il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

home        siti migliori

 

 

Rassegna Storica Salernitana, 44, 2005, pp. 227-236

CASA CAVASELICE ALLE BOTTEGHELLE, PRESUNTA DEL PEZZO

(VECCHI E NUOVI EQUIVOCI SULL’IDENTITÀ DEI LUOGHI)

 

L’anno che volge al termine ha visto, in due fine settimana di maggio, come consuetudine ormai consolidata, lo svolgersi della manifestazione Salerno Porte Aperte; e, come consuetudine altrettanto consolidata, è stato distribuito l’opuscolo curato dall’Ufficio Turismo del Comune, nel quale continuano a sussistere cronici equivoci sull’identità dei luoghi1, nonostante la mia denuncia del 20022 e gli amichevoli suggerimenti elargiti, su invito dall’Assessore al Turismo, negli anni successivi, ma rimasti inascoltati. Su queste pagine forse sarebbe opportuno addirittura non interessarsi di questo diabolico perseverare nell’errore con la consapevolezza di errare, come in effetti avviene, ma un nuovo equivoco apparso quest’anno3 non può rimanere senza rettifica e senza che se ne tragga una piccola morale.

L’oggetto di esso è un edificio recentemente restaurato, quello caratterizzato da un enorme portale, a sinistra risalendo via delle Botteghelle, poco prima che questa termini verso settentrione. L’autrice dello scritto, che è uno degli architetti che ne hanno curato il restauro, lo identifica come “la casa palatiata della nobile famiglia del Pezzo alle Botteghelle, nella parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, in gran parte passata al dottor Giuseppe Pisano nel 1667, abitata dai Cavaselice dai primi del Settecento”; il che è corretto soltanto nell’ultima affermazione.

 

1Fra i vecchi equivoci pertinacemente riproposti si distinguono le confusioni fra le chiese del Santissimo Salvatore de Drapparia e del Santissimo Salvatore de Fundaco o de Dogana e fra San Matteo Piccolo ai Canali e San Matteo Piccolo dei Capograsso in Orto Magno; si ripropone anche il riconoscimento di una edicola votiva in quelli che in realtà sono i resti della Santissima Annunziata de Orto Magno, nel vicolo dei Sediari. Per questi luoghi di culto si veda G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, 2001, I, rispettivamente, pp. 103-105; pp. 73-74; pp. 82-85; pp. 58-61; pp. 165-166.  

2V. de Simone, Salerno a Porte Aperte scivola sulla... Storia, in «La Città», 15 luglio 2002.

3F. Severino, La “casa palatiata” della nobile famiglia del Pezzo ai Barbuti, in «Salerno Porte Aperte 2005», pp. 62-68.

Alla ricerca dell’identità di questo immobile, una prima analisi va effettuata sul toponimo Potechelle. Al Seicento, la via oggi delle Botteghelle era suddivisa toponomasticamente in due parti: il tratto inferiore, grosso modo in corrispondenza dell’area su cui sorgerà quello che chiamiamo Palazzo d’Avossa, con le sue adiacenze, era detto Capopiazza, così come le adiacenze di due piccoli tratti della via dei Mercanti, all’innesto su di essa della stessa via delle Botteghelle, verso occidente fino alla Corte Dominica, l’attuale Antica Corte, verso oriente circa fino all’incrocio con la Selice di San Matteo, l’attuale via Duomo; il tratto superiore era detto alle Potechelle, ma, come verso meridione il toponimo Capopiazza si estendeva lungo la via oggi dei Mercati, verso settentrione quello alle Potechelle si estendeva lungo la via attualmente Romualdo II Guarna.

Una seconda analisi va condotta sui confini parrocchiali. Dal 1570, quando si completò una serie di accorpamenti che ridusse il numero delle parrocchie cittadine da venticinque a sedici, alla soppressione di quella di San Grammazio, avvenuta nel 1844, l’area delle Potechelle vedeva l’intrecciarsi di quattro territori parrocchiali: a monte dell’asse largo Abate Conforti – via Romualdo II Guarna si estendeva quello di San Massimo e Sant’Eufebio; ad oriente della via Duomo, quello di San Giovanni de Cannabariis; a Santa Maria dei Barbuti competevano l’isolato che verso occidente si conclude con la stessa chiesa parrocchiale e quelli compresi fra la via delle Botteghelle e la via Duomo; in territorio di San Grammazio ricadeva l’isolato comprendente la presunta Casa del Pezzo di cui allo scritto che discutiamo [1]4.

