Matematici

Yutaka Taniyama e Goro Shimura

Forme modulari

 

Yutaka Taniyama e Goro Shimura

Nel gennaio del 1954 un giovane e dotato matematico dell'Università di Tokyo si recò come tante altre volte alla biblioteca del suo dipartimento. Goro Shimura cercava una copia del ventiquattresimo volume dei Mathematische Annalen. In particolare gli interessava un articolo di Deuring sulla teoria algebrica della moltiplicazione complessa, di cui aveva bisogno per completare un calcolo particolarmente difficile e astruso.

Con sorpresa e disappunto Shimura scoprì che il volume era già in prestito. Ne aveva fatto richiesta Yutaka Taniyama, una sua vaga conoscenza che viveva dall'altra parte del campus. Shimura scrisse a Taniyama spiegandogli che aveva urgente bisogno del fascicolo per completare quel calcolo antipatico, e gli chiedeva con gentilezza quando lo avrebbe restituito.

Pochi giorni più tardi sulla scrivania di Shimura arrivò una cartolina. Taniyama gli rispondeva spiegandogli che anche lui stava lavorando allo stesso calcolo e che si era bloccato sullo stesso passaggio logico. Gli proponeva di scambiarsi le proprie idee e magari di lavorare insieme sul problema. Da questo incontro casuale avvenuto grazie a un libro e a una biblioteca scaturì una collaborazione che avrebbe cambiato il corso della storia della matematica.

Yutaka Taniyama era nato il 12 nevembre 1927 in una cittadina situata pochi chilometri a nord di Tokyo. L'ideogramma giapponese che simboleggiava il suo nome di battesimo avrebbe dovuto essere letto «Toyo», ma la maggior parte delle persone che non appartenevano alla sua famiglia lo interpretavano male, leggendolo come «Yutaka»; crescendo, Taniyama accettò di essere chiamato con quel nome e decise di adottarlo. L'istruzione scolastica di Yutaka Taniyama aveva subito continue interruzioni: da bambino era spesso ammalato e negli anni dell'adolescenza fu colpito dalla tubercolosi, così che dovette perdere due anni di scuola superiore. Lo scoppio della guerra provocò danni anche maggiori alla sua carriera di studente.Negli anni di guerra l'istruzione scolastica di Goro Shimura, che aveva un anno meno di Taniyama, si interruppe del tutto. La sua scuola fu distrutta, e invece di assistere alle lezioni Shimura dovette contribuire allo sforzo bellico lavorando in fabbrica: assemblava parti di aeroplani. La sera studiava da solo per cercare di riguadagnare il tempo perduto, ! e scoprì di essere particolarmente attratto dalla matematica. : «Naturalmente c'erano molte materie da imparare, ma la ^matematica era la più facile, dato che mi era sufficiente leggere i libri di testo. Ho appreso il calcolo infinitesimale leggendo i libri. Se avessi voluto continuare gli studi in chimica o in fisica avrei avuto bisogno di attrezzatura scientifica e non avevo alcuna possibilità di procurarmela. Non pensai mai di avere talento, ero soltanto curioso.»

Pochi anni dopo la fine della guerra, Shimura e Taniyama si ritrovarono all'università. Al tempo in cui si erano scambiati le cartoline per il volume della biblioteca, la vita a Tokyo stava cominciando a tornare alla normalità e i due giovani studiosi potevano permettersi qualche piccolo lusso. Trascorrevano i pomeriggi nei caffè, la sera cenavano in un piccolo ristorante specializzato in piatti a base di carne di balena, e durante i fine settimana avevano l'abitudine di passeggiare nei giardini botanici o nel parco cittadino. Tutti luoghi ideali per discutere le loro ultime idee matematiche.

Benché Shimura possedesse una vena di bizzarria - ancora oggi conserva la sua passione per le storielle Zen - aveva un carattere molto più tradizionalista e convenzionale rispetto al suo collega e amico. Shimura si alzava all'alba e si buttava immediatamente sul lavoro, mentre a quell'ora Taniyama era ancora sveglio dopo aver lavorato per tutta la notte. Spesso chi passava dal suo appartamento lo trovava profondamente addormentato a metà pomeriggio.

Se Shimura era meticoloso, Taniyama era trascurato fino all'indolenza. Sorprendentemente Shimura ammirava questo suo tratto: «Lui era dotato della capacità speciale di fare molti errori, per lo più nella direzione giusta. Lo invidiavo per questo, e tentavo invano di imitarlo, ma mi era molto difficile fare buoni errori».

Taniyama era l'epitomo del genio con la testa fra le nuvole, e ciò si rifletteva sul suo aspetto esteriore. Era incapace di fare un nodo decente e aveva quindi deciso che piuttosto che allacciarsi le scarpe una dozzina di volte al giorno non le avrebbe allacciate affatto. Indossava sempre lo stesso caratteristico vestito verde che emanava strani riflessi metallici. Il tessuto con cui era stato confezionato era così stravagante che tutti gli altri membri della sua famiglia si erano rifiutati di usarlo.

