OSSERVATORIO
*** Ferrara e l'Altrove ***
ANNO VII – NN. 31/32 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2003 FERRARA
EDITORIALE
Carissimi
Lettori,
dopo che Vi ho dato un saluto caloroso di
auguri natalizi e di buon anno nuovo con la speranza della pace, eccoci di
nuovo al nostro consueto appuntamento. Mentre sto scrivendo queste righe siamo ancora
in pieno inverno, alla metà di
febbraio col cuore pesante e con l'anima piena d'angoscia a causa della
minaccia di una guerra e non si sa che cosa, quale irrimediabile tragedia ci
porterà la primavera.
Una cosa è purtroppo certa: gli
uomini sono riscaldati dall'odio e non dalla fiamma dell'amore.
Perché la guerra? «C'è un modo
per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?» ha già chiesto Einstein nel 1932 nella sua lettera
indirizzata a S. Freud. Nel loro famoso scambio epistolare nel 1932 tra A.
Einstein e S. Freud viene affrontato il problema della guerra e delle ragioni
che possono spiegare negli uomini questa tendenza alla violenza e alla
distruzione. Nel cercare di rispondere a questo drammatico interrogativo, Freud
si richiama alla violenza e ai conflitti di potere che sono la base della
stessa evoluzione della società, e individua nell'uomo la presenza di una
pulsione distruttiva, «Thánatos», – accanto alla pulsione sessuale, «Eros» –
che, nonostante tutti gli sforzi impiegati dalla cultura e dall'educazione
sarebbe un'illusione sperare di sopprimere definitivamente…
Perché il presidente Usa vuole a
tutti i costi la guerra ed è pronto ad attaccare l'Iraq anche senza il sostegno
delle Nazioni Unite? Il direttore della rivista di geopolitica «Limes», Lucio
Caracciolo così spiega i motivi di tanta determinazione:
«Perché Bush fa la guerra a Saddam? Per almeno cinque ragioni. Proviamo
ad esaminarle.
Primo: l'America si è convinta dopo l'11 settembre che l'attuale Medio
Oriente è pericoloso per la sua sicurezza. Vuole disegnarne uno radicalmente
nuovo. Esso deve basarsi su regimi veramente amici, dunque più o meno
democratici e filo-occidentali anche nelle istituzioni, non solo per
opportunismo (vedi arabi sauditi). L'Iraq del dopo Saddam è l'esperimento
iniziale, poi dovrebbero seguire tutti gli altri, a cominciare dall'Iran. Si
spera in un effetto domino che non costringa gli Usa a nuove guerre, ma non si
può nemmeno escluderle.
Secondo: Saddam è l'arcinemico degli Usa nell'area e molti americani
sono davvero convinti che un giorno o l'altro possa far loro una tremenda sorpresa,
colpendo o facendo colpire l'America con armi di distruzione di massa. In ogni
caso, eliminandolo, Bush lancia un avvertimento a tutti gli altri possibili
emuli.
Terzo: controllando i pozzi iracheni gli Usa conquistano una posizione centrale
nella geopolitica energetica mondiale. Non solo in termini quantitativi –
l'Iraq è il secondo produttore mondiale di petrolio per riserve accertate – ma
anche in termini strategici. Attraverso l'Iraq (e il Kuwait) gli Usa
controlleranno tutto il Golfo. Allo stesso tempo, la dipendenza energetica
americana dall'Arabia Saudita (attorno al 15% del fabbisogno Usa viene da lì)
sarà ridotta dall'accesso al petrolio iracheno. Così come gli americani saranno
più tranquilli circa le fluttuazioni del prezzo del greggio. Infatti Riad è
contraria alla guerra proprio perché vede minacciata la sua posizione primaria
nella geopolitica energetica mondiale. Parallelamente – vedi punto uno – gli
Usa possono così porre le premesse per un cambiamento del regime saudita in
senso a loro favorevole.
Quarto: gli americani affermano così il principio della difesa
preventiva. In parole povere, come disse Rumsfeld all'inizio della guerra al
terrorismo, in questo nuovo scenario non sono le alleanze a determinare le
missioni ma le missioni a determinare le alleanze. E siccome non v'è dubbio che
siano gli Usa a determinare le missioni – le guerre – ciò equivale a teorizzare
il diritto americano a fare da sé. Colpendo anche senza il consenso degli
alleati (formali), in base a quelli che sono i propri interessi e le proprie
percezioni della minaccia. Naturalmente la formula è troppo assoluta per non
piegarsi poi alla realtà. Infatti, in cambio di questa deregulation gli
Usa sono costretti a pagare agli occasionali alleati qualche prezzo (vedi mano
libera per "guerre preventive" altrui).
