discorso araldico-genealogico sul cognome de Simone

 

Le famiglie dal cognome de Simone, ancorché storicamente concentrate nell'area dell'ex Regno meridionale, hanno certamente origini non univoche, come si rileva, per quelle titolate, dalla varietà degli stemmi.

Nel 1670, il genealogista Filadelfo Mugnos nella sua pubblicazione Teatro genologico delle famiglie illustri, nobili, feudatarie et antiche de' Regni di Sicilia Ultra e Citra, stampato in Messina, attribuiva ai de Simone di Sicilia l'origine dai signori di La roche de Simon, in contea d'Angiò, portatisi in Italia con Carlo I, attribuendo loro lo stemma D'azzurro, al leone mirante un sole orizzontale destro, il tutto d'oro. In Principato Citra tale stemma lo troviamo innalzato dai patrizi di Montecorvino, dai nobili di Orignano in stato di San Severino, dai patrizi di Cava, un cui ramo ebbe il titolo di baroni di Casolla Valenzano.      . 

 

patrizi di Montecorvino

Al 24 giugno 1494, quando Alfonso II aggregò nuove famiglie al patriziato di Montecorvino, la famiglia de Simone già ne faceva parte, essendo stanziata nel casale di Gallara, nel luogo detto Casa de Simone. Agli inizi del Settecento si trasferì nel casale di Santa Tecla, alla cui chiesa diede due parroci, d. Francesco e d. Geronimo, succedutisi fra il 1696 e il 1788. Ebbe il patronato della cappella di San Nicola, eretta nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo a Gallara, di una sepoltura, poi trasformata in cappella gentilizia sotto il titolo della Santissima Concessione, nella chiesa del convento di Santa Maria della Misericordia, della cappella di Santa Maria delle Grazie annessa al palazzo in Santa Tecla.

Imparentata più volte con le famiglie più cospicue dello stato (Cioffi, Carrara, Meo, d'Enza), fra il 1638 e il 1790, con alcune di queste, si impegnò, in modo particolare nelle persone di Francesco (1598-1656) e del figlio di un suo pronipote dallo stesso nome (1725-1818), in una lunga e complessa serie di liti giudiziarie con il Regio fisco allo scopo di ottenere lo status di territorio demaniale per Montecorvino, con l'affrancamento dai diversi feudatari succedutisi nel tempo. Lo scopo fu raggiunto il 16 ottobre 1789, quando il feudo fu sottratto al marchese Mariano Genovese e consegnato a dodici cittadini detti demanisti, fra cui Francesco de Simone. Rimasto celibe, con la sua morte, il 15 novembre 1818, avrà fine la linea genealogica dei de Simone patrizi di Montecorvino.      

 

nobili di Orignano in stato di San Severino

La famiglia è documentata nel casale Orignano dello stato di San Severino, oggi frazione del comune di Baronissi, agli anni ottanta del Quattrocento, in possesso del comprensorio di case e terreni di concessione suffeudale detto Casa de Simone. Il ramo primogenito da Roberto, vissuto fra il 1485 e il 1535 circa, ebbe il patronato della cappella gentilizia sotto il titolo di Santa Maria della Neve eretta nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia. Dal ramo secondogenito dallo stesso Roberto ebbero origine i de Simone di Villa, oggi frazione del comune di Fisciano, trasferitisi nel 1785 in Sant'Eustachio di Montoro e successivamente in Pastorano di Salerno. In Orignano la famiglia fece parte della nobiltà locale e partecipò attivamente alla vita politica e amministrativa del casale, gestendo, tra l'altro, la privativa della Casa del pane.

 

patrizi di Cava, baroni di Casolla Valenzano

Famiglia che si ritrova nel casale di Vietri (oggi, dal 1806, comune di Vietri sul Mare) della città di Cava sul finire del Quattrocento. Un esponente di una linea genealogica derivata da un Marcellino, Gregorio, acquista, il 14 gennaio 1664 con Regio assenso del successivo 5 maggio, la baronia di Casolla Valenzano in Terra di Lavoro, nei pressi di Caivano, venduta all'asta. Morirà a Napoli il 2 gennaio 1706 e ne sarà erede la figlia Agnese, che a sua volta avrà per erede il figlio Gregorio Cimino, a cui feudo e titolo passeranno il 22 ottobre 1729.

Un'altra linea genealogica si estinse nella famiglia Tajani con il matrimonio di donna Maria Giuseppa con Bonaventura Tajani. I loro discendenti assumeranno il cognome Tajano de Simone.    


 

patrizi di Benevento, marchesi dei Corvacchini

Tradizionalmente, la famiglia è detta derivante dai signori di La Roche de Simon, in contea d’Angiò, che si portarono in Sicilia con Carlo I. Ma non si spiega perché avrebbero lasciato lo stemma d’origine (d’azzurro, al leone che mira un sole orizzontane destro, il tutto d’oro) per assumere quello che effettivamente innalzarono. Per tale problematica, qui si omette la genealogia fortemente dubbia anteriore alla comparsa della famiglia in Benevento, enclave pontificia nel regno di Napoli.

