SCORRIBANDE NOTTURNE

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Ripensando agli avvenimenti che sarebbero accaduti quella sera, Geppo avrebbe fatto meglio a rimanersene a casa. Un film alla tele, un buon libro, della musica e poi a letto, circondato dalle mura amiche di casa; invece si era lasciato convincere dagli amici a seguirli al bowling per trascorrere un paio d’ore all’insegna del divertimento e lì erano iniziati i suoi guai.
Non era mai entrato in partita, aveva scagliato tre palle nel canale e ricopriva l’ultimo posto in classifica. Anche le chiacchiere di Gordi, che di solito trovava divertenti, quella sera lo annoiavano. Sinceramente non riusciva a capire come facesse Flop a dargli retta e nello stesso momento ascoltare la radio attraverso l’auricolare.
Era nuovamente giunto il suo turno di gioco e quando si alzò dirigendosi verso la pista, sfiorò lo zombi cameriere che reggeva il vassoio con le loro ordinazioni.
Il contatto con quella creatura, tirata a lucido da diverse operazioni di chirurgia plastica effettuate per darle una parvenza umana, lo fece rabbrividire. Lo guardò afferrare i bicchieri con le sue mani ossute e appoggiarli sul tavolino con l’incedere lento tipico dei morti viventi e quando si trovò a fissare gli occhi neri e profondi come due pozzi dello zombi, i tragici ricordi dell’invasione di tre anni prima lo investirono con la forza di un tifone.
-Impressionante, vero?- disse Gordi accendendosi una sigaretta e soffiando il fumo verso l’alto. Rimase a guardare le spire azzurrognole disperdersi nell’aria e aggiunse -Pensare che fino a tre anni fa camminavano per le strade in cerca di carne umana e adesso è bastato un microchip nella testa per renderli docili come agnellini. Geppo, tocca a te?
-Sì...- disse Geppo che nel frattempo si era seduto. Le immagini dei notiziari televisivi dell’epoca gli erano tornate prepotentemente alla memoria. Il suo quartiere era stato uno di quelli maggiormente colpiti dal morbo, c’erano stati bombardamenti al napalm e sfollamenti, cumuli di cadaveri bruciati e frotte di militari come non se ne erano mai viste prima.
-Voi l’avete mai visto uno zombi vero?- disse all’improvviso Gordi, con gli occhi illuminati da una luce strana che non prometteva nulla di buono -Non uno di questi addomesticati, un vero mangiacarne intendo.
Flop scosse la testa -All’epoca non mi ero ancora trasferito in città e il mio paese non fu toccato dal morbo.
-Neppure io- disse Gordi -Tra noi e la zona di fuoco c’era un battaglione intero di militari che non permetteva a nessuno di avvicinarsi. E tu, Geppo?
Improvvisamente sentì il bisogno di bere. Appoggiò le labbra al bicchiere e inghiottì una sorsata di bevanda fresca che non gli alleviò l’arsura della gola
-Un giorno i militari ci dissero di abbandonare la casa perché il nostro quartiere si trovava sulla linea di avanzamento del morbo e... no, non ho mai visto un vero zombi, tranne che nei servizi del telegiornale.
-Vi piacerebbe vederne uno?- Le parole di Gordi gli caddero addosso come sassi. Per un istante un silenzio innaturale congelò i tre amici. Fu Flop a rompere la tensione -Naah!! Non ne esistono più, li hanno bruciati tutti. Dai, Gordi, non dire cazzate.
Geppo si mosse per dirigersi verso la pista -Tocca a me- disse con l’intenzione di lasciarsi alle spalle quello spiacevole argomento, ma la mano di Gordi lo afferrò per un braccio trattenendolo.
-Invece ce ne sono ancora, ve lo garantisco. Ho visto un video pirata girato alla vecchia stazione dove si vedono distintamente le carcasse divorate di cani e gatti.
-E allora?- Flop fece spallucce -Questo non prova niente, quei cani potrebbero essere stati mangiati da vagabondi a corto di cibo. La vecchia stazione sorge in una zona desolata dove non ci vive quasi più nessuno.
-Flop ha ragione, sono tutte balle- Geppo si scrollò di dosso la mano di Gordi che ancora lo tratteneva e si alzò di scatto -Adesso continuiamo a giocare, intesi?
