1695)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese, figlio di Matteo, sindaco 1669-1670, e di Eleonora del Tufo dei patrizi di Aversa, nacque il 16 marzo 1670.

 

Donato Siviglia (1° settembre 1696-31 agosto 1697)

 

Domenico Siviglia (1° settembre 1706-31 agosto 1707)

 

Angelo Alfano (1° settembre 1724-31 agosto 1725)

 

Gennaro Mazza (1° settembre 1751-31 agosto 1753)

Contrariamente alla norma, alla scadenza del 31 agosto 1752 la carica fu rinnovata a lui e a tutti gli eletti con dispaccio regio, per il buon governo, ed a cagione di proseguire il porto, la cui costruzione era stata avviata nel corso del primo mandato.

 

Matteo Gaeta (1° settembre 1753-31 agosto 1754)

 

Ignazio Alfano (1° settembre 1755-31 maggio 1756)

Morì settantottenne il 1° giugno 1756 e fu sepolto nella chiesa della Santissima Annunziata. Gli supplì fino all'elezione successiva il primo eletto civile Francesco Perito.

 

Matteo Amodio (1° settembre 1757-31 agosto 1759)

Contrariamente alla norma, alla scadenza del 31 agosto 1758 la carica fu rinnovata a lui e a tutti gli eletti.

 

Aniello de Vicariis (1° settembre 1759-31 agosto 1760)

Patrizio salernitano del sedile di Portanova, figlio di Francesco de Vicariis Valva, marchese di Santa Lucia per successione alla madre Vittoria de Rossi. Morirà il 17 giugno 1773.

 

Andrea de Vivo (1° settembre 1760-31 agosto 1761)

 

Matteo del Pezzo (1° settembre 1761-31 agosto 1762)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese, figlio di Ottavio, sindaco nel 1695, e di Lucrezia de Luna d'Aragona, patrizia napoletana.

 

Francesco de Vicariis Carrara (1° settembre 1765-31 agosto 1766)

Patrizio salernitano del sedile di Portanova, figlio di Giuseppe e di Teresa Carrara, nacque nella parrocchia di Santa Maria de Alimundo il 9 novembre 1724.

 

Gerardo Copeta (1° settembre 1766-31 agosto 1767)

Matteo Amodio (1° settembre 1768-31 agosto 1769)

Antonio Cavaselice (1° settembre 1769-31 agosto 1770)

Patrizio salernitano del sedile del Campo, marchese di San Mango. Resse l'Università ufficialmente come prosindaco in sostituzione del marchese Gurgo, che aveva rinunciato alla carica subito dopo la designazione.

Ferdinando Ferrara (1° settembre 1770-31 agosto 1771)

Gerardo Guida (1° settembre 1776-31 agosto 1777)

Francesco de Vicariis (1° settembre 1777-31 agosto 1778)

Patrizio salernitano del sedile di Portanova.

 

Domenico Giannattasio (1° settembre 1778-31 agosto 1779)

In realtà, era stato designato sindaco Giovanni Barra, ma egli morì il 31 agosto 1778, il giorno prima del suo insediamento, per cui la carica andò al Giannattasio che era stato designato capo eletto.

 

Tommaso Mantenga (1° giugno 1782-31 agosto 1783)

Contrariamente alla norma, per ordine reale, si fece l'elezione del nuovo sindaco il 13 maggio 1782, anticipato a cagione delle Annone da farsi.

 

Matteo Cavaselice (1° settembre 1799-31 agosto 1800)

Patrizio salernitano del sedile del Campo. Morirà il 14 marzo 1808.

 

Enrico Lembo (1° settembre 1804-31 agosto 1805)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese.

 

Andrea Galdo (1° settembre 1805-31 agosto 1806)

Del casale di Coperchia, che per effetto della prossima riforma del periodo napoleonico entrerà a far parte del comune di Pellezzano.

 

Giovanni Angelo Forte (1° settembre 1806-9 maggio 1807)

Quando fu eletto, Giuseppe Bonaparte già era stato creato dal fratello Napoleone re di Napoli, i francesi erano entrati nella Capitale il 4 febbraio e il 18 luglio si era arresa la fortezza di Gaeta, ultimo caposaldo borbonico. Forse la fine anticipata del suo mandato fu dovuta alla sua fede per la dinastia sospesa dalla storia; certo è che dopo di lui la durata dei mandati non seguirà più il sistema indizionale.

 

Luigi Rinaldi (10 maggio 1807-settembre 1807)

Il 9 maggio 1807 si conclude la contabilità del cassiere del comune per l’amministrazione precedente. Del 10 maggio è il primo mandato di pagamento a firma del nuovo sindaco Luigi Rinaldi; del 1° settembre dello stesso anno è l’ultimo.

 

Francesco Saverio d’Avossa (ultimi mesi del 1807-alcuni mesi del 1808)

Figlio di Michele e di Isabella Rispoli, era nato il 3 febbraio 1774 in parrocchia di Santa Maria dei Barbuti. Nel dicembre del 1807, sostenne, inutilmente, l'arcivescovo Pinto nel tentativo di scongiurare la soppressione del monastero domenicano di Santa Maria della Porta.

 

Domenico Maria Carrara (fino al 13 agosto 1808)

Della famiglia patrizia di Monte Corvino portatasi in Salerno nella seconda metà del Seicento e qui ascritta al sedile del Campo, nacque il 19 aprile 1752 da Giacomo Antonio e da Cecilia Naccenna nel palazzo in largo Carrara, lungo via dei Mercanti. Successore di Francesco Saverio d’Avossa, firma un atto il 21 giugno 1808. Morirà nel 1822.

 

Giovanni Pacifico (14 agosto 1808-17 giugno 1809)

 

i sindaci del comune preunitario

 

Timbro del comune

in epoca napoleonica

 

Timbro del comune

al ritorno dei Borbone

Marciano Rinaldo (18 giugno 1809-31 dicembre 1810)

Nel corso del suo mandato fu soppressa l'università e costituito il comune.

 

Francesco Saverio d’Avossa (1° gennaio 1811-31 dicembre 1811)

Per lui un secondo mandato dopo quello di pochi mesi a cavallo fra il 1807 e il 1808. Morirà il 5 novembre 1845.  

 

Andrea Lauro Grotto (1° gennaio 1812-31 maggio 1813)

 

Ignazio Panza (1° giugno 1813-31 dicembre 1814)

 

Luigi Rinaldo (1° gennaio 1815-4 giugno 1816)

Nel corso della sua sindacatura, il 20 maggio 1815, sul trono di Napoli ritornano i Borbone. Fra il 16 marzo 1816 e il termine del mandato gli atti amministrativi e di Stato Civile sono firmati dal secondo eletto, Raffaele Rota, come pro sindaco; lo stesso Rota firma atti di Stato Civile il 5 giugno, primo giorno di Gennaro Maza.

 

Gennaro Maza (5 giugno 1816-30 giugno 1820)

Patrizio salernitano del sedile di Portanova. Presumibilmente il suo mandato avrebbe dovuto avere termine il 19 giugno 1820, poiché il giorno 20 di quel mese il suo successore firma il suo primo atto amministrativo; per motivi che sfuggono, anch’egli firma un atto amministrativo quel giorno e anche il successivo giorno 30 qualificandosi Sindaco. Da notarsi che fra il 22 giugno e 4 luglio compaiono anche atti a firma dal secondo eletto, Raffaele Rota, nella qualità di funzionante da Sindaco. Nel corso del suo mandato, nel dicembre 1819, dal territorio che fu dell'antica università è distaccato il nuoco comune di Pellezzano.

 

Marciano Rinaldo (20 giugno 1820-31 agosto 1821)

Presumibilmente il suo mandato avrebbe dovuto aver inizio il 20 giugno 1820, giorno in cui firma il suo primo atto amministrativo; per motivi che ci sfuggono anche il suo predecessore firma un atto amministrativo quel giorno e anche il 30 successivo qualificandosi Sindaco. Da notarsi che fra il 22 giugno e 4 luglio compaiono anche atti a firma dal secondo eletto, Raffaele Rota, nella qualità di funzionante da Sindaco.