Nel 1539 Giovanni Nicola fu nominato ambasciatore della nobiltà di Benevento presso il Papa; ricoprirà le cariche di consigliere e capoconsole nobile fino al 1565. Anche Rinaldo sarà capoconsole nobile nel 1549 e ricoprirà altri incarichi fino al 1589; e Oliviero, nel 1600 e nel 1601. Giovanni (†1643) acquistò, circa al 1630, la tenuta dei Corvacchini, appena fuori Benevento, che nel 1781 da Pio VI sarà elevata a feudo col titolo di marchese. Dal figlio Francesco nacquero Giovanni (1681-1754), che sposerà Anna dell'Aquila dei baroni di Ginestra; Nicola, che sarà vescovo titolare di Marciana nel 1729; Vittoria, che sposerà (1710) Giovanni Battista Pedicini dei marchesi di Luogosano e sarà baronessa di Corsano per acquisto personale di quel feudo, che poi trasmetterà al figlio Francesco. Da Giovanni abbiamo Gennaro Antonio (1714-1780), cardinale dal 15 marzo 1773 del titolo di San Bernardo alle Terme, vescovo di Pesaro dal 13 marzo 1775; Francesco (1716-1782), sacerdote, protonotario apostolico, che sarà governatore provvisorio di Benevento nel 1774. Filippo (1720-1792), che sposerà Vincenza Capece Scondito, sarà colonnello delle milizie cittadine e primo marchese dei Corvacchini dal 13 settembre 1781. Figli di Filippo furono Giovanni (1760-1810), secondo marchese, cameriere segreto di cappa e spada, che sposerà Emanuela dei marchesi della Rossa; e Domenico (1768- 1837), governatore di Fabriano, di Orvieto, di Montalto, delegato apostolico a Perugia, poi a Ferrara, cardinale dall’8 marzo 1830 del titolo di Sant’Angelo in Pescheria.

Titolati successivi saranno: Filippo (*1797), sposato con Marianna Pacca dei marchesi di Matrice, possessore della tenuta dei Corvacchini al catasto gregoriano del 1825. Giovanni (1823-1883), sposato con Maria Agnese Quiroga. Onofrio (1848- 1922), che, sposato con Carmela Orsolupo e Giulia Priori, non ebbe figli. Alessandro (1887-1946), sposato con Maria Carolina di Somma dei principi del Colle e marchesi di Circello, che ebbe il titolo per trasmissione dallo zio Onofrio del’11 aprile 1918. Mario (*1932), sposato con Margherita Sivo, residente in Roma, al quale il titolo fu riconosciuto dalla Commissione Araldica di Lazio, Umbria e Marche il 9 dicembre 1977.

 

Il primo stemma si vede sul frontone della cappella di Santa Rita ai Corvacchini, è relativo al vescovo Nicola ed è quello originario della famiglia.

Il secondo stemma è del cardinale Gennaro Antonio e presenta la serpe e le rose divenute d'oro, più aderenti allo stile araldico.

Il terzo stemma è del cardinale Domenico e presenta la serpe attorcigliata all'incontrario.

Il quarto stemma è quello attribuito alla famiglia dalla Enciclopedia storico nobiliare italiana di Vittorio Spreti e presenta l'albero sradicato, privo del terrazzamento.

Il primo ritratto rappresenta il cardinale Gennaro Antonio, il secondo il cardinale Domenico.  

 

Nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Campi Salentina (Lecce), presso l'altare delle Anime Purganti, vi è la sepoltura di mons. Tommaso Agostino de Simone (1711-1780), nativo di Campi, vescovo di Montepeloso dal 17 luglio 1763, che presenta un suo ritratto e uno stemma cancellato. Sull'altare accanto, si osserva altro stemma che è il terzo fra quelli dei marchesi dei Corvacchini, senza, però, che sia certamente attribuibile a d. Tommaso Agostino. Da notarsi che più genealogisti attribuiscono ai de Simone delle Puglie, che ebbero per feudi Bitonto, Capurso, Cellammare, il primo stemma dei marchesi dei Corvacchini, che sostanzialmente è lo stesso dei baroni di Caspoli, senza precisarne il senso di attorcigliamento della serpe.