Ma a quanto pareva Gordi era intenzionato a proseguire fino in fondo. Non badò a Geppo e concentrò la sua attenzione su Flop -Sentite il programma. Prendiamo la macchina e andiamo alla vecchia stazione, staniamo uno zombi e lo fotografiamo. Ci pensate alla figura che faremo quando mostreremo le foto alle ragazze? Eh, ci pensate?
-Fico!- esclamò Flop, al quale bastava sentir parlare di ragazze per non capire più nulla . Erano quattro mesi che stava appresso a una certa Betty e quella gli sembrava l’occasione giusta per conquistarla -Credi veramente che potremmo fotografarne uno?
Gordi gli strizzò l’occhio e gli afferrò la mano in un gesto di complicità fin troppo evidente -Ci puoi contare, amico.
-Gordi, che cazzo stai dicendo!- La tentazione di raccogliere una biglia di tre chili e lanciarla sui denti dell’amico fu forte per Geppo. Le idee strampalate di Gordi potevano diventare pericolose, come quella volta che li aveva convinti a visitare un bordello zeppo di cadaveri animati. Per parecchio tempo aveva sognato quella bionda emaciata piena di cicatrici, incatenata al letto e con i vermi che le uscivano da in mezzo alle gambe -Non esiste nessuno zombi senza microchip. Il governo ha assicurato...
Gordi sgranò gli occhi in un’espressione incredula, mentre un sorriso gli increspava le labbra -Tu credi ancora a quello che dice il governo, Geppo? No, amico, non ci posso credere. Guardati intorno, smog, disoccupazione, inflazione, siamo assediati dai serial killer e per maggiordomo abbiamo un cadavere che cammina. I politici continuano ad assicurarci che va tutto bene e tu gli credi..? Amico, svegliati.
-Davvero pensi che potremo fotografarne uno?- L’eccitazione parlava per conto di Flop. Con l’immaginazione si era già trombato la Betty almeno dieci volte su un letto ricoperto di polaroid degli zombi -Dai, Geppo, che ci costa provare? Andiamo alla stazione, facciamo un giro e torniamo. Le chiavi dell’auto comparirono come per magia nella mano di Gordi -Allora, si va?

Attraversarono la città da un capo all’altro, passando attraverso quartieri comandati dalle gang e zone presidiate dai militari, strade illuminate frequentate da architetti estrosi e modelle snob e vicoli puzzolenti che rigurgitavano immondizia. Il mondo notturno con le sue mille contraddizioni sfilava veloce fuori dai finestrini.
Gordi guidava apparentemente tranquillo. Da quando i fari avevano illuminato i primi cartelli che indicavano la parte vecchia della città non avevano più incrociato nessuna macchina. Con un gesto improvviso Flop si portò la mano all’orecchio dove teneva infilato l’auricolare -Ehi!- esclamò. Per alcuni istanti rimase in silenzio, aumentando la curiosità degli amici e finalmente aggiunse
-Faccia Ricamata ha colpito ancora. Hanno trovato un’altra vittima con le dita amputate nelle vicinanze della vecchia stazione.
-È qui vicino- disse Geppo. Un senso di gelo profondo lo assalì penetrandogli lentamente nelle ossa.
-Che ti dicevo, Geppo, siamo assediati- Gordi aprì il vano portaoggetti del cruscotto e da sotto un mazzo di cartine stradali estrasse una pistola a tamburo che mostrò agli amici -Guardate qui, questa è in grado di fermare qualunque serial killer- Scoppiò in una risata mentre faceva roteare la pistola intorno all’indice, come aveva visto fare in tanti vecchi film western e la lanciò a Flop.
-Wao, una Magnum 44- disse Flop accarezzandone la canna -Come l’hai avuta?
-Un po’ di tempo fa nella mia via c’è stata una sparatoria tra gang e prima che arrivasse la polizia l’ho trovata in un bidone della spazzatura. Ci sono anche i proiettili.
-Wao!- ripetè Flop estasiato -Una vera pistola.
Rannicchiato sul sedile posteriore Geppo non si sentiva affatto bene. Immagini terrificanti gli turbinavano nella mente aumentando la sua inquietudine. Guardò dal finestrino il paesaggio lunare che gli scorreva accanto. Ormai si erano addentrati nel territorio che al tempo dell’invasione era stato l’epicentro del morbo del cannibalismo, mentre adesso era diventato il rifugio di vagabondi e sbandati e naturalmente, a detta di Gordi, anche degli zombi. Flop si girò verso di lui con un sorriso ebete stampato sul viso -Mi sono sempre chiesto perché stacca le dita alle sue vittime.
