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La Badia Presenta:

Rivara, tra Vigne ed Antichi Ciabot

Un antico poeta locale così descrive Rivara:

"O Rivara, ognor felice
Per la pura aura serena,
Per la florida pendice
Ove Bacco il seggio tien."

Fotografie e testi di MASSIMO CHIAPUSSO

Il Bertolotti nella sua opera "Le passeggiate in Canavese", edita in Ivrea nel 1873 dà ampi cenni storici su Rivara e su Camagna, che allora faceva comune a se stante, e tra questi cenni alcuni riguardano la coltivazione della vite nel nostro paese.
In data 25 Marzo 1303, nel testamento di Guglielmo di Rivara, conte di Valperga, vengono legati alla chiesa di Belmonte i frutti di una vigna sita in territorio di Rivara e tenuta dal pievano di allora Don Giacomo.
Agli inizi del 1400 i popolani rivaresi erano obbligati, tra le altre forme di tassazione, a versare ai signori di Rivara "la vigesima del vino, dando il vino già fatto".
Nella seconda metà dell’ottocento: "Il Montiglio è una collina a mezzodì del borgo lunga quasi 2 Km ricca di vigneti e di querceti a mezzodì e folta di castagneti a settentrione. Il vino è copioso e buono e lo sarebbe maggiormente se confezionato con più cura. Nel 1870 il borgo di Rivara è in prevalenza agricolo ed essenzialmente viticolo. Presso Camagna il territorio è a colli con bei vigneti che danno un vino molto generoso. L’uva forma il principale prodotto agricolo e per opera dei signori Mussatto e Bianco il vino di Camagna viene esportato a Torino e anche all’estero essendo reputato ottimo."
Certo è che, e le vecchie immagini giunte a noi lo confermano, sino agli anni del secondo dopoguerra l’estensione dei terreni coltivati a vigna, in Rivara, era maggiore di quella odierna. Diverse famiglie, fino ad allora, avevano tratto il loro sostentamento dalla coltivazione della vite e dalla produzione di vino e ne sono prova i ruderi ancor oggi visibili delle grosse cascine della "Vigna veia" e della "Vigna grossa" sulla collina di Montiglio e altre sulla collina delle grange di Camagna.
Molte vigne antiche, ormai abbandonate da decenni, si sono trasformate in bosco e chi ha avuto l’occasione di percorrere i boschi della collina di Montiglio, del colle delle grange di Camagna, nella parte volta verso l’abitato, oppure della borgata Crosaroglio, avrà sicuramente notato la presenza dei terrazzamenti, anche se smussati dalle intemperie e dal trascorrere degli anni passati senza che sia stata effettuata alcuna opera di manutenzione, essi testimoniano la presenza, in un passato ormai remoto, della coltura della vite in quei ripidi pendii. Pendii assolati, ideali per la coltivazione della vite e per la buona maturazione dell’uva, ma quanta fatica occorreva per accudire quei vigneti lavorando esclusivamente a mano con zappe e picconi, trasportare a spalle nelle gerle il letame, concime necessario al nutrimento delle viti, trasportare a spalle l’uva matura appena vendemmiata fin sulla strada per depositarla nelle "bunse" sul carro trainato dai buoi.
Oggigiorno la coltivazione della vite si è ridotta alla zona piana sulla sommità della collina di Montiglio, a Camagna, sulla cresta della collina delle grange di Camagna, nei dintorni della borgata Mantelli, nei pendii della collina di Pescemonte nella borgata Crosaroglio e al Piano delle prime Foglie.
A Rivara non si producono vini particolari, ma vengono coltivati vitigni di tipo diverso come barbera, freisa, dolcetto, brachetto ed altri, le cui uve, unite nella fermentazione, danno vita ad un vino da tavola rosso discretamente corposo. Ultimamente si è scoperto che il terreno della collina di Montiglio permette, con buoni risultati, la coltivazione dell’erbaluce e, quindi, ci sarebbe la possibilità di produrre del vino bianco di qualità oltre alla possibilità data di recente dalla creazione del rosso DOC del canavese.
Purtroppo per coltivare la vite ci vuole tanto tempo, pazienza ed amore per la natura e sono sempre meno i giovani che si dedicano alla cura della vigna di famiglia e pensano di sviluppare nuove colture per rilanciare quella che in passato era stata una delle attività più comuni in Rivara: la viticoltura. Tutto questo a causa del diverso stile di vita dei giorni nostri rispetto al passato. In questi ultimi anni i rivaresi hanno dovuto allontanarsi sempre più dal nostro paese per trovare lavoro, questo comporta più tempo per gli spostamenti e meno tempo libero per le persone, quindi anche meno tempo da dedicare ad una coltura che ne richiede molto come quella della vite; inoltre la mentalità moderna porta la gente a preferire l’acquisto di prodotti confezionati piuttosto che faticare per ottenerli direttamente da madre natura, rischiando che una grandinata o una gelata tardiva si portino via il lavoro di un anno. Sono sempre meno le persone che bevono vino a tavola e sono sempre più quelle che disdegnano il vino rivarese che ha un grosso difetto: non tutte le annate sono ottime, ma, in base alle condizioni climatiche dell’annata e alla maturazione dell’uva, la corposità del vino prodotto può variare. Molti non apprezzano quelli che sono segni di genuinità e non acquistano più il vino prodotto dai vignaioli di Rivara ai quali, per evitare il surplus invenduto, non resta che sradicare le viti e aspettare che il bosco, lentamente, copra con le sue propaggini l’agonia di una vigna morente.