 

baroni di Caspoli

Il feudo di Caspoli in Terra di Lavoro corrisponde all'attuale frazione omonima del comune di Mignano Monte Lungo. Il dottor Antonio de Simone (circa1600-1668) il 3 giugno 1647 lo acquistò da Giovanni Andrea d'Oria, principe di Melfi, divenendone barone. Gli saranno successori Lorenzo (circa 1630-1698), sposato con Caterina Cedronio dei marchesi di Rocca d’Evandro. Nicola Antonio Lelio (†6 marzo 1763). Francesco (*circa 1710), che il 29 luglio 1788 vende il feudo al duca Vincenzo Caracciolo di San Vito conservando il titolo di barone. Angelo Antonio (*circa 1750), sposato con Maria Vincenza Paparella e con Maria Carmela Pandoxy. Salvatore Maria (1805-1873), sposato con Luisa Amante. Alfonso Maria (1845-1903), sposato con Rosa Mosca. Arnaldo Romano Maria (1894-1961), sposato con Bice Teresa Ceresa. Ugo Anna Maria (1924-2004), sposato con Giulia Buono; a lui e ai suoi discendenti, in applicazione del decreto 21 febbraio 2003 del Ministero dell’Interno che riconosceva come parte del cognome i predicati esistenti prima del 28 ottobre 1922, è stato ufficialmente riconosciuto il cognome de Simone di Caspoli.


 

duchi di San Martino

Il 16 novembre 1731 una supplica rivolta al Re da parte del vescovo di Gaeta fra Giacomo Pinaque sollecitava la concessione del titolo di duca al signor d. Aniello Nicola de Simone, di Napoli, che in città viveva nobilmente, con palazzo in via Toledo, più servitori e carrozza, e molte altre case palaziate in più luoghi della città. La supplica era accompagnata da più testimonianze in tale senso, fra cui quelle di d. Orazio Monforte, duca di Laurito; d. Antonio Rosso, patrizio napoletano; d. Francesco e d. Antonio Massamormile, patrizi di Sorrento.

La supplica ebbe effetto, poiché già sul finire di quell'anno si registrò la concessione a favore di d. Aniello Nicola del titolo di duca su feudo acquirendo, ossia su qualsiasi feudo egli avesse acquistato in futuro. La scelta cadde su San Martino in Principato Citra, oggi frazione omonima del comune di Laureana Cilento, messo in vendita da Giustino Garofalo, duca di Giungano, acquisto che avrà il Regio assenso il 1° luglio 1733.

D. Aniello Nicola (1670-1754) dalla moglie Olinda Lombardi ebbe due figlie, Rosa (1704-1781) che sposò Giovanni Battista Mirelli e gli successo nel titolo e Grazia (*1705) che sposò Domenico Ronch, barone di Casigliano. Non avendo avuto figli la duchessa Rosa, il 7 settembre 1782 il titolo passò al nipote Michele Ronchi. 


 

marchesi di Campodisola

Famiglia di cui non è stato possibile ricostruire la linea genealogica anteriore al marchese Ottavio, che fu presidente di Cappa Corta della Regia Camera della Sommaria. Sua erede nel possesso feudale di Campodisola in Terra di Lavoro, presso Marcianise, sarà la nipote Maria Francesca, figlia del figlio Pietro e di Camilla Petrarola, che sposando, il 30 gennaio 1708, Gaetano del Pezzo, terzo duca di Caianello, gli porterà in dote il feudo, per cui egli si fregerà anche del titolo di primo marchese di Campodisola della sua casata. I discendenti di Gaetano e Maria Francesca assumeranno il cognome del Pezzo de Simone.  


 

baroni in Penne

Provenienti da Montebello, a Penne, in Abruzzo Ultra, i de Simone sono documentati dal 1596, quando Giuseppe sposa Diomira Armeni. Un altro Giuseppe sarà notaio attivo fra il 1721e il 1760; dal fratello Giacinto (*circa 1692), sposato a Rosa Rocco. nacque Massimo (circa 1724), il cui figlio Francesco, sposato a Rosa Piccioli, otterrà, il 20 dicembre 1794, un privilegio di Ferdinando IV con il quale si riconosceva lo status nobiliare già posseduto e gi veniva conferito il titolo di barone. Secondo barone sarà il figlio Raffaele (*circa 1808), che sposerà Maria Luigia dei marchesi Castiglione di Poggio Umbricchio, dalla quale avrà Maria Grazia, che muore all'età di nove anni nel 1877, e Rosa Maria Temperanza (1864- 1920) che sposa (14 luglio 1889) d. Nicola Caracciolo Rossi, 13° principe di Forino dal 1888 e patrizio napoletano.  