Preso alla sprovvista, Geppo sussultò ed un singulto gli uscì dalla gola -Cosa!
-Ma sì, Faccia Ricamata. Cosa se ne fa delle dita?
-Vaffanculo, Flop. Vaffanculo.
L’edificio della stazione li attendeva al termine di una strada dissestata che una volta era stato un gioiello viabilistico a quattro corsie. Gordi provò un vago senso di vertigine nel guardare il colosso di cemento, ora annerito dal napalm, che incombeva su di loro sottraendoli alla luce della luna. Brecce profonde spiccavano sulle pareti come enormi vene ulcerate. La sensazione durò solamente un attimo, subito sostituita da una scarica di adrenalina. Aprì il bagagliaio e distribuì le torce elettriche. A Flop consegnò anche una macchina fotografica usa e getta. Chiuse il bagagliaio e indicò la stazione -Il safari ha inizio.
All’interno della stazione il tempo sembrava essersi congelato. Il grande tabellone degli orari appeso alla volta del salone centrale riportava treni che non sarebbero mai partiti. Accanto agli sportelli della biglietteria numerose valige attendevano ancora i rispettivi proprietari. Flop sfogliò una rivista esposta nell’edicola e la polvere di tre anni gli rimase appiccicata alle dita. Passando accanto a un bar ed a una tabaccheria, Geppo indirizzò la luce della torcia attraverso le vetrine sfondate illuminando una torma di topi. Erano topi giganti con lunghi baffi e code spesse che fuggirono squittendo appena colpiti dalla luce. Affrettò il passo per raggiungere gli amici giunti in prossimità delle scale mobili. Sentiva il sudore scorrergli lungo la schiena inzuppandogli la maglietta. L’idea di passeggiare poco distante dal luogo dove Faccia Ricamata aveva compiuto l’ultimo delitto costringeva la sua mente a generare le immagini zeppe di particolari che aveva visto sui giornali e alla televisione. Faccia Ricamata, così chiamato grazie all’unico testimone che lo aveva visto casualmente all’opera e che aveva potuto raccontarlo, amava incidersi con la lametta le iniziali delle sue vittime sul viso. Era un virtuoso dello squartamento e della dissezione e aveva un’attrazione particolare per le dita, che amputava e portava via. In quattro mesi aveva colpito nove volte.
La mano di Flop si abbattè all’improvviso sulla sua spalla -Dicono che quando ride gli si riempie la faccia di sangue.
Geppo si voltò di scatto con la bocca spalancata in un urlo trattenuto a stento. Con una spinta allontanò Flop -Cristo, Flop, vuoi farmi venire un colpo! Smettila di parlarmi di Faccia Ricamata.
-È per via delle ferite sulla faccia... -Basta! Stai zitto!
Continuarono a bisticciare gradino dopo gradino, fino alla cima delle scale mobili, con Flop che si prodigava a menzionare dettagli raccapriccianti sulle imprese di Faccia Ricamata e Geppo che gli parlava sopra per non doverlo sentire. Percorsero il tratto che li separava dai tornelli che immettevano alle banchine spintonandosi l’uno con l’altro e parlando ciascuno per proprio conto con un tono di voce sempre più alto.
-Smettetela!
La luce li colpì improvvisamente al volto, abbagliandoli. Per un istante cessarono di sproloquiare. Gordi abbassò la pila, illuminando la banchina e i binari che le correvano a fianco. Sopra di loro la cupola della stazione si allungava per un centinaio di metri prima di lasciare spazio al cielo stellato. Senza rendersene conto erano arrivati ai binari. Geppo si guardò intorno, colto da un senso di smarrimento. Il nero della notte si fondeva con il vuoto che aveva davanti. Man mano che proseguivano emergevano i contorni dei treni, simili a enormi lombrichi addormentati. I vecchi vagoni abbandonati rimandavano ombre spettrali quando venivano accarezzati dalla luce delle torce. Sotto i loro piedi i binari si incrociavano in complesse geometrie di scambi.
Geppo si fermò accanto a un carrello sul quale erano state accatastate delle traversine -Visto, non c’è nessun zombi. Possiamo tornare a casa.
