Pigmenti e tecnica dei Romani

introduzione
Le tecniche più frequentemente utilizzate dai Romani erano la tempera, l'encausto e l'affresco. Usavano però anche tecniche miste dove con tale termine intendiamo una tecnica che non può ascriversi in maniera classica in nessuna delle suddette, ed è funzione del tipo di sostanza o dei tipi di sostanze che si trovano mescolate con i pigmenti al fine di legarli e fissarli al supporto.
nota sul nome dei colori
Ogni lingua ha da sempre usato termini specifici per i colori. A noi sembra banale definire rosso, giallo, blu, nero determinati colori, ma ogni cultura ha sviluppato un proprio concetto di colore, non sempre dovuta alla tinta bensì anche all’intensità o luminosità della stessa; così per esempio i romani distinguevano un nero lucente nigrum da un nero opaco o ater, al pari del bianco che rendevano con due termini albus per il bianco opaco e candidus per il bianco lucente. Non avevano per esempio un nome per il marrone ma è indubbio che questo colore era molte volte riprodotto.
Molti nomi dei colori prendevano poi il nome dalla zona di produzione (blu egiziano, rosso Sinopia, ecc.).
encausto
Le pitture ad encausto erano preparate disperdendo i pigmenti nella cera fusa tipiche tecnica dell'arte di Sicione. Veniva usata per la decorazione di pareti, pannelli, mobili, per la protezione ed abbellimento delle navi già ai tempi di Omero.
affresco
Nell'affresco i pigmenti, dispersi in acqua, a volte con aggiunta di minime quantità di bagnanti o di colloidi protettori, vengono applicati sull'intonaco umido appena appassito, da cui sono assorbiti e pemanentemente fissati per effetto del processo di carbonatazione della calce
Ca(OH)2 (s) + CO2 (g) —» CaCO3 (s) + H2O (g)
"falso fresco"
Nella tecnica del falso fresco, l'intonaco secco o quasi secco, viene bagnato con acqua di calce e lo stesso pigmento viene miscelato con latte di calce ed un legante organico (colle, gomma arabica) per migliorare la solidità dello strato di colore.
"fresco secco"
Nella tecnica del fresco secco sull'intonaco ormai asciutto, vengono passate parecchie mani di pasta di calce, così da raggiungere uno spessore conveniente e quando sono appassite al punto giusto si esegue il dipinto con una tecnica simile a quella del fresco buono o affresco propriamente detto.
bianco (calce viva CaO e gesso CaSO4•½ H2O)
La calce viva si ottiene dalla calcinazione della pietra calcarea a temperature superiori 800°C. Era la copertura di base per la preparazione degli affreschi.
Altre coperture erano rese col gesso come già sviluppato dalle precedenti culture.
Alcune volte nella base delle opere abbiamo calce fine mescolata a polvere di marmo.
cerussa o bianco di piombo (2 PbCO3•Pb(OH)2 )
Presente in natura come carbonato di piombo o cerussite PbCO3 come pigmento era sempre prodotto artificialmente in recipienti sospendendo striscie di piombo sopra aceto e circondando il tutto con sostanze in fermentazione che liberano anidride carbonica.
Quando scaldato diventa giallo luminoso per la formazione di massicot:
PbCO3 —» PbO + CO2
nero (grafite C)
Il colore nero era realizzato dai pictor romani con polveri e pigmenti (base di grafite) ottenute bruciando resine o pece.
Il colore nero più economico risultava però la fuliggine (nero fumo) usato per ottenere inchiostri e dai sofisticatori per adulterare i neri precedentemente citati.
nero minerale
Altri pigmenti neri venivano ottenuti dalla macinazione di minerali e altre sostanze, ricordiamo tra gli altri la lignite, torba, bitume, scisti bituminosi, pirolusite, manganite (Mn2O3•H2O), lo psilomelano (composto da ossidi ci Mn, Fe, Ba, K), la magnetite (Fe3O4), nero d’ossa e nero d’avorio
altri neri
Plinio ci ricorda come alcuni pittori pur di avere un buon pigmento nero trafugassero le tombe per raccogliere resti carbonizzati; e tale pratica era ovviamente vietata.
Il nero nella tintura dei tessuti era ottenuto dai resti vegetali dell’industria enologica essendo costituito da tannati di rame (incrostazioni dei tini).
rosso sinopia e rosso rubrica
La parola prende nome da una terra rossastra presente nei pressi della città di Sinope (colonia greca nel Ponto) ma si ritrova anche in Egitto, Baleari, nord Africa ed in Cappadocia.
Se prodotta per calcinazione dell’ocra in vasi nuovi, veniva chiamata rubrica e con tale nome il pigmento era usato in Grecia (Apelle).
minium (cinabro HgS)
Il cinabro era il pigmento rosso più ricercato, soprattutto quello proveniente da Efeso, per il suo vivace colore rosso scarlatto.
