Salute e Sicurezza
Decreto Legislativo
626/94
Testo
coordinato con le modifiche del D.Lgs. 242/96, D.Lgs. 359/99, del D.Lgs.
66/2000, della Legge 422/2000 e della Legge 1/2002
Attuazione
delle direttive
89/391/CEE,
89/654/CEE,
89/655/CEE,
89/656/CEE,
90/269 /CEE,
90/270/CEE,90/394/CEE,
90/679/CEE,93/88/CEE,97/42/CEE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento
della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
Supplemento Ordinario N. 141 alla
Gazzetta Ufficiale N. 265 del 12/11/94
TITOLO I
Capo 1
Disposizioni Generali
ART. 1
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela
della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti
i settori di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di
protezione civile, nonché nell’ambito delle strutture giudiziarie,
penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle
attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza
pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria,
degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli
archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello
Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di
trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono
applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con decreto del
Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n.
877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di
portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi
espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano
compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4 bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi
1, 2, 3 e 4 e, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i
dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività,
sono tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4ter. Nell’ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto,
il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall’art.4, commi 1,
2, 4, lettera a), e 11 primo periodo.
ART. 2
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto
si intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di
un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari,
con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci
lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la
loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli
utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica,
universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per
agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì
equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari, e i
partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso
di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere,
agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente
periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero dei
lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari
obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di
lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa
ovvero dell’unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in
quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa.
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si
intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo
sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme
delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati
all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali
nell’azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva
dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o
in igiene e medicina
preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni ed altre
specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro
della sanità di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca
scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o
in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona
designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità
adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero
persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto
concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro,
di seguito denominato rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o
previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire
i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e
dell’integrità dell’ambiente esterno;
h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il
lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla
produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico
funzionale.
ART. 3
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la
sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in
base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al
minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che
integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche
produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori
dell’ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno
pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di
lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di
lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello
ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure
di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che
possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui
luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi
specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per
motivi sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed
immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed
impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in
conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la
sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute
durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari
per i lavoratori.
ART. 4
Obblighi del datore di lavoro del dirigente e del preposto
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività
dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, valuta, nella scelta delle
attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati,
nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza
e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di
lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All’esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro
elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la
salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati
per la valutazione stessa;
b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e
dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla
valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l’azienda ovvero l’unita’
produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’art. 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione
interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’art. 8;
c) nomina, nei casi previsti dall’art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la
sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati
dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio,
di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di
salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell’emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione
della tecnica della prevenzione e della protezione;
c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto
delle capacita’ e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di
protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori
che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono
ad un rischio grave e specifico;
f) richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di
sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione
collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro
disposizione;
g) richiede l’osservanza da parte del medico competente degli
obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui
rischi connessi all’attività produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di
rischio in caso di emergenza e da’ istruzioni affinché i lavoratori, in
caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di
lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione
di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il
rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza
e di protezione della salute e consente al rappresentante per la
sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale
di cui all’art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure
tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o
deteriorare l’ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente
gli infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro di almeno
un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la
qualifica professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze
dell’infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il
registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva permanente, di cui all’art. 393 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive
modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione
dell’organo di vigilanza. Fino all’emanazione di tale decreto il
registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi
vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi
previsti dall’art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo
grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura
dell’attività alle dimensioni dell’azienda, ovvero dell’unita’ produttiva,
e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed
elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico
competente nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2
sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l’azienda ovvero l’unita’
produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne
consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del
rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da
emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale, dell’industria, del commercio e dell’artigianato
e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in relazione alla
natura dei rischi e alle dimensioni dell’azienda, sono definite
procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al
presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività
industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica
17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all’obbligo di
dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso,
alle centrali, termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle
aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la
fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni,
e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con
uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
per l’igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è
possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione
in aziende ovvero unita’ produttive che impiegano un numero di addetti
superiore a quello indicato nell’allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all’anno
della visita di cui all’art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da
parte del medico competente, ferma restando l’obbligatorietà di visite
ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1)
dell’allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle
aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di
cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto
l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l’adempimento
degli obblighi ad essa collegati. L’autocertificazione deve essere inviata
al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli
obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che
occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio,
individuate nell’ambito di specifici settori produttivi con uno o più
decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità, dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e
dell’interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la
sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni
scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta,
per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In
tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o
funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro
adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha
l’obbligo giuridico.
ART. 5
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e
della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di
lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni,
conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti
dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di
lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva
ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli
utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le
altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a
loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al
preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e
c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a
conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito
delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali
deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di
sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non
sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza
propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai
preposti, all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità
competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei
lavoratori durante il lavoro.
ART. 6
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli
installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di
salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine
nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di
sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari
vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la
concessione in uso di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non
rispondenti alle disposizioni vigenti in materia di sicurezza. Chiunque
concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di
certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi
siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti
previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi
tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro,
nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e
degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.
ART. 7
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a
lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato, l’idoneità tecnico - professionale delle imprese
appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare
in appalto o contratto d’opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle
misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria
attività.
2. Nell’ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione
dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto
dell’appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi
cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine
di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse
imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione
e il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai
rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei
singoli lavoratori autonomi.