  4I numeri fra le parentesi si riferiscono ai particolari della piantina annessa.

Da queste analisi si evidenziano tre fatti: il primo è che potevano essere definiti come siti alle Potechelle non solo immobili posti lungo la via che attualmente richiama quel toponimo, ma anche lungo la via oggi Romualdo II Guarna; il secondo è che immobili così definiti ricadevano non solo nel territorio parrocchiale di Santa Maria dei Barbuti, ma anche in quelli di San Massimo e Sant’Eufebio, di San Grammazio e addirittura nella parte estrema di San Giovanni de Cannabariis, come avveniva nel 1644 per Casa Santomango [2] e nel 1645 per le case di d. Giovanni de Ruggiero poste nello stesso isolato5; il terzo è quello già accennato, ossia che il palazzo di cui trattiamo non era compreso nella parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, quindi non è identificabile con la casa palaziata del Pezzo che i documenti dicono essere in quel territorio.

   

 

 

 

5Archivio di Stato di Salerno (ASS), Protocolli notarili, 4983, 1644, f. 149t; 4985, 1645, f. 4.

Il 31 luglio 1578 compare nella documentazione giunta fino a noi una prima Casa del Pezzo, che il 31 agosto 1588 si precisa essere in possesso di Ottaviano, confinante con il sedile dei nobili di Portarotese; il 31 ottobre 1609 Giovanni Andrea del Pezzo cede al fratello Matteo Francesco la sua metà della casa ereditaria del comune padre Ottaviano, consistente in più appartamenti, sita nella parrocchia di Sant’Eufebio, confinante con due vie pubbliche e con il sedile di Portarotese; il 21 ottobre 1616 Casa del Pezzo, confinante con il sedile dei nobili di Portarotese, è detta sita a le Potechelle; il 26 aprile 1625 Ottavio del Pezzo, patrizio della città di Salerno, retrocede al padre Matteo Francesco, similmente patrizio della stessa città, certe case grandi consistenti in più appartamenti, cortile, fontana e giardino, site nella parrocchia di Sant’Eufebio, confinanti con due vie pubbliche, con il Seggio delli gentilliomini detto de Portarotese e con altri beni di esso Matteo Francesco, insieme ad altre case piccole con forno, accanto alle predette, dalla parte detta le Potechelle, anch’esse confinanti con il detto seggio e con la via pubblica6. Poco meno di centoventinove anni dopo, il 23 febbraio 1754, risulterà che il signor d. Matteo del Pezzo, patrizio salernitano, nella parrocchia di Sant’Eufebio e San Massimo, nel luogo detto Casa del Pezzo, possiede una casa palaziata consistente in quattro rimesse, due stalle, piccolo giardino con portico attorno, bassi per uso di forno pubblico nella strada maestra e due piani superiori per trenta stanze, con loggia posta sopra il sedile di Portarotese, confinante da levante, mezzogiorno e ponente con strade, da tramontana con la clausura del monastero della Mercede7.

 

6ASS, Protocolli notarili, 4874, 1577-1578, f. 151t; 4884, 1587-1588, f. 800; 4902, 1609-1610, f. 71t; 4903, 1616-1617, f. 59; 4904, 1624-1625, f. 81.

 

 

 

 

 

 

7Archivio di Stato di Napoli (ASN), Catasti onciari, 3946, f. 503, particella 4.

 

Partendo, dunque, dal sito certo del monastero di Santa Maria della Mercede, appena oltre il bordo superiore della piantina annessa a questo scritto [3], possiamo con certezza ubicare non solo questa prima Casa del Pezzo [4], ma anche il sedile dei nobili di Portarotese [5], il cui sito vedremo fra gli elementi determinanti per l’ubicazione della seconda Casa del Pezzo, quella che l’autrice dello scritto che consideriamo erroneamente identifica con il palazzo di cui ha curato il restauro.

