NOSTRI PARENTI ETRUSCHI?

- Per una piccola riflessione linguistica e storica - 

 

Anteprima del fascicolo NN. 35-36 2003/2004

(In ungherese/magyarul)

 

[L'articolo è una elaborazione in lingua italiana,  non necessariamente la traduzione esatta dell'originale.]

 

 

   Sembra che quest'anno sia quello delle sorprese - qualche mese fa in qualche argomento ho a proposito scritto un articolo col titolo «Sorpresa» , sottintendendo sia quelle cattive che quelle buone. Una cosa era certa: non ho avuto noia neanche per un minuto…

    Prima di entrare dalle ferie ho avuto un'altra sorpresa grazie alla rubrica «Linguistica e critica letteraria» del catalogo intitolato «Le edizioni del Mulino» che la casa editrice da anni mi invia regolarmente: dovrà uscire in questo mese (N.d.R. settembre) il libro del professore Mario Alinei, intitolato «Etrusco - Una forma arcaica di ungherese» il quale sicuramente farà vibrare i nervi dei glottologi ugro-finnici come è successo a me docente di  Ungherese e di Storia che è cresciuta e diventata tale secondo le tradizioni dell’ eredità ungro-finnica. Le notizie sul libro in attesa d'uscita erano le seguenti  [Le Edizioni del Mulino, Bologna - Primavera/Estate 2003  (dalla p. 16)]:

 

 

«Mario Alinei

Etrusco: Una forma arcaica di ungherese

Il Mulino/Ricerca, pp. 482, € 34,00

 

L'autore intende mostrare la parentela dell'etrusco con l'ungherese, sulla base della Teoria della Continuità elaborata nel suo studio sulle origini delle lingue europee. A fondamento della ricerca stanno le numerose somiglianze tra le due lingue, come quella fra i nomi delle magistrature etrusche e di quelle degli antichi magiari. Queste somiglianze  hanno permesso all'autore di confermare la maggioranza dei risultati raggiunti dalla migliore etruscologia, di migliorare la traduzione di testi già tradotti e di tradurre testi finora intraducibili o solo parzialmente tradotti. Il libro si conclude con una rilettura dei risultati raggiunti dagli studi sulla preistoria etrusca, e con una nuova ipotesi sulla data della «conquista» dell'Ungheria da parte degli antichi magiari.»

 

 

  La notizia non è nuova, anche perché voci simili si potevano sentire già secoli  fa - basta pensare accanto all'ipotesi della parentela linguistica etrusco-ungherese anche  altre teorie, come ad es. la parentela ungaro-sumera, ungaro-celtica, ungaro-giapponese, ma queste voci vennero dimenticate. Adesso sia all'estero che in Ungheria, in vari fori si discute sull'argomento, ma i rappresentanti dell'opinione ufficiale scientifica sono ancora muti. E la stessa situazione si trova anche in Italia: finora non c’è nessun tipo di reazione  né pro, né contro  a proposito delle righe della casa editrice Il Mulino, né dopo l'uscita dell'articolo di Repubblica riportato più avanti.

  Tra parentesi accenno che a proposito della parentela ungaro-giapponese ho ricordi infantili grazie ai racconti del mio nonno materno risalente alla sua prigionia durante la prima guerra mondiale: ci raccontò che dopo la liberazione americana lui assieme ai suoi compagni di prigionia  fu trasportato in Giappone e fino al momento del ritorno in patria ebbero occasione di avere contatti con la popolazione del Sol Levante e lì  sentirono accennare più volte in modo accentuato alla parentela ungherese-giapponese: «gli Ungheresi ed i Giapponesi sono popoli fratelli» e, gli Ungheresi proprio per questo motivo vennero accolti ed ospitati da loro particolarmente con una cordialità calorosa. Ho  anche recentemente scoperto tanti studi interessanti scritti dagli esperti etruscologi e con uno di loro  sono entrata anche in contatto. (Più tardi ritornerò a questo evento.)