Quando si incontrarono, nel 1954, la carriera matematica di Shimura e Taniyama stava appena cominciando. Era tradizione, ed è tuttora cos), che i giovani ricercatori fossero presi sotto l'ala protettiva di un professore che avrebbe guidato le loro menti inesperte, ma Taniyama e Shimura rifiutarono questa forma di apprendistato. Durante la guerra la ricerca pura si era arenata, e negli anni Cinquanta la facoltà di matematica non si era ancora ripresa. Secondo Shimura i professori erano «stanchi, nauseati e disillusi». Al confronto, gli studenti del dopoguerra erano pieni di entusiasmo e ansiosi di apprendere, e presto si resero conto che l'unico modo di progredire era di insegnare a se stessi. Gli studenti organizzavano regolarmente seminari che tenevano a turno per informarsi a vicenda sulle ultime tecniche e sui progressi più recenti. A dispetto dell'atteggiamento apatico che aveva in altre circostanze, quando Taniyama partecipava ai seminari vi infondeva una tremenda energia. Incoraggiava gli studenti degli ultimi anni ad avventurarsi in territori inesplorati e assumeva il ruolo di figura paterna per gli studenti più giovani. A causa del loro isolamento, a volte i seminari vertevano su temi che in Europa e in America erano generalmente ritenuti ormai superati. L'inesperienza degli studenti li portava a studiare equazioni che in Occidente erano state abbandonate. Un argomento particolarmente fuori moda che affascinava tanto Taniyama quanto Shimura era lo studio delle forme modulari.

Forme modulari

Le forme modulari sono fra gli oggetti matematici più misteriosi e affascinanti. Esse rappresentano una delle entità più astruse della matematica, eppure nel ventesimo secolo il teorico dei numeri Martin Eichler le classificò come una delle cinque operazioni fondamentali: addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione e forme modulari. Probabilmente la maggioranza dei matematici ritiene di avere una completa padronanza delle prime quattro operazioni, ma trova la quinta ancora un po' sconcertante.

L'aspetto fondamentale delle forme modulari è il loro grado smisurato di simmetria. Benché gran parte delle persone abbia familiarità con il concetto quotidiano di simmetria, nel campo della matematica esso ha un significato molto particolare: un oggetto è dotato di simmetria se può essere trasformato in un determinato modo e apparire invariato dopo la trasformazione. Per apprezzare l'immensa simmetria di una forma modulare è utile esaminare prima la simmetria di un oggetto più banale, come ad esempio un semplice quadrato.

Un quadrato è dotato di simmetria rotazionale. Ciò significa che, se immaginiamo un perno posto nel punto in cui l'asse delle x e l'asse delle y si incontrano, allora il quadrato della figura 13 può essere ruotato di un quarto di giro ed apparire invariato dopo la rotazione. Analogamente, rotazioni di mezzo giro, di tre quarti di giro e di un giro intero lasceranno il quadrato in apparenza invariato.

Oltre alla simmetria rotazionale il quadrato possiede anche una simmetria di riflessione. Se immaginiamo uno specchio posto perpendicolarmente al foglio lungo l'asse delle x, allora la metà superiore del quadrato si rifletterà esattamente nella metà inferiore e viceversa, cosicché dopo la trasformazione il quadrato apparirebbe invariato. Analogamente possiamo definire tre altri specchi (lungo l'asse delle); e lungo le due diagonali) tali che il quadrato riflesso apparirebbe identico a quello originale.

Un semplice quadrato è relativamente simmetrico, dato che possiede simmetrie sia di rotazione sia di riflessione, ma esso non possiede alcuna simmetria di traslazione. Questo significa che se il quadrato dovesse essere spostato in una qualsiasi direzione, un osservatore individuerebbe immediatamente il movimento poiché sarebbe cambiata la sua posizione relativa agli assi. Tuttavia, se l'intero piano definito dall'asse delle x e dall'asse delle y fosse suddiviso in piastrelle quadrate, come mostrato nella figura 14, questo insieme infinito di quadrati avrebbe allora una simmetria di traslazione. Se l'infinita superficie divisa in piastrelle fosse spostata in su o in giù di uno spazio pari a uno o più quadrati apparirebbe invariata rispetto alla posizione originale.