Il 24 maggio 1610 questa seconda Casa del Pezzo risulta in possesso di quel Giovanni Andrea che abbiamo visto cedere, il 31 ottobre 1609, al fratello Matteo Francesco la sua metà della prima casa; l’8 aprile 1633 si accede alle case del fu Giovanni Andrea del Pezzo, site nella parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, confinanti con beni degli eredi di Alessandro della Calce, con via pubblica e altri confini, ove, ad istanza della sua vedova Porzia Maria delle Carrette, erede usufruttuaria, e di Ottavio e Nicola Maria del Pezzo, suoi nipoti ed eredi proprietari, si redige l’inventario dei beni da lui lasciati; il 28 aprile 1634 la casa dei fratelli Ottavio e Nicola Maria del Pezzo risulta confinante con beni di Alessandro della Calce, in realtà dei suoi eredi, con beni del dottor Giovanni Nicola de Vicariis, con due vie pubbliche, con beni di Vincenzo Sale8. Evidentemente è all’analisi delle ubicazioni delle tre proprietà confinanti con questa seconda Casa del Pezzo che dobbiamo affidare la possibilità di correttamente ubicarla.

   

 

 

 

 

 

8ASS, Protocolli notarili, 4931, 1608-1610, f. 312t; 4966, 1632-1633, f. 535; 4943, 1634, f. 75.

Casa della Calce, naturalmente da non confondersi con quella che poi sarà Palazzo d’Avossa né  con l’altro immobile della stessa famiglia ad essa di fronte, al larghetto oggi Fra Generoso, il 7 maggio 1624 risulta sita a San Matteo, nella parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, con la precisazione che si tratta di una proprietà già de Aiello; infatti, il 17 novembre 1649 risulterà che le case palaziate della Calce, in frontespizio della porta grande della cattedrale, confinanti con beni del signor Ottavio del Pezzo e con beni degli eredi del signor Metello de Ruggiero, furono vendute da Romolo de Aiello, gentilhuomo della Città di Salerno, ad Alessandro della Calce il 29 maggio 1620; nel 1650 Casa della Calce è detta posta nel cortile incontro San Matteo9. Alla luce di queste informazioni possiamo, dunque, andarla a posizionare sulla nostra piantina [6].

  9ASS, Protocolli notarili, 4959, 1620-1629, f. 243; 4968, 1649, f. 18t. Archivio Diocesano di Salerno (ADS), Status animarum, Santa Maria dei Barbuti.

I beni del dottor Giovanni Nicola de Vicariis erano costituiti dalle case che egli, agli inizi del 1622, aveva acquistato da Geronima de Ruggiero, che aveva sposato Giovanni Battista Pescara, duca di Saracena; tali case costituivano la parte settentrionale dell’edificio immediatamente a meridione di quello in cui siamo andati a posizionare Casa della Calce, a quest’ultimo collegato tramite gli archi sulla via Giovanni Guarna [7]. Al primo acquisto aveva fatto seguito, il 7 maggio dello stesso anno, quello della camera con il soppinco e l’area à cielo posta sopra uno dei due archi sulla strada, a sua volta seguito dall’acquisto, il 13 dicembre 1631, di un terraneo posto sotto le sue case grandi, fra la porta di queste e la porta delle case piccole anche vendutagli dal duca di Saracena, in frontespizio alle case di Metello de Ruggiero, i cui beni sopra abbiamo visto confinanti con Casa della Calce, venditore sia della stanza sull’arco che di questo terraneo10. Dunque, era tramite uno degli archi sulla via Giovanni Guarna che i beni del dottor Giovanni Nicola de Vicariis andavano a confinare con la seconda Casa del Pezzo.

   

 

 

 

 

 

 

10ASS, Protocolli notarili, 4933, 1622-1623, f. 14; 4942, 1631, f. 293.