Capo II
Servizio di prevenzione e protezione
ART. 8
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall’art. 10, il datore di lavoro organizza
all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di
prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni
all’azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero
dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per
l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 9, tra cui il responsabile
del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente,
possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati
per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire
pregiudizio a causa dell’attività svolta nell’espletamento del proprio
incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può
avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze
professionali necessarie per integrare l’azione di prevenzione e
protezione.
5. L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione
all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque
obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all’art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive
modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi
degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di
esplosivi,polveri e munizioni
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti.
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei
dipendenti all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sono
insufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi
esterni all’azienda, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche
dell’azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a
prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli
operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e
capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di
concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può
individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la
certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui
ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni
egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle
unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della
persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e
protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è
corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle
persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
ART. 9
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei
rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità
degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base
della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e
protettive e i sistemi di cui all’art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi
di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività
aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute
e di sicurezza di cui all’art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione
informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle
misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in
ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio
delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di
lavoro.
ART. 10
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione
incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell’allegato I, dandone
preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della
facoltà di cui all’art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma
1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e
salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori
di lavoro e trasmettere all’organo di vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all’art.4,
commi 1, 2, 3 e 11;
c) una relazione sull’andamento degli infortuni e delle malattie
professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi
tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga
documentazione prevista dalla legislazione vigente;
d) l’attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di
sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
ART. 11
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15
dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una
riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame
dei partecipanti:
a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3;
b) l’idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini
della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali
significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio,
compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno
riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15
dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita
riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e
protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione
che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III
Prevenzione incendi, evacuazione
dei lavoratori pronto soccorso
ART. 12
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lettera q),
il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in
materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione
dell’emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le
misure di cui all’art.4, comma 5, lettera a);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un
pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti
da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni
affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che
non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al
sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in
caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per
quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente
superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le
conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei
mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore
di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda ovvero dei rischi
specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare
la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente
e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero
dei rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate,
astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una
situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
ART. 13
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell’interno, del lavoro e
della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei
lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti
nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio e a limitarne
le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle
attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione antincendio di cui all’art. 12, compresi i requisiti del
personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato
dai Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e
dell’industria, del commercio e dell’artigianato.
ART. 14
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non
può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona
pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da
qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’
impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende
misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire
pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave
negligenza.
ART. 15
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e
delle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sentito il
medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in
materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo
conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e
stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il
trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa
uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di cui
al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i
requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in
relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati e
ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e
della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell’industria, del
commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente
e il Consiglio superiore di sanità.
4. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le
disposizioni vigenti in materia. Capo IV
Sorveglianza sanitaria
ART. 16
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla
normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico
competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della
valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e
biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal
medico competente.
ART. 17
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione
e protezione di cui all’art. 8, sulla base della specifica conoscenza
dell’organizzazione dell’azienda ovvero dell’unità produttiva e delle
situazioni di rischio, alla predisposizione dell’attuazione delle misure
per la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all’art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di
cui all’art. 16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e
di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del
segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli
accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad
agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta
l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni
analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli
accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso,
gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all’art. 11, ai
rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli
accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul
significato di detti risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte
all’anno e partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione
dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini
delle valutazioni e dei pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua
le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia
correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio
di pronto soccorso di cui all’art. 15;
m) collabora all’attività di formazione e informazione di cui al capo
VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della
collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne
sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui
all’art. 16, comma 2, esprima un giudizio sull’inidoneità parziale
o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di
lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro
trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo,
all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo
eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del
giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata
convenzionata con l’imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al
presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro,
questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo
svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una
struttura pubblica non può svolgere l’attività di medico competente
qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V
Consultazione e partecipazione dei
lavoratori
ART. 18
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15
dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai
lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15
dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per
più aziende nell’ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso
può essere designato o eletto dai lavoratori nell’ambito delle
rappresentanze sindacali, cosi` come definite dalla contrattazione
collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori
nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali
rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del
rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e
gli strumenti per l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di
contrattazione collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui
al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le
parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla
comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di
cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per
la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1
è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200
dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a
1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità
produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi
previsti dal decreto di cui all’art. 22, comma 7.
ART. 19
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione
e verifica della prevenzione nell’azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di
prevenzione, all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla
evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui
all’art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la
valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle
inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti,
l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie
professionali;
f) riceve le informazioni provenienti
dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata,
comunque non inferiore a quella prevista dall’art. 22;
h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle
misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei
lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate
dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di
prevenzione
n) avverte il responsabile dell’azienda
dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le
misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di
lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la
sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo
necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione,
nonché dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà
riconosciutegli.
3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono
stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio
alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi
confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le
rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l’espletamento
della sua funzione, al documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, nonché al
registro degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4, comma 5, lettera
o).
ART. 20
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con
funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei
confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di
riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti
di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme
vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o
partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria,
nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell’art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza
indicata nel medesimo articolo.
Capo VI
Informazione e formazione dei
lavoratori
ART. 21
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva
un’adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività
dell’impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta,
le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla
normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta
antincendio, l’evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il
medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di
cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1,
lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all’art. 1, comma 3.
ART. 22
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro, assicura che ciascun lavoratore, ivi
compresi i lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, riceva una formazione
sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con
particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie
mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell’assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove
tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione
all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione
particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in
materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio
ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave
ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell’emergenza, devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di
cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi
paritetici di cui all’art. 20, durante l’orario di lavoro e non può
comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i
contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per
la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo
anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.