-Oh, Geppo, Geppo...- Gordi sorrise scrollando la testa -Siamo appena arrivati, facciamo almeno un giro. Giusto, Flop?
-Giusto- esclamò Flop -Io voglio scattare qualche fotografia prima di andarmene.
-Voi non vi rendete conto dei guai nei quali possiamo finire- disse Geppo -Poco distante da qui hanno trovato una vittima di Faccia Ricamata. Lo capite o no di cosa sto parlando? Di un serial killer!
Gordi impugnò la pistola e la sventolò sotto il naso di Geppo -Che venisse pure. Lo affronteremo.
-Cosa?- Geppo non riuscì a trattenere le risate. La situazione era talmente tragica da risultare quasi comica -Tu credi di tenere testa a un serial killer? Ma voi siete pazzi...sapete cosa vi dico, me ne vado!- Girò sui tacchi ben deciso ad andarsene, mosse un passo e ... sciak! Sgranò gli occhi e si bloccò, rigido come un pezzo di legno. La sensazione era quella di aver calpestato qualcosa di viscido e molliccio, ma gli mancava il coraggio di guardare. Deglutì due volte prima di trovare la voce -Che cos’è..?
Flop orientò la luce verso i piedi di Geppo e restò a bocca aperta in una smorfia di ribrezzo congelata sul volto.
-Cazzo!- esclamò Gordi.
Finalmente trovò la forza di abbassare lo sguardo. Mentre la mente riconosceva la sagoma decomposta che aveva intorno al piede, sentì i capelli rizzarglisi sulla nuca. Il sapore acre della bile gli salì per la gola e per poco fu sul punto di vomitare la cena.
-Merda...- Sollevò il piede trascinando frammenti di materia putrefatta e filamenti lattiginosi. Aveva calpestato la carogna di un cane, o almeno quello che ne restava. Ora l’odore era nauseante. Flop fece scattare il flash. Geppo lo guardò inebetito
-Flop, hai fotografato la carogna di un cane...
-Certo. Le ragazze vanno matte per questo genere di cose.
-Guardate qui- Chinato a terra, con un fazzoletto premuto sulla bocca, Gordi stava esaminando i resti del cane -Osservate le ferite sul torace, sono frastagliate. Secondo me si tratta di morsi e anche abbastanza profondi.
-Zombi!- esclamò Flop tutto euforico e subito scattò un’altra foto -Wao! Fico!
-Aspettate un momento...- Geppo agitò le mani nell’aria, come a cercare un appiglio all’ultimo barlume di razionalità -Possono averlo mangiato i vagabondi... sì, ecco, sono stati i vagabondi.
Gordi lo guardò con indulgenza, a braccia conserte -Crudo, Geppo?
-Oh, cazzo... Gordi non complicare le cose...- Si inumidì le labbra e sollevò il braccio a indicare un punto alle spalle degli amici -E quello cos’è?
Flop e Gordi si voltarono contemporaneamente. Un cerchio luminoso si stava avvicinando rapidamente forando il buio compatto. Poco dopo sopraggiunse anche un rumore molto famigliare per il luogo nel quale si trovavano.
Lo sferragliare di un treno.
Senza parlare, ma con la stessa idea nella testa, scattarono a cercare rifugio dietro i vagoni abbandonati -Lo sapevo, lo sapevo. Merda!- imprecò Geppo, mentre si accucciava dietro le ruote di un merci. Spensero le torce. La mano di Gordi che impugnava la pistola tremava come una foglia al vento. Flop lo guardò con grandi occhi di paura -Gordi...
Lo sguardo che Gordi gli ricambiò non era affatto rassicurante. Emise un lungo sospiro e bisbigliò -Flop, stai zitto- Strinse la pistola con entrambe le mani premendosela al petto e sbirciò da dietro il vagone.
Il treno si era fermato a tre binari di distanza; si trattava di un locomotore e di un vagone, senza insegne e scritte particolari, neri come la pece, assolutamente anonimi e allo stesso tempo inquietanti.
Dal vagone scesero sei uomini vestiti elegantemente. Sembravano provenire da una di quelle feste molto chic che si tenevano nella parte alta della città; indossavano impermeabili scuri sopra giacche e cravatte. L’unica stonatura giungeva dai mitragliatori che imbracciavano con estrema disinvoltura. Quattro di loro si disposero a ventaglio lungo la linea del treno, gli altri due si affrettarono a raggiungere la coda del vagone.