Il 20 luglio 1612 i beni dei Sale erano in possesso di Simone, posti nella parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, in frontespizio al sedile di Portarotese, confinanti con la via pubblica e con i beni di Giovanni Andrea del Pezzo; il 13 ottobre dello stesso anno, nell’inventario dei beni da lui lasciati, fatto ad istanza della sua vedova Claudia de Franco quale tutrice dei figli Vincenzo e Matteo, la casa, di cui si conferma il sito e i confini, è descritta come consistente in due vani, uno terraneo e uno superiore; il 24 marzo 1629 i beni di Vincenzo Sale sono descritti come una bottega con camera superiore, retretto e pergola, alle Botteghelle, confinante con il giardino degli eredi di Alessandro della Calce e il palazzo di Giovanni Andrea del Pezzo; il 13 ottobre 1643 si precisa che la casa degli eredi di Simone Sale avevano fatto parte di Casa della Calce11. Di rilievo, fra le informazioni intorno a questi beni, oltre i confini con Casa della Calce e Casa del Pezzo, è il sito di fronte al sedile di Portarotese: siamo, dunque, lungo il prospetto settentrionale dell’isolato nel quale abbiamo già posizionato la stessa Casa della Calce [8].

   

 

 

 

 

11ASS, Protocolli notarili, 4906, testamenti, prima numerazione, f. 45; 4906, inventari, seconda numerazione, f. 78; 4950, 1629, f. 108; 4945, 1643-1644, f. 49t.

La seconda Casa del Pezzo era, quindi, nella parte occidentale di questo isolato [9], come ci conferma l’atto della sua vendita, del 6 dicembre 166712, citato dall’autrice dello scritto di cui trattiamo senza, però, coglierne il passaggio fondamentale per l’ubicazione, anzi addirittura occultandolo, come vedremo. In esso compaiono i signori Matteo e abate Antonio del Pezzo, patrizi salernitani, fratelli, agenti anche per conto dell’altro fratello signor Domenico, per vendere al dottor Giuseppe Pisano una casa palaziata, con un cortile a parte superiore e uno a parte inferiore, nella strada per la quale si ascende per davanti Casa de Ruggiero, con un ingresso grande senza porta di legname, con la impresa d’essi signori del Pezzo in marmo intagliato sopra un arco a volta di lamia alla detta porta del cortile inferiore, e con il cortile superiore (ed è questo l’elemento fondamentale per l’ubicazione) per il quale si ha l’uscita all’incontro e in frontespizio al seggio di Portarotese.

   

12ASS, Protocolli notarili, 5014, 1667, f. 290.

La storia documentata dell’area sulla quale insiste l’edificio di cui ci interessa ricostruire l’identità inizia, nel novembre 1053, con un privilegio del principe Gisulfo II esibito il 12 agosto 1335 dal procuratore del nobile signore Matteo de Porta, regio consigliere e familiare, figlio del milite Tommaso, con il quale concedeva, per interventum Octavie Principisse dilecte genetricis nostre, ai conti Guaiferio e Alberto, definiti dilectis parentibus nostri, figli del conte Adalferio, l’intera chiesa di San Marco, que constructa est super plateam que ducit ad portam que Rotensa dicitur, con tutti i beni, il bagno e quant’altro ad essa pertinente13. Questa chiesa era sita, fino all’interdizione disposta l’8 settembre 1803, quando ne perdurava il patronato della famiglia della Porta, all’angolo nord-orientale dell’isolato [10]14. Le case ad essa adiacenti, evidentemente eredi dei beni concessi da Gisulfo II, già confiscate a Bartolomeo della Porta, il 12 luglio 1300 saranno concesse da Carlo II ad un altro esponente della famiglia, Giovanni, e ai suoi eredi; il 16 marzo 1466 altre case già dei della Porta nella persona di Francesco, nell’attualità del documento di Giovanni Guarna, sono citate in relazione all’altra chiesa di San Ludovico che, quando tali case saranno adibite a sede della Regia Udienza, con il titolo di San Ludovico o San Luigi o San Leonardo e l’appellativo de Porta o de Guarna, diverrà la cappella del carcere15.