Capo VII
Disposizioni concernenti la
Pubblica Amministrazione
ART. 23
Vigilanza
1. La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall’unita’ sanitaria
locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei
vigili del fuoco, nonché, per il settore minerario, dal Ministero
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, e per le industrie
estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle
regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite
dalla legislazione vigente all’ispettorato del lavoro, per attività
lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la
Commissione consultiva permanente, l’attività di vigilanza
sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere
esercitata anche dall’ispettorato del lavoro che ne informa
preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell’unita’
sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data
di entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze
in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle
disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima ed alle
autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la
sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito
portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per
le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono
competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che
presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda
le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto
con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità.
L’Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per
le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi
ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture
penitenziarie.
ART. 24
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il
Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, l’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro,
anche mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il
Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per il settore
estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle miniere,
l’Istituto italiano di medicina sociale, l’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di
patronato svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in
materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei
confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle
rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L’attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che
svolgono attività di controllo e di vigilanza.
ART. 25
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine
di assicurare unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio
nazionale nell’applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori e di
radioprotezione.
ART. 26
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
l'igiene del lavoro (1)
1. L’art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 393 (Costituzione della commissione). - 1. Presso il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene
del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei rapporti di
lavoro da lui delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in
ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell’Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell’Istituto superiore di sanità;
d) il direttore generale competente del Ministero della sanità
ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria,
commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole,
alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari regionali;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati
dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale
assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del
fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale
protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale;
g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei
datori di lavoro, anche dell’artigianato e della piccola e media
impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti
d’azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non
spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 11 gennaio 1956, n.5, e successive modificazioni.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
3. All’inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati
speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al
comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle
associazioni professionali, dell’università e degli enti di ricerca, in
relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono
disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari
sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre
anni.".
2. L’art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 394 (Compiti della commissione). - 1. La commissione consultiva
permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di
sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale
al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni
concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori,
nonchè per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle
misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica
relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 48
del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 8 del
decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle
vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite
dagli ispettori del lavoro nell’esercizio della vigilanza, sulle attività
comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell’art.
43, comma 1, lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142,
secondo le modalità di cui all’art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su
qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione
della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa
pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai
presidenti delle regioni.
3. La commissione, per l’espletamento dei suoi compiti, può chiedere
dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.".
3. L’art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1995, n. 547, è soppresso.
ART. 27
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la
Conferenza Stato - regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, sono individuati criteri generali relativi all’individuazione di
organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di
lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario
raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i
pareri di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI
e dell’UNICEM.
ART. 28
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e
la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di
sicurezza;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute
dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in
cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di
altre direttive già recepite nell’ordinamento nazionale;
c) si provvede all’adeguamento della normativa di natura strettamente
tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso
tecnologico.
Capo VIII
Statistiche degli infortuni e delle
malattie professionali
ART. 29
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L’INAIL e l’ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi
agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti
telematici.
2. L’ISPESL e L’INAIL indicono una conferenza permanente di servizio
per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto
dall’art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517,
nonchè per verificare l’adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed
assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche
atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni
relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l’attività
lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per
la classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo
degli indici di frequenza e gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e
del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
possono essere individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3
in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni
relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali,
nonchè ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al
lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.
TITOLO II
Luoghi di lavoro
ART. 30
Definizioni
1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente
titolo si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all’interno
dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, nonchè ogni altro luogo
nell’area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque
accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa
agricola o forestale, ma situati fuori dall’area edificata dell’azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di
sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate
nell’allegato XI.
4. I luoghi di lavoro devono essere
strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori
di handicap
5. L’obbligo di cui al comma 4 vige, in
particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i
gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da
lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di
lavoro già utilizzati prima dell’1 gennaio 1993, ma debbono essere
adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione dei
servizi sanitari e di igiene personale.
ART. 31
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti
e fatte salve le disposizioni di cui all’art. 8, comma 4, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o
utilizzati anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto devono
essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente
titolo entro il 1 gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento
concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente
iniziare il procedimento diretto al rilascio dell’atto ed ottemperare agli
obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di
lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta
misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o
architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di
lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta
le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al
presente comma, sono autorizzate dall’organo di vigilanza competente per
territorio.
ART. 32
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite
o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo
di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti
a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la
sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti
a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla
prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare
manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
ART. 33
Adeguamenti di norme
1.
L’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del presente
decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente
alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo
sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al
sicuro dagli effetti determinati dall’incendio o altre situazioni di
emergenza.
c bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza
di passaggio al netto dell’ingombro dell’anta mobile in posizione di
massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se
incernierata (larghezza utile di passaggio);
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e
consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere
evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle
uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di
lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d’uso, alle
attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo di persone che
possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m
2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia
antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono
essere apribili nel verso dell’esodo e, qualora siano chiuse, devono poter
essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona
che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L’apertura delle
porte delle uscite di emergenza nel verso dell’esodo non è richiesta
quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre
cause, fatta salva l’adozione di altri accorgimenti adeguati
specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco
competente per territorio
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a
chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall’autorità
competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato
adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo,
le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le
porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo
da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da
apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e
collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un’illuminazione
devono essere dotate di un’illuminazione di sicurezza di intensità
sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell’impianto
elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le
lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di
incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere
almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto
prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già
costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista la
impossibilita’ accertata dall’organo di vigilanza: in quest’ultimo caso
sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già
concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento
dell’organo di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima dell’1 gennaio 1993
non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi
debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.".
