Intervento del 13/02/2004 al Forum per il Manifesto della cultura nolana

Desideravo innanzitutto ringraziare il Duns Scoto ed in particolare il presidente ed amico ing. Capolongo per la particolare sensibilità che ha dimostrato nei confronti del gravissimo problema di salvaguardia del nostro patrimonio culturale che stò per sottoporvi.

Per comprendere la immensa portata della perdita che si sta inesorabilmente configurando proverò ad illustrarvi le caratteristiche uniche, prima ancora che straordinarie, dei documenti presenti presso la Basilica dei Martiri, una delle 7 che compongono il complesso paleocristiano delle basiliche cimitilesi.

La Basilica dei Martiri è la più antica del complesso e fu realizzata riconvertendo ad uso religioso un antico mausoleo romano. All’interno di essa esiste una vera e propria pinacoteca dell’arte paleocristiana ricchissima di dipinti che, indipendentemente dal valore artistico, sono documenti di estremo interesse storico - culturale per la loro importanza ed unicità.

L’importanza di questi documenti è ricollegabile, in estrema sintesi, ai seguenti aspetti:

·        La antica datazione di alcuni di questi dipinti che li collocano tra le prime testimonianze artistiche del patrimonio cristiano

·        La unicità di alcuni tratti iconografici

·        La importanza di alcuni unici elementi iconografici che testimoniano di insospettabili presenze culturali e religiose nell’agro

·        La importanza di alcuni unici elementi iconografici come prova di transizioni iconografiche da sempre ipotizzate ma fino ad ora mai corroborate da prove tangibili

Cominciamo con quello che, a mio avviso, è il documento che più di ogni altro esprime la gravità del problema: la Maddalena Incoronata.

Tale affresco rappresenta un caso iconografico unico poiché è l’unica raffigurazione nota di Santa Maria Maddalena rappresentata con corona da viva. L’importanza della corona smisurata che l’artista ha esaltato sovrapponendola ad un ampio nimbo, è nella singolarissima valenza del simbolo. La corona è solitamente connessa o al martirio, o alla verginità consacrata a Cristo o alla reale regalità della santa (es.: Sant’Elena): per la Maddalena non è possibile applicare alcuno di questi modi interpretativi. E’ chiaro, quindi, che la corona va riconnessa a quella antichissima metafora che, proprio il vescovo Paolino, espone in maniera sublime nella sua 23ma lettera. La Maddalena è, per Paolino, insieme alla Regina di Saba, simbolo della Chiesa, sposa mistica di Cristo. Il dipinto cimitilese in cui il volto brunito della Maddalena e la sua regalità rappresentano ulteriori singolarissimi elementi, sembra voler essere la prova tangibile della sovrapposizione delle due figure. L’assenza di stratificazioni evidenti nell’intonaco, l’antichità del muro che contiene il dipinto ed il fatto che esso si trovi in particolare evidenza all’interno di una antichissima altare incavato nel muro insieme a numerosi altri elementi iconografici, mi fanno ritenere che l’affresco possa essere molto più antico del XII secolo, periodo in cui è generalmente collocata la composizione.

Che il dipinto sia del XII o del V secolo come ho proposto, resta, ad ogni modo, un documento unico nel suo genere che è prova tangibile di una originario uso della Maddalena Incoronata quale metafora della Chiesa successivamente sostituita dalla Vergine Incoronata per l’evidente ambiguità del simbolo e per l’uso che di esso si era fatto in ambito gnostico.

Altro caso iconografico unico è costituito dalla figura intera che campeggia vicina alla Maddalena identica nel vestiario e nel nimbo, anch’essa incoronata (ma oggi priva sia di corona che di volto).

Io o associato questa figura, proprio rilevando la identità straordinaria dell’abbigliamento con quello della Maddalena, ad una seconda rappresentazione della stessa santa. Se ciò fosse vero, come mi ha confermato la professoressa Marina Falla Castelfranchi, questa doppia presenza di una santa in una chiesa a così breve distanza sarebbe un caso unico per l’epoca in esame.