 

13ADS, Registro I della Mensa, pp. 609-614. Questo documento riporta una genealogia dalla quale risulta che Matteo de Porta, tramite il padre Tommaso, figlio di Matteo, figlio di Tommaso che fu familiare di re Carlo, figlio di  Eufronone che fu viceré  in Sicilia dell’imperatore Federico, figlio di Matteo, figlio di Eufronone, figlio di Sergio, figlio di Pietro, discendeva da quell’Alberto al quale Gisulfo II, unitamente al fratello Guaiferio, aveva donato la chiesa e le sue pertinenze; è da notarsi che il documento esibito, o la trascrizione fattane nel 1335, oppure quella nel Registro I della Mensa, quest’ultimo spesso non ineccepibile in quanto a correttezza delle informazioni riportate, contiene due imprecisioni: la prima è che la madre di Gisulfo II non si chiamava Ottavia, ma Gemma; la seconda è che la chiesa di San Marco della Porta non era sita a settentrione della via che conduceva alla porta Rotense, ma a meridione.

14Di questa chiesa si tratta in G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione cit., I, pp. 153-154.

15ASN, Registri angioini, 102, f. 27; documento edito in Codice Diplomatico Salernitano del sec. XIII, a cura di C. Carucci, III, p. 458. ADS, pergamena 227; Visite pastorali.

Il 1° settembre 1516 si fitta una stanza della chiesa di San Marco, sita nella parrocchia di San Grammazio, confinante con la stessa chiesa e la via pubblica; il 10 dicembre 1565 si fitta l’intera casa del beneficio di San Marco de Porta, consistente in più vani terranei e superiori, sotto la stessa chiesa16. Il 3 aprile 1607 si cita Casa della Porta, nella parrocchia di San Grammazio; il 28 luglio 1612 i suoi confini risultano essere due vie pubbliche e la chiesa di San Marco; il 26 dicembre 1693 si fitta il palazzo grande di d. Nicola della Porta, marchese di Episcopio, e proprio quello confinante con la Regia Udienza17. Intanto, nel 1634, lo Status animarum della parrocchia di San Grammazio riportava sia case del barone di Episcopio che della badia di San Marco della Porta18.

 

16ASS, Protocolli notarili, 4837, 1516-1517, f. 1; 4865, 1564-1566, f. 133.

17ASS, Protocolli notarili, 4906, testamenti, prima numerazione, f. 11; 4902, 1611-1612, f. 190t; 5040, 1693, f. 419. Il Manoscritto Pinto (Biblioteca Provinciale di Salerno, manoscritto 19), f. 122, riporta che lo stemma della famiglia della Porta (D’azzurro, alla porta aperta d’oro) si osservava nella Casa vicino la chiesa di San Marco.

18ADS, Status animarum, San Grammazio.

Il 23 marzo 1753 i fratelli rev. d. Matteo, rev. d. Giuseppe e Pietrantonio Bandini donano, quale patrimonio sacro, al novizio Filippo Bandini, loro nipote e figlio rispettivamente, la concessione enfiteutica che possiedono su una casa della badia di San Marco della Porta, alle Botteghelle, da canto la stessa chiesa, confinante da mezzogiorno con beni del marchese Cavaselice19. Compare, dunque, Casa Cavaselice, che chiunque mastica di cose salernitane sa essere, come la stessa autrice dello scritto di cui trattiamo, il palazzo dall’enorme portale del quale ha curato il restauro. Il 21 febbraio 1754 risulterà in possesso del marchese Antonio, patrizio salernitano, sito nel territorio parrocchiale di San Grammazio, alle Botteghelle, confinante da levante e mezzogiorno con strade, da tramontana con case possedute da Pietrantonio Bandini, da ponente con il carcere della Regia Udienza; lo stesso giorno le case possedute da Pietrantonio Bandini, in realtà, come abbiamo visto, concessione enfiteutica della chiesa di San Marco e patrimonio sacro del figlio Filippo, saranno descritte come poste nel territorio parrocchiale di San Grammazio, alle Botteghelle, sotto la chiesa della badia di San Marco della Porta, confinanti a mezzogiorno con il marchese Cavaselice20.

 

19ASS, Protocolli notarili, 5362, 1753, f. 263.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20ASN, Catasti onciari, 3946, f. 500, particella 1; f. 500, particella 2.