 

   Eccitata dalla notizia  ho subito scritto alla casa editrice per chiedere una copia del volume al momento dell'uscita  per una recensione. Non ho ancora visto il libro, che forse uscirà in ritardo.

 

   Appena  arrivata alla nostra villetta del mare per le ferie  ho trovato un articolo di Cinzia Dal Maso  su «La Repubblica» dell'1 agosto 2003 di cui cito  qualche tratto:

 

«Ultimissima sugli etruschi
Sono cugini degli ungheresi


No, non è uno scherzo: un illustre glottologo ha speso 500 pagine per dimostrare che la lingua del popolo del mistero arriva dalle steppe. E così un libro che deve ancora uscire già divide gli studiosi. Professore, fuori le prove / di Cinzia Dal Maso

 

Gli Etruschi venuti dall’Ungheria? Sembra una favola, un gioco estivo per far credere a qualche toscano di avere origini magiare. E invece è la tesi sostenuta da un autorevole linguista italiano, Mario Alinei, professore emerito all’Università di Utrecht, nelle quasi 500 pagine del suo ultimo libro, in uscita per il Mulino ai primi di settembre.

Di questi tempi, gli appassionati lo sanno, la ricerca delle origini degli Etruschi sta tornando di moda. Popolo del mistero, si è sempre detto, malgrado gli addetti ai lavori ritengano più produttivo studiarne la storia piuttosto che ricercarne indimostrabili origini. Solo qualche settimana fa, con Il popolo che sconfisse la morte. Gli etruschi e la loro lingua (Bruno Mondadori, pp. 163, euro 18,50) Giovanni Semerano ci ha raccontato che l’etrusco sarebbe il frutto di un mix di lingue del Vicino Oriente antico: lingue semitiche. Ora Alinei ribalta tutto e dall’Asia ci porta in Europa orientale.

Il titolo del libro è già eloquente di per sé: Etrusco, una forma arcaica di Ungherese. Ma tutto diventa ancora più chiaro attraverso la «Teoria della Continuità» che Alinei ha elaborato già da qualche anno. Si parla di continuità linguistica, naturalmente. Dalla preistoria, addirittura dal Paleolitico, fino ai nostri giorni. Le grandi famiglie linguistiche del mondo non sarebbero il frutto di migrazioni di popoli degli ultimi millenni, ma di genti da sempre residenti in un determinato luogo…»

 

   L'etrusco, come l'ungherese è una lingua agglutinante che abbonda di suoni spiranti.

È straordinaria secondo il prof. Alinei l'affinità delle magistrature delle due lingue: nomi simili nelle due lingue. Il linguista ha tradotto testi etruschi, sia quelli già noti che quelli per noi ancora oscuri, usando come riferimento l’ungherese con risultato eccellente: l’esperimento sembra aver funzionato.

 

   Ho aspettato  la fine delle ferie  impaziente  di poter finalmente ritornare ed sprofondare nella giungla dei miei libri e nell'immenso spazio dell'internet  e fare le ricerche e così ampliare e approfondire i miei  studi in corso.

 

    È un mondo straordinario quello dell'internet se si riesce veramente ad utilizzarlo come strumento di lavoro. Per fortuna, io appartengo alle categorie che non riescono ad immaginare il lavoro senza  di esso. C’è soltanto da arrabbiarsi quando non si trovano le opere interessanti ed indispensabili per la preparazione degli studi perché in alcune discipline mancano ancora le archiviazioni digitali. Ma anche così ho avuto un caso fortunato di fronte alle tradizionali ricerche  bibliotecarie!…

Proprio così,  ho avuto delle straordinarie esperienze di letture e di notizie arrivate a me da varie fonti  ed ora ecco con un solo clic mi trovo davanti ad una enorme quantità di informazioni utili per togliere parzialmente la mia enorme sete di conoscenza. Sì, perché il tempo è un grande tiranno.