La simmetria delle superfici divise in piastrelle è un'idea relativamente semplice, ma come per molti concetti in apparenza semplici, in essa si nascondono molte idee sottili. Ad esempio, negli anni Settanta il fisico inglese Roger Penrose, che si occupa anche di matematica ricreativa, cominciò a dilettarsi a dividere la stessa superficie con piastrelle di forma diversa. Alla fine egli identificò due forme particolarmente interessanti, chiamate l'aquilone e la freccia, che sono mostrate nella figura 15. Da sola ciascuna di queste forme non poteva essere usata per ricoprire una superficie senza lasciare spazi vuoti o causare sovrapposizioni, ma insieme potevano essere usate per creare un ricco insieme di schemi per ricoprire la superficie. Gli aquiloni e le frecce possono essere sistemati sulla superficie in un numero infinito di modi, e anche se tutti gli schemi appaiono simili, quando li si osserva con attenzione si nota che ognuno è diverso dagli altri.

Usando due differenti piastrelle, l'aquilone e la freccia, Roger Penrose riuscì a ricoprire una superficie. Tuttavia la cosiddetta «tassellatura di Penrose» non possiede una simmetria di traslazione. Un'altra caratteristica notevole delle «tassellature di Penrose» (gli schemi di ricopertura di una superficie generati da piastrelle come gli aquiloni e le frecce) è che esse possiedono un grado di simmetria molto limitato. A prima vista sembrerebbe che la tassellatura mostrata nella figura possie da una simmetria di traslazione, e tuttavia ogni tentativo di spostare lo schema in modo tale che esso rimanga effettivamente invariato fallisce.

Le tassellature di Penrose possiedono un'asimmetria che ci trae in inganno, e questo è il motivo per cui esse affascinano i matematici, tanto che sono diventate il punto di partenza di un'intera nuova area della matematica.

Se il fascino delle superfici a tasselli di Penrose risiede nella loro simmetria limitata, la proprietà interessante delle forme modulari è che esse possiedono una simmetria infinita. Le forme modulari studiate da Taniyama e Shimura possono essere ribaltate, girate, riflesse e ruotate in un numero infinito di modi rimanendo sempre invariate, il che le rende gli oggetti matematici più simmetrici.

Purtroppo disegnare, o anche solo immaginare, una forma modulare è impossibile. Nel caso di una superficie divisa in quadrati, abbiamo un oggetto che esiste in uno spazio bidimensionale, definito da due assi, l'asse x e l'asse y. Anche una forma modulare ha due dimensioni, ma a ciascuna di queste dimensioni corrisponde un piano complesso, cioè un piano definito da un asse reale e da un asse immaginario. Perciò il primo piano complesso è rappresentato da due assi, l'asse xr (reale) e l'asse xi (immaginario), e il secondo piano complesso è rappresentato da altri due assi, l'asse yr (reale) e l'asse yi (immaginario). Dunque in realtà le forme modulari esistono in uno spazio complesso. Per essere precisi, le forme modulari esistono nella metà superiore di questo spazio complesso, ma la cosa più importante da notare è che tale spazio è quadridimensionale (xr, xi, yr, yi).

Questo spazio quadridimensionale è chiamato spazio iperbolico. L'universo iperbolico è difficile da comprendere per gli uomini, che sono costretti a vivere in un mondo convenzionale a tre dimensioni, ma quello di spazio quadridimensionale è un concetto matematicamente valido, ed è proprio questa dimensione in più che conferisce alle forme modulari un grado enormemente alto di simmetria.

Le forme modulari che'esistono nello spazio iperbolico hanno varie forme e dimensioni, ma sono tutte costituite dagli stessi ingredienti fondarnentali. Ciò che rende diversa ciascuna forma modulare è la quantità di ciascun ingrediente che essa contiene. Gli ingredienti di una forma modulare sono numerati da uno all'infinito (M1, M2, M3, M4...) e quindi una data forma modulare potrebbe contenere una parte del primo ingrediente (M1 = 1), tre parti del secondo ingrediente (M2 = 3), due parti del terzo ingrediente (M3 = 2) eccetera. Queste informazioni, che descrivono come è costruita una forma modulare, possono essere riassunte in quella che si definisce una serie modulare, o M-serie, cioè in un elenco degli ingredienti e delle rispettive quantità richieste:

Proprio come la E-serie è il Dna per le equazioni ellittiche, la M-serie è il Dna per le forme modulari. La quantità di ciascun ingrediente elencato nella M-serie è di importanza critica. A seconda di come si cambi la quantità, ad esempio, del primo ingrediente, si potrebbe generare una forma modulare completamente diversa, ma ugualmente simmetrica, oppure si potrebbe distruggere del tutto la simmetria e generali; re un nuovo oggetto che non è una forma modulare. In altre parole, per creare una forma modulare la quantità di ciascun ingrediente è assolutamente critica. Se la quantità di ogni ingrediente è scelta ad arbitrio, allora il risultato sarà con tutta probabilità un oggetto dotato di simmetria scarsa o nulla. All'interno della matematica le forme modulari costituiscono un argomento a sé stante. In particolare esse sembrerebbero non avere assolutamente alcun rapporto con l'argomento studiato da Wiles a Cambridge, le equazioni ellittiche. Le forme modulari sono un mostro di enorme complessità, studiate, in larga misura, a causa della loro simmetria, e scoperte soltanto nel diciannovesimo secolo. Le equazioni ellittiche risalgono agli antichi greci e non hanno nulla a che vedere con la simmetria. Le forme modulari e le equazioni ellittiche risiedono in regioni completamente diverse dell'universo matematico e nessuno avrebbe mai pensato che ci fosse la minima connessione fra i due argomenti. Tuttavia, Taniyama e Shimura dovevano provocare uno shock nella comunità dei matematici suggerendo che le equazioni ellittiche e le forme modulari erano in realtà esattamente la stessa cosa. Questi due matematici indipendenti sostenevano di essere in grado di unificare il mondo modulare e quello ellittico.

Nel settembre 1955 si tenne a Tokyo un convegno internazionale di matematica. Per i giovani ricercatori giapponesi era un'occasione unica di mostrare al resto del mondo ciò che avevano appreso. Distribuirono ai partecipanti una raccolta di trentasei problemi relativi al loro lavoro, accompagnati da poche umili righe di introduzione: «Alcuni problemi di matematica insoluti. Non è stata compiuta alcuna preparazione approfondita, così che fra di essi ce ne potrebbero essere alcuni banali oppure già risolti. Ai partecipanti si chiede di fornire commenti su ognuno di questi problemi».

Quattro dei quesiti erano proposti da Taniyama, e suggerivano l'esistenza di una curiosa relazione tra forme modulari ed equazioni ellittiche. Questi quesiti innocenti avrebbero finito per portare a una rivoluzione nella teoria dei numeri. Taniyama aveva esaminato i primi termini della M-serie di una particolare forma modulare. Egli riconobbe l'andamento della serie e si rese conto che ricalcava esattamente quello della E-serie di un'equazione ellittica ben nota. Calcolò pochi altri termini delle due serie: la M-serie della forma modulare e la E-serie dell'equazione ellittica coincidevano ancora alla perfezione.

Era una scoperta sensazionale poiché, senza che ce ne fosse alcuna ragione evidente, quella forma modulare poteva essere messa in relazione con un'equazione ellittica attraverso le rispettive M-serie ed E-serie: le due serie erano iden-tiche. Il Dna matematico che dava forma alle due entità era esattamente lo stesso. Ciò costituiva una scoperta doppiamente profonda. In primo luogo suggeriva l'esistenza nascosta di una relazione fondamentale fra la forma modulare e l'equazione ellittica, oggetti che venivano da sponde opposte della matematica. In secondo luogo significava che i matematici, che già conoscevano la M-serie per la forma modulare, non avrebbero avuto bisogno di calcolare la E-serie per l'equazione ellittica poiché essa sarebbe stata identica alla M-serie.

Da un punto di vista creativo le relazioni fra due argomenti in apparenza diversi sono importanti in matematica tanto quanto lo sono in qualsiasi disciplina. La relazione suggerisce l'esistenza di una verità sottostante che arricchisce entrambi gli argomenti. Ad esempio, gli scienziati avevano studiato l'elettricità e il magnetismo come due fenomeni completamente separati. Poi, nel diciannovesimo secolo, fisici teorici e sperimentali si resero conto che esisteva uno stretto collegamento fra elettricità e magnetismo. Ne derivò una comprensione più approfondita di entrambi. La corrente elettrica genera campi magnetici, mentre un magnete posto vicino a dei fili elettrici può indurvi una corrente. Ciò portò all'invenzione delle dinamo e dei motori elettrici, e infine alla scoperta del fatto che la luce stessa è il risultato dell'oscillazione congiunta di un campo elettrico e di un campo magnetico.

Taniyama esaminò qualche altra forma modulare, e in ciascun caso la M-serie sembrava corrispondere perfettamente alla E-serie di un'equazione ellittica. Egli cominciò a chiedersi se ci fosse la possibilità che ogni singola forma modulare potesse essere associata a un'equazione ellittica. Forse ogni forma modulare aveva lo stesso Dna di un'equazione ellittica: forse ogni forma modulare era un'equazione ellittica mascherata. I quesiti che aveva distribuito al convegno erano relativi a questa ipotesi.

L'idea che ogni equazione ellittica fosse legata a una forma modulare era così straordinaria che coloro i quali diedero un'occhiata ai quesiti di Taniyama li considerarono come nient'altro che osservazioni curiose. Non c'era dubbio che Taniyama avesse dimostrato il fatto che qualche equazione ellittica poteva essere legata a una particolare forma modulare ma, sostenevano gli scettici, si trattava semplicemente di una coincidenza. A loro giudizio, l'esistenza di una relazione più generale e universale, sostenuta da Taniyama, appariva ben poco fondata.