2.
L’art. 14 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14 (Porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di lavoro devono,
per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione,
consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili
dall’interno durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino
pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano
adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5
lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel
verso dell’esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle
previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 0,80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una
porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell’esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una
porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza
minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell’esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla
lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel
verso dell’esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori
normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati
limitatamente all’eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche
essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è
applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle
porte per le quali è prevista una larghezza minima di m. 0,80 è
applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento);
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui
all’art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si
applicano le disposizioni di cui all’art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono
ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su
asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l’esterno
del locale.
8. Immediatamente accanto ai protoni
destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a
meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei
pedono che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in
permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due
versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
10.Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo
all’altezza degli occhi.
11.Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni
non sono costituite da materiali di sicurezza e c’è il rischio che i
lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici,
queste devono essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che
impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l’alto devono disporre
di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare
senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed
accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro
apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia
elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere
contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole
conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in
ogni momento, dall’interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter
essere aperte.
17. I luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1 gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di
uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle
persone e che sono agevolmente apribili dall’interno durante il lavoro.
Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle
disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro
costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le
disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle
porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di
lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia
ovvero dalla licenza di abitabilità.
3.
L'art. 8 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi).
- 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e
rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i
pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e
conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle
vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone
ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo
di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di
trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza
sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una
distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e
scale.
5. Nella misura in cui l’uso e l’attrezzatura dei locali lo esigano
per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di
circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della
natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di
cadute d’oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per
impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori
autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente
visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al
passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono
essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito
delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da
materiali che ostacolano la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente
eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono
un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere,
gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.".
4.
L’intestazione del titolo II del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla
seguente:
"Titolo II - DISPOSlZIONI PARTICOLARI".
5.
L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie).
1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi
destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano
più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le
lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m 3;
b) cubatura non inferiore a mc 10 per
lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun
ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla
superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed
impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal
pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo
richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire
altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano
adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei
limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la
superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende
industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni
che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di
vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi a
uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende
commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa
urbanistica vigente."
6. L’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). - 1. Nei luoghi di
lavoro chiusi, è necessario far si` che tenendo conto dei metodi di lavoro
e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi
dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con
impianti di aerazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere
sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato
da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la
salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell’aria o di
ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori
non siano esposti a correnti d’aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo
immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria
respirata deve essere eliminato rapidamente.".
7.
L’art. 11 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 11 (Temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei locali di
lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di
lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici
imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve
tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado
di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di
sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto
soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi
locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da
evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del
tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto
l’ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le
temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche
localizzate o mezzi personali di protezione.".
8.
L’art. 10 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro).
- 1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessita’ delle
lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi
di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso,
tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di
dispositivi che consentono un’illuminazione artificiale adeguata per
salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di
circolazione devono essere installati in modo che il tipo d’illuminazione
previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente
esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono
disporre di un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione
artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di
pulizia e di efficienza.".
9.
L’art. 7 del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali
scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che
non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è
vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi i che non rispondono
alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un
isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e
dell’attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d’aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l’umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali
da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di
igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità
o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed
antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento
sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita
ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi
verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si
mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di
graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature
impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei
locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e
delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e
costituite da materiali di sicurezza fino all’altezza di 1 metro dal
pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di
circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare
in contatto con le pareti, nè essere feriti qualora esse vadano in
frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza
fino all’altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando
ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti
qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono
poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta
sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da
non costituire un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente
con l’attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura
senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i
lavoratori presenti nell’edificio ed intorno ad esso.
9. L’accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente
resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature
che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena
sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e
devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente
identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle
dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un’uscita. Ove è
tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di
lunghezza devono disporre di un’uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare
che i lavoratori possono cadere.
13 bis. Le disposizioni di cui
ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione
principali sul terreno dell’impresa, alle vie di circolazione principali
sul terreno dell’impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di
lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare
manutenzione e sorveglianza degli impianti dell’impresa, nonché alle
banchine di carico".
10.
L’art. 14
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art. 14 (Locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la salute dei
lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i
lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente
accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il
personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono
equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere
dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del
numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la
protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e
frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a
disposizione del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi
durante l’interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute
dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure
adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti
del fumo.
6. L’organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori
continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare
stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione
del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la
possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni
appropriate.".
11.
L’art. 40
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali
appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione
dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro
specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro
chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e
convenientemente arredati.
Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio
può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti
sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni
prestabiliti e concordati nell’ambito dell’orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità
sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati,
illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione
fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono
a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il
tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con
sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od
incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive
od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da
lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter
disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri
indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37 (Docce e lavabi). - 1. Docce sufficienti ed appropriate
devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di
attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne
o un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per
permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in
condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di
mezzi detergenti e per asciugarsi.
Art. 39 (Gabinetti e lavabi). -
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di
lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi, delle docce, di
gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di
mezzi detergenti e per asciugarsi .
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati;
quando ciò sia impossibile a causa
di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano
lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è ammessa
un’utilizzazione separata degli stessi".
13.
L’art. 11
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è
sostituito dal seguente:
"Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).