 

Ovviamente, la conclusione di questo ragionamento è che Palazzo Cavaselice sostituì, nell’area compresa fra la chiesa e le case della badia di San Marco, la via delle Botteghelle, il vicolo Siconolfo e il complesso della Regia Udienza, oggi Archivio di Stato, posto appena oltre il limite occidentale dalla piantina annessa a questo scritto [11], gli antichi beni dei signori della Porta, non certamente la casa palaziata della famiglia del Pezzo.

In realtà, l’identificazione dell’immobile perseguita dall’architetto Severino nasce, temo non in perfetta buona fede, essenzialmente dal citato atto di vendita del 6 dicembre 1667, che si tenta di calzare a Casa Cavaselice. Il documento descrive un piano terra consistente in una rimessa con dentro un cellaro e cinque bassi posti nel cortile che definisce inferiore e una stalletta, un pozzo, un lavatoio, un altro basso e una cantina seminterrata in quello superiore che, come accennato, aveva l’uscita di fronte al seggio di Portarotese; il primo piano si raggiungeva da tre scale: due dal cortile inferiore, la prima delle quali conduceva esclusivamente a due camere poste sulla rimessa mentre la seconda portava ad un ballatoio dal quale si accedeva a cinque stanze e una saletta, la terza dal cortile superiore, che ascendeva ad un corridoio pergolato con la sala, una camera prospettante sul cortile inferiore, altre cinque stanze, una cucina e una dispensa; sopra tale secondo piano vi erano astrico e suppingo. L’architetto Severino identifica il cortile superiore con quella che in realtà fu una via vicinale, prima corrente fra i beni che i della Porta assegnarono in dotazione alla chiesa di San Marco e quelli utilizzati privatamente, poi fra gli stessi beni della chiesa e quelli dei Cavaselice, e gli assegna, con un piccolo falso, in luogo dell’uscita di fronte al seggio di Portarotese, un’uscita su via delle Botteghelle che l’ex via vicinale effettivamente ha, attualmente chiusa da una porta metallica, ma che non compare nel documento; quindi distribuisce una moltitudine di ambienti su tre livelli, mentre il documento descrive l’immobile come consistente in due piani; infine sottace, altro piccolo falso, l’esistenza della gradinata nel cortile superiore, non essendo questa riscontrabile nel presunto cortile superiore di quella che sarà Casa Cavaselice.

Credo di poter trarre da questa vicenda, come sopra anticipato, una piccola morale, la stessa, e mi si perdoni la ripetitività, già tratta da altri ragionamenti apparsi su queste pagine: non esercitare lo scrivere senza prima aver molto esercitato il leggere, ossia non pensare di poter intervenire in una materia complessa come la ricostruzione della storia urbanistica di questa città leggendo una tantum un atto notarile estrapolato dal contesto della rimanente documentazione giacente presso gli archivi. Naturalmente comprendo l’impossibilità da parte di ingegneri ed architetti incaricati di qualche restauro di condurre ricerche che impegnerebbero anni, quindi l’auspicio e che si limitino a restaurare, possibilmente bene, demandando a chi della frequenza degli archivi fa il proprio impegno quotidiano il compito di districarsi fra le fonti documentarie, ciò al fine di non diffondere nuove leggende metropolitane, di cui la storiografia di questa città davvero non avverte il bisogno. 

Vincenzo de Simone

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

 

Casa Cavaselice, presunta del Pezzo

 Casa Santomango

Monastero di Santa Maria della Mercede

Prima Casa del Pezzo

Seggio dei nobili di Portarotese

 Casa della Calce, ex de Aiello

Casa de Vicariis, ex de Ruggiero

Casa dei Sale, ex della Calce

Seconda Casa del Pezzo

Chiesa e case di San Marco della Porta

Regia Udienza, oggi Archivio di Stato

 

14 dicembre 2013. Aggiornamento. Con nota in data odierna, l'architetto Francesca Severino comunica di non essere stata, come erroneamente riportato nell'articolo sopra riprodotto, fra gli artefici dell'intervento su Palazzo Cavaselice, che definisce semplice ristrutturazione edilizia eseguita con fondi della legge 219 post terremoto e non restauro, come anche erroneamente riportato.