Ma non è finita qui.

Nella Basilica dei Martiri è presente una antichissima raffigurazione di Adamo ed Eva che si pensa realizzata nella seconda netà del II secolo e che ha, anche questa, una singolarità che la rende unica nel suo genere: nel dipinto manca l’albero e le figure campeggiano prive della classica foglia.

L’albero è iconograficamente da sempre connesso con il peccato originale ed è evidente che la sua assenza non può non suggerire una volontaria scelta dell’artista nel segnalare l’assenza del peccato nell’evento.

Evidentemente ciò comporterebbe una riconnessione dell’artista o alle correnti gnostiche, per le quali la disobbedienza non fu peccato ma fu l’inizio della salvezza dalla prigionia imposta all’uomo dal Dio malvagio dell’antico testamento (il Demiurgo), o, e ciò sarebbe di estremo interesse storico, alle correnti pelagiane.

Ma potrebbe esservi un’altra strada da indagare, storicamente di rilievo straordinario se fosse provata: la possibile presenza di una comunità ebraica ed in particolare essena in Nola.

Gli indizi che giustificano una ricerca in questo senso sono numerosi, dalla lampada ad olio con Menorah (candelabro a sette bracci) trovata negli scavi presso le Basiliche, alla folta presenza di ebrei che accolsero San Paolo all’arrivo al porto di Pozzuoli e che potevano provenire proprio dall’Agro, fino alla numerosa presenza di insediamenti rupestri con incisioni in ebraico ed al ritrovamento di numerose necropoli ebraiche in Italia meridionale ed in particolare in Puglia e Basilicata.

E’ chiaro che in questa ipotesi il dipinto sarebbe non solo unico ma ancor più importante storicamente e straordinario oltre che più antico di quanto lo si pensi e forse addirittura precristiano.

Potrei continuare mostrandovi altre straordinarie singolarità degli antichissimi dipinti della basilica dei Martiri, ma penso che questi tre esempi siano sufficienti a rendere la drammaticità della situazione che vado ad esporre.

Il dipinto della Maddalena che nel testo fotografico del Mercogliano di solo 15 anni fa, appare con colori vivissimi, è oggi  letteralmente ricoperto da fenomeni di deposito salino e di efflorescenza. Parti enormi di esso sono scomparse in parte per sempre con l’inesorabile distacco dell’intonaco che rappresenta la fase finale della evoluzione di queste forme di degrado.

I fenomeni sono causati dalla apposizione di intonaco cementizio nella parete posteriore al dipinto che, essendo notoriamente non traspirante, in un ambiente umido come la Basilica dei Martiri, ha prodotto una copiosa traspirazione attraverso la superficie affrescata determinando i fenomeni di degrado descritti.

Nel caso della seconda Maddalena, invece, sarà davvero oneroso procedere alla rimozione dei copiosi depositi in calce che lo ricoprono, ma, almeno, non sembrano esservi fenomeni di degenerazione disastrosi come nel caso della Maddalena.

Diverso discorso vale per l’Adamo ed Eva che presenta depositi meno corposi di calce, ma, purtroppo, data la vicinanza al suolo è il più soggetto alla risalita diretta di umidità tanto che, ad oggi, è ormai quasi del tutto scomparso come ormai definitivamente scomparso è il dipinto del medesimo periodo ritraente Giona.

Gli interventi da fare sono urgentissimi e, almeno quelli di messa in sicurezza, hanno costi davvero ridotti (leggi rimozioni di intonaco cementizio, apposizione di paratie alle finestre per ridurre i fenomeni di traspirazione, ecc…)

Vogliamo salvare l’opera cui vescovo Paolino dedicò tutto se stesso e tutta la vita? Vogliamo salvare questo patrimonio unico della cultura? Vogliamo far arrivare un grido assordante ed ininterrotto alle autorità preposte alla salvaguardia?