- 1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi
contro la caduta o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attività
lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere
adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti
all’aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività
devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei
veicoli puo` avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all’art. 8, commi 1,2,3,4,5,6,7,8, sono
altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno
dell’impresa, alle vie che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell’impresa, nonchè alle banchine di carico (1).
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di
cui all’art. 8, commi 1,2,3,4,5,6,7,8, si applicano per analogia ai
luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all’aperto devono essere opportunamente
illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è
sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all’aperto, questi
devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale
che i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario,
contro la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni
nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di
pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".
TITOLO III
Uso delle attrezzature di lavoro
ART. 34
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si
intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile
od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa
connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori
servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la
manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di
una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore
costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
ART. 35
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi
ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative
adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle
attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette
attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni
per le quali non sono adatte.
Inoltre, il datore di
lavoro prende le misure necessarie affinche' durante l'uso delle
attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi
4-bis e 4-ter.
3. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di
lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere;
b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse.
c-bis) i sistemi di
comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei
disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso
progettato dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinchè le
attrezzature di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la
rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove
necessario, da apposite istruzioni d’uso.
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i
rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in
particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli
elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze
utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.
4-bis. Il datore di lavoro provvede
affinche' nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non
semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare
regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una
zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative
atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attivita'
di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per
evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per
la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su
attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente
su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare
lavori durante lo spostamento, la velocita' dell'attrezzatura sia
adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate
di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto
qualora sia assicurata una quantita' sufficiente di aria senza rischi per
la sicurezza e la salute dei lavoratori.
4-ter. Il datore di lavoro provvede
affinche' nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi
sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano
scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del
dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonche' tenendo
conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di
piu' accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per
consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse
non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano
depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorche' due o piu' attrezzature di
lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate
o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si
intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra
i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale
che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali
operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare,
in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano
correttamente progettate nonche' adeguatamente controllate ed eseguite al
fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un
carico da sollevare simultaneamente da due o piu' attrezzature di lavoro
che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e
applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli
operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che
servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i
carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di
energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i
lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza
sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia
precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima
sicurezza;
f) allorche' le condizioni meteorologiche si
degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di
funzionamento, esponendo cosi' i lavoratori a rischi, l'utilizzazione
all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di
carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di
protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il
ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base
della normativa vigente, provvede affinche' le attrezzature di cui
all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di
successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di
seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione
corretta e il buon funzionamento.
4-quinquies. I risultati delle verifiche di
cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorita' di
vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima
registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se
avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica
deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono
utilizzate.
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o
responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il
datore di lavoro si assicura che:
a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all’uopo
incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il
lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere
tali compiti.
ART. 36
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori
devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse
applicabili.
2.Le modalita' e le procedure tecniche delle verifiche seguono il
regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura
e' stata costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
stabilisce
modalità e procedure per l’effettuazione delle verifiche di cui
al comma 2.
4. Nell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli
dell’attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale,
un’attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto
di emergenza.".
5. Nell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al comma 2 svolgano anche la funzione
di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza
possibilità di errore.".
6. Nell’art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di
manutenzione occorre prevedere l’aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo
1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, il seguente comma:
"Un’attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da
proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di
sicurezza corrispondenti a tali pericoli. Un’attrezzatura di lavoro che
comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad
emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di
ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali
pericoli.".
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi
dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
8-bis. Il datore di lavoro adegua ai
requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature
di lavoro indicate nel predetto allegato, gia' messe a disposizione dei
lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non soggette a norme nazionali
di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di
carattere costruttivo, allorche' esiste per l'attrezzatura di lavoro
considerata un rischio corrispondente.
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro
di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro adotta
misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle
macchine definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle
disposizioni del comma 8-bis, e quelle effettuate per migliorare le
condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle
modalita' di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non
configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3,
secondo periodo, del predetto decreto.
ART. 37
Informazione
1. Il datore di lavoro provvede affinchè per ogni attrezzatura di
lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni
informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rapporto alla
sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base
delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella
fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
1-bis. Il datore di lavoro provvede altresi'
a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle
attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti
nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate
direttamente, nonche' sui cambiamenti di tali attrezzature.
2. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare
comprensibili ai lavoratori interessati.
ART. 38
Formazione ed addestramento
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono
una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono
conoscenze e responsabilità particolari di cui all’art. 35, comma 5,
ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di
usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai
rischi causati ad altre persone.
ART. 39
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di
addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione conformemente all’informazione, alla formazione ed
all’addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle
attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.
TITOLO IV
Uso dei dispositivi di protezione
individuale
ART. 40
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI)
qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili
di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni
complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente
destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle
forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento
dell’ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di
trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e
fattori nocivi.
ART. 41
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da
mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di
riorganizzazione del lavoro.
ART. 42
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé
un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più
DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche
nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei
rischi corrispondenti.
ART. 43
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono
essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi
siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle
eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal
fabbricante e delle norme d’uso di cui all’art. 45 le caratteristiche dei
DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla
lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui
all’art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato,
specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell’esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai
requisiti previsti dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene,
mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle
informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure
adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico
ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI
lo protegge;
f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva informazioni
adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno
specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l’addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992,
n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell’udito.
ART. 44
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e
addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari
ai sensi dell’art. 43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e
all’addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure
aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato
nei DPI messi a loro disposizione.
