OSSERVATORIO LETTERARIO

 

*** Ferrara e l'Altrove ***

 

ANNO VII – NN. 31/32    MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2003     FERRARA

 

 

_____________ Profilo d'Autore ___________

- A cura di M. T. T. -

 

Un nostro corrispondente ungherese

 

FERENC SZÉNÁSI

 

Č UNO DEGLI   UNGHERESI PREMIATI PER LA DIVULGAZIONE DELLA CULTURA ITALIANA

 

 In occasione della serie di manifestazioni culturali intitolata «La Settimana della Lingua Italiana nel Mondo», organizzata la seconda volta in Ungheria, sono stati premiati personaggi per la loro attivitŕ svolta nel divulgare la cultura italiana.  László Kocsi, il segretario politico del  Ministero della Cultura ha ricevuto La Grande Croce di Cavaliere della Repubblica d'Italia, il professor Imre Madarász ha ricevuto La Croce di Cavaliere della Repubblica d'Italia.

   Il Presidente della Repubblica Italiana ha inoltre concesso l'onore della Croce  Stellata di Cavaliere dell'Ordine della Stella della solidarietŕ italiana al ns. corrispondente ungherese, professor Ferenc Szénási per il suo pluridecennale operato di traduttore letterario, redattore, insegnante e saggista. Lo stesso riconoscimento hanno ricevuto Gizella Mogyorósi, Vilmos Tátrai, Béla Szomkáry. Il riconoscimento č stato consegnato il 14 ottobre 2002 dall'Ambasciatore italiano in Ungheria.

  Tutte queste persone sono state premiate per la  loro assidua attivitŕ di divulgazione della cultura italiana in Ungheria tramite il loro lavoro di scrittore, traduttore, redattore ed editore. La Radio Ungherese Online (Magyar Rádió Online) nel giorno successivo, il 15 ottobre alle ore 15,15 ha anche intervistato il nostro corrispondente Ferenc Szénási.

   Ferenc Szénási alla domanda del reporter ha risposto citando la motivazione  che il sopraccitato riconoscimento gli č stato assegnato per le sue traduzioni, per il suo lavoro d'insegnamento e per la sua attivitŕ saggistica.

   Il professor Szénási parla non solo la sua madrelingua e l'italiano ma ha anche una certa conoscenza dell'inglese, francese e spagnolo. L'italiano cominciň a studiarlo alla Scuola Superiore, poi continuň all'Universitŕ.

   Alla domanda del reporter della Radio Ungherese  quali scrittori italiani abbia tradotto in ungherese, il professore cita in primo luogo e molto volentieri il nome di Italo Calvino le cui sue traduzioni ama di piů. Di lui ha anche scritto una monografia. Rivela agli ascoltatori della radio che in Ungheria, 10 anni dopo la sua morte sono state pubblicate poche opere di Calvino. Ferenc Szénási č particolarmente contento che con le sue traduzioni sia riuscito a far conoscere l'ultimo periodo d'attivitŕ dello scrittore al pubblico ungherese. E grazie a lui egli ha introdotto una novitŕ nella pubblicazione in Ungheria: nei volumi editi sono riportate i testi in bilingue: sulla pagina sinistra col testo originale e di fronte quello in ungherese. Il libro č redatto in tal modo che  quasi riga dopo riga si possono confrontare i due testi. Cosě coloro che studiano o conoscono l'italiano possono leggere l'opera in lingua originale, mentre coloro che non lo sanno ma vogliono conoscere l'opera dello scrittore italiano possono farlo con la traduzione ungherese. Quindi il professore raccomanda la lettura a tutti gli interessati lettori indifferentemente della loro conoscenza della lingua italiana. Questa collana di bilingue č nata con lo scopo di rimediare una mancanza e presentare grandi scrittori italiani  in Ungheria.

   Attualmente Ferenc Szénási č impegnato di un grande lavoro che non si tratta stavolta di traduzione: sta scrivendo la Storia della Letteratura Italiana del Novecento e sta preparando ad essa un'antologia di analisi delle opere. Ora riportiamo un brano d'assaggio bilingue dal volume intitolato «Palomar» di Calvino, opera tradotta proprio dal professor Szénási (Editrice Noran, Budapest, 1999):

 

Italo Calvino

PALOMAR

 

PALOMAR IN GIARDINO

Gli amori delle tartarughe

 

Ci sono due tartarughe nel patio: maschio e femmina. Slack! Slack! I gusci sbattono uno sull'altro. Č  la stagione degli amori. Il signor Palomar, non visto, spia.

Il maschio spinge la femmina di fianco, torno torno al rialzo del marciapiede. La femmina sembra resista all'attacco, o almeno oppone un'immobilitŕ un po' inerte. Il maschio č piů piccolo e attivo; si direbbe piů giovane. Prova ripetutamente a montarla, da dietro, ma il dorso del guscio di lei č in salita e lui scivola.