La Storia non ci stava insegnando
niente, il mondo sta andando avanti sordo e cieco come sempre? Guerra… Perché?… Perché nel
cuore, nell'anima dell'uomo c'è l'odio invece dell'amore per il prossimo e c'è
la sete di vendetta … Younis Tawfik — che è nato a Ninive in Iraq e vive da vent'anni a Torino, dove svolge
attività di giornalista collaborando con alcune testate mediorientali e insegna
lingua e letteratura araba presso l'Università popolare di Torino; si dedica
molto alla divulgazione della cultura araba, specie nei suoi scritti, tra i più
recenti il suo romanzo La Straniera (Bompiani ) e la raccolta di poesia «Nella
mani la luna» (Ananke Edizioni) — così parla: la vera identità islamica: «è quella della versatilità,
dell'abbat-timento di tutti i muri, di tutti i pregiudizi, della fratellanza a
tutti i costi, perché l'Islam abbraccia più popoli, creando dei contatti di
fratellanza all'interno della comunità. Per cui sono gli stessi valori
dell'Islam a creare una fede di pace, di comprensione e di dialogo con l'altro.
Ma tutto questo è stato messo in discussione da qualche fanatico che ha ridotto
l'Islam a una religione di violenza.» Allora, perché il terrorismo, perché la
guerra, perché l'inimicizia mortale? E potremmo elencare ancora le domande.
So soltanto una cosa: non
desideriamo nessun male a chi vogliamo bene. Chi ha l'amore nel suo cuore,
nella sua anima, non vuole fare male agli altri. Ma chi coltiva soltanto
l'odio, rancore non può estenersi
dal far male al prossimo… È questo che succede in tutto il mondo: gli uomini
sono impazziti, hanno perso la ragione, agiscono ognuno secondo una propria
legge individuale infischiandosene del resto! I nobili sentimenti vengono
sopraffatti dalla cattiveria, dalla crudeltà praticando la teoria «occhio per
occhio, dente per dente»…
Stiamo camminando
verso la Pasqua, e nei giorni che la precedono è più che attuale guardarci
dentro e farci l'esame di coscienza…
Per il 5 marzo è stata proclamata una giornata di preghiera e di digiuno per la pace,
specialmente nel Medio Oriente. Giovanni Paolo II, nell'Angelus domenicale del
23 febbraio scorso, ha esortato tutti i cattolici a dedicare «con particolare
intensità» il mercoledì delle Ceneri alla causa della pace ed ha invocato «la
conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste per risolvere
con mezzi adeguati e pacifici le contese».
«Noi cristiani in particolare siamo chiamati a essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi
in cui viviamo e lavoriamo — ha detto il Santo Padre — Ci è chiesto di vigilare
affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo, della menzogna e
della violenza».
«Da mesi la
comunità internazionale vive in grande apprensione per il pericolo di una guerra che potrebbe
turbare l'intera regione del Medio Oriente e aggravare le tensioni purtroppo
già presenti in questo inizio del terzo millennio», ha esordito il Papa davanti
ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. «È doveroso per i credenti, a qualunque
religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro
gli altri — ha proseguito — mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato
dal terrorismo e dalla logica della guerra».
Nel proclamare la giornata di preghiera e di digiuno per la pace, il Pontefice ha detto: «In ogni
santuario mariano si leverà verso il cielo un'ardente preghiera della pace con
la recita del Santo Rosario. Confido che anche nelle parrocchie e nelle
famiglie venga recitata la Corona per questa grande causa da cui dipende il
bene di tutti». E «a tale corale invocazione si accompagnerà il digiuno,
espressione di penitenza per l'odio e la violenza che inquinano i rapporti
umani». I cristiani, ha ricordato il Santo Padre, «condividono l'antica pratica
del digiuno con tanti fedeli e sorelle di altre religioni, che con essa intendono
spogliarsi di ogni superbia e disporsi a ricevere da Dio i doni più grandi e
necessari, tra i quali in particolare quello della pace»…
Adesso torniamo a
noi anche se con l'angoscia della guerra è difficile guardare avanti e pensare
altre cose…
Il 21 marzo sarà la «Giornata Mondiale della Poesia» promossa dall'Unesco, mentre in Ungheria l'11 aprile prossimo, nel
giorno della nascita del poeta Attila József la «Giornata della Poesia Ungherese» ed in tutti i
due paesi vi saranno varie manifestazioni letterarie e culturali. Ad esempio — rimanendo in Italia — Anche in Italia — grazie
all'impegno di vari operatori culturali, associazioni, gruppi, riviste,
ecc. — il 21 marzo
la poesia incontrerà i lettori fuori dagli «spazi tradizionali»: invadendo pacificamente mercati e
supermercati, entrerà
nelle stazioni, nelle fabbriche e negli uffici, nei bar... Ogni luogo sarà il luogo ideale per
una lettura, una distribuzione di versi, per un qualunque evento, piccolo o grande che sia, capace di ricordare e testimoniare che
la poesia è
innanzitutto formidabile strumento di dialogo tra popoli e culture, e quindi veicolo di pace, lingua del
confronto…
Come noterete,
abbiamo inserito anche una nuova rubrica col titolo «Arcobaleno» riservato agli
immigrati stranieri viventi in Italia, provenienti da ovunque.
Col cuore in
gola Vi auguro Buona Pasqua sperando di aver superato i venti di guerra nel
modo migliore, per vivere
finalmente in una vera pace senza tutte quelle minacce che possono compromettere
la vita di tutta l'umanità!
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