ART. 45
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di
riferimento per l’applicazione di quanto previsto all’art. 43, commi 1 e
4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con
il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura,
dell’attività e dei fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità
delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l’impiego dei
DPI.
ART. 46
Norma transitoria
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di
emergenza destinati all’autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31
dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell’art. 15, comma 1, del decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente
decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri
Paesi della Comunità europea.
TITOLO V
Movimentazione manuale dei carichi
ART. 47
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che
comportano la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra
l’altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di
sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni
del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico
che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni
ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l’altro rischi di lesioni
dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture
osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso lombare.
ART. 48
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o
ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per
evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte
dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei
carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure
organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai
lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che
comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all’allegato
VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un
carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro
organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto
più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e
di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare
delle caratteristiche del carico, in base all’allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l’altro i rischi di
lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori
individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e
delle esigenze che tale attività comporta, in base all’allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 16 gli
addetti alle attività di cui al presente titolo.
ART. 49
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il
contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori
corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta,
tenuto conto degli elementi di cui all’allegato VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata,
in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
TITOLO VI
Uso di attrezzature munite di
videoterminali
ART. 50
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative
che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori
addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario
all’utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di
utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le
attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati
o delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
ART. 51
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere
dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di
immissione dati, ovvero software per l’interfaccia uomo-macchina, gli
accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l’unità a
dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti,
la sedia, il piano di lavoro, nonchè l’ambiente di lavoro immediatamente
circostante;
c)
lavoratore: il lavoratore che utilizza
un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale,
per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 54.
ART. 52
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui
all’art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o
mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai
rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo
conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi
riscontrati.
ART. 53
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi
comportanti l’uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del
lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la
monotonia delle operazioni.
ART. 54
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro
ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività
mediante pause ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla
contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante
l’interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una
pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione
continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite
temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi
la necessità.
5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio ed
al termine dell’orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di
attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono
considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non
possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante
dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di
accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro.
ART. 55
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al
presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare
eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della
vista effettuati dal medico competente. Qualora l’esito della visita
medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami
specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i
lavoratori vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai
sensi dell'articolo 16.
3-bis. Le visite di controllo sono
effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2.
3-ter. La periodicità delle
visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una
frequenza diversa
stabilita dal medico competente, è biennale
per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i
lavoratori
che abbiano compiuto il cinquantesimo anno
di età; quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è
sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta
sospetti una sopravvenuta
alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della
visita di cui
ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità.
5. La spesa relativa alla dotazione di
dispositivi speciali di correzione in funzione dell’attività svolta è a
carico del datore di lavoro.
ART. 56
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all’analisi dello
stesso di cui all’art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell’attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata
in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d’uso dei
videoterminali.
ART. 57
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il
rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano
mutamenti nell’organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di
cui al presente titolo.
ART. 58
Adeguamento alle norme
1.
I posti di lavoro dei lavoratori di cui
all'articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle
prescrizioni minime di cui all'allegato VII.
ART. 59
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita
la commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento
di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico
all’allegato VII in funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle
normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore
delle attrezzature dotate di videoterminali.
TITOLO VII
Protezione
da agenti cancerogeni
e mutageni
Capo I
Disposizioni Generali
ART .60
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle
quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a
causa della loro attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività
disciplinate dal:
c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto
alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea
dell’energia atomica.
ART. 61
Definizioni
Agli effetti
del presente decreto si intende per:
agente
cancerogeno:
una sostanza
che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie
cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1997, n.52, e successive modificazioni;
un preparato
contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione
di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai
limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle
categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti dai sensi decreti legislativi 3
febbraio 1997, n.52, e 16 luglio 1998, n.285;
una sostanza,
un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza
od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;
agente
mutageno:
1) una sostanza
che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie
mutagene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1997, n.52, e successive modificazioni;
2) un preparato
contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione
di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai
limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle
categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dai sensi decreti legislativi 3
febbraio 1997, n.52, e 16 luglio 1998, n.285;
valore limite: se non altrimenti
specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione
del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro
la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di
riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis".
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
ART. 62
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente
cancerogeno o
mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo,
sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o
un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è
meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o
mutageno
il datore di lavoro provvede affinché la produzione o
l’utilizzazione dell’agente cancerogeno
o mutageno
avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente
possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il
datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il
valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis.
ART. 63
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 62, il datore di lavoro
effettua una valutazione dell’esposizione a agenti cancerogeni
o mutageni,
i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all’art. 4,
commi 2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle
caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro
frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni
o mutageni
prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della
capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora
allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma
polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o
ne impedisce la fuoriuscita.
La valutazione deve
tener contodi tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in
cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di
cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente
titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i
seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o
preparati cancerogeni
o mutageni
o di processi industriali di cui all’allegato VIII, con
l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni
o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni
o mutageni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad
agenti cancerogeni
o mutageni;
d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della
stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni o
mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente
utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai
fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi
tre anni dall’ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui
al comma 4, fermo restando l’obbligo di cui all’art. 9, comma 3.
ART. 64
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che
nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti
cancerogeni o
mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e
che gli agenti cancerogeni
o mutageni
in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di
introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi
superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che
possono essere esposti ad agenti cancerogeni
o mutageni
, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste
di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali
"vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono
recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione.