 

Andrea Lauro Grotto (1° settembre 1821-31 maggio 1823)

 

Giacomo Maria Carrara (1° giugno 1823-31 marzo 1826)

Della famiglia patrizia di Monte Corvino portatasi in Salerno nella seconda metà del Seicento e qui ascritta al sedile del Campo, figlio di Domenico Maria, sindaco nel 1808, e di Maria Celli dei duchi di Frisia, nacque nel 1778. Morirà l'8 marzo 1858. Nei mesi da aprile a ottobre 1826 il comune fu retto da Camillo Giannattasio, che firma gli atti amministrativi e di Stato Civile qualificandosi 2° Eletto facente funzioni da Sindaco

 

Gennaro Vernieri (1° novembre 1826-9 giugno 1827)

Dopo la parentesi dell’amministrazione di Camillo Giannattasio, 2° Eletto facente funzioni da Sindaco, il cui ultimo atto è del 31 ottobre 1826, il novembre compare il primo a firma di Gennaro Vernieri; l’ultimo sarà del 9 giugno 1827. Quindi ricompare lo stesso secondo eletto, ma questa volta sottoscrive Pel Sindaco impedito.

 

Amodio Zambrano (10 giugno 1827-10 gennaio 1829)

Presumibilmente per motivi di salute, alla data dell’investitura non fu in grado di intraprendere le funzioni di amministratore, per cui fra il 15 giugno e il 3 agosto 1827 fu sostituito da Camillo Giannatasio, che sottoscrive gli atti Il 2° Eletto Pel Sindaco impedito.

 

Mariano del Pezzo (11 gennaio 1829-7 novembre 1830)

Patrizio salernitano del sedile di Porta Rotese, nacque nel 1774 da Ottavio e da Maria Anna Granito dei marchesi di Castellabate. Dal 26 settembre all’8 novembre 1830 gli atti amministrativi sono a firma del secondo eletto Matteo Battista Bottigliero Pel Sindaco in permesso. Lo stesso 8 novembre compare il primo atto sottoscritto dal successore. Morirà il 19 dicembre 1834.

 

Giacomo del Plato (8 novembre 1830-31 gennaio 1832)

 

Silvestro Izzo (1° febbraio 1832-28 marzo 1835)

Nativo di Nocera, laureato in legge, fra il 1809 e il 1818 fu patrocinatore legale a Salerno presso l’avvocato Ludovico Pinto, prima di aprire un proprio studio. Nonostante fosse sospettato di essere stato fra i simpatizzanti salernitani della rivolta del 1820 che costrinse Ferdinando I a concedere la costituzione, la sua designazione a sindaco di Salerno, per il triennio 1832-1834, fu approvata con Real decreto del 12 ottobre 1831. Il 15 novembre 1834, con voto unanime del Decurionato, fu confermato per un altro triennio, ma poi rinunciò aspirando alla carica di consigliere presso l’Intendenza di Principato Citeriore.

 

Giovanni Centola (30 marzo 1835-18 agosto 1838)

 

Domenico Giannatasio (19 agosto 1838-28 febbraio 1841)

Figlio di Bernardo, avvocato. La sua designazione è approvata con Real decreto del 29 maggio 1838, seguito il 17 agosto dal giuramento nelle mani dell’intendente. Il 19 agosto il sindaco uscente, Giovanni Centola, lo insedia nella carica.

 

Giuseppe Ram (1° marzo 1841-14 gennaio 1844)

Nato a Napoli da Francesco, che sarà a Salerno cancelliere della Corte criminale, e da Concetta Casella, avvocato, cinquantaduenne all’atto della candidatura il 23 agosto 1840. La sua designazione è approvata con Real decreto del 17 gennaio 1841; il giuramento nelle mani dall’intendente risulta già avvenuto il 1° marzo. Morirà il 16 aprile 1851.

 

Pasquale Borrelli (15 gennaio 1844-31 dicembre 1846)

Figlio di Vincenzo, avvocato, originario di Rutino, cinquantenne all’atto della candidatura il 22 ottobre 1843. La sua designazione è approvata con Real decreto del 27 dicembre successivo, seguito il 13 gennaio 1844, verso le ore dodici di Francia, dal giuramento nelle mani dell’intendente. Il 15 gennaio segue l’insediamento.

 

Matteo Rinaldo (1° gennaio 1847-22 aprile 1848)

Figlio di Pietro, avvocato, quarantenne all’atto della candidatura il 2 agosto 1846. La sua designazione è approvata con Real decreto del 9 dicembre successivo, seguito il giorno 29 dal giuramento nelle mani dell’intendente. Il 1° gennaio 1847 avviene l’insediamento. Il 4 aprile 1848 si lamenta con l’intendente di essere afflitto da reumatismi e da cronica malattia epatica con andamento nella circolazione, come da certificato medico allegato, per cui chiede un mese di congedo dalla carica in attesa che il ministero dell’Interno accetti le sue dimissioni; cosa che avviene il 19 seguente. Dal 23 aprile all’insediamento del successore il comune sarà retto da Donato de Majo, avvocato, 2° Eletto facente funzioni da Sindaco.

 

Gennaro Nola (23 ottobre 1848-24 ottobre 1849)

Figlio di Luigi, avvocato. La sua designazione è approvata con Real decreto del 5 ottobre 1848, seguito il giorno 21 dal giuramento nelle mani dell’intendente. Il 23 avviene l’insediamento. Dal 25 ottobre 1849 sarà sostituito da Donato de Majo, 2° Eletto facente funzioni da Sindaco. Successivamente sarà consigliere d’Intendenza.

 

Giuseppe Farina (4 aprile 1850-11 agosto 1853)

Figlio di Luigi, avvocato, cinquantaduenne all’atto della candidatura il 4 novembre 1849; una nota informativa di lui dice che Negli sconvolgimenti politici del 1848 tenne regolare condotta. Esercita la professione legale. Si reputa onesto. La sua designazione è approvata con Real decreto del 6 marzo 1850, seguito il 4 aprile dal giuramento nelle mani dell’intendente. Quello stesso giorno avviene l’insediamento. Il 1° agosto 1852 si propone la sua conferma per il triennio successivo, ma egli rifiuta, per cui si nomina Federico Vernieri, la cui designazione è approvata con Real decreto del 6 aprile 1853; ma il 16 giugno successivo Giuseppe Farina, che si firma il Sindaco di finito impegno, protesta con l’intendente perché il Vernieri sta procrastinando il possesso della carica... dimostrando di essere suddito poco fedele. In realtà, il successore designato non assumerà mai la carica tant’è che dal 12 agosto 1853 Farina sarà sostituito dal 2° Eletto facente funzioni da Sindaco Gesualdo Casalbore. Su questi, il 22 novembre 1852, quando lo si proponeva, appunto, per la carica di secondo eletto, fu prodotto un rapporto di polizia che definiva la sua condotta Buona, Essendosi dimostrato sempre indifferente.

 

Giovanni Maria Ruggi d’Aragona (19 gennaio 1854-2 febbraio 1856)

Figlio di Giuseppe e di Chiara Angela Invitti, marchese, patrizio salernitano del sedile del Campo, nacque a Napoli nel 1807. Il 24 ottobre 1853 il Re accoglie la rinuncia di Federico Vernieri ad essere investito della carica di sindaco di Salerno; in pari data approva la designazione di Giovanni Ruggi d’Aragona. Ma anch’egli appare restio ad espletare il mandato, tant’è che il 22 dicembre l’Intendenza lo condanna al pagamento di una multa di sei ducati da versarsi a favore dello stabilimento delle trovatelle da istallarsi in Cava; in realtà, il marchese Giovanni non pagherà mai questi sei ducati, poiché la multa gli verrà condonata a seguito di una sua supplica del 27 agosto 1856, a mandato sindacale ormai espletato. Il 10 ottobre 1855 Giovanni Ruggi era stato proposto per un nuovo mandato, dopo che i tre candidati prescelti, fra cui Errico Bottiglieri che poi sarà il successore, parevano restii ad assumere la carica; nell’occasione è descritto quarantottenne, proprietario, di istruzione sufficiente. Sarà, a titolo privato, il fondatore del secondo ospedale cittadino poi denominato Ruggi d'Aragona. Morirà il 18 luglio 1870.

La vicenda di questa multa suggerisce una piccola riflessione sui costumi dei tempi. Evidentemente, alla metà dell’Ottocento il comminare multe non era utilizzato come mezzo per impinguare le casse comunali o dello Stato, ma soltanto per richiamare all’ordine i cittadini.