L'ipotesi si basava più su una intuizione che su una qualsiasi evidenza reale. L'unico alleato di Taniyama era Shimura, che credeva nella forza e nella profondita dell'idea del suo amico. Dopo il convegno egli intendeva collaborare con Taniyama per sviluppare l'ipotesi a un livello tele che il resto del mondo non avrebbe più potuto ignorare il loro lavoro. Shimura intendeva trovare altre prove a sostegno della relazione fra il mondo modulare e quello ellittico. La collaborazione si interruppe temporaneamente nel 1957, quando Shimura fu invitato presso l'Institute for Advanced Study di Princeton, negli Stati Uniti. Secondo le sue intenzioni, una volta trascorsi i due anni come docente ospite, Shimura avrebbe ripreso a lavorare con Taniyama, ma ciò non potè mai accadere. Il 17 novembre del 1958 Yutaka Taniyama si suicidò.

Morte di un genio

Shimura conserva ancora la cartolina che Taniyama gli mandò quando entrarono in contatto per la prima volta grazie al libro della biblioteca universitaria. Conserva anche l'ultima lettera che Taniyama gli scrisse a Princeton, ma essa non contiene il minimo indizio di ciò che sarebbe successo solo due mesi più tardi.

A tutt'oggi Shimura non ha idea dei motivi del suicidio di Taniyama. «Ero davvero molto perplesso. Perplessità è probabilmente la parola più giusta. Naturalmente ero triste ma, vede, fu una cosa così improvvisa. Ricevetti la lettera a settembre e lui morì all'inizio di novembre, e io non ero in grado di darvi un senso. Naturalmente in seguito venni a sapere molte cose e tentai di riconciliarmi con la sua morte. Alcune persone mi dissero che aveva perso fiducia in se stesso, ma non per quanto riguarda la matematica.»

Ciò che soprattutto sconcertava i suoi amici era il fatto che Taniyama si era appena innamorato di Misako Suzuki e che progettava di sposarla entro l'anno. In un ricordo personale dell'amico pubblicato sul Eulletin of thè London Mathematical Society Coro Shimura rievoca il fidanzamento di Taniyama con Misako e le settimane che precedettero il suo suicidio:

Quando fui informato del loro fidanzamento rimasi piuttosto sorpreso, dato che avevo avuto la vaga sensazione che lei non fosse il suo tipo, ma non ebbi alcun cattivo presentimento. Mi fu detto in seguito che avevano firmato un contratto d'affitto per un appartamento, evidentemente uno migliore, destinato a diventare la loro nuova casa, che avevano comprato una batteria da cucina, e che si stavano preparando per il matrimonio. Tutto sembrava promettente per loro e per i loro amici. Poi accadde la catastrofe.

La mattina di lunedì 17 novembre 1958, il custode di casa lo trovò morto nella sua stanza, insieme a un messaggio lasciato sulla scrivania. Era scritto su tre pagine di un quaderno del tipo che usava per il suo lavoro universitario; nel primo paragrafo si legge: «Fino a ieri non avevo alcuna precisa intenzione di uccidermi. Ma non pochi devono aver notato che negli ultimi tempi sono stato tìsicamente e mentalmente stanco. Quanto al motivo del mio suicidio, non lo comprendo affatto nemmeno io, ma non è il risultato di un episodio particolare, né di un fatto specifico. Posso solo dire che sento di aver perso fiducia nel futuro. Può darsi che ci sia una persona a cui il mio suicidio potrebbe, in una certa misura, arrecare sofferenza o colpire. Spero sinceramente che questo episodio non getterà ombre sul futuro di questa persona. A ogni modo, non posso negare che questo mio gesto sia una sorta di tradimento, ma vi prego di scusarlo come l'ultimo atto che ho compiuto a modo mio, così come ho sempre fatto a modo mio in tutta la mia vita». Egli proseguiva descrivendo, m modo molto metodico, le sue volontà riguardo alla sistemazione dei suoi beni, quali libri e quali dischi aveva ricevuto in prestito dalla biblioteca o dagli amici e così via. In particolare scrive: «Vorrei lasciare i dischi e il giradischi a Misako Suzuki, sempre che non sia turbata dal fatto che li lasci a lei». Inoltre spiega a che punto era arrivato nello svolgimento del programma dei corsi di analisi matematica e di algebra lineare che stava tenendo all'università, e conclude la nota scusandosi con i colleghi per gli inconvenienti che il suo atto avrebbe potuto causare.

Così una delle menti più brillanti e innovatrici del tempo poneva volontariamente fine alla propria vita. Aveva compiuto trentun anni solo cinque giorni prima.