 

   Ecco qualche briciola che in un essere umano pensante diventa un chiodo fisso. Già da due decenni non riesco a togliermelo dalla testa, ma i «sissignori» dell'era politica d'allora non tolleravano la presenza delle persone che usavano la testa e che avevano opinioni diverse da quelle ufficialmente dettate dal regime…  Ma erano guai per chi si distingueva andando contro corrente!…

 

   Ed ecco le interessanti informazioni e i dati che ho trovato!… Ecco un po' di assaggio dalla corrispondenza di un mio compatriota ricercatore etruscologo – per ora  il suo nome rimanga segreto come lo stesso «popolo dei segreti»:

 

   «Grazie per il suo contatto. L'articolo da Lei segnalato l' abbiamo segnalato sulla nostra home page che si occupa della storia. Proprio adesso sto cercando di mettermi in contatto col professor Alinei, e proprio in questi giorni ho ricevuto il suo indirizzo da M…L…  [con consapevolezza non riporto il suo nominativo], mio amico glottologo e politologo che ha lavorato assieme a lui alla stessa università dell'Utrecht finché Alinei non ritornasse in Italia.

 

   Dunque, per quanto riguarda i motivi di Alinei non mi sorprendo: infine le origini indoeuropee e semite sembravano deboli. L'origine dalle steppe tramite i Magiari è  veramente fantastico, ma soltanto nel caso di non guardare al  bacino dei Carpazi come a un territorio della cultura preistorica dell'Europa. Qui passò ampiamente anche la cultura delle steppe, nel bacino dei Carpazi ben 29 volte tra 2200 a.C. e Béla IV [N.d.R. fino al 1270] .  A dire la verità, non riesco a capacitarmi che Alinei essendo occidentale si sia assunto un tale enorme rischio: ipotizzare la presenza dei Magiari in Etruria 2000 anni prima della conquista della patria  di Árpád - in quelle parti dovrebbe essere una colpa capitale da rogo, però pure da noi. Anche perché secondo la versione d'oggi prima di Árpád qui da noi non c'era presenza dei Magiari. Eppure ha ragione, e posso sostenerlo in questa sua teoria e pure egli lo potrà fare con me. Alinei segue la giusta traccia, ma non potrà rischiare  la "decapitazione" facendo diretto riferimento a noi, ma alle steppe. In fin dei conti  non può dire invece di noi che nel bacino dei Carpazi, dai tempi preistorici, sempre si parlò in ungherese e che anche Árpád poteva assimilarsi all'ambiente linguistico e culturale.

 

   Le invio volentieri una copia del primo volume dell' "Era antica magiara" per farle vedere di che cosa scrivo. Non nego, ci sono alcuni capitoli del libro difficilmente digeribili per gli occidentali. Alla luce di ciò si potrà decidere che sarà sufficiente esaminare soltanto il materiale riguardante agli etruschi oppure, più tardi, l'intero argomento.  I due volumi raccolgono 900 pagine.

 

   Nell'attesa le allego con affetto il "Prologo" in lingua  inglese…»

 

