Chi vuole
descrivere la musica di Marco Comandè fallisce se cerca in quale categoria
essa è inquadrata. Così come enumerare tutte le tecniche e gli stili
musicali che sono affluiti nelle sue composizioni, sarebbe una audace ma
inutile impresa, poiché potrebbe nascere l’impressione che la sua musica non
sia stilisticamente unitaria. Però non è questo l’importante. Usando con la
massima facilità il materiale musicale, egli crea qualcosa di assolutamente
nuovo: i limiti che generalmente sono associati alla chitarra vengono senza
fatica superati. I colori che egli ricava dallo strumento e le mai ascoltate
combinazioni sonore raggiungono talvolta dimensioni orchestrali. Aggiunta a
ciò, vi è nelle sue composizioni una marcata vitalità ritmica che raggiunge
raffinatezze poliritmiche tali da suscitare la più viva meraviglia in ogni
esperto musicista. A chi ricevesse ora l’impressione che la musica di Marco
Comandè sia dominata da tecniche virtuose, gli si dica che tutte queste
tecniche si sottomettono alle sue emozioni ed alla sua volontà espressiva.
La sua musica contiene inoltre così tanti elementi meditativi, da rendere
possibile all’ascoltatore, non di afferrarne i dettagli, bensì ad occhi
chiusi lasciarsi da essa prendere e come totalità viverla.
Peter Muehlbauer
L’Italia è come un ponte naturale tra l’Europa e i mondi musicali
dell’Africa, Arabia o anche dell’America Latina” disse il giovane
chitarrista romano Marco Comandè, che da un anno vive nella RFT prima delle
prime note del suo concerto (partecipazione straordinaria) berlinese. In
conformità di ciò, si schiude nella sua pura opera strumentale un totale
cosmo musicale collegato a determinate forme strutturali compositive ed
anche alle speciali abitudini di ascolto della musica classica e da camera
europee. Le transizioni che partendo da questa base in direzione jazz,
folklore o musica meditativa andando oltre agli stili, agiscono così senza
rottura e plausibili, si fondono così naturalmente nello scorrimento
armonico, che gli ascoltatori di questa sera nella Ballsaal del Forum
Kreuzberg sono sempre più strabiliati che la tradizionale barriera tra
musica “seria” e “le altre”, perlomeno per queste due meravigliose ore di
concerto, è completamente sollevata.
Ci sono a disposizione del 28enne italiano una eminentissima tecnica, una
prodigiosa virtuosità e una sicurezza anche in parti difficilissime, che lo
facilitano nell’accesso a tutti i generi chitarristici.
Improvvisazione libera non è cosa sua e le due metà di quaranta minuti del
concerto, suonate in suite, e che sono praticamente dalla prima all’ultima
nota predeterminate, presentano una successione di pezzi singoli intrecciati
tra loro attraverso dei leitmotive ricorrenti, che Marco Comandè ha da poco
pubblicato su un primo disco.
La chiara accentrazione ritmica, dalla verve derivata indubbiamente spesso
da una concezione jazzistica, con la quale egli in “Dualismo” o “Hotel Luna”
presenta anche figure melodiche molto complesse, non cambia il fatto che la
pura musica per chitarra acustica di Marco Comandè globalmente conduce
piuttosto ad una contemplativa avventura uditiva, condizionata anche dal
coscientissimo “spiel” con i varianti e mai eccedenti colori sonori. I
confini, ma assolutamente mai troppo precipitati allontanamenti in sviluppo
dei motivi introducenti, non preoccupano un pubblico concentratissimo ad
ogni sfumatura, che anche nei velocissimi passaggi dall’estrema pulizia
diteggiativa, nelle serie di flagioletti assolutamente privi di
tintinnamenti o dagli improvvisi ritmi sincopati di grande effetto, è sempre
completamente “dentro”.
Dalle brevi escursioni in una graziosa pentatonica orientale, così come una
piccola parodia all’”ode alla gioia” di Beethoven, provano che questo grande
talento chitarristico non vuole accettare per se stesso confini musicali.
Questo tipo di “fusion music” ha coinvolto moltissimo un pubblico
impressionato.
Der Tagesspiel,
Berlin-JochenMetzner
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