Poche settimane dopo il suicidio di Taniyama, la tragedia si abbattè una seconda volta. Anche la sua fidanzata, Misako Suzuki, si tolse la vita. A quanto si racconta, lasciò un biglietto che diceva: «Ci promettemmo a vicenda che, ovun-que fossimo andati, non ci saremmo mai separati. Ora che se n'è andato, devo farlo anch'io, così da potermi ricongiungere a lui».

Filosofia della bontà

Nel corso della sua breve carriera Taniyama contribuì alla matematica con molte idee radicali. I quesiti che aveva distribuito al convegno contenevano la sua più grande intuizione, ma essa era così in anticipo sui tempi che egli non sarebbe vissuto abbastanza per vedere l'enorme influenza che ebbe sulla teoria dei numeri. La sua creatività intellettuale era destinata a essere amaramente rimpianta, insieme al suo ruolo di guida nell'ambito della comunità dei giovani scienziati giapponesi. Shimura ha un chiaro ricordo dell'influenza di Taniyama: «Era sempre gentile con i colleghi, soprattutto con quelli più giovani, e si occupava in modo sincero del loro benessere. Era il sostegno morale per molti di quelli che entravano in contatto con lui nell'ambito della matematica, me compreso naturalmente. Probabilmente non fu mai conscio di questo suo ruolo. Ma io mi rendo conto della sua nobile generosità da questo punto di vista oggi più di quando lui era vivo. Eppure nessuno fu in grado di dargli aiuto quando ne aveva un disperato bisogno. Riflettendo su questo, mi sento sopraffare dalla più profonda angoscia».

Dopo la morte di Taniyama, Shimura concentrò i suoi sforzi sulla comprensione dell'esatta relazione fra equazioni ellittiche e forme modulari. Mentre gli anni passavano egli si sforzò di raccogliere maggiori prove e qualche supporto logico alla teoria. Poco alla volta Shimura si convinse sempre più che ogni singola equazione ellittica doveva essere correlata a una forma modulare. Altri matematici erano ancora perplessi, e Shimura ricorda una conversazione con un eminente collega. «A quanto sento,» lo interrogò il professore «lei propone che alcune equazioni ellittiche possono essere legate a forme modulari.» «No, lei non ha capito» rispose Shimura. «Non si tratta solo di qualche equazione ellittica, ma di tutte le equazioni ellittiche!»

Shimura non fu in grado di dimostrare che era effettivamente così, ma ogni volta che la verificava, l'ipotesi sembrava essere confermata, e in ogni caso sembrava accordarsi alla sua concezione filosofica della matematica. «Ho questa filosofia della bontà. La matematica dovrebbe avere un contenuto di bontà. Così, nel caso delle equazioni ellittiche, si potrebbe definire l'equazione buona se è parametrizzata da una forma modulare. Mi aspetto che tutte le equazioni ellittiche siano buone. È una filosofia piuttosto grossolana ma la si può comunque prendere come punto di partenza. Naturalmente poi dovevo elaborare varie ragioni tecniche che giustificassero la congettura. Potrei dire che la congettura traeva origine dalla filosofia della bontà. La gran parte dei matematici ha un punto di vista estetico su cui basarsi, e dal mio punto di vista estetico discende la filosofia della bontà.»

Alla fine, grazie al cumulo di prove raccolte da Shimura, la sua teoria delle equazioni ellittiche e delle forme modulari fu accettata in un ambito più vasto. Egli non poteva dimostrare al resto del mondo che era vera, ma per lo meno adesso non era più soltanto un'illusione. C'erano prove sufficienti per renderla degna del titolo di congettura. Da principio fu chiamata congettura di Taniyama-Shimura in onore dell'uomo che l'aveva ispirata e del suo collega che l'aveva sviluppata pienamente.

Più tardi Andre Weil, uno dei padri della teoria dei numeri del ventesimo secolo, avrebbe adottato la congettura e l'avrebbe fatta conoscere in Occidente. Weil studiò l'idea di Shimura e Taniyama e trovò prove ancora più solide in suo favore. Di conseguenza spesso si fa riferimento all'ipotesi come congettura di Taniyama-Shimura-Weil, talvolta come congettura di Taniyama-Weil, e in qualche occasione come congettura di Weil. In effetti ci sono stati numerosi dibattiti e controversie sul nome ufficiale da attribuire alla congettura. Per chi fosse interessato al calcolo combinatorio, ci sono quindici permutazioni possibili dei tre nomi coinvolti, ed è molto probabile che nel corso degli anni ognuna di esse sia apparsa su qualche pubblicazione. Io tuttavia farò riferimento alla congettura usando il suo nome originale, congettura di Taniyama-Shimura.