   L'etruscologo interessato - come egli mi ha detto - rappresenta in Ungheria una corrente propria e molto eccitante rispetto a quella  abituale d'oggi. Ciò nonostante non è da solo a sostenere la teoria che ci ritiene i discendenti dal popolo europeo preistorico rispetto alla continuità della storia paleolitica del bacino dei Carpazi. Ma, naturalmente egli considera però così antichi non solo noi magiari dal momento che intorno al 500 a.C. si notava una cultura (non civiltà!) europea uniforme. Se inoltre si pensa alla comune lingua c'è da riconoscere che Celti, Etruschi e noi magiari siamo discendenti ed eredi di un antico popolo di quella cultura.  Egli rileva che in Ungheria i ricercatori non intendono assolutamente occuparsi di storia del bacino dei Carpazi antecedente l'occupazione di Árpád. Il mio misterioso etruscologo giustamente pensa che la storia del nostro suolo natale —anche quella di oltre 40.000 anni or sono— sia nostra come lo è anche d'altri popoli d'Europa i quali indubbiamente pensano la stessa cosa nell'identica maniera. Dobbiamo perciò considerare questa storia come nostra e conse-guentemente apprezzarla anche. Noi non possiamo avere oggi contatti intellettuali ed emotivi con reperti paleolitici, neolitici, dell'età del bronzo giacché la materia non ci viene insegnata. Egli lavora proprio affinché noi si possa ugualmente apprezzare ciò in considerazione del protrarsi della nostra storia in Ungheria per qualche millennio. Il suo intento provocherà certamente polemiche, ma vale la pena affrontare questo rischio se il fine è il nascere nel nostro popolo di una sana consapevolezza alla cui formazione potrà contribuire la storia…

 

 Perciò dobbiamo considerare nostra e di conseguenza dobbiamo  anche apprezzarla. Oggi noi non possiamo avere contatti intellettuali ed emotivi con i reperti paleolitici, neolitici, dell'età del bronzo, perché questo non ci viene insegnato. Egli lavora proprio per quello che possiamo ugualmente apprezzare, considerando il protrarsi della nostra la storia per qualche millennio anche in Ungheria . È certo che la sua intenzione provocherà polemiche, ma  vale la pena affrontare questo rischio se il fine è la nascita di una  sana consapevolezza nel nostro popolo, la quale potrà essere  formata anche dalla storia…

 

    Infine ecco due bervi brani del libro promesso:

 

«......che anche all'epoca del primo cristianesimo la disciplina etrusca fosse viva eccome è testimoniato dal fatto che nel 408, quando i Goti occidentali [N.d.R.: Visigoti] cinsero Roma d'assedio, secondo testimonianze romane scritte gli indovini etruschi offrivano la loro assistenza¹. Nulla assolutamente fecero quindi gli etruschi contro il destino cui avevano conformato loro stessi. Si rassegnarono al fatto di poter iniziare una nuova vita entrando a far parte di un altro popolo. Gli etruschi perciò non si estinsero ma conformandosi ai latini, con spirito ormai latinizzato presero nuovamente in mano la guida della sorte della città nel mentre con loro, in vece loro, come popolo dal cervello lavato, riprogrammato, essi presero l'ardua via della costruzione del grande impero latino. L'intera loro cultura —oro tramite— continuò ormai a vivere ancora sotto il nome dei latini i quali a nulla senza di loro sarebbero giunti. I latini per gratitudine hanno dimenticato la loro parte più intelligente che dopo duemila anni essi dovevano essere riscoperti. La storia è conosciuta già dai tempi più antichi, perché lo stesso successe anche in Assiria. La storia precedente però è sconcertante, perché nella storia mondiale per la prima volta sentiamo di un popolo che da  esso stesso determina la sua età, e della rassegnazione della fine della sua vita programmata da esso stesso, anzi della propria estinzione volontaria. Ora di nuovo mi vengono in mente i pensieri oscuri di Gábor Pap scritti in sindrome Pilis. Sarebbe possibile che un popolo con una spiritualità elevata, con un'alta cultura, con una consapevolezza comune, come popolo esprimendo in ungherese la sua vita comune, come le fermate della vita di un uomo, la sorte del suo popolo venisse proiettata come una fermata celeste? Che fosse capace di estinguersi volontariamente da questo mondo dopo il raggiungimento dell'età  da esso stesso designata? Al tramonto della sua vita di popolo nei secoli III-II i colori erano stati veramente tetri ed erano stati tanti, troppi decessi? Forse per loro significava soltanto un trasferimento all'altra parte della collina tra le pietre più grezze, in cui c'era  l'impero dei morti. Secondo la loro credenza continuarono la loro vita terrestre in un altro mondo nella stessa comodità, come prima nella luce? Forse per questo non  fu tremendo ripresentarsi sotto un nuovo nome, si può considerarla una rinascita. Qualche pagina fa si parlava proprio di questo e mi sembrava come gli etruschi non fossero estinti soltanto, ma avessero cambiato abito, e la loro cultura l’avessero appoggiata sul grembo dei grezzi, però questi non sarebbero diventati migliori. Forse  è un pensiero di Cristo, magari una prefigurazione dell'età antica. Il loro sacrificio - sulle tracce dell'immaginazione profana -  secondo i segni non ha colpito il soggetto adatto, era inutile, perché questi diventando più intelligenti li derubarono e distrussero il Mondo che ancora oggi ne abbiamo le amare conseguenze. Vogliamo appena riordinare il caso dei nostri parenti etruschi perché dopo il sacrificio nessuno  vuole riconoscere la realtà di quei tempi.  Il quadro proiettato davanti a noi dai nostri etruschi probabilmente per lungo tempo non ci lascerà in pace, il breve tempo  del riconoscimento sicuramente non sarà sufficiente per la digestione e per la rielaborazione…»

