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a cura di Vincenzo de Simone

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ex Carcere maschile - via San Massimo

 

Il complesso che con inizio dei lavori del 7 agosto 1818 sarà trasformato in carcere maschile era costituito dai monasteri soppressi di Sant’Antonio dei francescani conventuali e di San Pietro a Maiella e San Giacomo dei celestini, dall’oratorio di Santo Stefano, sede della confraternita di Santa Maria della Consolazione, dalla chiesa sede dell’ente parrocchiale di San Massimo e Sant’Eufebio.

Il primo dei monasteri era sorto all’alba del Duecento con il titolo generico di San Francesco e due secoli dopo era stato ampliato da Margherita di Durazzo, che vi era, poi, stata sepolta (1412) in un monumento funebre posto dietro l’altare maggiore e trasferito nella cattedrale di San Matteo nel 1808, alla soppressione del monastero; ma molte altre sepolture non ebbero la stessa fortuna, fra cui quella della famiglia Guardati, posta nel chiostro conventuale, che, molto probabilmente, aveva accolto le spoglie di Masuccio Salernitano.

Il secondo dei monasteri era stato istituito, con la consacrazione di una chiesa provvisoria, il 7 agosto 1763 nell’edificio comprato dai celestini da Matteo Genovese, barone di Montecorvino, allo scopo di avere una sede definitiva in città per superare l’abbandono estivo ed autunnale del loro insediamento in luogo insalubre fuori Porta Rotese e il lungo periodo, dal 1716, passato in quelle stagioni in una sistemazione loro concessa dai carmelitani nell’area sotto San Nicola de la Palma, in parrocchia di Santa Maria de Alimundo. Il 31 agosto 1774 erano stati appaltati i lavori per la realizzazione della chiesa definitiva, ma il monastero sarà soppresso nel 1807 e l’immobile compreso nella realizzazione del carcere maschile con la funzione di ospedale.

L’oratorio di Santo Stefano era allocato, fin dalla sua fondazione nel 1586, nel soccorpo della chiesa monastica di Sant’Antonio, con accesso dalla salita di Montevergine. Nel 1659 il luogo pio è trovato ampliato di recente con l’edificazione di una nuova cappella. Il 18 luglio 1767 è descritto come coperto a lamie da buon ed antico pittore dipinte, con più pilastri coi loro capitelli e piedistalli di travertino. Sarà sottoposto a visita pastorale per l’ultima volta l’8 settembre 1803.

La chiesa di Sant’Eufebio, anticamente Santa Maria de domno Raidulfo, compare nella documentazione giunta fino a noi nel giugno 1186, quando un’oncia del suo patronato è donata alla badia di Cava. Nel 1503 è fra le parrocchiali cittadine. Nel Settecento l’ente parrocchiale assumerà il titolo di San Massimo e Sant’Eufebio. La sua posizione è descritta nel 1692: di sotto la Chiesa di Santo Stefano e il Convento di Santo Antonio, ossia lungo il lato settentrionale dell’attuale via Sant’Antonio, allo sbocco di questa sulla salita di Montevergine. Sottoposta a lavori di restauro per appalto del 16 agosto 1771, fra cui la messa a piombo del muro verso il monastero di Santa Maria Maddalena e la sistemazione dell’antichissima cripta, sopravvivrà alla costruzione del primo recinto carcerario, ma sarà travolta dalla revisione del muro meridionale avviata nel 1828. Con atto regio del 3 maggio 1827 all’ente parrocchiale era stata assegnata quale sede la chiesa del monastero soppresso di San Domenico.

Il carcere sarà attivo fino al 1981, quando i detenuti saranno accolti nella struttura circondariale di Fuorni. Nel 1997 prende forma il progetto Edifici Mondo per il recupero degli ex carcerari e di Palazzo San Massimo. Ma nulla se ne fece, poiché i fondi furono dirottati verso la voragine di piazza della Libertà, ove Vincenzo De Luca aspira siano deposte le sue ceneri.

 

Per saperne di più. G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione postuma a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, edizioni Gutenberg 2001. Per San Francesco d’Assisi (Sant’Antonio), III, pp. 86-88; per San Pietro a Maiella e San Giacomo, III. pp. 112-118; per Sant’Eufebio, I, pp. 142-146; per Santo Stefano, I, pp. 156-157.

 

Prospetto dell’ex complesso carcerario verso oriente, allo sbocco di via Sant’Antonio sull’innesto della salita Montevergine, con evidenziato [1] il presumibile fronte della chiesa di Sant’Eufebio e [2] l’accesso all’oratorio di Santo Stefano.