Il professor John Coates, che fu la guida di Andrew Wi-les quando questi era studente, era egli stesso uno studente quando la congettura di Taniyama-Shimura divenne un argomento di discussione in Occidente. «Cominciai a svolgere attività di ricerca nel 1966, quando la congettura di Taniya-ma e Shimura stava diventando nota in tutto il mondo. Tutti ne erano affascinati e cominciarono a considerare l'eventualità che ogni equazione ellittica potesse essere modulare. Fu un periodo tremendamente eccitante; il solo problema era dato dal fatto che ovviamente era molto arduo compiere progressi. Penso sia giusto dire che, per quanto quell'idea fosse stupenda, in realtà sembrava molto difficile dimostrarla, e che era proprio questo a costituire il principale interesse per noi matematici.»

Nei tardi anni Sessanta torme di matematici verificaro-no ripetutamente la congettura di Taniyama-Shimura. Partendo da un'equazione ellittica e dalla sua E-serie, cercavano una forma modulare che avesse una M-serie identica. Di fatto, in ogni singolo caso l'equazione ellittica aveva una forma modulare associata. Benché ciò costituisse una buona prova a favore della congettura, non era affatto una dimostrazione. I matematici sospettavano che l'ipotesi fosse vera, ma finché qualcuno non fosse riuscito a trovare una dimostrazione logica, essa sarebbe rimasta semplicemente una congettura.

Barry Mazur, un professore della Harvard University, fu testimone dell'ascesa della congettura di Taniyama-Shimura. «Era un'ottima congettura - la supposizione che ogni equazione ellittica sia associata a una forma modulare - ma all'inizio venne ignorata perché era così in anticipo sul suo tempo. Quando fu proposta per la prima volta non ci se ne occupò perché era così stupefacente. Da una parte abbiamo il mondo ellittico, e dall'altra il mondo modulare. Entrambi questi rami della matematica erano stati studiati a fondo ma separatamente. Probabilmente i matematici che studiavano le equazioni ellittiche non erano molto pratici delle entità modulari e viceversa. Poi arriva la congettura di Taniyama-Shimura, cioè l'ipotesi grandiosa che esista un ponte fra questi due mondi completamente differenti. I matematici adorano costruire ponti.»

Il valore di questi ponti matematici è enorme. Essi permettono a matematici che vivono su isole separate di scambiarsi idee e di esaminare gli uni le creazioni degli altri. La matematica consiste di isole di conoscenza in un mare di ignoranza. Ad esempio, c'è un'isola abitata dagli esperti di geometria che studiano sagome e forme, e poi c'è l'isola della probabilità dove i matematici discutono di rischio e caso. Esistono dozzine di queste isole, ognuna con un suo linguaggio specifico, incomprensibile agli abitanti delle altre isole. Il linguaggio della geometria è molto diverso da quello della probabilità, e il gergo del calcolo infinitesimale non ha significato per coloro che si occupano solo di statistica.

La grande potenzialità della congettura di Taniyama-Shimura consisteva nel fatto che avrebbe collegato due isole e permesso per la prima volta una comunicazione fra di esse. Barry Mazur considera la congettura di Taniyama-Shi-mura uno strumento di traduzione simile alla stele di Rosetta, l'antica tavoletta su cui è incisa un'iscrizione in egizio demotico, in greco e in caratteri geroglifici. Poiché gli archeologi comprendevano già il demotico e il greco, la tavoletta permise loro di decifrare la scrittura geroglifica per la prima volta. «È come se tu conoscessi una lingua e questa stele di Rosetta sia destinata a fornirti una comprensione approfondita dell'altra lingua», dice Mazur. «Ma la congettura di Taniyama-Shimura è una stele di Rosetta che possiede un certo potere magico. La congettura ha una caratteristica molto piacevole: semplici intuizioni nel mondo modulare si traducono in profonde verità nel mondo ellittico, e viceversa. Quel che più conta, problemi molto profondi nel mondo ellittico possono essere risolti traducendoli attraverso questa stele di Rosetta nel mondo modulare, e facendoci scoprire di avere nel mondo modulare le conoscenze e gli strumenti per trattare il problema che è stato tradotto, laddove nel mondo ellittico ci saremmo trovati in difficoltà.»

Se la congettura di Taniyama-Shimura si fosse dimostrata vera, avrebbe permesso ai matematici di affrontare problemi riguardanti le equazioni ellittiche che erano rimasti insoluti per secoli, accostandosi a essi attraverso il mondo modulare. La speranza era che fosse possibile unificare i campi delle equazioni ellittiche e delle forme modulari. Inoltre, la congettura alimentava la speranza che potessero esistere connessioni fra vari altri oggetti matematici.