 

nobili in Caiazzo

Famiglia che si ritrova in Caiazzo, in Terra di Lavoro, al 1596, quando Giovanni fu Eletto in rappresentanza della città presso Matteo di Capua, principe di Conca e suo feudatario. Nel 1647-48, Antonia Tommasina fu la prima badessa del monastero francescano di clausura sotto la regola di santa Chiara; morirà in concetto di santità come dal registro dei defunti della parrocchia cattedrale. Un altro Giovanni fu segretario dell'Accademia dei Ventilati, fondata il 14 giugno 1696 e disciolta nel 1698; fu, quindi, membro dell'altra Accademia dei Ritirati. Il figlio Nicola (1690-1760), giureconsulto e storico, sposato con Candida Forgione, nel 1740 pubblicò un volume in latino sugli statuti municipali di Caiazzo con cenno storico; il suo nome figura nella toponomastica della città. Il figlio Giuseppe (1719-1768), sposato a Orsola Venettuolo, con testamento del 2 giugno 1759, costituì un legato di milleduecento ducati con le cui rendite, ogni anno, si doveva provvedere ai maritaggi di due ragazze povere caiatine; con le rendite di altri duemilaquattrocento ducati, i parroci delle parrocchie di Caiazzo dovevano distribuire indumenti ai poveri; assegnò, inoltre, cento tomoli di grano annui da panificarsi e distribuirsi ai poveri nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno di ogni anno in ragione di venticinque tomoli al mese. La sorella Laura (1721-1805), sposata a Francesco de Pertis, il 26 marzo 1798 ottenne dal Re l’assenso per la fondazione di un orfanotrofio per fanciulle povere sotto il titolo di Santa Maria del Carmine e San Vincenzo Ferreri; con testamento pubblicato nel febbraio 1832, all’inaugurazione dell’istituto, a sua morte ormai avvenuta da tempo, lo dotò di congrue rendite; anche il suo nome figura nella toponomastica della città.


 

nobili in Laino Inferiore e in Napoli

Famiglia stanziata in Laino Inferiore, in Calabria Citra, oggi Laino Borgo, discendente da d. Paolo de Simone, che fu Uditore in Calabria, portata a Napoli da Gaspare, che vi si laurea in giurisprudenza il 27 gennaio 1730 e sposa Teresa Volpe. Il figlio Gaetano (*1727) sposa (1752) Petronilla Steranza, dalla quale avrà Giuseppe (*1760) che nel 1816 chiederà di essere insignito dell'ordine Costantiniano, producendo una sua genealogia essenziale e allegando la riproduzione dello stemma che dichiara osservabile sul palazzo di famiglia a Forcella. Suoi figli saranno Gaspare e Pasquale.    


 

nobili in Sant'Arpino

Famiglia stabilitasi circa il 1550 a Sant’Arpino, in Terra di Lavoro. Da essa abbiamo mons. Marco (1703-1777), figlio di Gregorio, assistente al Soglio pontificio, vescovo di Troia dal 1752, membro dell’Accademia dell’Arcadia; mons. Antonio (1785-1871), arcivescovo della diocesi titolare di Eraclea, in Turchia, nel 1858, confessore di Ferdinando II; Marco (*1780), presidente della Gran corte dei Conti; Giuseppe (1811-1894), consigliere della Corte di Cassazione. La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana (ediz. XV, vol. XVI, 1969-1972) in persona di Giuseppe, ingegnere, colonnello del Genio (*Napoli, 1895), figlio di Federico (1851-1908), figlio di Giacomo (1820-1907).  


 

   
 

Il primo stemma sopra è dei de Simone patrizi di Lettere (Napoli), di cui non è stato possibile ricostruire una linea genealogica.

Il secondo e il terzo si vedono nel Manoscritto X A 41 della Biblioteca provinciale di Napoli, senza altra indicazione che l’attribuzione al cognome de Simone.

Il quarto è una evidente variante di quello dei nobili in Laino Inferiore e in Napoli, anche in questo caso senza indicazioni.

 

Altre famiglie o singoli individui de Simone, di cui non è stato possibile reperire stemmi e maggiori notizie, ebbero possedimenti feudali o status nobiliari nelle province del Regno meridionale. Fra fine Cinquecento e Seicento, una famiglia de Simone, nelle persone di Giovanni Domenico (†1608), Giovanni (†1627) e Donato, possedette la portolania della università di Tricase in Terra d’Otranto; nella stessa provincia, Pietro, nel 1733, possedeva la portolania di Salice. Livio Serra di Gerace, Tavole genealogiche, in Archivio di Stato di Napoli, riporta un ramo decorato del titolo di marchese, di cui non precisa il feudo, che si sviluppa fra il 1688 e il 1860. Nel 1688 compare Vincenzo de Simone, barone di Prata in Abruzzo Ultra, quale acquirente, da Carlo Antonio Pepoli, del feudo di Porcili (oggi Stella Cilento) in Principato Citra, che l’anno successivo rivenderà a donna Cornelia Marucci; nel 1705 lo stesso Vincenzo vende a Carlo Antonio Mastellone il feudo di San Giovanni in Principato Citra, con i casali di Bonafede (o Malafede, oggi Amalafede) e Guerrazzano. Anche Gioacchino Murat concesse il titolo di barone a un Francesco de Simone.