Un uomo con gli occhiali scuri portati sulle ventitré e con un sigaro tra i denti si affacciò dalla carrozza guardandosi intorno fiutando l’aria come un predatore. Aspirò una boccata di fumo e la brace del sigaro brillò nel buio. Lanciò un ordine e fece un cenno agli uomini accanto all’ultimo scompartimento. Questi iniziarono subito ad aprire i lucchetti e a sfilare le catene che imbrigliavano la porta della carrozza.
Fu in quel momento, mentre la porta veniva aperta e Geppo riusciva a scorgere delle fiammelle balenare dall’interno del vagone, che accadde l’irreparabile. Flop, accucciato in equilibrio instabile dietro al treno, cadde in avanti aggrappandosi alle spalle di Gordi, che andò giù piatto, emettendo un buffo sospiro. Nell’urto strappò i calzoni sulle ginocchia, si morse un labbro e contrasse il dito sul grilletto della pistola. Lo sparo fu così forte che Geppo chiuse istintivamente gli occhi e si portò le mani alle orecchie, rimpiangendo all’istante di essersi lasciato coinvolgere in quella pazzia.
Quando tornò a guardare gli amici, li vide stesi a terra uno sull’altro, con dei curiosi circoletti rossi stampati sul viso e sul petto. Sollevò lo sguardo e seguì il sottile raggio laser fino al mirino installato sui mitragliatori imbracciati dai quattro elegantoni che incombevano su di loro. Geppo scrollò la testa, non c’era un gran che da divertirsi quella sera.

-Benvenuti in casa mia- La voce filtrava attraverso la cortina di fumo che stagnava davanti all’uomo col sigaro. Soffiò un’altra boccata e si umettò le labbra facendo saettare la lingua agli angoli della bocca. Aveva occhi sottili come lame di rasoio. Appoggiò i gomiti sulla monumentale scrivania che lo separava dai ragazzi e mostrò un sorriso a 32 denti. Il vagone era arredato con mobili pregiati. Un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto e sul mobile bar faceva bella mostra il secchiello del ghiaccio con dentro una bottiglia di champagne. Le pareti dello scompartimento erano rivestite di velluto rosso. Alle spalle dei ragazzi, due uomini in doppiopetto garantivano la sorveglianza.
L’uomo col sigaro si alzò in piedi. Appoggiò i palmi delle mani sulla scrivania, sporgendosi verso i ragazzi -Io sono il colonnello Max e con la mia squadra assicuro l’ordine in questa città di merda. Vi siete guardati intorno? Avete idea in che mondo viviamo? Le strade sono dominate dal caos... omicidi, guerre tra gang...la gente ha paura e il governo non riesce a porvi rimedio.
Il colonnello allargò la bocca in un sorriso amichevole. Una luce crudele gli illuminò gli occhi -Allora interveniamo noi prima che il disagio della popolazione diventi incontrollabile. Non possiamo permetterci un’altra guerra, non adesso che un fragile ordine è stato raggiunto. Noi garantiamo la sicurezza.
Il colonnello si versò una coppa di champagne, sollevò il bicchiere e ammiccò ai ragazzi -Le prigioni sono piene di detenuti, ogni tanto ne prendiamo uno e lo rieduchiamo con qualche scarica elettrica e una buona dose di messaggi subliminali, insomma quel tanto che basta per trasformarli in letali armi da guerra e poi...bè, li lasciamo liberi per le strade.
Trangugiò lo champagne in un sorso e scoppiò in una sonora risata -Ma ve lo immaginate? Un semplice ladro d’auto trasformato in un serial killer ed ecco a voi Faccia Ricamata, la mia ultima creazione.
-Ma perché?- La voce uscì fuori per miracolo a Geppo.
Il colonnello gli posò una mano sulla spalla in un gesto amichevole e lo fissò così intensamente che si sentì trapassare da quegli occhi freddi come lame
-Tutte le notti lo portiamo in giro su questo treno e lo lasciamo libero di cercarsi la sua vittima. Lo controlliamo attraverso un microchip come quelli usati per gli zombi. Quando il panico si sarà sparso per bene tra la gente, allora lo sopprimeremo e mostreremo il suo cadavere in televisione- Il colonnello schioccò le dita -E sapete cosa penserà la gente in quel momento? Però, che bravi, ci hanno restituito la sicurezza, possiamo di nuovo uscire. Si scorderanno tutto il resto, dimenticheranno le tasse, gli scioperi e gli scandali e avranno di nuovo fiducia nel governo. Capisci, ragazzo? Riesci a comprendere il grande disegno?