 

Errico Bottiglieri (3 febbraio 1856-18 luglio 1857)

Figlio di Felice, ricevitore di fondiaria, e di Teresina Longo, nacque il 15 luglio 1817 a Porta di Mare. All’atto della candidatura, il 5 agosto 1855, è definito di istruzione sufficiente. Un rapporto di polizia, Osservazioni sulla condotta, del 22 novembre 1852, quando lo si proponeva come eletto, lo definiva Attendibile in Politica. Un nuovo rapporto, datato 3 settembre 1855, di lui dice che è un Guardia d’onore, giovane dedito al gioco, e la sua casa è frequentata da persone di ogni sorta di colori, di poca influenza pubblica; ma di diverso avviso appare l’arcivescovo Marino Paglia, infatti scrive come [Errico Bottiglieri, fra i tre candidati a sindaco] sia degno della preferenza, come colui che alla perizia e intelligenza delle cose unisce una sveltezza nella esecuzione de’ doveri annessi alla carica. Il 26 gennaio 1856 il Re approva la sua designazione. Seguono, il 3 febbraio, il giuramento e l’insediamento. Già posto in concedo per motivi di salute, il 18 luglio 1857, con Reale rescritto, si accoglie la sua rinuncia al mandato. Dal giorno successivo è sostituito dal 2° Eletto facente funzioni da Sindaco Vincenzo Pierri, poi da Giuseppe Vietri con la stessa qualifica.

 

Pietro Maria Alfani (8 marzo 1858-4 aprile 1860)

Figlio di Giovanni Alfonso, avvocato, originario di San Cipriano Picentino. La sua candidatura è decisa d’ufficio dall’intendente di Principato Citeriore il 14 gennaio 1858. Il 23 febbraio il Re approva la designazione. L’8 marzo avviene il giuramento e l’insediamento. Dal 5 aprile 1860 sarà sostituito dal 2° Eletto facente funzioni da Sindaco Emiddio Lanzara.

 

Sergio Pacifico (4 agosto 1860-23 luglio 1861)

Figlio di Giovanni, avvocato. All’avvio del suo mandato era già iniziata l’avventura dei garibaldini, sbarcati a Marsala l’11 maggio; il 6 settembre saranno a Salerno e il Cittadino Sindaco riceverà comunicazioni dal comando della guarnigione in città su carta intestata In Nome di Vittorio Emanuele, Re d’Italia, e del generale Giuseppe Garibaldi, Dittatore. Immediatamente, soppressa l’Intendenza, è in attività il Governo Civile e Amministrativo della provincia del Principato Citeriore in attesa dell’istituzione delle prefetture. Il 15 di quello stesso mese Pacifico, seguendo quanto andavano facendo i vertici delle amministrazioni locali e degli enti provinciali, scrive al governatore: Signore, Per l’uso di risulta mi onoro inviarle l’atto Decurionale attinente all’adesione fatta da questo Municipio all’Unità Italiana sotto lo scettro del Magnanimo Re d’Italia Vittorio Emanuele, e la Dittatura del Glorioso Gen.e Giuseppe Garibaldi. Il documento non reca alcun timbro comunale, né il vecchio, con lo stemma borbonico, né il nuovo, con quello sabaudo. Del 23 luglio 1861 saranno gli ultimi atti a firma del secondo eletto Emiddio Lanzara Pel Sindaco in permesso; il successivo giorno 25 comparirà la nuova figura dell’Assessore facente funzioni da Sindaco nella persona di Gaetano Natella; contestualmente, per i timbri ufficiali, l’entità territoriale non sarà più il comune, ma il municipio.

 

i sindaci del municipio postunitario

 

Timbro del municipio all'avvento

dei Savoia, con firma di Matteo Luciani

Matteo Luciani (6 gennaio 1862-24 gennaio 1874)

Figlio di Gregorio, medico, e di Vittoria de Cositore, nacque il 23 gennaio 1812; fu medico. Per poco meno di un quarto di secolo fu il dominatore della vita amministrativa della città, rimanendo figura di riferimento sullo sfondo delle vicende anche nei due interludi alla sua attività. Sindaco per decreto prefettizio del 24 dicembre 1861, dopo che l’amministrazione da lui condotta si era resa benemerita per l’illuminazione a gas delle strade, la realizzazione di fontane e giardini, l’edificazione del teatro, fu posto termine alla sua esperienza per dissapori con il prefetto e per l’ostilità del clero, con il quale entrò in conflitto per il suo atteggiamento contrario alla processione di san Matteo; infatti, il 4 settembre 1869, al prefetto, che gli chiedeva la sua opinione sulla risposta da darsi ai deputati alla festa del Santo che chiedevano il ripristino della processione per le vie cittadine da tempo soppressa, scriveva che la completa separazione tra le solennità civili e le religiose è un fatto ormai entrato nelle abitudini di questa popolazione, la quale da vari anni è avvezza a veder queste ultime non estendersi al di là del recinto dei templi, dove gli atti di culto devono avere la propria sede.

Nel corso del suo mandato, 1l 17 novembre 1871, il Comune emise cedole obbligazionarie fruttifere al 5% per un milione di lire.

 

Al suo posto, fu nominato un Regio delegato al Municipio, nella persona di Giacomo Giletti, che il 7 maggio 1874 insedierà il nuovo Consiglio municipale. Il 31 ottobre 1876 ritroviamo Matteo Luciani presidente della Associazione Costituzionale della provincia, di orientamento progressista.

 

Nicola Petrosino (21 gennaio 1875-5 gennaio 1876)

Avvocato, fu sindaco per decreto del 21 gennaio 1875, dopo che, dal 7 maggio 1874, era stato assessore facente funzioni. Dopo di lui, per una ventina di giorni nel gennaio 1876, ebbe la responsabilità del municipio l’avvocato Emiddio Lanzara, anch’egli assessore facente funzioni.

 

Giuseppe Centola (26 gennaio 1876-6 gennaio 1877)

Figlio di Giovanni, medico, e di Benedetta de Bartolomeis, nacque il 18 settembre 1848. Avvocato, fu sindaco per decreto del 26 gennaio 1876 e dal 9 gennaio al 7 marzo 1877 Regio delegato straordinario. Gli successero, quali assessori facenti funzione, l’ex sindaco Nicola Petrosino; l’avvocato Silvio Mauro, ex camicia rossa; Vincenzo Capone.

 

Matteo Luciani (16 febbraio 1879-19 settembre 1882; 5 aprile 1884-28 giugno 1886)

Finalmente, con l’elezione del 6 novembre 1878, Luciani ritorna quale assessore facente funzioni fino alla convalida regia che dal 16 febbraio dell’anno successivo gli darà la piena funzionalità. Ammalatosi nell’autunno del 1880, dal 16 novembre di quell’anno al 28 luglio del successivo sarà sostituito dal facente funzioni avvocato Enrico Messina. Ritornato al suo compito, alla fine del mandato, nel settembre 1882, rifiuta di essere proposto per la conferma, per cui riprende il balletto dei facenti funzione, prima l’avvocato Francesco Paolella, poi, per tredici giorni fra l’ottobre e il novembre 1883, l’ex sindaco Giuseppe Centola. Intanto il prefetto, di propria iniziativa, ottiene dal Re, con data 3 novembre 1883, la nomina a sindaco per il dottor Gennaro de Crescenzo, ma egli non sarà riconosciuto dal Consiglio comunale, per cui lo stesso prefetto lo dichiarerà decaduto agli inizi del mese successivo. Arriva allora un nuovo Regio delegato straordinario nella persona di Francesco Frate, in carica fra il 9 dicembre 1883 e il 30 marzo 1884.

La soluzione della crisi non poteva che risiedere nel richiamare Matteo Luciani. Egli, ancorché malato, non oppose un nuovo rifiuto, per cui operò ancora fino al 28 giugno 1886, prima che le condizioni di salute lo costringessero a ricorrere al facente funzioni dottor Luigi Liguori, che opererà fino al 12 novembre 1887, e ad abbandonare definitivamente la vita pubblica. Intanto, era divenuto senatore del Regno nella XV legislatura con nomina del 26 novembre 1884 convalidata il 13 dicembre successivo. Morirà l’11 settembre 1888. 

 

 

Giuseppe Centola (11 dicembre 1887-22 luglio 1893)

Facendo gli scongiuri contro un possibile, ma improbabile, ritorno del Luciani, riprese il ruolo lasciato più di un decennio prima con decreto dell’11 dicembre 1887, a seguito di proposta del prefetto del 20 novembre, dopo essere stato assessore facente funzioni per poco meno di un mese. Nel 1889 entrò in vigore la legge per cui il sindaco non fu più di proposta prefettizia e nomina regia, ma elettivo dal Consiglio municipale; quindi Centola fu confermato il 16 novembre di quell’anno.