 

¹ Kenediné Szántó Lívia: Az etruszkok nyomában [Sulle tracce degli Etruschi], Corvina, Budapest, 1977,  pp. 53-56.

 

 

  «…Nel giardino del museo di Bolsena il nome inciso circa tremila anni fa sulla pietra di Tinia, il dio della tempesta degli Etruschi, antenato di Giove e Zeus ci ha fatto commuovere in tal modo che  noi tutti  stavamo fermi e muti come se ci avessero preparati per un sacrificio. Offrire un sacrificio alla fede, alle tracce della mano di un popolo sparito nei tempi remoti. "L'hanno trovato qui a Bolsena?" "Sì." Sprofondandoci nei nostri pensieri ci arrampicavamo lentamente senza una parola sulla torre del palazzo. L'archeologo indicava la finestra. Nel sole il lago di Balsena splende. Colline ondeggianti, splendidi boschi – l'immagine suggestiva ci rende credibile che gli Etruschi sistemassero qua la dimora – Fanum Voltumnae – del loro dio più antico. "È probabile che il francese Bloch ed il professore Bizarri di Orvieto abbiano ragione? Forse dal Bolsena fino ad Orvieto tutto il territorio era un boschetto consacrato? L'altare di Tinia  lo fa soltanto supporre, ma non lo prova ¹"– dice Lívia Szántó. Può darsi, ma è certo  che ora siamo stati vicino. Volini è un luogo di forza  elementare e sacrale, degno della presenza di un Pantocratore [N.d.R.  pantocratore: che può tutto, onnipotente; fu l’appellativo di numerose divinità greche…] (Tinia nello stesso tempo è equivalente alla ittita Tesup, a Tesup di Tell-Halaf, a Teseba di Urartu².) Non escludo che Veii - la quale somiglia in modo fantastico a Pilis -  prima non avrebbe avuto  un ruolo simile, gli attacchi ostili dei Romani per decenni lo fanno intuire. Dopo Glastonbury anche qui, a Volsinii dovremo andare per poter  vedere dettagliatamente tutto quello che si dovrà vedere. Questo viene confermato dai dati remoti, nel IV. sec. d. C.  Costantino, l'imperatore romano  diede di nuovo il permesso per il raduno annuale degli Etruschi. Mi dica qualcuno finalmente - devo svegliarmi - come è possibile che un popolo considerato sterminato, assimilato, sparito a 400 anni  dopo la loro sepoltura fosse capace di esercitare una pressione sull'imperatore dell'impero mondiale romano e che il sovrano si lasciasse influenzare dalla pretesa per ripristinare il loro centro sacrale? Anzi, nel 408 non tanto tempo prima del saccheggio dei romani da parte dei Goti,  loro sacerdoti e sciamani offrivano il loro servizio di aruspicina analizzando i fegati.