In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è
emissione di agenti cancerogeni
o mutageni nell’aria. Se ciò non è
tecnicamente possibile, l’eliminazione degli agenti cancerogeni
o mutageni
deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell’art. 4, comma 5,
lettera n). L’ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un
adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni
o mutageni
per verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera c) e
per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento
non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell’allegato VIII del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle
attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare
esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni
o mutageni
sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di
sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello
smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti
cancerogeni o
mutageni , avvengano in condizioni di sicurezza, in
particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro,
netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure
protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali
l’esposizione a taluni agenti cancerogeni
o mutageni presenta rischi
particolarmente elevati.
ART. 65
Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti
protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinchè i dispositivi di protezione individuale siano
custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli
difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. È vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di
cui all’art. 64, lettera b).
ART. 66
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni
o mutageni presenti nei cicli
lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro
impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e
protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto
impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da
adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata
in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite
prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono
ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e
sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni
o mutageni
siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I
contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al
disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed
integrazioni.
ART. 67
Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono
comportare un’esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la
causa dell’evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la
sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l’area interessata,
cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione
ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi
e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro
disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l’uso dei dispositivi di
protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore,
è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all’organo di vigilanza
il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure
adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
ART. 68
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di
manutenzione, per le quali, nonostante l’adozione di tutte le misure di
prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un’esposizione
rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette
aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all’isolamento delle
stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di
protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti
alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è
in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle
lavorazioni.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
ART. 69
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’art. 63 ha
evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza
sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base
delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di una anomalia
imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore
di lavoro.
5. A seguito dell’informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro
effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all’art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell’agente in aria, per verificare l’efficacia delle
misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni
sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo
all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell’attività lavorativa.
ART. 70
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I
lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale è
riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o
mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente.
Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura
la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del
servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso
a detto registro.
2. Il medico
competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69, provvede
ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita
presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del datore
di lavoro.
3. Il datore di
lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e,
tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di
rischio.
4. In caso di
cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la
cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle
annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al
lavoratore stesso.
5. In caso di
cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il
registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma i e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro
almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a
quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti
cancerogeni o mutageni.
7. I registri
di esposizione le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di
rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto
professionale e dei trattamento dei dati personali.
8. Il datore di
lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre
a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza
competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni
qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a
richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al
comma 1;
c) in caso di
cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al
comma I all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di
assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con
esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma
1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il
lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e
le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio
sono determinati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i
Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al
Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei registri
di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
ART. 71
Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli
istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi
di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti
cancerogeni, trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione
clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l’anamnesi lavorativa.
2. L'ISPESL
realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di
monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i
flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi
di registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonché i
dati di carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati
nell'ambito delle rispettive attività istituzionali dall'Istituto
nazionale della previdenza sociale - INPS, dall'Istituto nazionale di
statistica - ISTAT, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro - INAIL e da altre istituzioni pubbliche. L'ISPESL
rende disponibile al Ministero della sanità ed alle regioni i risultati
del monitoraggio con periodicità annuale.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono
determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione
del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta,
l’acquisizione, l’elaborazione e l’archiviazione, nonchè le modalità di
registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al
comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione
CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma
1.
ART. 72
Adeguamenti normativi
1. La
Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le
sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non
essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce
consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici
pericolosi.
2. Con decreto
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva
tossicologica nazionale:
a) sono
aggiornati gli allegati VIII e VIlI-bis in funzione del progresso tecnico,
dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e
delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in
funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma l
TITOLO VIII
Protezione Da Agenti Biologici
Capo I
ART. 73
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività
lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle
norme comunitarie sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente
modificati e sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi
geneticamente modificati. Il comma
1 dell’art.7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n.91, è soppresso.
ART. 74
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente
modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe
provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno,
in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule
derivate da organismi pluricellulari.
ART. 75
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a
seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche
probabilità di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie
in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco
probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibli efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie
gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori;
l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono
disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può
provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio
per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o
terapeutiche.
2. Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non
può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi
sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra
le due possibilità.
3. L’allegato XI riporta l’elenco degli agenti biologici classificati
nei gruppi 2, 3, 4.
ART. 76
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano
uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all’organo di vigilanza
territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni
prima dell’inizio dei lavori:
a) il nome e l’indirizzo dell’azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all’art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all’esercizio di
attività che comporta l’utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4
è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque,
ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal
datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di
cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di
microorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come
definito all’art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il
documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della
documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti
alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti
biologici del gruppo 4.
ART. 77
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della
propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di
autorizzazione del Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all’art. 76, comma 1;
b) l’elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il
parere dell’Istituto superiore di sanità Essa ha la durata di 5 anni ed è
rinnovabile. L’accertamento del venir meno di una delle condizioni
previste per l’autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell’autorizzazione di cui al comma
1 informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del
gruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un
agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati
dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all’organo di vigilanza
competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni
sopravvenute nell’utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il
Ministero della sanità istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli
agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l’utilizzazione
sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
ART. 78
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art.
4, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle
caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in
particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o
possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante
dall’allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro
stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui
all’art. 75, commi 1 e 2;
b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un
lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa
svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi
microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure
protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative
ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso,
trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell’allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di
operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni
dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro puo` prescindere
dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1
e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione dimostrano
che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai
seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di
esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure
preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i
rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4,
nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima
dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche
ai dati di cui al comma 5.