Nelle elezioni del 9 luglio 1893 la sua parte politica risulta vincitrice, ma con un concorso alle urne intorno ad un quarto degli aventi diritto, per cui Centola, interpretando il dato come atto di sfiducia, il giorno 12 rassegna le dimissioni che saranno accettate dal Consiglio municipale il 22.

Durante l’ultima fase del suo mandato, il 23 aprile 1893, era stato inaugurato il primo servizio cittadino di omnibus con percorso dalla stazione ferroviaria al teatro Verdi e viceversa, in coincidenza con gli arrivi e le partenze dei treni.

 

Luigi Liguori (1° settembre 1893-26 luglio 1895)

Figlio di Francesco, possidente, e di Rosa d’Auria, nacque il 9 gennaio 1839. Medico, nicoterino come il predecessore, dopo le dimissioni di questi fu assessore facente funzioni, quindi fu eletto sindaco il 1° settembre 1893 con venticinque voti, essendo presenti trentadue consiglieri sui quaranta componenti il Consiglio municipale. La sua elezione fu accolta con satira feroce dal giornale cittadino La Frusta. Fu dimissionario per una decina di giorni nell’ottobre 1893 e definitivamente nel maggio 1895, rimanendo in carica per gli affari correnti fino al 26 luglio. Morirà il 1° maggio 1902.

 

Andrea de Leo (27 luglio 1895-13 agosto 1903)

Figlio di Giuseppe, cancelliere del Giudicato Regio, e di Paola Napodamo, nacque a Sala Consilina il 9 dicembre 1849. Avvocato, socialista, guidò una giunta che arrivò a disporre del sostegno di trenta consiglieri sui quaranta componenti il Consiglio municipale. Nel 1900, in occasione dell’assassinio di Umberto I (29 luglio), fu oggetto di feroci attacchi da parte del giornale cittadino L’Irno, di parte radicalmente monarchica, per un suo presunto atteggiamento scarsamente luttuoso. Risultata sconfitta la sua parte politica nelle elezioni per il rinnovo di parte del Consiglio municipale del 22 giugno 1902, rassegnò le dimissioni, ma il 4 settembre, con trentadue voti su trentasette consiglieri presenti e votanti, gli sarà chiesto di rimanere alla guida dell’amministrazione. Sarà definitivamente dimissionario il 2 agosto 1903, con accettazione da parte del Consiglio municipale del 13 successivo. Sarà poi presidente del Consiglio provinciale. Morirà il 7 gennaio 1915.

Nel corso del suo mandato, nonostante vari progetti posti in essere, rimase irrisolto l’annoso problema di una efficacia difesa della spiaggia dall’erosione marina. Fra i fatti di cronaca, il 29 maggio 1897, nella chiesa sconsacrata della Maddalena, si ebbero per la prima volta in città gli esperimenti del cinematografo.

 

Lorenzo Cavaliero (13 agosto 1903-15 ottobre 1910)

Figlio di Diego, possidente, e di Luigia Ferrara, nacque a Montecorvino Pugliano il 10 gennaio 1853. Avvocato, definito amico dal giornale cittadino L’Irno in opposizione agli avversari socialisti, era stato funzionante da Sindaco durante le dimissioni di Andrea de Leo nel 1902. Dopo la prima elezione, fu confermato sindaco il 10 luglio 1905 e il 25 luglio 1910. Diede le dimissioni l’11 ottobre 1910, accolte dal Consiglio il 15, ufficialmente per motivi familiari e di salute, in effetti per essere stato il suo congedo annuale interpretato come un allontanamento improvvido in occasione di alcuni casi di malattie infettive.  

Nel corso del suo mandato, il 10 ottobre 1905, la giunta provinciale approvò la deliberazione del Consiglio comunale per l’illuminazione elettrica della città da assumersi dalla Compagnia napoletana del gas per l’annuo canone di lire 40.000, con l’obbligo di fornire 85 lampade ad arco e 220 ad incandescenza. I lavori si eseguiranno entro i quattro mesi successivi.

 

Francesco Quagliariello (3 novembre 1910-20 giugno1920)

Figlio di Matteo, magazziniere, e di Rosa di Costanzo, nacque il 28 giugno 1855. Avvocato, dopo le dimissioni di Lorenzo Cavaliero e una breve reggenza del facente funzioni Ernesto Ricciardi, fu eletto il 3 novembre 1910 con una maggioranza non esaltante di ventitre voti sui quaranta consiglieri componenti l’assise municipale; infatti la sua giunta sarà messa in minoranza, con conseguenti dimissioni, il 13 luglio 1912 su una questione di urbanistica.

A questo episodio è legata la singolare vicenda del giornale cittadino Salerno Nuova. Questi era nato nel settembre 1910 con lo scopo dichiarato di essere, come recitava il suo sottotitolo, organo amministrativo del partito di opposizione, prima a Cavaliero, poi a Quagliariello. Dal numero del 25 luglio 1912, sicuro di una vittoria della propria parte politica nelle elezioni che si annunciavano, e quindi di divenire organo della maggioranza, tolse dalla testata quel sottotitolo. In realtà, le elezioni, fissate per il 6 ottobre sotto la gestione del commissario prefettizio dottor Emilio d’Eufemia (designato dal prefetto il 13 agosto), videro una nuova affermazione della lista guidata da Quagliariello; per reazione a tanto, il 10 ottobre 1912 il giornale addirittura cessa la pubblicazione.       

Il 19 ottobre il nuovo Consiglio municipale rielegge Francesco Quagliariello; sarà riconfermato il 16 luglio 1914. Dimissionario con l’intera giunta il 23 maggio 1920, rimane in carica fra alterne vicende fino al 20 giugno, quando è sostituito dall’avvocato Matteo Rossi in qualità di pro-sindaco. Lo ritroveremo il 6 gennaio 1924 nella funzione di presidente dell’assemblea fascista che designa il direttorio della sezione cittadina.

Nel corso del suo primo mandato, il 16 giugno 1912, fu inaugurato il monumento ai martiri salernitani delle guerre di indipendenza, oggi comunemente detto statua della libertà, opera di Gaetano Chiaromonte, sorto per l’impegno profuso fin dal 1902 da un comitato promosso dall’avvocato Gennaro d’Avossa. L’occasione non mancò di suscitare furiose polemiche. Il 20 giugno Salerno Nuova scriveva: La visione di quella possente figura femminile, libera di veli su cui lo sguardo riposa e la mente ricorda, canti l’eterno inno alla vita rigogliosa e prospera come quel seno forte ed eretto a mò di sfida e serva di incitamento e di sprone per la generazione presente che conserva nei suoi centri nervosi la feconda attività dei padri gloriosi. Il 1° luglio Il Buon Senso (organo diocesano), riprendendo uno scritto di Giovanni Lanzalone, definiva la statua la donnaccia ignuda e ne chiedeva la rimozione.

 

Francesco Galdo (8 novembre 1920-26 gennaio 1923)

Figlio di Andrea, possidente, e di Teresa Sica, nacque a Baronissi, in casa del nonno materno, ancorché la famiglia risiedesse a Salerno, il 12 aprile 1858. Avvocato, entrò nell’amministrazione comunale raggiungendo la carica di segretario generale; ritiratosi nel 1911 esercitò la professione forense. Politicamente contiguo al suo predecessore, fu eletto consigliere nella lista Fascio liberale, risultata vincitrice nelle elezioni del 24 ottobre 1920 in opposizione alla lista socialista.

Il nuovo Consiglio tiene la prima seduta lunedì 8 novembre sotto la presidenza di Matteo Rossi, assessore anziano della precedente Amministrazione. Su trentanove consiglieri presenti votano in trentotto, astenendosi Galdo in quanto candidato; risulta eletto con ventinove voti contro nove schede bianche, di cui otto dei socialisti e una di un dissidente della maggioranza. Morirà improvvisamente il 26 gennaio 1923.

Durante il suo mandato, il 30 ottobre 1922, è costituito il 1° governo Mussolini. L’occasione è sottolineata da un suo significativo telegramma: Presento a Vostra Eccellenza ed al Real Governo il saluto augurale di questa Amministrazione e cittadinanza, fiduciose che libertà ordinata sicura fattiva rinsaldi ed esalti la Unità Nazionale. Sindaco Galdo; tanto non gli eviterà, in occasione della morte, la definizione di avversario politico da parte del giornale cittadino L’Idea Fascista.