Ora dovrebbe essere riuscito a mettersi nella posizione giusta: spinge a colpi ritmici, pausati; a ogni colpo emette un ansito, quasi un grido. La femmina sta con le zampe anteriori appiattite sul terreno, il che la porta a sollevare la parte di dietro. Il maschio annaspa con le zampe anteriori sul guscio di lei, tendendo il collo in avanti, sporgendosi a bocca aperta. Il problema con questi gusci č che non c'č modo d'afferrarsi, e del resto le zampe non fanno nessuna presa.

Ora lei gli sfugge, lui la rincorre. Non che lei sia piů veloce né molto decisa a scappare: lui per trattenerla le dŕ dei piccoli morsi a una zampa, sempre la stessa. Lei non si ribella. Il maschio, ogni volta che lei si ferma, tenta di montarla, ma lei fa un piccolo passo avanti e lui scivola e batte il membro per terra. Č un membro abbastanza lungo, fatto a gancio, con cui si direbbe lui riesca a raggiungerla anche se lo spessore dei gusci e la positura malmessa li separano. Cosě non si puň dire quanti di questi assalti vadano a buon fine, quanti falliscono, quanti siano solo gioco, teatro.

Č estate, il patio č spoglio,  tranne un gelsomino verde in un angolo. Il corteggiamento consiste nel fare tante volte il giro del praticello, con inseguimenti e fughe e schermaglie non delle zampe ma dei gusci, che cozzano con un ticchettio sordo. Č tra i fusti del gelsomino  che la femmina cerca d'intrufolarsi; crede - o vuol far credere - che lo fa restare  bloccata  dal  maschio,  immobilizzata  senza scampo. Ora č probabile che lui sia riuscito a introdurre il membro come si deve; ma stavolta stanno tutti e due fermi fermi, silenziosi. […]

 

 

 

PALOMAR A KERTBEN

A teknőcök szerelme

 

Két teknősbéke él a kisudvarban, egy hím és egy nőstény. Kopp, kopp. Páncéljuk összekoccan. Beköszötött a szerelem évada. Palomar úr a háttérből lesi őket.

A hím körbe-körbe tuszkolja a nőstényt a járdaszegély mentén. A nőstény látszólag ellenáll a támadásnak, de legalábbis lomha tétlenséggel nehezíti. A hóm kisebb és serényebb, s fiatalabbnak is látszik.  Újra meg újra megpróbál a nőstényre hátulról felhágni, a páncél  azonban meredek, s ő mindig visszacsúszik.

Most talán sikerült a kellő testhelyzetet megtalálnia, mert szunetekkel tagolt, ritmikus mozgásba kezd, s minden mozdulatra felnyög, majdhogynem felkiált. A nőstény ráhasal mellső lábaira, fara ezáltal megemelkedik. A hím mellső lábaival a nőstény páncéljára tapicskol, s tátott szájjal nyújtogatja nyakát.  Az a baj, hogy az efféle páncélba nem lehet belekapaszkodni, meg aztán a teknőclábak sem képesek fogásra.

A nőstény most elszabadul, a hím pedig űzőbe veszi. Nem mondhatni, hogy a nőstény gyorsabb, vagy hogy elszántan menekül a hím mindenesetre a lábát harapdálva igyekszik visszatartani; ugyanazt a lábát harapja mindig.  A nőstény nem tiltakozik, valahányszor megáll, a hím pegpróbál  ráhágni, ő azonban előre lép egyet, a hím pedig lecsúszik, és a földbe üti vesszejét. Meglehetősen hosszú a vesszeje, és kampóban végződik, talán akkor is eléri vele párját, hogyha a vastag páncél és a nem tökéletes testhelyzet távol tartja tőle. Vagyis nem lehet tudni, hány roham végződik sikerrel, hány fullad kudarcba, s mennyi közülük a játék, a mímelés.

Nyár van, a kisudvar kopár, csak egy jázminbokor zöldell a sarokban. Az udvarlás abból áll, hogy jó néhányszor körbejárják a kis gyepágyat, ez egyik menekül, a másik üldözi, többször is megvívnak, ha nem kézzel, hát teknőpáncéllal, mely tompa koccanással ütődik egymásnak. A nőstény épp a jázminszálak közé igyekszik bebújni; azt hiszi - vagy azt próbálja elhiteteni -, hogy a rejtőzés szándékával  teszi, holott a hím így tudja legbiztosabban elkapni, hisz elzárja maga elől a menekülés útját. A hímnek már alighanem sikerült is a vesszejével a kellő helyre betalálnia, ám most egyikük se moccan, csöndben kuporognak. […]

 

 

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