ART. 79
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua
misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione
degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di
attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al
rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione
individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’allegato X,
e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare
campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di
fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente
realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e
lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego
di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo
trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in
condizioni di sicurezza di agenti biologici all’interno del luogo di
lavoro.
ART. 80
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all’art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di
docce con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e
antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri
indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,
disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far
riparare o sostituire quelli difettosi prima dell’utilizzazione
successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati
da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di
lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e, se necessario, distrutti.
2. È vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in
cui c’è rischio di esposizione.
ART. 81
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in
sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla
possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli
animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza
comporta in relazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro
definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di
manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per
la comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che
sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o
del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo
il rischio di infezione sono indicate nell’allegato XII.
ART. 82
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto
6, nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o
4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad
animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il
datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità
all’allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l’uso di agenti biologici sia
eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di
contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l’uso di materiali con possibile
contaminazione da agenti biologici patogeni per l’uomo e nei locali
destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti,
il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del
secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti
biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un
rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della
sanità, sentito l’Istituto superiore di sanità, può individuare misure di
contenimento più elevate.
ART. 83
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto
6, nei processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei
gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte
tra quelle elencate nell’allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di
cui all’art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso
può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore
di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello
di contenimento.
ART. 84
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell’ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i
lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui
possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con
l’obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l’organo di vigilanza
territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per
la sicurezza, dell’evento, delle cause che lo hanno determinato e delle
misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla
situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso
di agenti biologici.
ART. 85
Informazioni e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici
del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da
adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata
in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite
prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e
ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e
sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli
su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od
incidente.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
ART. 86
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei
rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla
sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali,
anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di
protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che
non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente;
b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure
dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2 bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di
anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il
datore di lavoro.
2 ter. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di
lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’art.78.
2 quater. Il medico competente
fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui
sono sottoposti e sulla necessita’ di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione
a particolari agenti biologici individuati nell’allegato XI, nonché sui
vantaggi e inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.
ART. 87
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del
gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per
ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali
casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al
comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la
sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto
superiore di sanità, all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza
sul lavoro e all’organo di vigilanza competente per territorio,
comunicando ad essi, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne
fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro e all’organo di vigilanza competente per territorio la cessazione
del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al
contempo l’aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo
Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna
all’Istituto superiore di sanità e all’organo di vigilanza competente per
territorio, copia del registro di cui al comma 1 e all’Istituto superiore
per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro
nonché le cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività
che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all’ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma
1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1
e nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la
sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma
1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1
e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro
fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a dieci anni
dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso
di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o
latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo
tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di
quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e
trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e
delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del
Ministro della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la
commissione consultiva permanente.
7. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di
sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
ART. 88
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l’ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di
decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che
refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1,
trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il
modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le
modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su
richiesta, informazioni su l’utilizzazione dei dati del registro di cui al
comma 1.
TITOLO IX
Sanzioni
ART.89
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di lavoro e ‘ punito con l’arresto da tre a sei mesi o
con l’ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli
articoli 4, commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1,
4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre
milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5,
lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d)
ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31,
commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4,
4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36,
comma 8-ter;38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49,
comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62; 63,
comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2
e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e
3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un
milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4,
lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9,
comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4,
lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e
4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2;
85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la
violazione degli articoli 4, commi 5, lettera o),
e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 3,4,5,6 e 8; 87, commi 3 e 4.
ART. 90
Contravvenzioni commesse dai preposti
1. I preposti sono puniti:
a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da lire
cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 4,
comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1,
lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e
4; 32; 35, commi 1, 2, 4,
4-bis, 4-ter, 4-quater e 5;
36,comma 8-ter;38;41;
43, commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e
4; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1
e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e
2;
b) con l’arresto sino a un mese o con l’ammenda da lire trecentomila a
lire un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c),
f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1,
lettere a) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1;
56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4.
ART. 91
Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli
installatori
1. La violazione dell’art. 6, comma 2, è punita con l’arresto fino a
sei mesi o con l’ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell’art. 6, commi 1 e 3, è punita con l’arresto fino
ad un mese o con l’ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
ART. 92
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico competente è punito:
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire un milione a
lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b),
d), h) e l); 69, comma 4; 86, comma 2 bis:
b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli articoli 17,
comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonché del comma 3; 69, comma 6 e
70, comma 2.
ART. 93
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da lire
quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli
articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo ;39; 44; 84, comma
3;
b) con l’arresto fino a quindici giorni o con l’ammenda da lire
duecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67,
comma 2; 84, comma 1.
ART. 94
Violazioni amministrative
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e
80, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
centomila a lire trecentomila.
TITOLO X
Disposizioni transitorie e finali
ART. 95
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non
oltre il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere
direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato
dalla frequenza del corso di formazione di cui al comma 2 dell’art. 10,
ferma restando l’osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art.
10, comma 2, lettere a), b) e c).
ART. 96
Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4
1. È fatto obbligo di adottare le misure di cui all’art. 4 nel termine
di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
ART.
96 bis
Attuazione degli obblighi
1. Il datore di lavoro che
intraprende un’attività lavorativa di cui all’art. 1 è tenuto a elaborare
il documento di cui all’art. 4, comma 2, del presente decreto entro tre
mesi dall’effettivo inizio dell’attività.
ART. 97
Obblighi d'informazione
1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla
commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore
della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull’attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull’attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle
commissioni parlamentari.
ART. 98
Norma finale
1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal
presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli
infortuni ed igiene del lavoro.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. |