 

Alfredo Capone (14 febbraio 1923-11 gennaio 1924)

Figlio di Vincenzo e di Teresa d'Errico, avvocato, nacque il 17 ottobre 1872. Vice sindaco con Francesco Galdo, ne fu il naturale supplente fino alla seduta del Consiglio comunale del 14 febbraio 1923 che lo elegge ufficialmente. Sono presenti ventinove consiglieri di cui ventotto votanti; risulta eletto con venticinque voti contro tre schede bianche. Nel discorso di insediamento si dichiara libero da ogni vincolo di partito, non ligio ad alcuna persona, non dominato da particolari interessi o ambizioni. Si dimetterà con l’intero Consiglio a seguito di un atto di intimidazione fascista del 6 gennaio 1924. Secondo una informativa della questura di dieci anni dopo, non aderì mai al partito di regime.

 

Alfredo Capone, disegno di Guglielmo Beraglia, 1923

 

Con le dimissioni della giunta Capone e dell’intero Consiglio inizia in città, almeno dal punto di vista amministrativo, l’era fascista, poiché si susseguiranno quattro commissari prefettizi, nelle persone di Michele Falvella, designato proprio quel 6 gennaio 1924 nel direttorio fascista della città (12 gennaio-7 settembre 1924); Marcellino Lamarque, funzionario del Ministero degli Interni (8 settembre 1924-11 febbraio 1925); Angelo de Feo, già viceprefetto a Perugia (12 febbraio 1925-17 luglio 1926); Francesco Falcetti, già viceprefetto in città (18 luglio-23 dicembre 1926). Quindi, in applicazione della legge 3 settembre dello stesso anno, sarà designato il primo podestà.

 

i podestà

Durante il periodo fascista gli organi democratici dei comuni furono soppressi e tutte le funzioni in precedenza svolte dal sindaco, dalla giunta e dal consiglio comunale furono trasferite ad un podestà, nominato con Regio decreto per cinque anni e in ogni momento revocabile.

La filosofia ispiratrice della riforma è bene espressa in un discorso del ministro Rocca, che il giornale cittadino Riscossa fascista (diretto da Mario Jannelli che poi sarà il secondo podestà cittadino) il 5 settembre 1925 definiva felicissimo riportandone una parte significativa: mentre la democrazia ha creduto di affidare il Governo nelle mani della moltitudine, il Fascismo vuole che il Governo sia nelle mani di uomini capaci di sollevarsi al di sopra delle considerazioni dei propri interessi e di realizzare gli interessi della collettività. E, come per il Governo dello Stato, noi siamo convinti che l’Amministrazione degli Enti locali debba essere sottratta al “popolo sovrano”, cioè a persone incompetenti, che spesso sono inconsapevoli strumenti nelle mani di qualche politicante locale, intrigante e irresponsabile. Uno sia l’amministratore, competente e responsabile: il Podestà, funzionario governativo, alla diretta dipendenza del regime Fascista!

 

Carta intestata del municipio

in era fascista

 

 

 

Antonio Conforti (24 dicembre 1926-27 aprile 1929)

Figlio di Carlo e di Margherita Amato, nacque il 18 aprile 1893. Definito agricoltore industriale in una nota informativa redatta in previsione della sua nomina, fu podestà per decreto del 16 dicembre 1926 seguito dal giuramento e dall’insediamento il 24 successivo. Cesserà dall’incarico in quanto designato preside della provincia. Gli succederanno i commissari Fabio Valente, già consigliere di prefettura (28 aprile 1929-21 agosto 1930), e Antonio Antonucci, già viceprefetto (22 agosto 1930-31 marzo 1931).

Nel corso del mandato di Conforti e dei commissari suoi successori fu dato l’avvio ad una serie di opere pubbliche vagheggiate da tempo, ma mai nel concreto iniziate: il Palazzo delle Poste e quello di Città, l'edificio del Liceo Toequato Tasso, l’ingresso monumentale del cimitero. L’8 febbraio 1931 fu inaugurata la nuova sede della Banca d’Italia al corso Vittorio Emanuele.

 

Mario Jannelli (1° aprile 1931-25 gennaio 1935)

Nacque a Tricarico (Matera) l’11 gennaio 1892. Avvocato in Salerno, fu segretario federale dei Fasci della provincia, direttore di organi di stampa cittadini quali Idea fascista e Riscossa fascista, deputato, console della Milizia. Il 21 marzo 1929 il podestà suo predecessore gli conferì la cittadinanza onoraria di Salerno. Dopo essere stato podestà della nostra città, sarà sottosegretario alle comunicazioni. Processato nel dopoguerra per il suo passato di gerarca, passò al Partito Monarchico Popolare del quale fu segretario nazionale. Morirà nel luglio 1958.

A suo mandato appena iniziato, il 21 aprile 1931, natale di Roma, iniziarono i lavori per la costruzione del Palazzo di Giustizia. Nell’ottobre 1932 furono inaugurati il Palazzo delle Poste e il Palazzo degli Studi, oggi liceo Tasso.

 

Manlio Serio (26 gennaio 1935-24 agosto 1943)

Avvocato, nell’agosto 1931 era stato nominato nella consulta municipale di Salerno per il sindacato professionisti e artisti. Con lui la figura del podestà perde lo smalto esibito sopratutto con Jannelli ed è progressivamente oscurata da quelle del prefetto e del federale. Il 12 aprile 1936, inaugurandosi il Palazzo di Città, non pare ricoprire il ruolo di rilievo proprio del padrone di casa; il 25 novembre 1939, annunziando la convenzione fra comune, provincia e ferrovie per la costruzione del sottopassaggio pedonale di Portarotese, il giornale Il Popolo Fascista non lo nomina nemmeno, così come non lo aveva nominato il 1° aprile dello stesso anno fra le autorità convenute alla stazione per salutare il passaggio del Duce.

1

 

 

 

3

2

 

 

 

1, Antonio Conforti

2, Mario Jannelli

3, Manlio Serio

All'indomani del 25 luglio Serio è sostituito dall'autorità militare nella persona del colonnello Filippo Rossi, comandante del 15° reggimento di fanteria di stanza in città, ma il 31 successivo, inopinatamente, il nuovo prefetto Arturo Vacca de Dominicis lo reintegra nei suoi poteri, salvo, poi, rimuoverlo definitivamente il 24 agosto con la nomina a commissario straordinario di Giovanni Cuomo, già deputato al parlamento prefascista con la lista Democrazia liberale (scheda in nati in città), che rimarrà in carica fino al 14 gennaio 1944, quando, impegnato al governo con Badoglio, sarà sostituito da Silvio Baratta

 

Silvio Baratta (6 marzo 1944-19 dicembre 1946)

Nacque a Perito il 4 gennaio 1887 da Pietro e da Stefania Gialdini. Avvocato, mutilato della guerra 1915-18, iscritto al Partito Nazionale Fascista nel 1940 a sostegno dell'entrata in guerra, il 2 giugno 1944 il giornale l'Azione lo definirà un fascista fino alle ore 22,45 del 25 luglio 1943. Già commissario per successione a Cuomo, ancorché appellato sindaco (in realtà tale figura sarà ripristinata soltanto dopo la sua nomina con il Regio decreto legge 4 aprile 1944, n. 111), in effetti fu un quarto podestà, in quanto nominato dall’ultimo Regio prefetto della città. Lo stesso prefetto gli affiancherà una giunta che incontrerà, per il metodo di nomina autoritaria, l’ostruzionismo della Democrazia del Lavoro, del Partito d’Azione, del Partito Socialista e del Partito Comunista; saranno ad essa favorevoli il Partito Liberale e la Democrazia Cristiana. Nel corso del suo mandato saranno avviate le procedure per le prime elezioni comunali del dopoguerra. Morirà nel 1961.

 

i sindaci ad elezione indiretta

 

 

 

 

Matteo Rossi (19 dicembre 1946-1° febbraio 1947)

Figlio di Vincenzo, sarto, e di Antonia Battipaglia, nacque il 17 giugno 1879. Avvocato, già consigliere ed assessore in giunte prefasciste, fu eletto nella tornata del 24 novembre 1946 nella lista Salerno nostra di ispirazione liberalqualunquista. La maggioranza che lo designò sindaco si compose di tredici eletti della sua lista, sette della Democrazia Cristiana, quattro monarchici e un indipendente della lista San Matteo. All'opposizione furono sette socialisti, cinque comunisti, due repubblicani e un azionista.

Il suo mandato ebbe termine con le dimissioni dopo appena quarantaquattro giorni a causa dell'acquisto per conto del Comune di una autovettura usata effettuato con vizio formale, ossia senza la delibera di giunta che ne autorizzasse la liquidazione; un'inchiesta affidata al prefetto Gianmichele escluse sue intenzioni di dolo, riducendo il fatto ad una semplice leggerezza, ma le sue dimissioni rimasero, più per l'ostruzionismo di alcuni componenti della stessa maggioranza che per le critiche dell'opposizione. Morirà nel 1951.