Geppo aveva capito fin troppo bene. Lanciò un’occhiata agli amici e vide impressa sui loro volti la stessa espressione attonita. Il governo fabbricava psicopatici a catena e non esitava a usarli per mantenere un ordine fittizio basato sulla follia.
Il colonnello stava ridacchiando tra sé, scuotendo la testa -Pensate a quanto è beffardo il destino...questa sera Faccia Ricamata è particolarmente nervoso, tanto è vero che abbiamo deciso di procurargli un’altra vittima, per questo siamo tornati indietro. E adesso le vittime saranno tre- Fece un cenno agli uomini di guardia e questi spinsero i ragazzi verso il fondo del vagone. Attraversando gli scompartimenti, passarono accanto a computer e apparecchi per la ricerca satellitare, rastrelliere colme di fucili a pompa, mitragliatori e scatole di munizioni; infine giunsero davanti a una porta blindata incastonata in una parete di acciaio.
Il colonnello spinse di lato una leva e indicò a Geppo di guardare attraverso la feritoia -Faccia Ricamata!- annunciò Max, orgoglioso.
Col cuore che sembrava volesse sfondargli il petto, appoggiò le mani sull’acciaio freddo della parete e guardò. All’inizio non vide nulla, ma appena gli occhi si furono abituati alla semioscurità che regnava dall’altra parte, riconobbe una figura accucciata nell’angolo più lontano dello scompartimento.
Dal pavimento spuntavano diverse fiammelle che tremolavano nell’aria e fu con un moto di disgusto che Geppo capì perché Faccia Ricamata staccava le dita alle sue vittime. Con uno scatto si allontanò dalla feritoia, tenendosi una mano premuta sulla bocca nel tentativo di mantenere la cena nello stomaco.
-Oh, Cristo!- esclamò. Deglutì a vuoto e rivolse uno sguardo terrorizzato al colonnello, che stava sorridendo mentre indicava qualcosa alle sue spalle. Quando si voltò, sentì le gambe diventargli di gelatina. Una cappa di gelo gli cadde addosso alla visione della porta blindata spalancata. Una zaffata di odore pestilenziale lo colpì all’improvviso e notò altri macabri particolari che gli erano sfuggiti alla prima occhiata.
C’erano brandelli di abiti e macchie di sangue, alcune dita-candele erano carbonizzate, altre bruciavano esalando un odore malsano di carne arrostita. Con un fruscio, Faccia Ricamata si girò verso Geppo, in modo che il chiarore delle fiammelle gli illuminasse il volto. Neppure nei suoi incubi peggiori, il ragazzo avrebbe immaginato di trovarsi davanti ad una visione simile. Il volto del serial killer era martoriato da cicatrici sovrapposte le une alle altre in una sorta di gioco geometrico. Il naso era un grumo di carne schiacciato. Faccia Ricamata sorrise e dalle ferite colò sangue. Si alzò in piedi e dalla cintura estrasse un coltellaccio.
Geppo era fermo sulla soglia, paralizzato dal terrore, mentre Faccia Ricamata avanzava lentamente verso di lui strascicando i piedi e affettando l’aria con il coltello.
L’urlo arrivò improvviso a raggelare il sangue dei presenti. Il colonnello Max, seguito dai suo uomini, si diresse verso i finestrini giusto in tempo per vedere il macchinista del treno fuggire scompostamente inseguito da uno zombi. L’uomo correva protendendo verso l’alto il braccio al quale era stata staccata la mano all’altezza del polso. Incespicò e cadde, urlando di dolore quando il moncherino urtò il terreno. Lo zombi gli fu subito addosso, lo afferrò per le gambe e gli affondò i denti nella carne.
L’uomo lanciò un nuovo urlo mentre il sangue gli inondava la faccia. Lo zombi serrò le mascelle facendogli esplodere la giugulare e scrollò la testa inghiottendo carne e cartilagine.