Quello che pochi rivaresi sanno è che le zone dei vigneti di Rivara sono angoli di verde magnifico attraversati da stradine di campagna immerse nei boschi; passeggiando per queste stradine si può raggiungere Pescemonte partendo dalle prime balze della collina di Montiglio presso San Grato, oppure, partendo dalla borgata Mantelli raggiungere le grange di Camagna senza toccare strade di grande percorrenza.
La zona di Montiglio è la più affascinante, con le stradine che la attraversano in lungo e largo, quasi sempre pianeggianti e fiancheggiate da alti alberi che gli donano un’ombra rinfrancante specialmente nel periodo estivo; facilmente raggiungibile da via Levone oppure da via Barbania in zona Vanetta è l’ideale per chi vuole farsi una bella passeggiata a piedi, in bicicletta o a cavallo. Passeggiando per questa collina sembra di attraversare una fetta di storia di Rivara, si possono ammirare i resti di grandi case coloniche, si può notare il grande amore con cui i proprietari, oramai quasi tutti non più giovanissimi, curano i propri vigneti con metodi di lavorazione che non sono cambiati di molto con il passare degli anni. Si possono ammirare molte piccole e caratteristiche costruzioni dette "ciabot", capanni degli attrezzi dalle pittoresche architetture, alcuni più piccoli altri più grandi ed antichi dotati anche di stalle per il ricovero degli animali da lavoro, piccoli cubicoli o fabbricati a due piani, incorniciati da tralci di viti e contornati da piante da fiore.
Sono lo specchio dell’animo e dell’ambizione del proprietario della vigna, c’è chi lo usa solo come deposito degli attrezzi e chi lo ha arredato con mobili di recupero e con tavolate sotto il pergolato antistante l’entrata, ideale per scampagnate domenicali con gli amici; c’è chi attorno al suo "ciabot" coltiva un piccolo orticello e chi ha cespugli di rosmarino; chi lo vive come un rifugio ristoratore lontano dalla frenesia che occupa la vita di tutti i giorni, insomma quasi tutti i proprietari dei vigneti hanno dato un tocco personale a queste casettine che sembrano uscite dal remoto tempo imprecisato di una favola.
Il periodo migliore per visitare le zone dei vigneti è sicuramente quello della vendemmia. Verso la fine di settembre, le vigne, come d’incanto, si ripopolano e palpitano nel vociare di gente allegra, perché la vendemmia è allegria; le viti sembrano danzare al ritmo delle pigiatrici e al sordo borbottio dei motori dei trattori che viaggiano avanti e indietro per caricare e scaricare il prezioso mosto.
La vendemmia riunisce familiari e amici dei vignaioli in una festa campestre unica nel suo genere; è bellissimo vedere, a mezzogiorno, tutti fermarsi, allargare le tovaglie sull’erba, sedersi a terra per pranzare rallegrati da una bottiglia di buon vino dell’anno precedente.
Passata la vendemmia tutto ritorna al silenzio, le foglie delle viti si tingono delle mille sfumature dei colori dell’autunno, poi cominceranno a cadere ed il ciclo riprenderà fino alla festa della vendemmia dell’anno che verrà, sempre nella speranza che ci sia ancora qualcuno che si prenda cura della vigna in modo che questa non abbia a temere le propaggini del bosco, sempre in agguato.
Un’ultima cosa mi preme dire ed è una preghiera a chi, leggendo queste poche righe, deciderà di farsi una bella passeggiata per le vigne rivaresi: rispettate sempre il lavoro degli ultimi vignaioli di Rivara, curare una vigna richiede molta passione e fatica ed è una cosa decisamente spiacevole vedere il proprio lavoro rovinato da vandali che passando sporcano, rompono rami o altro ancora!
Se si vuole assaggiare dell’uva chiedete il permesso al proprietario della vigna, è buona educazione e non vi sarà negata, servirsi da soli è un furto ed indispettisce molto vedere sparire l’uva dai tralci senza sapere chi ringraziare, specialmente dopo che si è lavorato duramente per tutto un anno per curare la propria vigna.
Tutti uniti cerchiamo di proteggere dal degrado questo nostro piccolo angolo di verde paradiso, è una ricchezza immensa del nostro paese, quindi anche nostra!

Capitolato per il riconoscimento della
denominazione di origine controllata del vino
"Canavese"

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