 

Luigi Buonocore (22 marzo 1947-7 giugno 1952)

Avvocato, ex fascista riciclatosi nella Democrazia Cristiana, già vice di Rossi, nella faida interna alla maggioranza che portò all'impossibilità di respingere le dimissioni di questi tenne, come il suo partito, l'atteggiamento equivoco proprio di chi spera di trarre vantaggio dalle difficoltà del vicino, tanto da riuscire, con un abile rimpasto di giunta che premierà con assessorati i più feroci critici di Rossi interni alla maggioranza, ad essere designato sindaco e a rendere la Democrazia Cristiana egemone nell'amministrazione.

Il suo mandato si concluderà alla fine naturale di questa prima consiliatura repubblicana.     

 

 

Mario Parrilli (7 giugno 1952-22 dicembre 1952)

Avvocato penalista, genero di Giovanni Cuomo, era stato membro costituente, il 5 ottobre 1943, di un comitato salernitano antifascista e nel 1944 rappresentante del Partito Liberale nel comitato provinciale del Fronte Nazionale di Liberazione, poi vice segretario nazionale dello stesso partito e per esso candidato alle elezioni per la Camera nel 1948. Passato al Partito Nazionale Monarchico, è eletto consigliere nelle tornata elettorale del 22 maggio 1952 e designato sindaco il 7 giugno successivo dalla maggioranza costituita da diciotto monarchici e otto esponenti del Movimento Sociale. All'opposizione vanno sette eletti del raggruppamento di centro (Democrazia Cristiana e Partito Liberale), sei socialcomunisti e un socialdemocratico.

Si dimetterà il 12 dicembre per l'asserito motivo - scrive il prefetto in una informativa al Ministro dell'interno - di doversi egli presentare quale candidato nelle prossime elezioni politiche. Il 22 successivo il Consiglio comunale prende atto della sua decisione e designa il successore.

 

Francesco Alario (22 dicembre 1952-2 maggio 1953)

Avvocato, membro del direttivo dei Fasci cittadini nel 1931, vice segretario politico della Sezione Fascista di Salerno l'anno successivo, deferito alla Commissione provinciale per l'epurazione, il 12 settembre 1945 è condannato a tre anni di sospensione dal diritto di elettorato attivo e passivo, pena ridotta, a seguito di suo ricorso, dalla Commissione centrale per l'epurazione a due anni. Assessore e vice di Parrilli, ne prende il posto e assegna un assessorato a Manlio Serio, già podestà della città dal 1935 al 1943.

Ma sul Consiglio e sulla giunta pende la spada di Damocle di un ricorso avanzato all'indomani delle elezioni dai signori Salvatore Bruno e Adalgiso Onesti che denuncia irregolarità formali nella compilazione dei verbali di settantacinque delle

 

il Setaccio, invito a votare, 1952

ottantuno sezioni elettorali. Infatti, il 28 aprile 1953 la Giunta Provinciale Amministrativa dichiara la nullità delle votazioni e il 30 successivo il prefetto nomina un commissario nella persona del conte Lorenzo Salazar, che si insedia il 2 maggio.

 

Alfonso Menna (10 luglio 1956-19 ottobre 1970)

Figlio di Filippo, agronomo, nasce a Domicella (Avellino) il 28 settembre 1890. Nel 1911 consegue il diploma di segretario comunale ed è assunto presso il comune di Sarno per poi passare a quello di Salerno. Il 28 aprile 1929, istituendosi il comune di Battipaglia, ne è designato commissario prefettizio. Nel discorso di insediamento, a nome del nuovo ente locale, innalza - come riporta il giornale Idea Fascista - un voto di riconoscenza e di amore al Duce dell’Italia Fascista; nel giugno successivo offre una targa al prefetto De Biase, che lo aveva designato, definendolo espressione magnifica e pura della tenacia e della passione Fascista. Il 20 febbraio 1933, percorrendo la storia di Battipaglia, Idea Fascista tesse le lodi del camerata cavalier Alfonso Menna, intanto rientrato nella segreteria generale del comune di Salerno. Nel dopoguerra, riciclatosi democristiano, da segretario generale del Comune, affianca il commissario Salazar nel dopo Alario, ponendo le basi del suo mandato quattordicennale.

 

Gaetano Giordano,

incontro-intervista

con Alfonso Menna

Candidato nella tornata elettorale del 27 maggio 1956, risulta il primo fra i quattordici eletti della lista Democrazia Cristiana, contro nove consiglieri andati ai monarchico-missini, sette ai socialisti, quattro ai comunisti, tre ai monarchici popolari, due ai liberali ed uno ai socialdemocratici. Il 10 luglio è designato sindaco a capo di una giunta monocolore democristiana che può contare sull’appoggio dei socialisti e l’astensione, seppur armata, dei comunisti. A posteriori celebrata come prima esperienza di centro sinistra in Italia, che poneva all’opposizione le destre che avevano dominato la scena politico-amministrativa salernitana fin dall’indomani delle dimissioni di Alfredo Capone il 6 gennaio 1924, in realtà si trattò di una parentesi che visse meno di un anno, poiché già il 25 giugno 1957 il bilancio di previsione del Comune sarà approvato con i voti favorevoli delle destre e quelli contrari dei partiti di sinistra. L’assetto politico dato all’amministrazione nella circostanza avrà continuità negli anni a venire in occasione delle sue conferme a sindaco, il 10 dicembre 1960 e il 1° febbraio 1965.

Nel corso della lunga esperienza Menna, l’urbanistica cittadina, se trasse vantaggio dal ridisegno dell'area di piazza della Concordia, con l’ampliamento del lungomare e la sistemazione del tessuto fra la piazza stessa e il corso Vittorio Emanuele, fu sottoposta alla tumultuosa speculazione edilizia che creò il disordinato affastellarsi di edifici fra Torrione e Mercatello, nell’illusione, come recitava un suo famoso slogan, della creazione di una Grande Salerno. Le giunte da lui presiedute ebbero modo di porre mano anche sul centro storico con lo sciagurato sventramento di San Giovanniello e il grattacielo impiantato alle spalle dell’ex ospedale di San Giovanni di Dio alle Fornelle, a ridosso del corso cementificato del Fusandola. Fortunosamente, i progetti di demolizione dei Barbuti e delle stesse Fornelle non ebbero modo di concretizzarsi.

Morirà nel1998 a poco meno di centootto anni.

 

Gaspare Russo (19 ottobre 1970-20 dicembre 1974)

Nato a Minori, avvocato, democristiano dagli anni cinquanta, basista e doroteo a fasi alterne, nel 1960 è eletto consigliere comunale ed entra nella prima giunta Menna. Dal ‘68 presidente della Camera di commercio, ancora eletto nella tornata elettorale del 7 giugno 1970 fra i ventitre consiglieri che si aggiudica la Democrazia Cristiana, è designato sindaco il 19 ottobre a capo di una giunta sostenuta anche da cinque socialisti e due repubblicani, nonostante l’uscente Alfonso Menna fosse risultato il più votato.

Nel corso della sua sindacatura l’assise cittadina si distingue per la delibera del 30 luglio 1971 con la quale boccia il progetto Enel per la costruzione di una centrale termoelettrica nel territorio comunale, poiché, si legge, la sua attivazione non può che provocare danni irreparabili all’ambiente paesaggistico ed al patrimonio artistico, archeologico e monumentale del Comune. Peccato che tali nobili argomentazioni non impediranno alla città di continuare a crescere in maniera dissennata, senza piano regolatore, con il progredire della perversa ragnatela di amicizie e clientele caratteristica delle sindacature del suo predecessore. Sarà dimissionario nell'ottobre 1974.  

Passato alla presidenza della Regione Campania e al Consiglio di amministrazione delle Ferrovie, Russo sarà arrestato a Parigi il 10 febbraio 1996 in quanto coinvolto nell'inchiesta sulle Lenzuola d'oro fornite alle Ferrovie dall'Idaff di Fisciano. Altri problemi giudiziari gli deriveranno dalle tangenti sui lavori di ristrutturazione dell'ex monastero di San Nicola de la Palma, poi orfanotrofio Umberto I, dall’affare delle case popolari di Sant'Eustachio e dalla costruzione del depuratore di Vallo della Lucania.