   Il lungo silenzio, che poi era arrivato dopo quasi mille anni, venne interrotto. I giovani del Trecento portano nuovi  miracoli nell'Europa. Giorgio Vasari (1511-1574), l'autore della famosa opera cinquecentesca intitolata «I più insigni pittori, scultori ed architetti»  aveva datato l'inizio del Rinascimento, la rinascita dell'arte italiana dalla fine del Duecento  legando all'attività dei pittori fiorentini come Cimabue  (1240/50- dopo1302) e Giotto (1267-1337)³. Il paese da questo punto venne chiamato Toscana, arrivarono nuovi mecenati, poi nell'anima del Petrarca, Dante, Boccaccio e nella sbocciante spiritualità rinascimentale rivediamo i nostri parenti che esteriormente sono cambiati ed accompagnati dalla spiritualità irremovibile di Firenze; la nuova città mondiale etrusca ed il  secolare pulsante ambiente circostante fu opera  dello spirito. L'apertura della forza elementare  di nuovo  ha trasformato  il territorio morto in quello umano. Coloro che desideravano la luce, la purezza, la rinascita perché disgustati dall'era puzzolente dalle carni bruciate  dall’Inquisizione, sono riusciti finalmente a respirare un'aria fresca e con la forza della loro spiritualità hanno distrutto  l'istituzionale terrore cristiano. L'ho ha percepito anche l'Ungheria di re Mátyás (Mattia) Hunyadi ed   anche alle anime  magiare velocemente divulgava  le  idee e pensieri senza tempo, ma nello stesso tempo di nuovo  freschi.

   Proprio la Toscana, il mai deceduto proprietario  dell'eredità etrusca annuncia la guerra di libertà spirituale contro  i professori del buio millenario.

   Sì - è certo -, proprio la Toscana è l'erede spirituale e di sangue dell'Etruria la quale con la sua serena spiritualità ha infine unificato l'Italia…»*

 

¹ Kenediné Szántó Lívia: Az etruszkok nyomában [Sulle tracce degli Etruschi], Corvina, Budapest, 1977. pp. 109-110.

² Kenediné Szántó Lívia: Az etruszkok nyomában [Sulle tracce degli Etruschi], Corvina, Budapest, 1977.

   pp. 159. 

³ Rolf Toman (szerk.): Az itáliai reneszánsz [Il Rinascimento italiano], Kulturtrade Kiadó, Budapest, 1998. p. 5.

 

* Nota dell'Autore del testo citato:  «È un po'  enfatico ma forse non mi malediranno per questo, certamente il discernimento mi ha potuto far scrivere tutto questo

 

[Melinda Tamás-Tarr]

 

Temi riguardanti...

 

   Ed ecco, alla fine, negli ultimi giorni di settembre sono riuscita a procurare il tanto atteso volume  è ancora da leggere con attenzione che promette una lettura molto interessante:

 

 

Ecco i capitoli dei temi trattati:

 

 

I. Origini turcihce e ungheresi dei principali termini magistratuali etruschi.

II. L'etrusco come ungherese arcaico: lessico e toponomastica

III.  L'etrusco come ungherese arcaico: testi

IV. L'etrusco come ungherese arcaico nel quadro dell'etruscologia e dell'ugristica

V. Le origini carpato-danubiane degli Etruschi alla luce della ricerca archeologica e della Teoria della Continuità

VI. L'innesto della preistoria etrusca in quella dei Magiari, alla luce delle due Teorie della continuità, uralica ed europea

 

 

 

Giorn. Prof.ssa  Melinda Tamás-Tarr

OSSERVATORIO LETTERARIO 

*** Ferrara e l'Altrove ***

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FASCICOLO NN. 33/34 LUGLIO-AGOSTO SETTEMBRE/OTTOBRE 2003

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