Negli anni Sessanta, all'Istitute for Advanced Study di Princeton Robert Langlands fu colpito dalla potenza della congettura di Taniyama-Shimura. Anche se non era stata dimostrata, Langlands riteneva che la congettura rappresentasse soltanto un elemento di uno schema di unificazione molto più generale. Egli aveva fiducia nell'esistenza di nessi fra tutti i principali campi della matematica, e si mise a ricercare tali unificazioni. In pochi anni cominciò a emergere un certo numero di connessioni. Tutte queste congetture di unificazione erano molto più deboli e teoriche di quella di Taniyama-Shimura, ma formavano una rete intricata di connessioni ipotetiche fra molte aree della matematica. Il sogno di Langlands era di vedere queste congetture dimostrate una per una, conducendo quindi a una grande matematica unificata.

Langlands espose il suo progetto per il futuro e tentò di convincere altri matematici a partecipare a quello che divenne noto come il programma Langlands, uno sforzo congiunto volto a dimostrare le sue innumerevoli congetture. In apparenza non esisteva alcun metodo ovvio per dimostrare queste connessioni teoriche, ma se il sogno si fosse fatto realtà la ricompensa sarebbe stata enorme. Qualsiasi problema insolubile in una certa area avrebbe potuto essere trasformato in un problema analogo in un'altra area, dove sarebbe stato possibile applicarvi un intero arsenale di nuove tecniche. Se la soluzione fosse sfuggita ancora, il problema poteva essere di nuovo trasformato e trasportato in un'altra area della matematica, e così via finché non fosse stato risolto. Un giorno, secondo il programma Langlands, i matematici sarebbero stati in grado di risolvere i problemi più astnisi e spinosi spostandoli da un luogo all'altro nel paesaggio matematico.

Ma ci sarebbero state implicazioni importanti anche per le scienze applicate e per l'ingegneria. Sia che si tratti di costruire un modello delle interazioni fra quark che collidono o di scoprire il modo più efficiente di organizzare una rete di telecomunicazioni, spesso la chiave del problema consiste nell'esecuzione di un calcolo matematico. In alcuni campi della scienza e della tecnologia la complessità dei calcoli è immensa, al punto da costituire un grave intralcio per i progressi nella materia in oggetto. Se solo i matematici fossero riusciti a dimostrare la fondatezza delle congetture sulle connessioni del programma Langlands, allora si sarebbero trovate scorciatoie per la risoluzione tanto di problemi pratici quanto di quelli astratti.

Negli anni Settanta il programma Langlands era diventato un progetto per il futuro della matematica, ma questa strada per il paradiso dei risolutori di problemi era bloccata per il semplice fatto che nessuno aveva la minima idea di come dimostrare una sola delle congetture di Langlands. La congettura più fondata era ancora quella di Taniyama-Shimura e tuttavia nessuno aveva idea di come dimostrarla. Una dimostrazione della congettura di Taniyama-Shimura avrebbe rappresentato il primo passo nel programma Langlands, e come tale era diventata una delle prede più ambite nella moderna teoria dei numeri.

Nonostante il suo stato di ipotesi non dimostrata, la congettura di Taniyama-Shimura era ancora citata in centinaia di saggi di ricerca matematica in cui si studiava che cosa sarebbe successo se essa fosse stata dimostrata. I saggi cominciavano con l'enunciazione di un chiaro avvertimento: «Supponendo che la congettura di Taniyama-Shimura sia vera...», e poi continuavano abbozzando una soluzione per qualche problema irrisolto. Naturalmente anche questi risultati potevano essere solo ipotetici, dato che si basavano sull'ipotesi che fosse vera la congettura di Taniyama-Shimura. I nuovi risultati ipotetici erano a loro volta incorporati in altri risultati finché non ci fu un'enorme quantità di matematica che si basava sulla verità della congettura di Taniyama-Shimura. Questa sola congettura era la base su cui si fondava una nuova architettura matematica completa, ma ^finché non la si fosse potuta dimostrare, l'intera struttura era vulnerabile.

, A quel tempo Andrew Wiles era un giovane ricercatore dell'Università di Cambridge, ed egli ricorda il senso di trepidazione che affliggeva la comunità matematica negli anni Settanta: «Costruivamo sempre più congetture che si estendevano sempre più lontano nel futuro, ma si sarebbero rivelate tutte assurde se la congettura di Taniyama-Shimura non fosse stata vera. Così dovevamo dimostrare la Taniyama-Shimura per poter mostrare che tutto questo progetto che avevamo fiduciosamente tracciato per il futuro era corretto».

I matematici avevano costruito un fragile castello di carte. Essi sognavano che un giorno qualcuno avrebbe dato alla loro architettura le solide fondamenta di cui aveva bisogno. Ma vivevano anche con l'incubo che un giorno qualcuno potesse dimostrare che di fatto Taniyama e Shimura si erano sbagliati, facendo crollare al suolo due decenni di ricerche.

(Tratto da "L'ultimo teorema di Fermat" di Simon Singh - 1999 BUR Saggi)