 

Alberto Clarizia (20 dicembre 1974-19 luglio 1976)

Avvocato penalista, democristiano, chiamato a tappare il buco fra le dimissioni di Russo e la tornata elettorale del 15 giugno 1975, dopo di questa è confermato sindaco alla guida di una giunta sostenuta da democristiani, repubblicani, socialdemocratici e socialisti.

Nel decennio costituito dalle consiliature 1975-80 e 1980-85 sarà sindaco ancora due volte, mettendo insieme meno di ventotto mesi di permanenza sulla poltrona di primo cittadino. Non faranno meglio altri, per cui al Comune si vedrà il susseguirsi e l’alternarsi di ben nove inquilini, mentre i problemi di sempre (palazzinari selvaggi, fatiscenza del centro storico, inquinamento del mare, mancata delocalizzazione del cementificio, stasi del porto) continueranno ad attanagliare la città.

 

Pellegrino

Cucciniello

Bruno

Ravera

Walter Mobilio (19 luglio 1976-22 settembre 1976)

 

Pellegrino Cucciniello (22 settembre 1976-9 marzo 1977)

 

Vittorio Provenza (9 marzo 1977-24 marzo 1978)

Ritornerà nella consiliatura successiva trattenendosi soltanto sei mesi.

 

Bruno Ravera (24 marzo1978-4 agosto 1979)

Democristiano come i suoi predecessori, tentò la quadratura del cerchio coinvolgendo i comunisti nel sostegno alla giunta. Resistette poco meno di diciassette mesi.

 

Alberto Clarizia (4 agosto1979-4 agosto 1980)

Guadagnandosi la definizione di sindaco balneare, Clarizia, per la seconda volta, è chiamato a tappare il buco, questa volta tutto estivo, allargatosi nei mesi precedenti nei rapporti interni al pentapartito. Nata comatosa a giudizio di molti, questa sua seconda esperienza non avrebbe dovuto superare l'autunno del 1979, ma si protrarrà fino a raggiungere la fine della consiliatura, dipanandosi nel periodo in cui i partiti già sostenitori della giunta Ravera tentavano di ricollocarsi allo scopo di scindere il loro operato dall'immobilismo nel governo della città. 

Gazzetta di Salerno, 6 settembre 1979

 

Ennio D'Aniello (4 agosto 1980-12 ottobre 1981)

Medico chirurgo, nato ad Ottati il 12 maggio 1918, repubblicano, nella legislatura 1972-76 era stato eletto alla Camera dei deputati per il collegio di Benevento. Nei quattordici mesi della sua sindacatura si barcamenò fra i difficili equilibri di un consiglio costituito da venti democristiani, otto comunisti, otto socialisti, cinque missini, quattro socialdemocratici, tre repubblicani (lui compreso) e due liberali. Un anno e due mesi trascinati stancamente, fra le insolvenze di sempre e qualche iniziativa discutibile, come scriveva la Gazzetta di Salerno il 17 settembre 1981, denunciando la mancanza di manutenzione delle strade di Pastena e l'improvvida rimozione del basolato al vicolo Cassavecchia. Morirà il 1° gennaio 1992.  

 

Renato Borrelli

Nicola Visone 

Renato Borrelli (12 ottobre 1981-10 giugno 1982)

Medico, democristiano. Costituì una giunta monocolore democristiana sostenuta da quei venti consiglieri con l'appoggio esterno dei liberali e dei repubblicani. Venticinque su cinquanta, se tutto andava bene, senza bizze e defezioni più o meno strategiche. Non poteva durare. Morirà il 14 marzo 2019.

 

Nicola Visone (10 giugno1982-5 ottobre 1982)

Professore, democristiano di corrente forlaniana, tentò una improbabile quadratura del cerchio aprendo la giunta agli esterni repubblicani e liberali. Neanche questo poteva durare.

 

Alberto Clarizia (5 ottobre 1982-23 gennaio 1984)

Per la terza ed ultima volta il democristiano di orientamento scarlattiano Clarizia siede sullo scranno di primo cittadino con una giunta sostenuta dal pentapartito DC-PSI-PSDI-PRI-PLI, in una esperienza ancora una volta scialba. Morirà ottantenne il 30 gennaio 2004.

 

Aniello Salzano  

Aniello Salzano (23 gennaio1984-12 febbraio 1985)

Professore, democristiano, trentaseienne, quindi insolitamente giovane per gli standard dell'epoca, fu definito il sindaco sul seggiolone. Guidò una giunta sostenuta da ventisei consiglieri su cinquanta (DC 20, PSDI 4, PLI 2). Fu dimissionario il 24 gennaio 1985.

 

Nicola Visone (12 febbraio 1985-6 marzo 1985)

La seconda esperienza di Visone è sostenuta dai venti voti democristiani più uno di incerta origine, come scrive La voce del Meridione il 14 febbraio 1985. In un farsesco gioco per un ritorno di D'Aniello avevano votato comunisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali; i socialisti avevano lasciato bianca la scheda; si erano astenuti i missini.

 

Vittorio Provenza (6 marzo 1985-12 settembre 1985)

Ritorna il democristiano doroteo Provenza, già sindaco per un anno e qualche giorno (9 marzo 1977-24 marzo 1978) nel corso della consiliatura precedente. Quella che volge alla fine sarà ricordata come la peggiore del dopoguerra, con la Democrazia Cristiana vittoriosa, ma incapace di governare; con l'alternarsi sulla poltrona di primo cittadino di sei personaggi in cerca di identità, in un balletto in sette atti, ove ciascun quadro ha avuto la durata media di poco più di otto mesi e mezzo. Intanto, il terremoto del 23 novembre 1980 aveva portato al parossismo le problematiche cittadine di sempre, con la nuova emergenza abitativa che si trascinerà lungo le successive due sindacature. 

 

  

Michele Scozia (12 settembre 1985-8 marzo 1987)

Nato il 25 novembre 1928, avvocato, democristiano dal 1958 dopo essere stato missino, già deputato eletto nel collegio di Benevento nella legislatura 1979-1983, guidò una giunta sostenuta da trentadue consiglieri su cinquanta (DC 19, PSI 9, PRI 4). Unico fatto notevole della sua sindacatura l'approvazione del progetto del nuovo stadio Arechi. Chiuderà, senza infamia e senza lode, per forze centrifughe nell’ambito della DC, scriverà un quotidiano l'8 aprile 1989, la stagione dei sindaci democristiani avviatasi nel 1956 con Alfonso Menna, che di quel trentennio ne aveva monopolizzato la prima metà lasciando l'altra a ben quindici successori. Morirà il 18 novembre 1995.

 

Vincenzo Giordano (8 marzo 1987-22 maggio 1993)

Nato il 29 luglio 1929, socialista craxiano, legato al ministro delle Aree Urbane Carmelo Conte, ex segretario provinciale del PSI e della UIL, con la sua designazione si interruppe per sempre l'ormai sonnolento dominio democristiano su Palazzo di Città. Sul suo nome si ritrovarono, oltre ai socialisti, i consiglieri comunisti, repubblicani, socialdemocratici e verdi, per ventiquattro voti complessivi, due in meno dei ventisei per la maggioranza matematica, ma sufficienti a consentirgli prima l'elezione, poi la governabilità per il tacito patto di non belligeranza con i missini. Nel 1988, poté consegnare ai terremotati dell'80 i prefabbricati pesanti, ponendo termine a otto anni di travaglio trascinato dai suoi predecessori, mentre andavano prendendo corpo i progetti della sua trasformazione urbana, primi fra tutti la copertura del trincerone ferroviario e la Lungoirno, ma anche la pedonalizzazione del corso, la riqualificazione della Lungomare e della fascia litoranea, il recupero dell'ex seminario regionale e dell'ex monastero di San Nicola, oltre alla Cittadella Giudiziaria prevista nei pressi della casa circondariale di Fuorni.     

Confermato sindaco dopo la tornata elettorale del 6-7 maggio 1990, quando i socialisti eletti sopravanzarono i democristiani per diciassette a quattordici, incapperà nella tangentopoli salernitana proprio per l'appalto del trincerone, conferito illecitamente, secondo la Procura della Repubblica, alla Cogefar del gruppo Fiat e alla Di Donato costruzioni di Cava de' Tirreni. Lasciato lo scranno di primo cittadino con la ratifica delle dimissioni del 22 maggio 1993, il 31 successivo sarà raggiunto da un ordine di custodia cautelare per falso ideologico, abuso di ufficio e turbativa d'asta insieme ad Aniello Salzano, all’epoca dei fatti membro della commissione Grandi Opere Pubbliche, e all'ex assessore ai Lavori Pubblici e vicesindaco Fulvio Bonavitacola. Rimase in cella per sessanta giorni. La vicenda giudiziaria si concluderà in Cassazione nel 2003 con il proscioglimento. Morirà il 13 aprile 2009.           