-Che cazzo sta succedendo?- esclamò il colonnello. Il vetro del finestrino gli restituì l’immagine del suo volto tirato e pallido come un cencio. -Ammazzate quel mangiacarne, presto!
Alle sue parole fecero eco gli spari dei due uomini rimasti di guardia al treno. Lo zombi sussultò sotto la grandinata di proiettili e quando finalmente lo centrarono alla testa, crollò esanime.
-Merda!- imprecò il colonnello, assestando un pugno contro la parete -Mi avevano assicurato che non ne esistevano più allo stato selvaggio.
In tutta quella concitazione, l’unico a non aver visto nulla era stato Geppo del quale, tra l’altro, sembravano essersi dimenticati tutti. Ormai Faccia Ricamata gli era talmente vicino che poteva sentire il suo respiro affannoso. La mano del serial killer lo afferrò al petto, strattonandolo per la maglietta e attirandolo a sé. La lama del coltello balenò davanti agli occhi di Geppo e il viso di Faccia Ricamata si contorse in una nuova smorfia sanguinolenta; emise un sibilo attraverso le labbra martoriate e spinse via il ragazzo, concentrando l’attenzione verso l’elegantone che gli dava le spalle. La mano che impugnava la lama compì un rapido movimento ad arco e si conficcò nel collo dell’uomo, trapassandolo da parte a parte. Gordi e Flop gridarono all’unisono arretrando verso la parete mentre Faccia Ricamata ritraeva e la lama e l’uomo crollava a terra sprizzando sangue. Gli occhi del serial killer saettarono a destra e a sinistra alla ricerca di una nuova preda e mosse un passo verso il secondo uomo che lo fronteggiava con il mitragliatore alzato.
-Non sparare!- gridò il colonnello nel disperato tentativo di proteggere la propria creatura. L’attimo di indecisione fu fatale all’agente che si ritrovò il coltello conficcato nella pancia. Guardò istupidito il ghigno di Faccia Ricamata mentre quest’ultimo gli frullava le budella.
-Maledizione!- Il colonnello sfilò la pistola dalla fondina. Dall’esterno giungevano altri spari, misti a urla di terrore. Nuovi zombi erano comparsi dal nulla; strisciavano da sotto i vagoni, scendevano dalle carrozze abbandonate, emergevano dall’oscurità con le mani protese, seguendo l’istinto predatorio.
Faccia Ricamata sollevò il coltello sopra la testa, nel gesto che gli era consueto, e rimase così, congelato dal sopraggiungere della morte. Rovesciò gli occhi all’indietro e piegò le labbra in un ultimo ghigno purpureo prima di cadere a terra con un foro grosso come un pugno nella fronte. Il colonnello abbassò la mano che impugnava la pistola ancora fumante e un’ombra di profonda tristezza gli oscurò il viso mentre contemplava il cadavere di Faccia Ricamata come fosse quello di un figlio. Un istante dopo il volto del colonnello avvampò in preda all’ira. Spintonò Flop e Gordi contro la parete, strattonandoli e schiaffeggiandoli e spianò la pistola contro Geppo -Tu! É tutta colpa tua- Con un ampio gesto della mano indicò i corpi sul pavimento, soffermandosi su quello del serial killer -Non era ancora tempo che morisse...
Fuori, infuriava la battaglia. I due agenti accerchiati dagli zombi sparavano a casaccio in preda all’isteria, Erano poche le teste dei mangiacarne che esplodevano sotto le pallottole, la maggior parte dei colpi arrestava temporaneamente la camminata degli zombi che arretravano di un passo per effetto dell’impatto dei proiettili e subito riprendevano ad avanzare barcollando come ubriachi.
Colpi sordi sempre più insistenti giunsero dalla fiancata del treno. Una parte degli zombi si era accalcata davanti allo sportello e batteva con le mani nel tentativo di aprirlo.
-Colonnello, presto!- I due uomini rimasti sul treno si precipitarono in fondo al vagone per contrastare l’assalto ma lo sportello era già stato aperto e i primi zombi si stavano arrampicando sui gradini di ferro.
