di
Valentina Scaglia, CAI Milano
(partecipante
al corso)
Si è svolto ad Alquézar, ai piedi dei Pirenei spagnoli, il
corso di aggiornamento delle tecniche di progressione in forra organizzato
dalla Scuola Nazionale di Speleologia in sinergia con Associazione Italiana
Canyoning.
Una full immersion tecnica, una formula riuscita, ma
soprattutto tanta allegria hanno caratterizzato il corso di sei giorni
Alquézar 2006, dedicato all’aggiornamento e al confronto sulle
tecniche del torrentismo. Il corso era diretto dagli Istruttori Nazionali di
Speleologia del CAI Anna Assereto e Andrea Fontana, mentre l’Associazione
Italiana Canyoning era rappresentata da Roberto Recchioni, tra i fondatori
dell’AIC.
L’organizzazione era seguita anche
da Franco Aichino, aiuto istruttore della SNS. Ospitava il gruppo
l’ostello dell’Escuela-Refugio di Alquézar, ottima base di
partenza dotata anche di aula per le lezioni e di una biblioteca specializzata
in canyoning e outdoor (per informazioni, tel. 0034-974318966, www.prames.com/era)
Indovinata la cornice della Sierra de Guara, in
Aragona: una zona poco frequentata dagli sportivi italiani, è una
mèta di primo piano del canyoning a livello internazionale, tanto che le
immagini di alcune forre della zona hanno fatto il giro del mondo. Parliamo del
rio Mascùn, del Gorgas Negras e di tante altre cui sono state dedicate
intere guide. In questa’area, guidando lungo strette strade poco
trafficate, è più facile incontrare i furgoni dei torrentisti
stranieri che i veicoli dei rari abitanti. E nel fondo delle gole, se i gruppi
si incontrano, è subito un intrecciarsi di diverse lingue, come diversi
sono i sistemi di progressione. Qui il canyoning vive una sua dimensione
autonoma: nel minimarket del paese, accanto alle forme di formaggio locale si
trovano i calzari di neoprene e le mappe con i percorsi segnati, e il parco
naturale che tutela la zona porta il nome evocativo “de
Sierra de Guara è oggi un parco naturale che
racchiude
Il gruppo (in tutto 12 allievi seguiti da quattro istruttori) si è presentato subito come eterogeneo. Tra gli allievi c’erano torrentisti con un buon curriculum di forre alle spalle, speleologi esperti, accanto a persone di minor esperienza, ma tutti con molta voglia di progredire. Un incontro di persone provenienti da varie parti d’Italia ma in cui si sentiva forte la componente toscana. E con un desiderio comune, forse in parte inespresso, di affrontare i delicati temi legati alla sicurezza. Il primo punto che è apparso evidente è l’eterogeneità dei modi di andar per forra, che è emerso fin dall’attrezzatura. Perché nel modo di armare e scendere, si ereditano le abitudini o i retaggi della speleologia oppure continuano a essere applicate tecniche oggi superate.
Con il risultato di armare calate che, specie di presenza di portate importanti, possono diventare pericolose. Dalla discussione del primo giorno sui vantaggi della progressione su corda singola, si è passati a conoscere l’armo mobile, la tecnica di calata su corda singola che consente di sbloccare la corda dall’alto. E, con il passare dei giorni, si sono messe in pratica tecniche sempre più avanzate, dall’inversione da discensore ai bloccanti ai passaggi di frazionamenti e alla soluzione di problemi particolari, dalla realizzazione di teleferiche, dall’uso e conoscenza di nodi complessi ai paranchi, fino alle manovre di emergenza. L’incontro era anche occasione di scambio d’esperienze tra tradizioni del CAI e metodi usati dall’AIC.
Giornate cariche di intensità e dal programma
denso, che proseguiva la sera, dopo l’interminabile tramonto rosseggiante
sulle sierras, con le lezioni teoriche. Argomenti degli incontri sono stati
l’inquadramento geologico dell’area, la verifica del materiale di
squadra, i pericoli legati all’ambiente del torrente, le acque vive, il
primo soccorso, lezione per cui è stato portato dall’Italia un
manichino professionale usato per simulare la rianimazione con massaggio cardiaco.
Obiettivo del corso era rendere autonomi i
partecipanti, mettendoli in grado di armare una forra partendo dalla
valutazione degli ancoraggi con utilizzo di elementi artificiali e naturali e
utilizzando la sacca d’armo. Sul campo, vista la complessità
tecnica della materia, non tutti hanno raggiunto questo livello, ma forse il
risultato è stato più ampio: il raggiungimento di una maggiore
consapevolezza sui fattori di sicurezza, l’abbandono di metodi di discesa
oggi sconsigliati, l’uso più maturo della vasta gamma di attrezzi
che il mercato mette a disposizione. Oggi ancora troppi torrentisti scendono
senza corda di emergenza, senza materiale d’armo, senza bloccanti, a
volte senza casco.
In conclusione, un plauso corale
all’efficienza degli organizzatori, che alla complessità del
viaggio hanno aggiunto meno visibili ma non meno fondamentali compiti logistici
e il trasporto dell’attrezzatura dall’Italia con un furgone.