Ha il grave difetto di essere scarsamente resistente agli attacchi chimici ed alla luce e nel giro di un mese imbrunisce. Si sono conservate solo le opere in interni e nelle miniature.
rosso cerussa (minio Pb3O4)
Altri pigmenti rossi erano ottenuti dalla cerussa (pigmento bianco 2 PbCO3 • Pb(OH)2 ), parliamo di “cerussa usta” e “minium secontarium” ottenuti per calcinazione il primo della cerussa, ed il secondo della cerussite (minerale a base di PbCO3)
kermes
Sostanza colorante rossa estratta dalle uova degli insetti del genere Coccus per estrazione con l’acqua bollente. Conosciuta dai Greci, i Romani si limitavano a importarla dall’Oriente e dalla Spagna a cari prezzi (i più alti dopo la porpora).
rosso di robbia (garanza)
Già usata dagli Egizi, fu applicata anche nel mondo greco e romano.
Del rosso di robbia ne parlano sia Plinio che Vitruvio, oltre che come lacca rossa, veniva usata anche per migliorare il colore della porpora e la rendeva più apprezzata della stessa porpora Tiria.
oricello (tornasole)
Sostanza di origine vegetale o marina di colore violetto costituita prevalentemente da orcinolo.
Già usata nella Grecia antica, scompare poi dall’Italia per riapparire solamente a Firenze nel XIII secolo.
sangue di drago
Il sangue di drago è una resina proveniente dall’India dal nome attraente ma dalle cattive caratteristiche in termini di pigmento pittorico.
I Romani non ne conoscevano la natura (ovvero l’origine); alcuni ritenevano fosse il pigmento più adatto a rappresentare il sangue nell’affresco.
ocra gialla
L’ocra gialla è un pigmento adatto per la pittura a fresco. Ve ne erano di diversi tipi a seconda della provenienza, ma bisognava stare attenti a causa della facile contraffazione con prodotti di origine vegetali.
Meno usato era l’orpimento probabilmente perché tossico e meno adatto all’affresco.
litargirio (PbO)
È una forma diversa del massicot, ed i Romani lo facevano venire dall’Attica o dalla Spagna.
Se ottenuto artificialmente da minerali del piombo veniva chiamato puteolanum (cioè prodotto di Pozzuoli).
terra di Siena
È un’ocra particolarmente fine, caratterizzata dalla presenza di ossidi di manganese (MnO e MnO2) in quantità inferiori all’1%. Se la percentuale aumenta, il colore diviene sempre più bruno ed il pigmento assume il nome di terra d’ombra.
verdi
I verdi più comuni erano costituiti dai “classici” pigmenti di natura minerale: la malachite CuCO3 • Cu(OH)2, la crisocolla CuSiO3 • 2 H2O non diversamente dalle altre popolazioni del Mediterraneo.
verderame
Accanto ai precedenti i Romani utilizzarono anche il verderame detto aerugo o aeruca, cioè ruggine del rame.
Si produceva per via sintetica, similmente ai metodi usati per la produzione della cerussa, ossia esponendo ai vapori, o immergendo, ritagli della lavorazione del rame nell’acido acetico. altri verdi.
Verdi di 3° scelta erano la creta virides e l’appianum. Non è chiara la differenza, entrambe però erano terre di composizione variabile contenenti elevate quantità di ferro (oltre ad Al, Mg, K).
armenium (2 CuCO3 • Cu(OH)2 )
Armenium o caeruleum armenium non era altro che il nome che i romani davano all’azzurrite, come spesso accadeva il nome prende origine dal luogo di smercio poiché accanto a questa vi era anche un caeruleum aegyptium (estratto dal Sinai) ed un caeruleum puteolanum (blu oltremare o lapislazzuli raccolti dalla zona vesuviana).
altri azzurri
Minore diffusione a causa del costo o della produzione erano poi il lapislazzulo, il blu egizio artificiale, vi erano poi altri pigmenti di poco prezzo ottenuto quali sottoprodotti della lavorazione del rame tra i quali il lomentum ed il tritum (fabbricato con gli scarti del lomento).
porpora
Oggi con la parola porpora non si intende una sostanza specifica bensì una gamma di colori collocati nello spettro tra il cremisi ed il violetto bluastro. Il porpora può quindi formarsi anche da una combinazione di colori.
Bande di porpora erano usate da senatori e cavalieri, ma solo gli imperatori potevano indossare abiti interamente di porpora.
ostrum (1,6-dibromoindaco C16H8Br2N2O2)
La porpora estratta dai molluschi Murex veniva chiamata in latino ostrum, mescolata con la creta argentaria veniva usata come pigmento in pittura e trucco (malgrado il costo limitasse le sue applicazioni, e nessuna opera a riprova di questo, né parietale né vascolare).

Bibliografia
Autori Vari "La fabbrica dei colori" Il Bagatto
R.J. Clark articoli pubblicati tra il 1995-2001
Luciano Colombo "I colori degli antichi" Nardini 1995
Bodo W. Jaxtheimer "Impara l'arte" Rizzoli 1962
Journal of cultural Heritage Vol. 3 (2001) e Vol. 4 (2002)
Carlo Linzi "Tecnica della pittura e dei colori" Hoepli 1930
Gino Piva "Manuale pratico di Tecnica pittorica" Hoepli 1991