-Figli di puttana!- sibilò Max. Colpì Geppo al volto con la canna della pistola e corse a dar man forte ai compagni. Un lampo scoccò poco distante dal treno e un boato assordante investì la carrozza mandando in frantumi gran parte dei finestrini. Una pioggia di sangue e di pezzi di braccia e gambe spappolate ricadde tutt’intorno al treno. Frammenti organici e secchiate di brodaglia vischiosa schizzarono fin dentro il vagone. Uno degli agenti all’aperto, ormai a secco di munizioni, aveva sganciato una granata dalla cintura e l’aveva lanciata addosso all’orda putrescente dei morti viventi, facendo scempio tra quelli più vicini. Ringalluzzito dall’effetto ottenuto, afferrò un’altra granata e velocemente strappò la sicura preparandosi a lanciarla, immediatamente imitato dal compagno, ma al momento di scagliarla scivolò sopra una chiazza di sangue e cadde a terra con un urlo mentre la granata gli sfuggiva di mano.
Seguirono due esplosioni potentissime e una nuova ondata di frattaglie si schiantò lungo la fiancata del treno.
Geppo si rialzò in piedi massaggiandosi la guancia insanguinata. Un rivolo di sangue gli colava dalla tempia inzuppandogli la maglietta. Flop e Gordi si affrettarono a sorreggerlo -Dobbiamo squagliarcela- disse Gordi.
-Io non volevo neppure venirci- sospirò Geppo, ripensando al bowling e alle pareti amiche della sua stanza. Il crepitio di una mitragliata fece sobbalzare i tre amici -Alla testa! Mirate alla testa!- La voce del colonnello si levò imperiosa sopra il fragore delle armi. Con una pedata ricacciò uno zombi giù dal treno e punto la pistola verso le mani avide che cercavano di ghermirlo. Blam! Blam! Un paio di testemorte saltarono irrorando gli uomini di poltiglia gelatinosa e rovinando per sempre i costosi abiti. Il colonnello e gli agenti arretrarono continuando a sparare ed a urlare di raccapriccio finché si ritrovarono con le armi scariche e intrappolati contro la parete. A quel punto gli zombi, ormai giunti a un passo dalle loro prede, sembrarono fermarsi per un istante, quasi volessero compiacersi del terrore stampato sul viso degli uomini, poi li travolsero in un’orgia di morsi.
-Cristo...- Geppo staccò gli occhi dall’orrendo banchetto, sforzandosi di trovare una via di fuga. Dal branco ammassato intorno ai corpi degli agenti giungevano rumori poco rassicuranti di pelle lacerata e ossa spezzate Uno zombi sollevò la testa e si portò alla bocca un piede del colonnello, ancora infilato nella scarpa e troncato all’altezza della caviglia. Un altro raccolse uno dei mitragliatori e lo maneggiò con la disinvoltura di chi conosceva le armi prima di lasciarlo cadere per dedicarsi nuovamente al macabro pasto.
-Il finestrino- gridò Geppo, indicando l’unica via di salvezza -Ci caleremo fuori e fuggiremo, approfittando del fatto che sono impegnati a mangiare- Un sorriso isterico gli illuminò il viso -Coraggio, possiamo farcela.
In pochi istanti furono fuori, increduli di sentire nuovamente l’aria della notte accarezzargli il viso. Gli zombi vagavano intorno al treno attirati dall’odore del sangue e con sollievo Geppo notò che sembravano disinteressarsi a loro. Corsero verso la cupola della stazione lasciandosi per sempre alle spalle la macelleria viaggiante del colonnello Max con il suo carico di morte.

Due settimane dopo erano di nuovo al bowling. Nessuna notizia relativa a quanto era successo era apparsa sui giornali, nessuna immagine era stata trasmessa alla televisione. A quanto pareva nessuno aveva sentito il putiferio scatenato alla stazione, granate comprese.
-Avete sentito l’ultima novità?- disse Flop, con la fedele auricolare infilata nell’orecchio -Alcuni scienziati stanno studiando il modo di usare gli zombi per scopi militari ma gli uffici governativi naturalmente smentiscono.
A quelle parole Geppo trasalì. Zombi usati per scopi militari. Un brivido gli percorse la schiena mentre Flop e Gordi riprendevano a fantasticare su nuovi sistemi per far colpo sulle ragazze. Aveva ancora nella mente l’immagine dello zombi che raccoglieva il mitragliatore. E se il colonnello Max fosse rimasto vittima a sua volta di un esperimento governativo? Il reclutamento era già iniziato. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare all’idea folle che gli stava crescendo dentro.
Poi nel bowling fecero irruzione dei tizi eleganti vestiti di nero e tutto perse d’importanza.