 

Vincenzo De Luca (22 maggio 1993-2 luglio 1993)

Nato in provincia di Potenza, a Ruvo del Monte, l’8 maggio 1949, ex alunno del liceo Torquato Tasso, laureato in filosofia presso l'università degli studi di Salerno, segretario provinciale prima del partito Comunista, poi dei Democratici di Sinistra, eletto consigliere comunale nel 1990, vicesindaco e assessore ai Lavori Pubblici di Giordano, è chiamato a sostituirlo ad interim. Soltanto quarantadue giorni dopo, il consiglio comunale sarà sciolto per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Si succederanno i commissari prefettizi Antonio Lattarulo (2 luglio-13 novembre) e Mario Laurino (13 novembre-5 dicembre).

 

i sindaci ad elezione diretta

 

Vincenzo De Luca (6 dicembre 1993-15 maggio 2001)

Le votazioni per il primo sindaco ad elezione diretta si svolsero il 21 novembre 1993 con eventuale ballottaggio previsto per il 5 dicembre. Al primo turno, Vincenzo De Luca ottenne il 23,71% dei voti, seguito da Giuseppe Acocella con il 19,83%. Al ballottaggio De Luca vinse con il 57,91%. Sarà confermato il 16 novembre 1997, al primo turno, con il 71,32%.

Fortemente convinto che la bontà di una amministrazione si misuri col numero di interventi di trasformazione urbana, nel corso del primo mandato, accanto al completamento del parco del Mercatello, riempie la città di un numero esorbitante di fontane, spesso bruttine, nella quasi totalità non sopravvissute al primo decennio del nuovo secolo, guadagnandosi l'epiteto di Vicienzo Funtanella. Ma è con il secondo mandato che avvia quella che doveva essere la più corposa delle trasformazioni cittadine progettando di affidare a prestigiose archistar internazionali i più svariati interventi. Nel 1999 inaugura i lavori della Lungoirno, arteria di collegamento dei rioni collinari al mare, con previsione di fine lavori per il 2008; in realtà sarà ritenuta conclusa soltanto nel 2015, senza aver raggiunto lo scopo di innestarsi sulla Lungomare. Nello stesso anno, sono avviati i lavori per la realizzazione della ferrovia urbana (enfaticamente definita metropolitana) con  previsione dell'entrata in servizio nel 2002; in realtà entrerà in funzione soltanto a fine 2013 (con sospensione fra aprile e giugno 2014) senza aver raggiunto lo scopo dichiarato di collegare il capoluogo a Pontecagnano.

Si dimetterà da sindaco per candidarsi alla Camera dei deputati, non potendo concorrere per la terza volta consecutiva a governare la città e non conoscendo altro mestiere che la politica. Le grandi opere in embrione sono lasciate nelle mani del delfino designato. 

 

Mario De Biase (15 maggio 2001-15 giugno 2006)

Nato il 24 ottobre 1952, laureato in sociologia, uomo dell'entourange di Vincenzo De Luca, suo delfino designato, fortemente sponsorizzato, è eletto al primo turno con il 55,1% dei consensi, decisamente in ribasso nel confronto con il 71,32% del predecessore. Seguirà diligentemente le direttrici di amministrazione comunale tracciate, avviando le grandi opere in embrione: la Cittadella Giudiziaria, inizio lavori 2002, termine previsto 2007; Palazzetto dello sport e Stazione Marittima, avvio 2005, termine previsto 2008. A fine mandato, non cercherà la conferma elettorale e si affretterà a farsi da parte per permettere il ritorno del predecessore, sindaco-ombra durante la sua intera sindacatura.               

 

Vincenzo De Luca (15 giugno 2006-24 gennaio 2015)

Al primo turno della tornata elettorale del 2006, (28-29maggio) gli elettori non sembrarono apprezzare molto il ritorno di De Luca dall'esperienza parlamentare nella XIV legislatura della Camera (21 maggio 2001-27 aprile 2006), poiché egli ottenne soltanto il 42,3% dei voti contro il 37,1% conseguito da Alfonso Andria; sarà con il ballottaggio (11-12 giugno) che si vedrà eletto con il 56,9%. Sarà confermato nel 2011, al primo turno, con il 74,42%.

Il suo predecessore gli riconsegna incompiute la Lungoirno e la metropolitana, sulle quali è scivolata senza costrutto la sua sindacatura, e le avviate Cittadella Giudiziaria, Palazzetto dello sport e Stazione Marittima. Il 2009 è l'anno dell'avvio della madre di tutte le grandi opere: Piazza della Libertà, fine prevista 2012, che nella sua immaginazione dovrebbe costituire il fiore all'occhiello della città, consegnare il suo nome alla storia dell'urbanistica ed essere il luogo di inumazione delle sue ceneri; in quello stesso anno annuncia i progetti di recupero dell'area dell'ex Pastificio Amato e delle ex cave D'Agostino e quello della Vela di Bofil a Piazza della Concordia, che non vedranno mai l'avvio. Del 2010 è l'annuncio dell'altro progetto del Polo della Cantieristica nautica, anch'esso fallimentare, mentre il 2011 sarà quello dello prima pietra del Crescent, casermone di edilizia privata spacciato per opera pubblica, realizzato con la deviazione del torrente Fusandola (ancora sub iudice nel 2020), destinato nella sua retorica ad oscurare nei secoli la fama del Colosseo.  

Nel 2013, costituendosi il governo Letta (in carica fino al 21 febbraio 2014), Vincenzo De Luca è chiamato alla carica di viceministro del ministero delle Infrastrutture e trasporti, per cui dovrebbe dimettersi da sindaco, ma rifiuta di farlo, mantenendo illecitamente il doppio incarico. Condannato in primo grado per abuso d'ufficio il 23 gennaio 2015 per la nomina a project manager del suo capo staff Di Lorenzo nell'ambito della realizzazione di un termovalorizzatore a Cupa Siglia, nella periferia della città, il giorno successivo il Prefetto lo sospende dalla carica per effetto della legge Severino. Lo stesso giorno, nell'ambito della vicenda delle mancate dimissioni all'epoca della nomina nel governo Letta, la Corte d'Appello lo dichiara decaduto.

 

Vincenzo Napoli (24 gennaio 2015-in carica)

Nato a Salerno il 30 luglio 1950, architetto, già assessore all'Urbanistica nella giunta Giordano ed ex presidente di Salerno Mobilità, non eletto, è cooptato nella giunta comunale da De Luca pochi giorni prima della sua decadenza e nominato vicesindaco in sostituzione di Eva Avossa affinché possa sostituirlo quale facente funzioni, interrompendo di fatto la serie dei primi cittadini ad elezione diretta. Sarà confermato sindaco nell'elezione del 5 giugno 2016 con il 70,49% dei voti.

Uomo di paglia nelle mani di De Luca, ne seguirà diligentemente le tracce amministrative non azzardando mosse se non affiancato dal mentore. Sarà così che inaugurerà, nel 2015, il tunnel finale della Lungoirno, considerata conclusa dopo sedici anni di lavori pur non raggiungendo lo scopo iniziale di collegarsi alla Lungomare; e il 25 aprile 2016 la Stazione marittima, a undici anni dall'avvio, mai entrata in funzione per la manifesta impossibilità di attracco da parte delle navi da crociera. Vedrà anche il lento avviarsi delle attività nella Cittadella giudiziaria, della quale fu posta la prima pietra nel 2002, pur se fra i tanti disagi per l'inadeguatezza della struttura. Gli rimane sul groppone, oltre ai tanti altri monconi, quali il Palazzetto dello sport (avvio lavori 2005, termine previsto 2008), la madre di tutte le grandi opere: quella Piazza della Libertà (non altro che un solaio a copertura di un parcheggio interrato), avviata nel 2009 con la sottrazione alla città di oltre settecento posti auto, sfondatasi nel 2012 e ancora in attesa della fine dei lavori nel 2021, quando sarà inaugurata il 21 settembre con il pontificale in onore di san Matteo accordato bonariamente dall'arcivescovo Bellandi, in un rutilante spot a tredici giorni dalle elezioni.

Sarà riconfermato nella tornata elettorale del 3 e 4 ottobre con il 57,40% dei voti. Del lunedì successivo, 11 ottobre, è la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati per una inchiesta su appalti truccati che vede coinvolti ventinove fra politici e imprenditori.